Sup, 87

Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La conoscenza che nel giudizio avranno i risuscitati rispetto ai meriti e ai demeriti


Supplemento
Questione 87
Proemio

Passiamo ora a trattare di ciò che seguirà la resurrezione. Per prima cosa tratteremo della conoscenza che nel giudizio avranno i risuscitati rispetto ai meriti e ai demeriti; secondo, del giudizio stesso in generale, ossia del tempo e del luogo in cui avverrà; terzo, dei giudicanti e dei giudicati; quarto, dell'aspetto in cui il giudice comparirà nel giudizio; quinto, delle condizioni del mondo e dei risuscitati dopo il giudizio.
Sul primo argomento si pongono tre quesiti:

1. Se nel giudizio ognuno verrà a conoscere tutti i propri peccati;
2. Se ognuno potrà leggere la coscienza dell'altro;
3. Se uno possa vedere allora con una sola intuizione tutti i meriti e tutti i demeriti.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La conoscenza che nel giudizio avranno i risuscitati rispetto ai meriti e ai demeriti > Se chiunque dopo la resurrezione verrà a conoscere tutti i propri peccati


Supplemento
Questione 87
Articolo 1

SEMBRA che non tutti dopo la resurrezione verranno a conoscere tutti i peccati da loro commessi. Infatti:
1. Tutto ciò che conosciamo, o lo riceviamo come conoscenza nuova dal senso, o lo caviamo dal tesoro della memoria. Ma dopo la resurrezione gli uomini non potranno percepire i loro peccati con i sensi, perché sono cose passate, mentre la sensazione si limita alle cose presenti. Inoltre molti peccati sono svaniti dalla memoria del peccatore, e quindi questi non potrà cavarli dal tesoro della memoria. Perciò i resuscitati non potranno avere la conoscenza di tutti i peccati da loro commessi.
2. Come si legge nel testo delle Sentenze, esistono dei "libri della coscienza", nei quali si possono leggere i meriti di ciascuno. Ma nei libri non si può leggere nulla, se in essi non si riscontrano dei segni. Ebbene, stando alla Glossa su un testo di S. Paolo, nella coscienza rimangono "alcuni segni" dei peccati: i quali però non possono essere altro che il reato o la macchia. Ma poiché in molti la macchia e il reato dei peccati sono stati cancellati dalla grazia, è chiaro che alcuni non potranno leggere i propri peccati nella loro coscienza. Si torna così alla conclusione precedente.
3. L'effetto aumenta in proporzione della causa. Ora, la causa che ci spinge a dolerci dei peccati rievocati dalla memoria è la carità. Ma essendo nei santi che risorgono perfetta la carità, dovranno addolorarsi sommamente dei peccati, qualora li ricordassero. Ma questo non può essere; poiché, come dice l’Apocalisse, "fuggirà da loro il dolore e il gemito". Dunque essi non ricorderanno i propri peccati.
4. I risorti beati staranno ai peccati da loro commessi in passato, come i risorti dannati staranno al bene compiuto da loro qualche volta. Ma non pare che i dannati avranno allora la conoscenza del bene talora da essi compiuto; perché questo allevierebbe molto la loro pena. Dunque neppure i beati avranno più la conoscenza dei peccati commessi.

IN CONTRARIO: 1. S. Agostino afferma, che "ci sarà una virtù divina che farà tornare alla memoria tutti i peccati".
2. Come il giudizio umano si fonda sulle testimonianze esterne, il giudizio di Dio si fonda sulla testimonianza della coscienza, secondo le parole della Scrittura: "Mentre l'uomo guarda all'apparenza, Dio guarda il cuore". Ora, il giudizio umano su una persona non potrebbe essere perfetto, se circa tutte le cose da giudicare i testimoni non facessero la loro deposizione. Perciò, essendo il giudizio di Dio perfettissimo, è necessario che la coscienza ritenga tutto ciò di cui deve giudicare. Ma il giudizio abbraccerà tutte le opere, buone e cattive, secondo l'affermazione paolina: "Tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ecc.". Dunque è necessario che la coscienza di ciascuno tenga presenti tutte le opere compiute sia buone, che cattive.

RISPONDO: Come si esprime S. Paolo, "in quel giorno, quando il Signore giudicherà, ciascuno avrà la testimonianza della propria coscienza, e i propri pensieri saranno là ad accusare e a difendere". E poiché in ogni giudizio i testimoni, gli accusatori e i difensori sono a conoscenza di quanto viene dibattuto, e nel giudizio universale verranno giudicate tutte le opere compiute dagli uomini, è necessario che allora ciascuno abbia coscienza di tutte le proprie azioni. Cosicché le coscienze dei singoli saranno come dei libri in cui sono descritte le cose compiute, sui quali sarà imbastito il giudizio: esattamente come nel giudizio umano si ricorre ai registri. Questi sono i libri di cui si legge nell'Apocalisse: "Furono aperti i libri e un altro libro fu aperto che è il libro della vita; e furono giudicati i morti dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro". "I libri così aperti", spiega S. Agostino, "stanno a indicare i santi del nuovo e del vecchio Testamento, nei quali Dio mostrerà quali comandamenti egli aveva dati"; (ecco perché Riccardo da S. Vittore scrive che "i loro cuori saranno come i canoni di un codice"); "il libro della vita" invece, di cui si parla al singolare, perché mediante l'unica virtù di Dio tutti ricorderanno le opere da essi compiute, è detto appunto "libro della vita", in quanto tale virtù ricorderà a ciascun uomo le proprie azioni. - Oppure si può ritenere che quei libri nominati per primi siano quelli della coscienza; e quello ricordato dopo stia a indicare la sentenza, già pronunciata dal divin giudice nella sua provvidenza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene molti meriti e demeriti possano svanire dalla memoria, di essi tuttavia non ce n'è uno il quale non rimanga in qualche modo nei suoi effetti. Poiché i meriti che non sono andati perduti col peccato resteranno nel premio corrispettivo; e quelli che sono andati perduti rimangono nel reato d'ingratitudine; il quale aumenta per il fatto che uno ha peccato dopo aver ricevuto la grazia. Così pure i demeriti che non sono cancellati dalla penitenza rimangono nel reato della pena ad essi dovuta; e quelli cancellati dalla penitenza rimangono nel ricorso della penitenza stessa, assieme agli altri meriti. Perciò in ciascun uomo ci sarà qualche cosa da cui è possibile ricavare la memoria delle opere da lui compiute. - Tuttavia, come dice S. Agostino, ciò si dovrà principalmente alla "virtù di Dio".
2. Da quanto abbiamo già detto risulta evidente che nella coscienza di ognuno resteranno dei segni delle opere compiute. E non è necessario che cedesti segni siano soltanto il reato, stando alle spiegazioni date.
3. Sebbene adesso la carità produca il dolore dei peccati, tuttavia allora i santi saranno nella patria beata così colmi di gioia da non ammettere il dolore. Perciò essi non si addoloreranno dei peccati, ma piuttosto godranno della misericordia di Dio, che li ha perdonati. Esattamente come fin da ora gli angeli godono della giustizia di Dio, la quale ha disposto che abbandonati dalla grazia cadano in peccato coloro di cui sono i custodi, e dei quali tuttavia si prendono cura con sollecitudine.
4. I malvagi conosceranno tutte le opere buone da essi compiute, ma questo non allevierà il loro dolore, bensì lo accrescerà; perché il dolore più grave è quello di aver perduto tanti beni.
Ecco perché Boezio afferma, che "la più grande infelicità è quella di ricordare di essere stati felici".



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La conoscenza che nel giudizio avranno i risuscitati rispetto ai meriti e ai demeriti > Se ognuno allora sarà in grado di leggere tutto quello che passa nella coscienza altrui


Supplemento
Questione 87
Articolo 2

SEMBRA che allora non tutti saranno in grado di leggere quello che passa nella coscienza altrui. Infatti:
1. I risuscitati non avranno una conoscenza più limpida di quella attuale degli angeli, essendo stata promessa loro l'uguaglianza con gli angeli. Ora, questi non sono in grado di leggere reciprocamente nei loro cuori le decisioni che dipendono dal loro libero arbitrio, cosicché hanno bisogno della locuzione per comunicarle. Dunque i risorti non potranno vedere quello che passa nella coscienza altrui.
2. Tutto ciò che si conosce, o lo conosciamo in se stesso, o nella sua causa, o nei suoi effetti. Ora, i meriti e i demeriti, che risiedono nella coscienza di ciascuno, un altro non può conoscerli in se stessi: perché Dio soltanto penetra nel cuore e ne vede i segreti. Non è possibile conoscerli nella loro causa: perché non tutti vedranno Dio, il quale è solo a muovere la volontà, dalla quale dipendono i meriti e i demeriti. E neppure è possibile vederli nei loro effetti: perché di molti demeriti non resterà nessun effetto, poiché saranno cancellati dalla penitenza. Quindi non tutto quello che si trova nella coscienza altrui potrà essere conosciuto dagli altri.
3. Il Crisostomo afferma: "Se adesso ricordi i tuoi peccati, e spesso li confessi al cospetto di Dio supplicando per essi, subito li puoi cancellare. Se invece li dimentichi, allora sarai costretto tuo malgrado a ricordarli quando saranno pubblicati, e proclamati dinanzi a tutti, amici e nemici, e agli angeli santi". Da ciò si rileva che codesta pubblicazione è un castigo della negligenza con la quale ne viene trascurata la confessione. Perciò i peccati di cui uno si è confessato non saranno resi pubblici agli altri.
4. Uno si consola se conosce di avere molti compagni nel peccato, e per questo sente meno vergogna. Quindi se ognuno conoscesse i peccati altrui, verrebbe a diminuire la vergogna di tutti
i peccatori. Ma questo non è giusto. Dunque non tutti potranno conoscere i peccati di tutti gli altri.

IN CONTRARIO: 1. La Glossa, spiegando quel testo paolino, "Illuminerà i nascondigli delle tenebre", afferma: "Atti e pensieri, buoni e cattivi, saranno allora manifestati a tutti".
2. I peccati di tutti i salvati saranno cancellati tutti allo stesso modo. Ora, di alcuni santi i peccati saranno conosciuti: p. es. quelli della Maddalena, di Pietro e di David. Quindi per lo stesso motivo si dovranno conoscere i peccati degli altri eletti. Molto più poi quelli dei dannati.

RISPONDO: Nel giudizio finale la giustizia divina deve apparire evidente per tutti, mentre adesso è oscura per molti. Ma la sentenza di condanna o di premio non può esser giusta, se non viene proferita secondo i meriti o i demeriti. Perciò, come è indispensabile che conoscano le risultanze del giudizio il giudice e l'assessore, per proferire la giusta sentenza, cosi è necessario, affinché apparisca giusta la loro sentenza, che tutti quelli che vengono a conoscerla abbiamo la conoscenza dei meriti [che l'hanno provocata]. Quindi perché ciascuno come conosce il premio o la dannazione personale, possa conoscere quelli di tutti gli altri, è indispensabile che come ognuno ricorda i propri meriti e demeriti, così abbia la conoscenza dei meriti altrui.
E questa è l'opinione più probabile e comune, sebbene il Maestro nelle Sentenze dica il contrario, e cioè che "i peccati cancellati con la penitenza" non sarebbero pubblicati nel giudizio. - Ma da ciò seguirebbe che non si verrebbe a conoscere neppure la penitenza compiuta per quei peccati. E così si toglierebbe molto alla gloria dei santi e alla lode di Dio, il quale li ha salvati con tanta misericordia.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutti i meriti e i demeriti precedenti produrranno un grado di gloria o di pena nei risorti. Perciò dalla percezione esterna di queste sensazioni sarà possibile vedere nelle coscienze. Ma soprattutto ciò sarà possibile per la virtù di Dio, affinché la sentenza del giudice possa a tutti apparire giusta.
2. I meriti e i demeriti potranno apparire nei loro effetti, come abbiamo notato. Oppure potranno essere mostrati dalla virtù di Dio, sebbene la capacità dell'intelletto creato non arrivi a tanto.
3. La pubblicazione dei peccati fatta per l'ignominia del peccatore è effetto della sua negligenza nel confessarli. Ma la manifestazione dei peccati dei santi non potrà essere di confusione o
di vergogna per essi, come non è di confusione per S. Maria Maddalena il fatto che i suoi peccati sono ricordati pubblicamente nella Chiesa: poiché la vergogna, come dice il Damasceno, è "la paura del disonore", il quale non potrà trovarsi nei beati. Anzi tale pubblicazione procurerà loro una grande gloria, per la penitenza che ne han fatto: esattamente come il confessore elogia il penitente che confessa coraggiosamente gravi delitti. Si dice poi che i peccati sono cancellati, perché Dio non li considera per castigarli.
4. Per il fatto che un peccatore vede i peccati altrui in nessun modo diminuirà la propria vergogna, anzi l'accrescerà, vedendo meglio nel disonore altrui il proprio disonore. La diminuzione infatti della vergogna prodotta da tale causa dipende dal fatto che adesso la vergogna si fonda sul giudizio degli uomini, che per l'usanza comune perde di severità. Ma allora il disonore si fonderà sul giudizio di Dio, il quale sarà secondo verità su ciascun peccato, sia che esso venga commesso da uno o da molti.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La conoscenza che nel giudizio avranno i risuscitati rispetto ai meriti e ai demeriti > Se tutti i meriti e i demeriti propri e altrui verranno conosciuti con una sola intuizione


Supplemento
Questione 87
Articolo 3

SEMBRA che i meriti e i demeriti propri e altrui non verranno conosciuti con un'unica intuizione. Infatti:
1. Le cose che sono considerate distintamente una per una non possono esser viste con un'unica intuizione. Ma i dannati considereranno e piangeranno distintamente i loro peccati; poiché sta scritto: "Che cosa ci ha giovato la superbia...?". Quindi essi non li vedranno tutti con una sola intuizione.
2. Il Filosofo afferma che "non è possibile avere l'intellezione simultanea di più cose". Ora, i meriti e i demeriti propri e altrui non sono percepibili che con l'intelletto. Dunque essi non potranno esser visti tutti simultaneamente.
3. L'intelletto degli uomini dannati dopo la resurrezione non sarà più elevato di quanto non sia l'intelletto degli angeli buoni rispetto alla conoscenza naturale, con la quale conoscono le cose mediante le idee innate. Ora, con tale conoscenza gli angeli non sono in grado di vedere più cose simultaneamente. Dunque neppure i dannati potranno allora vedere simultaneamente tutte le azioni compiute.

IN CONTRARIO: 1. A commento di quelle parole di Giobbe: "Saranno ricoperti di confusione", la Glossa afferma: "Alla vista del giudice apparirà davanti agli occhi della mente tutto il male
Commesso". Ma il giudice lo vedranno all'istante. Quindi anche il male commesso. E per la stessa ragione tutto il resto.
2. S. Agostino giudica insostenibile la lettura di un libro materiale nel giudizio, in cui siano scritte le azioni di ognuno, per il fatto che nessuno può farsi un'idea della grandezza di codesto libro, o del tempo necessario per leggerlo. Ma per lo stesso motivo non è possibile farsi un'idea del tempo necessario per considerare tutti i meriti e i demeriti propri e altrui, se uno dovesse conoscerli successivamente. Perciò è necessario ammettere che ognuno li vedrà tutti in modo simultaneo.

RISPONDO: Sull'argomento ci sono due opinioni. Alcuni infatti ritengono che ciascuno vedrà tutti i meriti e i demeriti, propri e altrui, in maniera istantanea. - Questo è facile crederlo dei beati; perché essi vedranno tutte le cose in un'unica realtà, e quindi non ci sono ostacoli per vedere più cose simultaneamente. Ma per i dannati è più difficile, non essendo il loro intelletto elevato al punto di vedere Dio e in lui tutte le cose. Perciò altri affermano che i malvagi vedranno tutti i loro peccati, ma in generale; e questo basta per l'accusa che dovrà esserci nel giudizio, oppure per l'assoluzione. Essi però non vedranno simultaneamente tutto scendendo alle singole azioni. Ma anche questo non sembra conciliabile con le affermazioni di S. Agostino, il quale dice che tutte le cose saranno enumerate con l'intuizione della mente: ora, quello che si conosce in generale non viene enumerato.
Perciò si può scegliere una via intermedia: che essi cioè considereranno le singole azioni, però non in un istante, bensì in un tempo brevissimo, con l'aiuto della virtù di Dio. Ecco perché S. Agostino scrive che le enumereranno "con mirabile celerità". Né ciò è impossibile: perché in qualsiasi frazione di tempo ci sono in potenza infiniti istanti.
Sono così risolte anche le difficoltà, presentate nei due sensi opposti.

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