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Se sia necessario confessarsi al proprio sacerdote
Supplemento
Questione 8
Articolo 4
SEMBRA che non sia necessario confessarsi al proprio sacerdote. Infatti:
1. S. Gregorio afferma: "Per autorità apostolica e per dovere di pietà abbiamo stabilito che ai sacerdoti monaci, che rappresentano gli Apostoli, sia lecito predicare, battezzare, dare la comunione, pregare per i peccatori, imporre la penitenza e assolvere i peccati". Ora, i monaci non sono sacerdoti propri di nessuno, non avendo essi cura d'anime. Quindi, poiché la confessione si fa per l'assoluzione, basta confessarsi a qualsiasi sacerdote.
2. Il sacerdote è ministro di questo sacramento come dell'Eucarestia. Ma qualsiasi sacerdote è in grado di consacrare. Perciò qualsiasi sacerdote può amministrare il sacramento della penitenza. Quindi non importa che ci si confessi dal proprio sacerdote.
3. Quanto ci è imposto in modo determinato non è lasciato alla nostra scelta. Invece è lasciato alla nostra scelta il sacerdote cui dobbiamo confessarci, come risulta da quelle parole di S. Agostino: "Chi per ricevere la grazia vuol confessare i suoi peccati, cerchi un sacerdote che sappia sciogliere e legare". Dunque non è necessario che uno si confessi al proprio sacerdote.
4. Ci sono alcuni, i prelati, p. es., i quali non hanno un proprio sacerdote, non avendo essi nessun superiore. Eppure costoro son tenuti alla confessione. Dunque non sempre si è tenuti a confessarsi dal proprio sacerdote.
5. Come dice S. Bernardo, "ciò che è stato istituito per la carità non può mai essere contro la carità". Ora la confessione, istituita per la carità, sarebbe contro la carità, se si fosse obbligati a confessarsi da un unico sacerdote: nel caso, p. es., che il penitente sapesse che il proprio sacerdote è eretico, o sollecitatore al male, oppure così fragile da esser proclive al peccato di cui sente la confessione; ovvero se questi è sospettato di rivelare il segreto di confessione; o se il peccato da confessare sia stato commesso contro di lui. Perciò non sembra che sia sempre necessario confessarsi dal proprio confessore.
6. Nelle cose necessarie alla salvezza gli uomini non devono mai essere coartati, per non impedire la loro salvezza. Ma se fosse necessario confessarsi da un solo uomo, si avrebbe una grande coartazione: cosicché molti potrebbero essere distolti dalla confessione per timore, per vergogna o per altre cose del genere. Quindi, essendo la confessione necessaria alla salvezza, gli uomini non devono essere costretti a confessarsi al proprio sacerdote.
IN CONTRARIO: 1. Il decreto di Innocenzo III prescrive che "tutti (i fedeli) dell'uno e dell'altro sesso una volta l'anno si confessino al proprio sacerdote".
2. Come il vescovo sta alla sua diocesi, così il sacerdote sta alla propria parrocchia. Ma a un vescovo, secondo i canoni, non è lecito esercitare l'ufficio episcopale nella diocesi di un altro. Dunque a un sacerdote non è lecito ascoltare in confessione il parrocchiano di un altro.
RISPONDO: Negli altri sacramenti non si richiede che chi li pratica compia degli atti costitutivi per essi, ma solo che li riceva: il che è evidente nel caso del battesimo; cosicché l'atto che si richiede per percepire l'effetto del sacramento, in chi ha l'esercizio del libero arbitrio, è solo per togliere gli ostacoli, cioè la finzione. Nella penitenza invece l'atto di chi accede al sacramento è essenziale per il sacramento: poiché contrizione, confessione e soddisfazione, che sono atti del penitente, sono parti della penitenza. Ora, i nostri atti, avendo in noi il loro principio, non possono essere disposti da altri se non mediante il comando. Perciò chi ha il compito di amministrare questo sacramento, deve essere in grado di poterci comandare. Ma nessuno ha il potere di comandare a un altro, se non ha la giurisdizione su di lui. Dunque è indispensabile per questo sacramento che il ministro non solo abbia l'ordine, come per gli altri sacramenti, ma anche la giurisdizione. Perciò, come non può conferire questo sacramento chi non è sacerdote, così non può conferirlo chi non ha la giurisdizione. Ed è per questo che si richiede che la confessione si faccia al proprio sacerdote, come è richiesto che si faccia al sacerdote. Infatti poiché il sacerdote non assolve se non obbligando il penitente a fare qualche cosa, può dare l'assoluzione solo chi ha la facoltà di obbligare con il comando a compiere codesta penitenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Gregorio in quel testo parla dei monaci che hanno la giurisdizione, avendo ricevuto la cura di qualche parrocchia: di costoro alcuni negavano che avessero facoltà di assolvere e d'imporre penitenze, per il fatto stesso che erano monaci. Il che è falso.
2. Il sacramento dell'Eucarestia non richiede il comando su altri uomini. Non così questo sacramento, come abbiamo spiegato. Perciò il paragone non regge. Tuttavia non è lecito ricevere l'Eucarestia che dal proprio sacerdote: sebbene sia un vero sacramento la comunione che si riceve da un altro sacerdote.
3. La scelta di un sacerdote assennato non è lasciata al nostro arbitrio, ma va fatta col permesso dei superiori, qualora il proprio sacerdote fosse poco indicato per somministrare il rimedio adatto per il peccato.
4. Poiché i prelati hanno il compito di distribuire i sacramenti, che solo i puri possono amministrare, è stato loro concesso dal diritto di potersi scegliere i sacerdoti confessori, che in tale compito sono ad essi superiori: allo stesso modo che un medico è curato da un altro, non in quanto medico, ma in quanto infermo.
5. Nei casi in cui il penitente ha ragioni per temere che dalla confessione possa risultare un pericolo per sé, o per il (proprio) sacerdote, deve ricorrere al superiore, o chiedere il permesso di confessarsi da un altro. Se poi non riesce ad averne il permesso, egli va giudicato come colui che non ha a disposizione il sacerdote. Quindi deve preferire di confessarsi a un laico. Né con ciò egli trasgredisce il precetto della Chiesa: poiché i precetti della legge positiva non si estendono al di là dell'intenzione del legislatore, che è il fine del precetto; e questo, come insegna l'Apostolo, è la carità. E neppure fa un torto al sacerdote: poiché "chi abusa del proprio potere merita perdere le sue prerogative".
6. L'obbligo di confessarsi al proprio sacerdote non coarta la via della salvezza, ma le dà un'ampiezza sufficiente. Peccherebbe però il parroco sacerdote, se non fosse facile a concedere il permesso di confessarsi da altri: poiché molti sono così mal disposti che morirebbero senza confessione, piuttosto che confessarsi da quel determinato sacerdote. Perciò coloro che sono troppo bramosi di conoscere la coscienza dei sudditi mediante la confessione, "tendono il laccio" della dannazione a molti, e per conseguenza a se stessi.
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