Sup, 79

Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Le condizioni dei risorti: primo, la loro identità


Supplemento
Questione 79
Proemio

Logicamente passiamo ora a trattare delle condizioni dei risorti. La prima nostra considerazione avrà per oggetto ciò che è comune ai buoni ed ai cattivi; la seconda ciò che riguarda soltanto i buoni; la terza ciò che riguarda soltanto i cattivi.
Ora, buoni e cattivi avranno in comune tre cose: identità, integrità e qualità. Prima dunque tratteremo dell'identità dei risorti; secondo, dell'integrità dei loro corpi; terzo, delle loro qualità.
Sul primo argomento si pongono tre quesiti:

1. Se il corpo che risorgerà sia numericamente identico [a quello di un tempo];
2. Se sia l'identico uomo;
3. Se le ceneri debbano tornare a ricomporre le stesse parti di prima.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Le condizioni dei risorti: primo, la loro identità > Se alla resurrezione l'anima riprenderà lo stesso corpo di prima


Supplemento
Questione 79
Articolo 1

SEMBRA che alla resurrezione l'anima non riprenderà lo stesso corpo di prima.
Infatti:
1. S. Paolo afferma: "Tu non semini quel corpo che poi dovrà nascere, ma un nudo granello". Ora in quel testo l'Apostolo paragona la morte alla semina e la resurrezione alla germinazione. Dunque non è identico il corpo che si depone nel sepolcro e quello che si riassume alla resurrezione.

2. Ad ogni forma corrisponde una data materia, come ad ogni agente corrisponde un dato strumento, adatti sempre alla loro condizione. Ora, il corpo sta all'anima come la materia sta alla forma e come lo strumento all'agente. Ma l'anima del risorto non si troverà nelle condizioni attuali; perché, o vivrà una vita tutta celeste, verso la quale aspirò nel mondo, oppure sarà ridotta a vivere come i bruti, se nel mondo assecondò i bassi istinti. Sembra perciò che l'anima non debba riprendere lo stesso corpo, ma un altro che sarà o celeste o animalesco.

3. Il corpo umano dopo la morte si dissolve, come abbiamo detto, nei suoi elementi. Ma codesti elementi non convengono più al corpo umano, se non nella materia prima, come tutti gli altri elementi consimili. Ora, se il corpo venisse ricostruito con elementi consimili ma non identici, non sarebbe numericamente lo stesso. Perciò anche se viene ricostruito con gli stessi elementi, non può dirsi numericamente identico a quello di un tempo.

4. Non è possibile che una cosa sia la stessa numericamente, se non lo sono anche le sue parti essenziali. Ora, la forma del composto che è parte essenziale del corpo umano quale sua forma, non potrà tornare ad essere la stessa nella resurrezione. Dunque non sarà numericamente identico neppure il corpo. – Proviamo la minore del sillogismo. Ciò che si riduce assolutamente nel nulla non può tornare ad essere numericamente lo stesso. Ed è evidente dal fatto che non può esserci identità numerica tra cose che hanno un essere diverso: ne è infatti interrotta l'esistenza, che è l'atto dell'ente, quindi il suo atto esistenziale è diverso come qualsiasi altro atto interrotto. Ma la forma del composto umano, essendo corporea, con la morte cade nel nulla, allo stesso modo che le qualità contrarie degli elementi le quali danno luogo al composto. Dunque la forma del composto non può tornare ad essere numericamente quella di prima.

IN CONTRARIO: 1. Leggiamo in Giobbe: "Nella mia carne vedrò Dio, mio salvatore". Ora, qui si tratta della visione di Dio dopo la resurrezione, come è chiaro da quel che precede; "All'ultimo giorno risusciterò dalla terra". Dunque il corpo che risorgerà sarà numericamente identico a quello di prima.

2. Come dice il Damasceno, "la resurrezione è il sorgere per la seconda volta di chi e caduto". Ma a cadere con la morte è proprio il corpo che ora abbiamo. Dunque sarà lo stesso a risorgere.

RISPONDO: Intorno a questo argomento già sbagliarono i filosofi e tuttora sbagliano alcuni eretici moderni. Alcuni filosofi infatti sostennero che le anime separate si sarebbero ricongiunte al corpo; ma in questa loro teoria incorsero in un duplice errore. Primo, riguardo al modo di questa ricomposizione. Perché alcuni ritennero che l'anima separata si sarebbe riunita al corpo naturalmente mediante la generazione. - Secondo, riguardo al corpo cui l'anima si ricongiunge. Questa ricongiunzione a loro giudizio non avverrebbe col corpo sepolto dopo la morte, ma con un altro, o della medesima specie, o di una specie diversa. Avverrebbe con un corpo di specie diversa per l'anima che mentre nel corpo ha vissuto una vita bestiale: allora dopo la morte l'anima passerebbe dal corpo dell'uomo a quello di una bestia a lei affine nella bestialità; nel corpo di un cane, p. es., se fu dedita alla lussuria: nel corpo di un leone, se fu rapace e violenta, e cosi via. Quando invece l'anima fosse vissuta nel corpo facendo il bene, avrebbe goduto dopo la morte di una certa felicità, e dopo alcuni secoli avrebbe visto appagato il suo desiderio di riunirsi a un corpo umano della stessa specie.
Ma codesta opinione deriva da due falsi presupposti. Il primo sta nel fatto che costoro ritengono l'anima non già unita essenzialmente al corpo, come la forma alla materia, ma unita ad esso solo accidentalmente, ossia come il motore a ciò che è mosso, o come l'uomo al suo vestito. Ecco perché poterono ammettere che l'anima sarebbe preesistita, prima di essere infusa in un corpo prodotto per generazione naturale; oppure che essa potesse unirsi a corpi diversi. - Il secondo falso presupposto sta nel non ammettere che una differenza accidentale tra l'intelletto e il senso; cosicché l'uomo avrebbe l'intelletto a differenza degli altri animali, per il solo fatto che, avendo una complessione fisica equilibratissima, ha facoltà sensitive più perfette. Ecco perché costoro poterono ammettere che l'anima umana potesse transmigrare in una bestia, molto più se quest'anima effettivamente era vissuta in modo bestiale. - Ma ambedue questi presupposti sono confutati da Aristotele. E dopo la loro confutazione risulta chiara anche la falsità delle opinioni suddette.
Allo stesso modo vengono confutati gli errori di certi eretici. Alcuni di essi infatti caddero nelle medesime opinioni. – Altri invece opinarono che le anime debbano ricongiungersi con i corpi celesti, oppure con dei corpi sottili come il vento. Così la pensava un vescovo di Costantinopoli; a quanto racconta S. Gregorio commentando le parole del libro di Giobbe: "Nella mia carne vedrò Dio, ecc.".
Codesti errori degli eretici possono essere confutati dal fatto che essi pregiudicano la verità della resurrezione insegnataci dalla sacra Scrittura. Non si potrebbe infatti parlare più di resurrezione, se l'anima non tornasse nello stesso corpo: perché resurrezione vuol dire appunto "sorgere di nuovo"; e quindi sorgere spetta a quello stesso che è caduto. Perciò la resurrezione riguarda più il corpo, il quale cade morendo, che l'anima, la quale continua a vivere dopo la morte. Perciò se l'anima non riprendesse lo stesso corpo, non si potrebbe parlare di resurrezione, ma di assunzione di un altro corpo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Un paragone corrisponde solo in parte, ma non in tutto. Nella semina del grano non è identico numericamente il chicco seminato a quello che nasce, ed ha ciascuno caratteristiche diverse, perché al seme, p. es., manca il guscio, che troviamo invece nel secondo. Il corpo dei risorti invece è numericamente lo stesso, ma con altre qualità; perché prima era mortale, e risorgerà immortale.

2. L'anima del risorto e quella di chi vive in questo mondo non differiscono in qualcosa di essenziale, ma solo riguardo allo stato di miseria o di gloria, che sono cose accidentali. Perciò non è necessario che risorga un altro corpo, ma basta che esso sia dotato di altre qualità, in modo da armonizzarsi col nuovo stato dell'anima.

3. Ciò che noi concepiamo inerente alla materia, prima che essa si unisca alla forma, rimane anche dopo la rottura di questa unione: perché la perdita di ciò che viene lascia intatto ciò che precede.
Ora, la materia degli esseri corruttibili prima della forma sostanziale ha delle dimensioni indeterminate, che le permettono di essere divisa e ripartita in diverse forme, come dice il Commentatore nei suoi scritti. Ora, codeste dimensioni restano identiche, anche dopo la separazione della forma sostanziale dalla materia. Perciò la materia esistente sotto quelle dimensioni, qualsiasi forma la attui, ha maggiore identità a ciò che da essa fu generato che non una parte diversa di qualsiasi altra materia esistente sotto qualunque forma. Sarà dunque così che la stessa materia sarà predisposta a ricostituire il corpo umano di cui fece parte.

4. Come la qualità semplice non è la forma sostanziale di un corpo semplice elementare, ma una sua proprietà e una disposizione che rende la materia adatta a tale forma, così la forma del corpo misto, derivante dalle qualità semplici che si equilibrano, non è la forma sostanziale del corpo misto, ma una proprietà e una disposizione alla forma sostanziale. Ora, il corpo umano, oltre questa forma del corpo misto, non ha altra forma sostanziale che l'anima razionale; perché se avesse una forma sostanziale antecedente, sarebbe quella a darle l'essere sostanziale ed a costituirlo sostanza; cosicché l'anima verrebbe in un corpo già sostanzialmente costituito. In tal caso l'anima starebbe al corpo come una qualsiasi forma artificiale sta ai materiali strutturati da essa, poiché questi sono nel genere delle sostanze in forza della loro materia. Ne risulterebbe che l'unione dell'anima col corpo sarebbe accidentale, come falsamente opinarono gli antichi filosofi, confutati da Aristotele, e così i termini che designano il corpo umano e le singole sue parti non sarebbero più equivoci [a morte avvenuta], contro quanto insegna Aristotele. Dal momento dunque che l'anima razionale sussiste, nessuna forma sostanziale del corpo umano è completamente annientata. Né il mutamento delle forme accidentali può costituire un qualcosa di numericamente diverso. Perciò il corpo umano risorgerà identico: perché identica ne sarà la materia che si riunirà all'anima, come si è detto nella soluzione precedente.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Le condizioni dei risorti: primo, la loro identità > Se l'uomo risorto sarà identico numericamente a quello di prima


Supplemento
Questione 79
Articolo 2

SEMBRA che l'uomo risorto non sarà numericamente identico a quello di prima. Infatti:
1. "Tutto ciò che ha una natura corruttibile e mutabile", dice Aristotele, "non torna di nuovo ad essere numericamente quello di prima". Ma tale è appunto la sostanza dell'uomo nello stato presente. Quindi dopo la morte egli non sarà numericamente identico a quello di prima.

2. Se abbiamo delle umanità diverse, non possiamo avere uno stesso uomo; per cui Socrate e Platone sono due uomini e non uno solo, essendo l'umanità dell'uno diversa da quella dell'altro. Ora, l'umanità dell'uomo risorto sarà diversa da quella che egli ha attualmente. Dunque sarà un altro uomo.
Possiamo provare la minore del sillogismo con due ragioni. Primo, dal fatto che l'umanità, essendo la forma di tutto il composto, non è al pari dell'anima forma e sostanza, ma soltanto forma. Ora forme di tal genere cadono assolutamente nel nulla: e quindi non possono tornare ad esistere.
Secondo, dal fatto che l'umanità risulta dall'unione delle parti. Ora, un'unione non può tornare quella di prima, perché ciò che torna a unirsi e si ripete non è identico: poiché la ripetizione implica pluralità, mentre l'identità implica l'unità. Perciò si escludono a vicenda. Ora, nella resurrezione l'unione si ripete. Dunque non può essere identica. E quindi neppure saranno identici l'umanità e l'uomo.

3. Perché l'uomo sia lo stesso, bisogna che l'animale che è in lui sia lo stesso. Ma se non c'è identità di senso, non c'è neppure identità nell'animale; perché l'animale si definisce dal senso principale cioè dal tatto, come spiega Aristotele. Ora, nell'anima separata, secondo alcuni, i sensi non rimangono; quindi nella loro ricostruzione essi non possono essere numericamente identici. Dunque nella resurrezione non avremo numericamente lo stesso animale, e quindi neppure lo stesso uomo.

4. La materia ha un'importanza maggiore in una statua che nell'uomo; perché gli esseri artificiali sono sostanza in forza della loro materia, mentre quelli naturali lo sono in forza della loro forma, come spiegano Aristotele ed Averroè. Ma se una statua viene rifusa con lo stesso metallo non è più numericamente quella di prima. Molto meno dunque lo sarà un uomo ricostituito dalle stesse ceneri.

IN CONTRARIO: 1. Giobbe afferma a proposito della visione [del Redentore] dopo la resurrezione: "Lo vedrò io stesso e non un altro". Dunque risorgerà lo stesso uomo di prima.

2. Dice inoltre S. Agostino che "risuscitare non è altro che rivivere". Ma non si potrebbe parlare di riviviscenza, se l'uomo che torna a vivere fosse diverso da quello che è morto. Perciò neppure risorgerebbe. Il che è incompatibile con la nostra fede.

RISPONDO: La necessità di ammettere la resurrezione nasce dal fatto che l'uomo ne ha bisogno per conseguire il fine ultimo della sua esistenza, che egli non può raggiungere nella vita attuale e neppure con la sola anima separata; altrimenti egli sarebbe stato costruito invano, se non potesse raggiungere il fine per cui è stato creato. Ma siccome è necessario che il fine ultimo sia raggiunto dallo stesso che è stato creato per quel fine, perché la sua creazione non sia inutile, bisogna che risorga lo stesso uomo di prima. Ciò avviene quando l'identica anima si ricongiunge allo stesso identico corpo. Altrimenti a rigor di termini, non avremo una resurrezione vera e propria. Perciò negare che a risorgere sarà l'uomo numericamente identico a quello di prima è un'eresia, perché si oppone alla verità della sacra Scrittura, che insegna la resurrezione.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Aristotele parla di un ritorno all'essere dipendente dal movimento o da una trasmutazione naturale. Infatti dimostra la differenza esistente tra il movimento di traslazione che riporta al suo punto di partenza il cielo, che è una sostanza incorruttibile, e il movimento di generazione che negli esseri corruttibili riproduce la medesima specie, ma con individui diversi. Dall'uomo, p. es., si genera il seme, da questo il sangue e così di seguito finché si arriva nuovamente all'uomo, che nella specie, ma non nel numero, sarà identico al generante. Parimente dal fuoco si sviluppa l'aria, o vapore, da questa l'acqua, dall'acqua la terra, dalla terra di nuovo il fuoco che è specificamente, ma non numericamente, identico a quello di prima. È chiaro dunque che l'argomento non è a proposito.
Oppure si può rispondere che la forma degli altri esseri soggetti a generazione e corruzione non è per sé sussistente, come lo è invece l'anima razionale; la quale conserva l'essere acquisito nel corpo anche senza il corpo, che poi viene ricondotto, mediante la resurrezione, a parteciparne di nuovo l'essere. Poiché nell'uomo l'essere del corpo non è distinto dall'essere dell'anima, altrimenti la loro sarebbe un'unione accidentale. Perciò nell'essere sostanziale dell'uomo non è mai avvenuta una interruzione che impedisca all'uomo di tornare ad essere numericamente quello di prima, come invece accade nelle altre cose che si corrompono e che cessano di esistere, venendo a mancare la forma e restando la sola materia, ma con un essere diverso.
Tuttavia neppure l'uomo viene reintegrato numericamente identico per generazione naturale. Poiché il corpo di chi nasce per generazione non viene prodotto da tutta la materia di colui che lo genera. E quindi si tratta di un uomo numericamente diverso, avendo così un'altra anima ed essendo tutt'altro uomo.

2. Circa l’umanità come circa la forma di un tutto qualsiasi ci sono due opinioni. Alcuni dicono che la forma del tutto è identica realmente a quella della sua parte [sostanziale materiale]: sarebbe infatti forma della parte in quanto perfeziona la materia, e forma del tutto in quanto da essa deriva la specie di quella data cosa. Secondo questa opinione, dunque, l'umanità non sarebbe in realtà nient'altro che l'anima razionale. Perciò siccome l'anima razionale che riprende il corpo è numericamente la stessa, sarà identica anche l'umanità. E questo anche perché l'anima rimane persino dopo la morte, sebbene non in quanto umanità; perché allora il composto non riceve dall'anima la specie, o natura specifica.
La seconda opinione è quella di Avicenna, che sembra anche più vera: secondo lui la forma del tutto non è la forma stessa della parte [sostanziale], e neppure una forma diversa da quella della parte; ma è l'insieme che risulta dalla composizione della materia e della forma e che abbraccia ambedue le parti; cosicché la forma della parte viene così denominata essenza o quiddità del tutto. Dato quindi che alla resurrezione si avranno un corpo ed un'anima numericamente identici, avremo necessariamente l'identica umanità.
L'argomento dell'obiezione invece partiva dal presupposto che l'umanità fosse una forma aggiunta alla forma e alla materia.
Neppure la seconda dimostrazione vale a distruggere l'identità suddetta. L'unione infatti può essere considerata come attiva, o come passiva. Ma sebbene sotto i due aspetti essa sia diversa, non può impedire l'identità dell'umanità: perché le due funzioni attiva e passiva, in quanto costituiscono l'umanità, non appartengono all'essenza dell'umanità stessa; perciò la loro diversità non produce due diverse umanità. È chiaro infatti che generare e risorgere non sono numericamente lo stesso moto; ma non per questo viene compromessa l'identità del risorto. - Così pure non vale a impedire che l'umanità sia identica, se col termine unione intendiamo la relazione stessa tra il corpo e l'anima. Perché codesta relazione non è elemento costitutivo dell'umanità, ma ne è solo un dato concomitante: poiché l'umanità non è una delle forme artificiali, che consistono in una certa composizione o in un certo ordine: per cui una ricomposizione numericamente diversa fa sì, p. es.. che la forma di una casa non sia più identica a quella di prima.

3. L'argomento è validissimo contro coloro che ammettono nell'uomo due anime distinte, una sensitiva e l'altra razionale, perché in tal caso l'anima sensitiva non sarebbe incorruttibile nell'uomo come non lo è negli altri animali. Perciò nella resurrezione non avremmo la stessa anima sensitiva, e per conseguenza lo stesso animale e lo stesso uomo.
Se invece riteniamo che nell'uomo esiste sostanzialmente una sola e identica anima, insieme razionale e sensibile, non incontriamo in questo nessuna difficoltà. L'animale infatti è caratterizzato dal senso, ossia dall'anima sensitiva, come dalla sua forma essenziale; mentre dal senso, in quanto potenza sensitiva, noi otteniamo la definizione come si fa con una forma accidentale: poiché, come dice Aristotele, la forma accidentale "è di primaria importanza per conoscere l'essenza". Perciò dopo la morte l'anima sensitiva rimane sostanzialmente come rimane l'anima razionale. Invece le potenze sensitive secondo alcuni non rimangono.
Però trattandosi di proprietà accidentali, la loro variazione non può annullare l'identità di tutto l'animale e neppure delle sue parti. Infatti le potenze sono perfezioni o atti degli organi rispettivi solo come principii d'operazione, ossia come il calore rispetto al fuoco.

4. La statua può essere considerata come sostanza, o come opera d'arte. Ora, poiché essa è una sostanza in forza della sua materia, sarà sostanzialmente identica quando è ricostituita, o rifusa con la stessa materia. Ma essa è opera d'arte in forza della sua forma. E questa è un accidente il quale finisce quando la statua viene distrutta. Sotto tale aspetto quindi essa non è e non può essere più numericamente identica a quella di prima. Ma la forma dell'uomo che è l'anima, rimane anche dopo la corruzione del corpo. Perciò il paragone non regge.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Le condizioni dei risorti: primo, la loro identità > Se le ceneri del corpo umano riprenderanno in esso con la resurrezione il posto che avevano prima


Supplemento
Questione 79
Articolo 3

SEMBRA che le ceneri del corpo umano alla resurrezione debbano riprendere in esso il posto che avevano prima. Infatti:
1. A detta del Filosofo, "come l'anima tutta intera sta a tutto il corpo, così una parte dell'anima sta alla parte rispettiva del corpo", ossia come la vista, p. es., sta alla pupilla. Ora, dopo la resurrezione il corpo deve essere riassunto dall'identica anima. Dunque è necessario riprendere tutte le parti del corpo per ricomporre le identiche membra adatte alle rispettive parti dell'anima.

2. La diversità di materia implica una diversità numerica. Ma se le ceneri non ritornassero nell'identica posizione, le singole parti non verrebbero ricostruite con l'identica materia di prima. Perciò non sarebbero numericamente le stesse. Ma se sono diverse le parti, sarà diverso anche il tutto: perché le parti stanno al tutto come la materia sta alla propria forma, secondo la Fisica di Aristotele. Dunque non avremmo l'identico uomo. Il che equivale a negare la verità della resurrezione.

3. La resurrezione è ordinata alla retribuzione che l'uomo deve ricevere per le sue opere. Ora, alle diverse opere meritorie o demeritorie servono parti diverse del corpo umano, quindi affinché nella resurrezione ogni parte riceva nella sua misura il merito che le spetta bisogna che ciascuna torni al suo posto.

IN CONTRARIO: 1. Le cose artificiali dipendono dalla loro materia più degli esseri naturali. Ma nelle cose artificiali per riparazione di un identico manufatto con la stessa materia non si richiede che le parti di queste riprendano l'identico posto di prima. Dunque non si richiederà neppure per l'uomo.

2. Una variazione accidentale non implica una diversità numerica. Ora, la dislocazione delle parti nel tutto è un accidente. Dunque una eventuale diversità in codesta dislocazione nell'uomo non produce una diversità numerica.

RISPONDO: A proposito del problema proposto bisogna distinguere ciò che è possibile fare, senza pregiudicare l'identità, da ciò che va fatto per salvare la convenienza. Circa il primo quesito si deve notare che nell'uomo le parti diverse possono essere di due tipi: primo, parti diverse di un tutto omogeneo, quali sono le varie parti di carne; o le varie parti di un osso: secondo, parti diverse di diversa specie del tutto eterogeneo, quali sono appunto la carne e le ossa. Perciò se si ammettesse che una parte di materia verrà ricollocata in un'altra parte della medesima specie, questo non implicherebbe che una variazione nella dislocazione delle parti. E tale variazione nelle parti non pregiudica la specie propria nel tutto omogeneo. Cosicché la reciproca sostituzione delle parti in tal caso non pregiudicherebbe affatto l'identità del tutto. Lo stesso vale per il caso accennato nel testo delle Sentenze: infatti una statua rifusa secondo la forma non è numericamente identica alla precedente, però è identica secondo la materia in forza della quale è una sostanza; perché da questo lato essa è un tutto omogeneo, sebbene non lo sia secondo la forma accidentale.
Se invece si ammettesse che nella resurrezione la materia di una parte prenderà il posto di un'altra parte di specie diversa, allora avremmo necessariamente non solo diversità di dislocazione, ma di identità: però nel caso che tutta la materia, ovvero quanto apparteneva sostanzialmente in una data parte alla natura umana, venga trasportata in un'altra; non già nel caso che venga così trasferito qualche elemento che in una parte era superfluo. Ora, eliminata l'identità delle parti, si elimina anche l'identità del tutto, quando si tratta di parti essenziali: non così invece, se si tratta di parti accidentali, quali sono i capelli e le unghie, cui sembra riferirsi S. Agostino.
È così evidente quando la trasposizione della materia da una parte all'altra compromette l'identità del tutto, e quando non lo pregiudica.
Se invece facciamo questione di convenienza, allora è più probabile che nella resurrezione venga conservata anche l'identica dislocazione delle parti, soprattutto nelle parti essenziali ed organiche: sebbene forse non lo sia altrettanto rispetto alle parti accidentali, quali le unghie e i capelli.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il primo argomento è valido rispetto alle parti organiche, non già rispetto alle parti omogenee.

2. La diversa dislocazione delle parti di una data materia non produce una diversità numerica: può produrla invece la diversità della materia stessa.

3. L’operare propriamente parlando non va attribuito alla parte, ma al tutto. Perciò il premio è dovuto al tutto e non alle singole parti.

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