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Se la confessione sia un atto della virtù di penitenza
Supplemento
Questione 7
Articolo 3
SEMBRA che la confessione non sia un atto della virtù di penitenza. Infatti:
1. Essa è un atto di quella virtù che ne è il movente. Ora, il movente della confessione è "la speranza del perdono", come risulta dalla definizione che abbiamo spiegato sopra. Dunque essa è un atto della speranza e non della penitenza.
2. La verecondia rientra fra le parti della temperanza. Ma la confessione produce il suo effetto "per la vergogna", come risulta dalla definizione sopra riferita. Quindi essa è atto della temperanza e non della penitenza.
3. Gli atti della penitenza si appoggiano sulla divina misericordia. La confessione invece si appoggia piuttosto sulla sapienza, per la verità che in essa si richiede. Perciò non è un atto di penitenza.
4. L'articolo di fede che spinge alla penitenza è quello relativo al giudizio: a causa del timore che è alla radice della penitenza. Al contrario l'articolo che spinge alla confessione è quello relativo alla vita eterna: poiché essa promana dalla speranza del perdono. Dunque la confessione non è un atto di penitenza.
5. Mostrarci quali siamo è compito della virtù della veracità. Ma chi si confessa fa precisamente questo. Quindi la confessione è un atto di veracità e non di penitenza.
IN CONTRARIO: La penitenza è ordinata a cancellare il peccato. Ma identico è lo scopo della confessione. Perciò la confessione è un atto di penitenza.
RISPONDO: Trattandosi di virtù, si deve notare che quando al loro oggetto viene aggiunta una speciale qualifica di bontà e di difficoltà, si richiede per esso una speciale virtù: le grandi spese, p. es., spettano alla magnificenza, sebbene ordinariamente le spese e i donativi modesti appartengano alla liberalità, come spiega Aristotele. Lo stesso si dica per la confessione della verità: sebbene infatti essa spetti di suo alla virtù della veracità, tuttavia spetta ad altre virtù quando presenta particolari aspetti di bontà. Ecco perché il Filosofo insegna che la confessione fatta davanti ai tribunali appartiene non alla veracità, ma piuttosto alla giustizia. Così la confessione o riconoscimento dei benefici di Dio a lode di Dio appartiene non alla veracità, ma alla virtù di religione. Ebbene, anche la confessione dei peccati, fatta per ottenere il perdono, non promana direttamente dalla veracità, come affermano alcuni, ma dalla virtù della penitenza. Essa però può appartenere indirettamente a molte virtù, perché comandata da queste ultime secondo le molteplici finalità che può avere l'atto della confessione.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La speranza è motivo o causa della confessione, non quale principio immediato, ma perché può comandarla.
2. La vergogna è ricordata in quella definizione non quale causa della confessione, essendo fatta piuttosto per impedire l'atto della confessione; ma quale concausa nel liberare dalla pena, in quanto la vergogna è appunto una pena. Allo stesso modo sono causa concomitante della confessione le chiavi della Chiesa.
3. Secondo una certa appropriazione le tre parti della penitenza si possono riferire agli attributi delle tre Persone divine: cosicché la contrizione corrisponde alla misericordia e alla bontà, perché si addolora del male; la confessione corrisponde alla sapienza, perché manifesta la verità; e la soddisfazione corrisponde alla potenza, perché si affatica nell'espiare. Ma poiché la contrizione è la prima tra le parti della penitenza, dando efficacia alle altre, tutte codeste parti vanno giudicate e qualificate come la contrizione.
4. La confessione, derivando più dalla speranza che dal timore, fa leva più sull'articolo di fede relativo alla vita eterna, oggetto della speranza, che sull'articolo relativo al giudizio, oggetto del timore: sebbene la penitenza a motivo della contrizione faccia il contrario.
5. Alla quinta difficoltà la soluzione è stata già data nel corpo dell'articolo.
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