II-II, 74

Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > La mormorazione


Secunda pars secundae partis
Quaestio 74
Prooemium

[42159] IIª-IIae q. 74 pr.
Deinde considerandum est de susurratione. Et circa hoc quaeruntur duo.
Primo, utrum susurratio sit peccatum distinctum a detractione.
Secundo, quod horum sit gravius.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 74
Proemio

[42159] IIª-IIae q. 74 pr.
Veniamo ora a trattare della mormorazione.
Sull'argomento si pongono due quesiti:

1. Se la mormorazione sia un peccato distinto dalla maldicenza, o detrazione;
2. Quale di essi sia più grave.




Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > La mormorazione > Se la mormorazione sia un peccato distinto dalla maldicenza


Secunda pars secundae partis
Quaestio 74
Articulus 1

[42160] IIª-IIae q. 74 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod susurratio non sit peccatum distinctum a detractione. Dicit enim Isidorus, in libro Etymol., susurro de sono locutionis appellatur, quia non in facie alicuius, sed in aure loquitur, detrahendo. Sed loqui de altero detrahendo ad detractionem pertinet. Ergo susurratio non est peccatum distinctum a detractione.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 74
Articolo 1

[42160] IIª-IIae q. 74 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la mormorazione non sia un peccato distinto dalla maldicenza. Infatti:
1. S. Isidoro così ha scritto nelle sue Etimologie: "Il sussurrone, o mormoratore, è così denominato dal suono delle due parole: poiché non parla in faccia, ma parla all'orecchio dicendo male di altri". Ora, parlare di altri in tal modo è proprio della detrazione. Dunque la mormorazione non è distinta da essa.

[42161] IIª-IIae q. 74 a. 1 arg. 2
Praeterea, Levit. XIX dicitur, non eris criminator nec susurro in populis. Sed criminator idem videtur esse quod detractor. Ergo etiam susurratio a detractione non differt.

 

[42161] IIª-IIae q. 74 a. 1 arg. 2
2. Sta scritto: "Non essere denigratore né mormoratore in mezzo al popolo". Ma il denigratore sembra che s'identifichi col detrattore. Perciò anche la mormorazione non si distingue dalla detrazione.

[42162] IIª-IIae q. 74 a. 1 arg. 3
Praeterea, Eccli. XXVIII dicitur, susurro et bilinguis maledictus erit. Sed bilinguis videtur idem esse quod detractor, quia detractorum est duplici lingua loqui, aliter scilicet in absentia et aliter in praesentia. Ergo susurro est idem quod detractor.

 

[42162] IIª-IIae q. 74 a. 1 arg. 3
3. Si legge nell'Ecclesiastico: "Il mormoratore e l'uomo bilingue sia maledetto". Ma l'uomo bilingue non è che il maldicente: poiché è proprio dei maldicenti parlare in due modi, cioè in un modo dietro le spalle e in un altro alla presenza del prossimo. Quindi il mormoratore s'identifica col maldicente.

[42163] IIª-IIae q. 74 a. 1 s. c.
Sed contra est quod, Rom. I, super illud, susurrones, detractores, dicit Glossa, susurrones, inter amicos discordiam seminantes; detractores, qui aliorum bona negant vel minuunt.

 

[42163] IIª-IIae q. 74 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: A proposito dei "mormoratori e maldicenti" di cui parla S. Paolo, la Glossa spiega: "Mormoratori son quelli che seminano la discordia tra gli amici; maldicenti quelli che negano o sminuiscono il bene altrui".

[42164] IIª-IIae q. 74 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod susurratio et detractio in materia conveniunt, et etiam in forma, sive in modo loquendi, quia uterque malum occulte de proximo dicit. Propter quam similitudinem interdum unum pro alio ponitur, unde Eccli. V, super illud, non appelleris susurro, dicit Glossa, idest detractor. Differunt autem in fine. Quia detractor intendit denigrare famam proximi, unde illa mala de proximo praecipue profert ex quibus proximus infamari possit, vel saltem diminui eius fama. Susurro autem intendit amicitiam separare, ut patet per Glossam inductam, et per id quod dicitur Prov. XXVI, susurrone subtracto, iurgia conquiescunt. Et ideo susurro talia mala profert de proximo quae possunt contra ipsum commovere animum audientis, secundum illud Eccli. XXVIII, vir peccator conturbabit amicos, et in medio pacem habentium immittit inimicitiam.

 

[42164] IIª-IIae q. 74 a. 1 co.
RISPONDO: La mormorazione e la maldicenza coincidono nella materia, e anche nella forma, ossia nel modo di parlare: poiché l'una e l'altra consistono nel dir male del prossimo a sua insaputa. E per questa somiglianza talora si scambiano l'una con l'altra. Quando, p. es., l'Ecclesiastico dice: "Non ti meritare il nome di mormoratore", la Glossa aggiunge: "Cioè di maldicente". Esse però differiscono nel fine. Poiché il maldicente mira a denigrare la fama del prossimo: e quindi insiste specialmente nel presentare quei difetti che possono infamare una persona, o almeno diminuirne la fama. Invece il mormoratore mira a distruggere l'amicizia, come risulta dalla Glossa citata (nell'argomento in contrario) e da quel passo dei Proverbi: "Tolto di mezzo il mormoratore, si sopiscono le contese". Perciò il mormoratore insiste nel presentare quei difetti, che possono eccitare contro una persona l'animo di chi ascolta, secondo le parole della Scrittura: "Il peccatore scompiglia gli amici, e tra quelli che vivono in pace insinua l'inimicizia".

[42165] IIª-IIae q. 74 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod susurro, inquantum dicit malum de alio, dicitur detrahere. In hoc tamen differt a detractore, quia non intendit simpliciter malum dicere; sed quidquid sit illud quod possit animum unius turbare contra alium, etiam si sit simpliciter bonum, et tamen apparens malum, inquantum displicet ei cui dicitur.

 

[42165] IIª-IIae q. 74 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il mormoratore, in quanto parla male di altri, si può dire che fa della detrazione. Tuttavia egli si distingue dal maldicente in quanto che non intende direttamente dire il male; ma intende dire quanto può eccitare gli altri contro qualcuno, anche se assolutamente parlando è un bene, che però è un male apparente, perché dispiace alla persona a cui ne parla.

[42166] IIª-IIae q. 74 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod criminator differt et a susurrone et a detractore. Quia criminator est qui publice aliis crimina imponit, vel accusando vel conviciando, quod non pertinet ad detractorem et susurronem.

 

[42166] IIª-IIae q. 74 a. 1 ad 2
2. Il denigratore, o accusatore differisce dal mormoratore e dal detrattore. Perché denigratore è chi pubblicamente addossa ad altri dei delitti, o accusando, o insultando: il che non appartiene al detrattore e al mormoratore.

[42167] IIª-IIae q. 74 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod bilinguis proprie dicitur susurro. Cum enim amicitia sit inter duos, nititur susurro ex utraque parte amicitiam rumpere, et ideo duabus linguis utitur ad duos, uni dicens malum de alio. Propter quod dicitur Eccli. XXVIII, susurro et bilinguis maledictus, et subditur, multos enim turbant pacem habentes.

 

[42167] IIª-IIae q. 74 a. 1 ad 3
3. Uomo bilingue propriamente è il mormoratore. Siccome, infatti, l'amicizia si attua tra due persone, chi mormora si sforza di romperla dall'una e dall'altra parte: e quindi usa una doppia lingua verso di loro, dicendo all'uno male dell'altro. Di qui le parole dell'Ecclesiastico: "Il mormoratore e l'uomo bilingue sia maledetto"; e aggiunge: "Molti invero che vivevano in pace ha mandato in malora".




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Secunda pars secundae partis
Quaestio 74
Articulus 2

[42168] IIª-IIae q. 74 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod detractio sit gravius peccatum quam susurratio. Peccata enim oris consistunt in hoc quod aliquis mala dicit. Sed detractor dicit de proximo ea quae sunt mala simpliciter, quia ex talibus oritur infamia vel diminuitur fama, susurro autem non curat dicere nisi mala apparentia, quae scilicet displiceant audienti. Ergo gravius peccatum est detractio quam susurratio.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 74
Articolo 2

[42168] IIª-IIae q. 74 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la maldicenza sia un peccato più grave della mormorazione. Infatti:
1. I peccati di lingua consistono nel dir male di altri. Ma il maldicente dice del prossimo ciò che è male in senso assoluto, perché da codesto male proviene l'estinzione o la diminuzione della fama: il mormoratore invece è preoccupato soltanto di dire il male apparente, cioè quanto dispiace a chi ascolta. Dunque la maldicenza è un peccato più grave della mormorazione.

[42169] IIª-IIae q. 74 a. 2 arg. 2
Praeterea, quicumque aufert alicui famam, aufert ei non solum unum amicum, sed multos, quia unusquisque refugit amicitiam infamium personarum; unde contra quendam dicitur, II Paralip. XIX, his qui oderunt dominum amicitia iungeris. Susurratio autem aufert unum solum amicum. Gravius ergo peccatum est detractio quam susurratio.

 

[42169] IIª-IIae q. 74 a. 2 arg. 2
2. Chi toglie la fama a una persona non le toglie un amico soltanto, ma molti: perché tutti rifiutano l'amicizia di chi è infamato. Infatti per condannare una persona così si esprime la Scrittura: "Ti stringerai in amicizia con quei che odiano il Signore". Ora, la mormorazione toglie un amico soltanto. Quindi la maldicenza è un peccato più grave della mormorazione.

[42170] IIª-IIae q. 74 a. 2 arg. 3
Praeterea, Iac. IV dicitur, qui detrahit fratri suo, detrahit legi; et per consequens Deo, qui est legislator, et sic peccatum detractionis videtur esse peccatum in Deum, quod est gravissimum, ut supra habitum est. Peccatum autem susurrationis est in proximum. Ergo peccatum detractionis est gravius quam peccatum susurrationis.

 

[42170] IIª-IIae q. 74 a. 2 arg. 3
3. Sta scritto: "Chi sparla di un fratello sparla della legge"; e quindi di Dio che è il legislatore: cosicché la maldicenza è un peccato contro Dio, che è più grave, come sopra abbiamo visto. Invece il peccato di mormorazione è contro il prossimo. Perciò il peccato di maldicenza è più grave del peccato di mormorazione.

[42171] IIª-IIae q. 74 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur Eccli. V, denotatio pessima super bilinguem, susurratori autem odium et inimicitia et contumelia.

 

[42171] IIª-IIae q. 74 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Nella Scrittura si legge: "Gravissima infamia sull'uomo bilingue: al mormoratore poi odio, inimicizia e obbrobrio".

[42172] IIª-IIae q. 74 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, peccatum in proximum tanto est gravius quanto per ipsum maius nocumentum proximo infertur, nocumentum autem tanto maius est quanto maius est bonum quod tollitur. Inter cetera vero exteriora bona praeeminet amicus, quia sine amicis nullus vivere posset, ut patet per philosophum, in VIII Ethic. Unde dicitur Eccli. VI, amico fideli nulla est comparatio, quia et optima fama, quae per detractionem tollitur, ad hoc maxime necessaria est ut homo idoneus ad amicitiam habeatur. Et ideo susurratio est maius peccatum quam detractio, et etiam quam contumelia, quia amicus est melior quam honor, et amari quam honorari, ut in VIII Ethic. philosophus dicit.

 

[42172] IIª-IIae q. 74 a. 2 co.
RISPONDO: Come sopra abbiamo detto, tanto più grave è un peccato contro il prossimo, quanto più grave è il danno arrecato: e il danno è tanto più grave quanto il bene compromesso è superiore. Ora, tra i beni esterni il più importante è l'amicizia: poiché, come dice il Filosofo, "nessuno può vivere senza amici". Infatti nella Scrittura si legge: "A un amico fedele non c'è nulla che possa compararsi". Poiché anche la buona fama, che vien tolta dalla maldicenza, serve specialmente a rendere una persona oggetto di amicizia. Perciò la mormorazione è un peccato più grave della maldicenza, e persino della contumelia: poiché, a detta del Filosofo, "l'amico vale più dell'onore, e più vale essere amati che onorati".

[42173] IIª-IIae q. 74 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod species et gravitas peccati magis attenditur ex fine quam ex materiali obiecto. Et ideo ratione finis susurratio est gravior, quamvis detractor quandoque peiora dicat.

 

[42173] IIª-IIae q. 74 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La specie e la gravità di un peccato si desume più dal fine che dal suo oggetto materiale. E a motivo del fine la mormoranone è più grave: sebbene talora il maldicente dica cose peggiori.

[42174] IIª-IIae q. 74 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod fama est dispositio ad amicitiam, et infamia ad inimicitiam. Dispositio autem deficit ab eo ad quod disponit. Et ideo ille qui operatur ad aliquid quod est dispositio ad inimicitiam, minus peccat quam ille qui directe operatur ad inimicitiam inducendam.

 

[42174] IIª-IIae q. 74 a. 2 ad 2
2. La fama dispone all'amicizia, e l'infamia all'inimicizia. Ora, una disposizione è inferiore alla cosa cui predispone. Perciò chi coopera a produrre una disposizione all'inimicizia pecca meno gravemente di chi mira in maniera diretta a produrre l'inimicizia.

[42175] IIª-IIae q. 74 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod ille qui detrahit fratri intantum videtur detrahere legi inquantum contemnit praeceptum de dilectione proximi. Contra quod directius agit qui amicitiam disrumpere nititur. Unde hoc peccatum maxime contra Deum est, quia Deus dilectio est, ut dicitur I Ioan. IV. Et propter hoc dicitur Prov. VI, sex sunt quae odit dominus, et septimum detestatur anima eius, et hoc septimum ponit eum qui seminat inter fratres discordiam.

 

[42175] IIª-IIae q. 74 a. 2 ad 3
3. Chi sparla del prossimo, in tanto sparla della legge, in quanto disprezza il precetto della carità verso di lui. Ma colui che mira a sciogliere un'amicizia agisce più direttamente contro tale precetto. Quindi questo peccato è più d'ogni altro contro Dio: poiché, come dice S. Giovanni, "Dio è amore". Ecco perché nei Proverbi si legge: "Sono sei le cose che il Signore odia, e la settima è in esecrazione all'anima sua", e al settimo posto troviamo "colui che semina discordie tra i fratelli".

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