Sup, 7

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Natura della confessione


Supplemento
Questione 7
Proemio

Passiamo quindi a considerare la natura della confessione. Sull'argomento si pongono tre quesiti:
1. Se S. Agostino abbia ben definito la confessione;
2. Se la confessione sia un atto di virtù;
3. Se sia un atto della virtù di penitenza.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Natura della confessione > Se S. Agostino abbia ben definito la confessione


Supplemento
Questione 7
Articolo 1

SEMBRA che S. Agostino non abbia ben definito la confessione, col dire che "la confessione è l'atto col quale si svelano i difetti nascosti con la speranza del perdono". Infatti:
1. Il difetto contro il quale viene ordinata la confessione è il peccato. Ma il peccato spesso è palese. Dunque non bisognava dire che la confessione serve come medicina di un difetto nascosto.

2. Radice della penitenza è il timore. Ora, la confessione è parte integrante della penitenza. Quindi quale causa della confessione bisognava porre non la speranza, bensì il timore.

3. Quanto viene messo sotto sigillo non viene svelato, bensì sigillato. Ma il peccato che uno confessa vien posto sotto il sigillo della confessione. Quindi nella confessione il peccato non viene svelato, ma sigillato.

4. Ci sono diverse altre definizioni che differiscono da questa. S. Gregorio infatti dice che la confessione è "scoprimento dei peccati e apertura delle piaghe". Altri dicono che la confessione è "la dichiarazione dei peccati fatta secondo la legge dinanzi al sacerdote". Altri poi affermano: "La confessione è l'accusa sacramentale del peccatore, resa satisfattoria dalla vergogna e dalle chiavi della Chiesa, con l'obbligo di compiere la penitenza imposta". Perciò la definizione di S. Agostino, non contenendo tutti gli elementi di codeste definizioni, è inadeguata.

RISPONDO: Nell'atto della confessione molte sono le cose da considerare: primo, la sostanza o natura dell'atto, che consiste in una manifestazione; secondo, l'oggetto di essa, cioè il peccato; terzo, la persona cui vien fatta, cioè il sacerdote, quarto, la causa movente, che è la speranza del perdono, quinto, l'effetto, che è il condono di una parte della pena con l'obbligo di soddisfare l'altra parte. Nella definizione, quindi, di S. Agostino si accenna: alla natura dell'atto, che è di "svelare"; all'oggetto della confessione, parlando di "difetti nascosti"; alla causa movente, ricordando "la speranza del perdono". Nelle altre definizioni invece si accenna a qualcuno di quei cinque elementi da noi elencati, come ognuno può riscontrare.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene talora il confessore conosca come uomo i peccati del penitente, non li conosce però come vicario di Cristo: così come talora capita che un giudice conosca una data cosa come uomo, ma non come giudice. Ed è per questo che i peccati vengono svelati nella confessione.
Oppure si può rispondere che, sebbene l'atto esterno sia palese, l'atto interno, che è il principale, rimane nascosto. Di qui la necessità che venga svelato dalla confessione.

2. La confessione presuppone la carità, con la quale si diventa viventi, come dice il testo (delle Sentenze). Ora, è nella contrizione che viene data la carità. Perciò il timore servile, che è privo di speranza, precede la carità. Ma chi ha la carità è mosso più dalla speranza che dal timore. Ecco perché quale causa della confessione è posta la speranza e non il timore.

3. In ogni confessione il peccato viene svelato al sacerdote, e chiuso a qualsiasi altro col sigillo della confessione.

4. In una definizione non è necessario accennare a tutto ciò che riguarda la cosa definita. Ecco perché si riscontrano definizioni e descrizioni fatte in rapporto a una data causa ed altre in rapporto a un'altra.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Natura della confessione > Se la confessione sia un atto di virtù


Supplemento
Questione 7
Articolo 2

SEMBRA che la confessione non sia un atto di virtù. Infatti:
1. Ogni atto di virtù rientra nella legge naturale; poiché, come dice il Filosofo, "alla virtù siamo inclinati dalla natura". Ma la confessione non è di legge naturale. Dunque non è un atto di virtù.

2. Un atto di virtù si addice più all'innocente che al peccatore. Invece la confessione dei peccati, della quale parliamo, non si addice all'innocente. Quindi non è un atto di virtù.

3. La grazia che si riceve nei sacramenti differisce in una certa maniera dalla grazia che si ha nelle virtù e nei doni. Ora, la confessione è parte integrante di un sacramento. Dunque non è un atto di virtù.

IN CONTRARIO: 1. I precetti della legge hanno per oggetto atti di virtù. Ma la confessione è di precetto. Dunque è un atto di virtù.

2. Non si merita che con atti di virtù. Ora, la confessione è meritoria: perché essa, come dice il Maestro delle Sentenze, "apre il cielo". Perciò è evidente che è un atto di virtù.

RISPONDO: Perché una cosa sia un atto di virtù, basta, come abbiamo detto sopra, che implichi nel suo concetto una condizione propria della virtù. Ora la confessione, sebbene non implichi tutto ciò che la virtù richiede, tuttavia implica nel suo nome stesso la manifestazione di un segreto della propria coscienza: così da avere la concordanza tra il cuore e la bocca. Infatti se uno dice con la bocca ciò che non tiene nel cuore, non si ha una confessione, bensì una finzione. Ora, questa coincidenza tra il cuore e la bocca è una condizione che appartiene alla virtù. Perciò la confessione è un atto buono nel suo genere, ed è un atto di virtù. - Tuttavia essa può esser fatta male, se non è rivestita di tutte le altre debite circostanze.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. A confessare la verità nel debito modo, quando si deve e a chi si deve, così in generale, inclina la stessa ragione naturale. E da questo lato la confessione è di legge naturale. Ma la determinazione delle circostanze: quando, come, che cosa, a chi ci si deve confessare, deriva dall'istituzione della legge divina riguardo alla confessione di cui parliamo. È evidente perciò che la legge naturale inclina alla confessione mediante la legge divina che determina le circostanze: ciò che capita in tutte le cose che sono di legge positiva.

2. L'innocente sebbene possa averne l'abito, non può avere l'atto di quelle virtù che hanno per oggetto il peccato commesso, finché l'innocenza rimane. Ecco perché non si addice all'innocente la confessione dei peccati della quale parliamo, sebbene essa sia un atto di virtù.

3. La grazia sacramentale e quella delle virtù, pur essendo distinte, non sono però contrarie, ma disparate. Quindi niente impedisce che l'identico atto sia un atto di virtù in quanto è compiuto dal libero arbitrio informato dalla grazia; e sia sacramento, ossia parte integrante di un sacramento, in quanto è una medicina ordinata a riparare il peccato.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Natura della confessione > Se la confessione sia un atto della virtù di penitenza


Supplemento
Questione 7
Articolo 3

SEMBRA che la confessione non sia un atto della virtù di penitenza. Infatti:
1. Essa è un atto di quella virtù che ne è il movente. Ora, il movente della confessione è "la speranza del perdono", come risulta dalla definizione che abbiamo spiegato sopra. Dunque essa è un atto della speranza e non della penitenza.

2. La verecondia rientra fra le parti della temperanza. Ma la confessione produce il suo effetto "per la vergogna", come risulta dalla definizione sopra riferita. Quindi essa è atto della temperanza e non della penitenza.

3. Gli atti della penitenza si appoggiano sulla divina misericordia. La confessione invece si appoggia piuttosto sulla sapienza, per la verità che in essa si richiede. Perciò non è un atto di penitenza.

4. L'articolo di fede che spinge alla penitenza è quello relativo al giudizio: a causa del timore che è alla radice della penitenza. Al contrario l'articolo che spinge alla confessione è quello relativo alla vita eterna: poiché essa promana dalla speranza del perdono. Dunque la confessione non è un atto di penitenza.

5. Mostrarci quali siamo è compito della virtù della veracità. Ma chi si confessa fa precisamente questo. Quindi la confessione è un atto di veracità e non di penitenza.

IN CONTRARIO: La penitenza è ordinata a cancellare il peccato. Ma identico è lo scopo della confessione. Perciò la confessione è un atto di penitenza.

RISPONDO: Trattandosi di virtù, si deve notare che quando al loro oggetto viene aggiunta una speciale qualifica di bontà e di difficoltà, si richiede per esso una speciale virtù: le grandi spese, p. es., spettano alla magnificenza, sebbene ordinariamente le spese e i donativi modesti appartengano alla liberalità, come spiega Aristotele. Lo stesso si dica per la confessione della verità: sebbene infatti essa spetti di suo alla virtù della veracità, tuttavia spetta ad altre virtù quando presenta particolari aspetti di bontà. Ecco perché il Filosofo insegna che la confessione fatta davanti ai tribunali appartiene non alla veracità, ma piuttosto alla giustizia. Così la confessione o riconoscimento dei benefici di Dio a lode di Dio appartiene non alla veracità, ma alla virtù di religione. Ebbene, anche la confessione dei peccati, fatta per ottenere il perdono, non promana direttamente dalla veracità, come affermano alcuni, ma dalla virtù della penitenza. Essa però può appartenere indirettamente a molte virtù, perché comandata da queste ultime secondo le molteplici finalità che può avere l'atto della confessione.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La speranza è motivo o causa della confessione, non quale principio immediato, ma perché può comandarla.

2. La vergogna è ricordata in quella definizione non quale causa della confessione, essendo fatta piuttosto per impedire l'atto della confessione; ma quale concausa nel liberare dalla pena, in quanto la vergogna è appunto una pena. Allo stesso modo sono causa concomitante della confessione le chiavi della Chiesa.

3. Secondo una certa appropriazione le tre parti della penitenza si possono riferire agli attributi delle tre Persone divine: cosicché la contrizione corrisponde alla misericordia e alla bontà, perché si addolora del male; la confessione corrisponde alla sapienza, perché manifesta la verità; e la soddisfazione corrisponde alla potenza, perché si affatica nell'espiare. Ma poiché la contrizione è la prima tra le parti della penitenza, dando efficacia alle altre, tutte codeste parti vanno giudicate e qualificate come la contrizione.

4. La confessione, derivando più dalla speranza che dal timore, fa leva più sull'articolo di fede relativo alla vita eterna, oggetto della speranza, che sull'articolo relativo al giudizio, oggetto del timore: sebbene la penitenza a motivo della contrizione faccia il contrario.

5. Alla quinta difficoltà la soluzione è stata già data nel corpo dell'articolo.

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