Sup, 88

Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il giudizio universale: tempo e luogo in cui esso avverrà


Supplemento
Questione 88
Proemio

Passiamo ora a considerare il giudizio universale, nonché il tempo e il luogo in cui esso avverrà.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se dovrà esserci il giudizio universale;
2. Se il dibattimento avverrà mediante la locuzione orale;
3. Se esso avverrà in un tempo che ignoriamo;
4. Se avverrà nella valle di Giosafat.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il giudizio universale: tempo e luogo in cui esso avverrà > Se dovrà esserci il giudizio universale


Supplemento
Questione 88
Articolo 1

SEMBRA che non debba esserci il giudizio universale. Infatti:
1. Nella Scrittura si legge, che "Dio non giudicherà due volte la stessa cosa". Ebbene, Dio già adesso giudica ciascuna delle opere dell'uomo: poiché dopo la morte egli distribuisce a ciascuno pene o premi secondo i meriti; e anche durante la vita presente talora premia o castiga per le opere buone o cattive. Dunque non ci sarà in avvenire un altro giudizio.
2. Nessun giudizio viene preceduto dall'esecuzione della sentenza. Ora, la sentenza del giudizio di Dio riguarda, o il conseguimento del Regno, o l'esclusione da esso, come risulta dal Vangelo. Perciò siccome alcuni già hanno conseguito il regno eterno, e altri ne sono esclusi in perpetuo, è chiaro che non ci dovrà essere un altro giudizio.
3. Certe cose devono essere sottoposte a giudizio, perché è dubbio ciò che se ne deve decidere. Ma già prima della fine del mondo per ciascuno dei dannati è determinata la condanna; e per ognuno dei santi la rispettiva beatitudine. Dunque è evidente che non ci deve essere in seguito un altro giudizio.

IN CONTRARIO: 1. In S. Matteo si legge: "I niniviti sorgeranno nel giorno del giudizio contro questa generazione e la condanneranno". Perciò è evidente che dopo la resurrezione ci dovrà essere un giudizio.
2. In S. Giovanni sta scritto: "E procederanno, quelli che avranno fatto il bene, a resurrezione di vita; e quelli che avranno fatto il male a resurrezione di giudizio". Dunque dopo la resurrezione dovrà esserci un giudizio.

RISPONDO: Come l'operazione richiama il principio delle cose, in cui esse vennero prodotte nell'essere, così il giudizio richiama il termine per cui la cosa viene ricondotta al suo fine. Ora, in Dio si distinguono due operazioni. La prima con la quale inizialmente ha prodotto le cose nell'essere, istituendo il creato e distinguendo quanto rientra nella perfezione di esso: opera dalla quale si dice nella Genesi che Dio "si riposò". La seconda è quella che egli compie nel governare le creature, e di cui il Signore dice nel Vangelo: "Il Padre mio opera fino al presente, e io lavoro con lui". Allo stesso modo si devono distinguere due giudizi; che sono però in ordine inverso. Il primo corrisponde all'opera di governo, la quale non può svolgersi senza un giudizio. E con questo giudizio ognuno viene giudicato singolarmente per le proprie azioni, non solo per quanto riguarda lui, ma anche in rapporto al governo dell'universo: per questo il premio individuale può essere differito per il bene degli altri, come nota la Lettera agli Ebrei, e le pene dell'uno vengono ordinate a vantaggio degli altri. Perciò è necessario che ci sia anche un giudizio universale, il quale corrisponda invece alla prima produzione di tutte le cose nell'essere: cosicché come allora tutti gli esseri derivarono immediatamente da Dio, così venga dato al mondo la sua ultima rifinitura, col ricevere ciascuno finalmente quanto a lui si deve per se stesso.
Perciò in tale giudizio apparirà evidente la divina giustizia in tutte quelle cose che adesso rimangono occulte, per il fatto che l'uno è subordinato a vantaggio di altri, contrariamente a quanto appare dalle opere esterne. Inoltre allora ci sarà la separazione totale dei buoni dai cattivi: perché non ci sarà più la possibilità di vantaggi reciproci dalla loro convivenza, vantaggi che attualmente la giustificano, fino a che la vita presente è governata dalla divina provvidenza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Ogni uomo è insieme persona singolare e parte di tutto il genere umano. Perciò egli deve subire due giudizi. Il primo individuale, che avverrà dopo la morte, quando "riceverà secondo le azioni compiute nel corpo": sebbene non totalmente, perché verrà rimunerato non nel corpo, ma nell'anima soltanto. Il secondo giudizio deve riguardarlo in quanto parte di tutto il genere umano: come anche secondo la giustizia umana uno viene giudicato nel giudizio dato da tutta la comunità di cui uno fa parte. Perciò quando si farà il giudizio universale di tutto il genere umano mediante la separazione totale dei buoni dai cattivi, ciascuno verrà per conseguenza sottoposto al giudizio. Tuttavia Dio non giudicherà "due volte la stessa cosa"; perché non infliggerà due castighi per un unico peccato; ma il castigo che prima del giudizio non era stato inflitto completamente, lo sarà nell'ultimo giudizio, con il tormento dei malvagi, sia nel corpo, che nell'anima.
2. La sentenza propria del giudizio universale è la separazione totale dei buoni dai cattivi, la quale non precederà codesto giudizio. Ma neppure rispetto alla sentenza individuale l'effetto del giudizio è anticipato; poiché i buoni verranno premiati più abbondantemente dopo il giudizio [universale], sia per la gloria del corpo, sia per il completamento del numero degli eletti; e i cattivi saranno maggiormente tormentati per l'aggiunta della pena del corpo, e per il completamento nell'inferno del numero dei dannati: perché più numerosi saranno, più il fuoco sarà violento.
3. Il giudizio universale riguarda più l'insieme dell'umanità che i singoli sottoposti a giudizio. Perciò sebbene prima del giudizio finale ognuno sia certo della propria dannazione o del premio conseguito, non tutti però ne hanno avuto la conoscenza. Ecco perché tale giudizio è necessario.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il giudizio universale: tempo e luogo in cui esso avverrà > Se il giudizio suddetto quanto al dibattimento e alla sentenza si farà mediante la locuzione orale


Supplemento
Questione 88
Articolo 2

SEMBRA che il giudizio suddetto quanto al dibattimento e alla sentenza si farà mediante la locuzione orale. Infatti:
1. Come dice S. Agostino, "non si può sapere quanti giorni durerà il giudizio". Ma questo si saprebbe, se quanto avverrà nel giudizio si compirà solo mentalmente. Dunque il giudizio si farà a voce e non solo mentalmente.
2. S. Gregorio, come riferisce il testo delle Sentenze, afferma: "Quelli almeno ascolteranno le parole del Giudice che con la parola professarono la sua fede". Ma questo non può intendersi della parola interiore, perché così tutti ascolteranno le parole del Giudice, in quanto tutti, buoni e cattivi, avranno la possibilità di conoscere tutti i fatti degli altri. Quindi è chiaro che tale giudizio si svolgerà vocalmente.
3. Cristo giudicherà nel suo aspetto di uomo, in cui potrà essere visto da tutti corporalmente. Perciò per lo stesso motivo dovrà anche parlare materialmente a voce, in modo da farsi ascoltare da tutti.

IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino che "il libro della vita", di cui parla l’Apocalisse, "è una certa virtù intellettiva data da Dio, la quale farà sì che ognuno possa ricordare e discernere le proprie azioni buone e cattive con mirabile celerità, in modo che questa conoscenza possa accusare o scusare la coscienza, giudicando così simultaneamente tutti ed ognuno in particolare". Ma se i meriti di ognuno fossero discussi oralmente, sarebbe impossibile giudicare tutti singolarmente in maniera simultanea. Dunque codesto dibattimento non sarà fatto vocalmente.
2. La sentenza dev'essere conforme alla testimonianza. Ma allora la testimonianza e l'accusa saranno mentali; poiché sta scritto: "Lo testimonieranno la loro coscienza e il loro pensiero che a vicenda si accusano e si discolpano, nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini". Perciò è evidente che, sia la sentenza, sia tutto il giudizio si faranno solo mentalmente.

RISPONDO: Non si può definire con certezza la soluzione del quesito. Tuttavia si ritiene più probabile che il giudizio debba svolgersi per intero mentalmente, sia per il dibattito come per l'accusa dei malvagi e la difesa dei buoni, come anche per la sentenza degli uni e degli altri. Se infatti si dovessero narrare le azioni di ciascuno, si esigerebbe un tempo incalcolabile. È quanto notava già S. Agostino: "Se il libro in base al quale tutti saranno giudicati", come si legge nell'Apocalisse, "fosse concepito materialmente, chi ne potrebbe valutare la grandezza o la lunghezza? E in quanto tempo sarebbe possibile leggere codesto libro, in cui sono descritte le biografie di tutti?". Né si richiede minor tempo per narrare a voce le azioni di ciascuno, che per leggerle materialmente in un libro. Perciò è probabile che quanto è detto in proposito nel Vangelo non debba essere inteso come da attuarsi oralmente, ma solo mentalmente.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino afferma che "è incerto quanti giorni durerà il giudizio, perché non sappiamo se debba svolgersi mentalmente od oralmente. Se infatti dovesse svolgersi vocalmente, si esigerebbe un tempo più lungo. Invece mentalmente potrebbe farsi in un momento.
2. Anche se il giudizio si compie solo mentalmente, le parole di S. Gregorio possono esser valide. Poiché sebbene tutti conoscano le azioni proprie e le altrui per una virtù divina, che nel Vangelo è descritta come locuzione, tuttavia coloro che hanno avuto la fede, concepita da essi mediante la parola di Dio, saranno giudicati da questa medesima parola: S. Paolo infatti afferma, che "coloro i quali peccarono nella legge saranno giudicati in base alla legge". Ecco perché a quanti ebbero la fede sarà detto qualche cosa, che non sarà detto ai non credenti.
3. Cristo apparirà corporalmente in modo da esser riconosciuto da tutti fisicamente come giudice: e questo potrà farsi in un istante. Invece la locuzione, essendo misurata dal tempo, richiederebbe un tempo lunghissimo, se il giudizio dovesse svolgersi oralmente.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il giudizio universale: tempo e luogo in cui esso avverrà > Se il tempo del futuro giudizio sia sconosciuto


Supplemento
Questione 88
Articolo 3

SEMBRA che il tempo del futuro giudizio non sia sconosciuto.
Infatti:
1. Come gli antichi Padri aspettavano la prima venuta [di Cristo], noi ne aspettiamo la seconda. Ma quei Padri santi conobbero il tempo della prima venuta, come risulta dal numero delle settimane descritte da Daniele. Cosicché i Giudei vengono rimproverati per non aver riconosciuto il tempo della venuta di Cristo: "Ipocriti sapete distinguere l'aspetto del cielo e della terra; e come mai non sapete discernere il tempo in cui siamo?". Dunque anche per noi deve essere stato determinato il tempo della seconda venuta, in cui "Dio verrà per giudicare".
2. Mediante i segni noi arriviamo a conoscere le cose significate. Ora, del giudizio finale sono indicati molti segni nella Scrittura, come risulta dai Vangeli. Perciò noi possiamo giungere a conoscerne il tempo.
3. L'Apostolo afferma: "A noi doveva toccare la fine dei secoli". E S. Giovanni ammonisce: "Figliolini, questa è l'ultima ora, ecc.". Ora, essendo trascorso molto tempo da quando queste cose sono state dette, sembra che almeno adesso noi possiamo sapere che l'ultimo giudizio è imminente.
4. Il tempo del giudizio è giusto che sia nascosto solo perché ciascuno vi si prepari con sollecitudine, ignorando il tempo in cui esso avverrà. Ma codesta sollecitudine rimarrebbe ugualmente, anche se il tempo fosse ben noto: perché per ciascuno rimane incerto il tempo della propria morte; e, come scrive S. Agostino, "nella condizione in cui uno è sorpreso dal suo ultimo giorno, sarà sorpreso anche dall'ultimo giorno del mondo". Quindi non è necessario che il tempo del giudizio rimanga nascosto.

IN CONTRARIO: 1. Nel Vangelo si legge: "Quanto poi al giorno e all'ora nessuno li sa, né gli angeli del cielo, né il Figliuolo, ma il Padre soltanto". Si dice però che il Figliuolo non lo sa, in quanto non lo fa conoscere a noi.
2. S. Paolo afferma: "Il giorno del Signore verrà come un ladro nella notte". Perciò, come la venuta di un ladro notturno è del tutto ignota, così è del tutto ignoto il giorno del giudizio finale.

RISPONDO: Dio è causa delle cose mediante la sua conoscenza. Ed egli comunica alle creature sia l'una che l'altra cosa: perché conferisce loro virtù di causare altre cose; e ad alcune di esse concede anche la conoscenza delle cose. Ma in entrambi i casi egli si riserva qualche cosa: compie infatti alcuni effetti senza cose che nessuna creatura può conoscere. Ora, tra queste niente è più riservato di quanto è soggetto al solo potere di Dio, in cui nessuna creatura è ammessa a cooperare. Tale è appunto la fine del mondo, con la quale coinciderà il giorno del giudizio: infatti il mondo non finirà per una causa creata; così come non ebbe inizio che immediatamente da Dio. Ecco perché è giusto che la conoscenza della fine del mondo sia riservata a Dio soltanto.
A questo motivo sembra alludere il Signore stesso quando disse: "Non sta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservati al suo potere"; come per dire: "Voi, non potete conoscere le cose che sono riservate esclusivamente alla potenza di Dio".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nella sua prima venuta Cristo venne nascostamente, secondo le parole di Isaia: "Veramente tu sei un Dio nascosto, o Santo d'Israele, Salvatore". Perciò affinché potesse essere conosciuto dai credenti, fu necessario predirne il tempo in maniera determinata. Ma nella seconda venuta egli verrà manifestamente, secondo le parole del Salmista: "Dio verrà manifestamente". Perciò non ci potrà essere errore circa tale venuta. Quindi il paragone non regge.
2. Come nota S. Agostino, i segni ricordati nel Vangelo non tutti riguardano il secondo avvento, che avverrà alla fine del mondo: ma alcuni si riferiscono alla distruzione di Gerusalemme, che è già avvenuta; molti altri si riferiscono alla venuta con la quale egli assiste quotidianamente la sua Chiesa, visitandola spiritualmente, inabitando in noi mediante la fede e la carità.
Anzi i segni stessi che nei Vangeli e nelle Epistole sono riferiti al giudizio finale, non sono in grado di farci conoscere determinatamente il tempo del giudizio. Perché le calamità predette, quali premonitrici del vicino ritorno di Cristo, si sono prodotte fin dai tempi della Chiesa primitiva, talora in modo più grave, tal'altra in modo meno grave: cosicché persino il tempo degli Apostoli è stato chiamato "ultimo", come risulta dagli Atti, là dove S. Pietro espone quel testo di Gioele: "E avverrà negli ultimi giorni, ecc.", applicandole il proprio tempo. Eppure da allora è trascorso molto tempo: e nella Chiesa le tribolazioni ci sono sempre state, ora molte, ora meno. Perciò non è possibile determinare il tempo in cui avverrà il giudizio, indicando il mese, l'anno, il secolo o il millennio, come scrive ancora S. Agostino: sebbene sia da credere che alla fine del mondo le suddette calamità saranno più numerose. Ma non è possibile determinare il numero delle calamità che precederanno immediatamente il giorno del giudizio, o la venuta dell'Anticristo: poiché anche nei primi secoli della Chiesa ci sono state persecuzioni così gravi e tale abbondanza di errori, che alcuni allora aspettarono come vicina o imminente la venuta dell'Anticristo, come si legge nella Storia Ecclesiastica e nel De Viris illustribus di S. Girolamo.
3. Dall'espressione: "È l'ultima ora", e da altre consimili che si riscontrano nella Scrittura, non è possibile determinare nessuna misura di tempo. Poiché esse non stanno a indicare un periodo breve, ma lo stato ultimo del mondo, la quale è come l'ultima èra; però non è definito quanto debba durare, come non è definito quanto duri la vecchiaia che è l'ultima età dell'uomo: perché talora essa dura quanto tutte le età precedenti e anche di più, come nota S. Agostino. Ecco perché l'Apostolo rifiuta, scrivendo ai Tessalonicesi, l'interpretazione che alcuni davano dello sue parole, così da credere che "fosse imminente il giorno del Signore".
4. Anche ammettendo l'incertezza della morte, l'incertezza del giudizio serve a raddoppiare la vigilanza. Primo, per il fatto che si ignora persino se il giudizio verrà differito per la durata della vita di un uomo: e così, basata su due motivi, l'incertezza rende maggiore la vigilanza. - Secondo, per il fatto che l'uomo non ha sollecitudine solo della propria persona, ma anche della famiglia, della propria città, del regno intero e di tutta la Chiesa, i quali non hanno la durata della vita di un uomo: e tuttavia è necessario che ciascuna di queste società venga disposta in modo da non essere impreparata alla venuta del Signore.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il giudizio universale: tempo e luogo in cui esso avverrà > Se il giudizio debba farsi nella valle di Giosafat, o nei suoi dintorni


Supplemento
Questione 88
Articolo 4

SEMBRA che il giudizio non debba farsi nella valle di Giosafat, o nei suoi dintorni. Infatti:
1. Quelli almeno da sottoporre al giudizio dovranno pur stare sulla terra; mentre potranno essere elevati sulle nubi quelli che avranno il compito di giudicare. Ora, la terra promessa neppure tutta intera sarebbe in grado di contenere la moltitudine degli uomini da sottoporre al giudizio. Dunque il giudizio non potrà farsi presso la valle suddetta.
2. A Cristo in quanto uomo è stato dato di giudicare con giustizia, per essere stato giudicato ingiustamente. Ma egli fu giudicato ingiustamente nel pretorio di Pilato, e subì la condanna
ingiusta sul Golgota. Perciò per il giudizio dovrebbero essere piuttosto preferiti cedesti luoghi.
3. Le nubi si formano dall'esalazione dei vapori. Ma allora non ci sarà né evaporazione né esalazione. Dunque è impossibile che i giusti "vengano rapiti nell'aria incontro a Cristo sulle nubi". Cosicché necessariamente buoni e cattivi dovranno dislocarsi sulla terra. E allora si richiederà un luogo molto più ampio di quella valle.

IN CONTRARIO: 1. In Gioele si legge: "Raccoglierò tutte le genti e le condurrò nella valle di Giosafat, e discuterò con esse".
2. Negli Atti degli Apostoli si afferma: "Come l'avete visto salire al cielo, così ritornerà". Ora, Cristo ascese al cielo dal monte degli Ulivi, che domina la valle di Giosafat, dunque egli verrà a giudicare presso il medesimo luogo.

RISPONDO: Non è possibile sapere con certezza molte cose sul modo in cui avverrà l'ultimo giudizio, e sulla maniera in cui gli uomini si raduneranno per esso. Tuttavia si può dedurre dalla Scrittura con una certa probabilità che Cristo discenderà presso il monte degli Ulivi, come da esso ascese al cielo: in modo da mostrare che è lo stesso "colui che ascese e che discende".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È sempre possibile raccogliere una grande moltitudine presso uno spazio ristretto. Basta lasciare uno spazio indefinito presso il luogo suddetto per accogliere codesta moltitudine, purché da codesto spazio tutti possano vedere Cristo, il quale, librato nell'aria e rifulgente del massimo splendore, sarà visibile di lontano.
2. È vero che Cristo ha meritato il potere di giudicare per il fatto che è stato giudicato ingiustamente, ma egli non giudicherà sotto l'aspetto della sua infermità, in cui subì l'ingiusto giudizio, bensì nel suo aspetto glorioso in cui ascese al Padre. Perciò al giudizio [finale] si addice di più il luogo dell'ascensione che il luogo in cui fu condannato.
3. A detta di alcuni per "nubi" qui s'intendono le varie intensità della luce che emanerà dai corpi dei santi, e non delle evaporazioni sprigionate dalla terra e dall'acqua.
Oppure si può rispondere che codeste nubi saranno prodotte per virtù divina, per mostrare la conformità tra l'ultima venuta e l'ascensione: cosicché colui che ascese su una nube venga a giudicare su una nube. - Inoltre la nube, per il refrigerio che apporta, indica la misericordia del [Cristo] giudice.

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