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Se in futuro ci sarà la resurrezione dei corpi
Supplemento
Questione 75
Articolo 1
SEMBRA che in futuro non ci sarà la resurrezione dei corpi.
Infatti:
1. Dice la S. Scrittura: "L'uomo quando si sarà addormentato non risorgerà, finché non cada il cielo non si sveglierà". Ma il cielo non cadrà mai, perché la terra stessa, che pure sembra meno stabile "sussisterà in eterno", come dice l'Ecclesiaste. Perciò i morti non risorgeranno mai.
2. Il Signore, per provare la resurrezione, si riferisce a quelle parole della Scrittura: "Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe", perché egli "non è il Dio dei morti, ma dei vivi". Ora è certo che quando furono proferite quelle parole Abramo, Isacco e Giacobbe non erano vivi col corpo, ma solo con l'anima. Ci sarà perciò la resurrezione non dei corpi, ma solo delle anime.
3. S. Paolo intende provare la resurrezione dalla necessaria ricompensa per le fatiche sostenute in vita dai santi, i quali, "se sperassero [in Cristo] solo per questa vita sarebbero i più miserabili di tutti gli uomini". Ma l'uomo può già avere sufficiente ricompensa di tutte le sue fatiche nella propria anima; perché non è necessario che lo strumento sia remunerato insieme a chi se ne serve: e il corpo altro non è che lo strumento dell'anima. Difatti in purgatorio, dove le anime sono punite "per le opere compiute col corpo", l'anima soffre senza il corpo. Perciò non occorre ammettere la resurrezione dei corpi, ma basta ammettere la resurrezione delle anime, che consiste nel passaggio dalla morte di colpa e di miseria alla vita di grazia e di gloria.
4. L'ultimo stadio di una cosa è anche quello più perfetto: perché con esso questa raggiunge il suo fine. Ora, l'anima separata dal corpo è in uno stato di assoluta perfezione, perché è più conforme a Dio e agli Angeli, ed è scevra di ogni natura a lei estranea. Perciò la separazione dal corpo è il suo ultimo stato. Quindi essa da codesto stadio non torna ad unirsi al corpo: come un uomo adulto non torna bambino.
5. La morte corporale è stata inflitta all'uomo per il primo peccato, come risulta dalla Genesi: allo stesso modo che la morte spirituale, cioè la separazione dell'anima da Dio, viene inflitta all'uomo per il peccato mortale. Ma dalla morte spirituale i dannati non ritornano più a vivere, dopo la sentenza di condanna. Dunque non si tornerà in vita neppure dalla morte corporale. Perciò non ci sarà resurrezione.
IN CONTRARIO: 1. Si legge nel Libro di Giobbe: "So che il mio Redentore vive e che nell'ultimo giorno io risorgerò dalla terra, e sarò circondato di nuovo della mia pelle". Quindi ci sarà la resurrezione anche per il corpo.
2. Il dono di Cristo è più grande del peccato di Adamo, come dice S. Paolo. Ora, la morte è sopravvenuta per il peccato; perché non vi sarebbe stata senza di quello. Dunque mediante il dono di Cristo l'uomo tornerà a nuova vita.
3. È giusto che le membra siano conformi al loro capo. Ora, il nostro capo vive e vivrà in eterno col corpo e con l'anima: perché come dice S. Paolo, "è risorto da morte per non mai più morire". Perciò anche gli uomini che sono sue membra vivranno e nel corpo e nell'anima. Si deve dunque ammettere la resurrezione.
RISPONDO: In base alle diverse opinioni circa l'ultimo fine dell'uomo esistono opinioni diverse tra coloro che ammettono o che negano la resurrezione. Il fine ultimo al quale tendono per loro natura tutti gli uomini è la beatitudine, o felicità. Ora, alcuni stimandola raggiungibile dall'uomo in questa vita, non sentirono la necessità di ammettere una vita futura, nella quale l'uomo toccasse la sua ultima perfezione. Costoro quindi negarono la resurrezione.
Ma tale opinione viene esclusa da prove apodittiche quali la diversità e instabilità della nostra sorte, l'infermità del corpo, la deficienza del nostro sapere e della nostra virtù, nonché dalla instabilità dell'uomo, che impediscono la perfezione della beatitudine, come spiega appunto S. Agostino alla fine del De Civitate Dei.
Perciò altri ammisero dopo di questa un'altra vita, nella quale l'uomo dopo la morte vivrebbe solo con l'anima. Essi pensavano che questo bastasse a colmare il desiderio innato della felicità. Perciò, a quanto riferisce S. Agostino, Porfirio asseriva, che "l'anima per esser beata deve fuggire ogni contatto col corpo". Ecco perché costoro non ammettevano la resurrezione.
I falsi principii di questa opinione non sono gli stessi per tutti i suoi seguaci. Infatti alcuni eretici ammettevano che le sostanze corporee derivassero da un principio cattivo e quelle spirituali da un principio buono. Secondo loro perciò bisognava che l'anima, per raggiungere il massimo grado di perfezione, fosse separata da quel corpo, il quale le impedisce di aderire e di unirsi al suo principio, la cui partecipazione la rende beata. Perciò tutte le sette ereticali, le quali ritengono il diavolo autore delle sostanze materiali, negano la resurrezione dei corpi. - La falsità di tale principio [su cui si basa una tale opinione] l'abbiamo già dimostrata all'inizio del 2 Sent.
Altri invece pensarono che tutta l'umana natura si riducesse alla sola anima, cosicché questa si servirebbe del corpo come di uno strumento, oppure come il pilota si serve della nave. Basta quindi, secondo tale opinione, che sia beata l'anima, perché l'innato desiderio dell'uomo per la beatitudine non sia frustrato. Perciò non sarebbe necessario ammettere la resurrezione. - Ma il principio su cui si basa questa opinione viene demolito efficacemente da Aristotele, là dove dimostra che l'anima e unita al corpo come la forma alla materia.
È quindi evidente che se l'uomo non può essere beato in questa vita, bisogna assolutamente ammettere la resurrezione.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il cielo non rovinerà mai quanto alla sostanza; però rovinerà quanto alla virtù di produrre nei corpi inferiori la generazione e la corruzione; per cui l'Apostolo può affermare: "Passa la figura di questo mondo".
2. Parlando in senso proprio, l'anima di Abramo non è la stessa cosa che Abramo, ma una parte di lui; e ciò vale anche per gli altri patriarchi. Non basta quindi che sia viva l'anima di Abramo per dire che Abramo è vivo, o che il Dio di Abramo è Dio dei viventi; ma si esige la vita di tutto il composto, cioè dell'anima e del corpo. Ora, sebbene quando il Signore pronunziò quelle parole tale vita non esistesse di fatto, tuttavia anima e corpo erano ordinati alla resurrezione. Ecco perché il Signore con quelle parole dimostra con somma acutezza ed efficacia la futura resurrezione.
3. Il corpo non è soltanto da considerarsi strumento dell'anima, ma quale materia di cui essa è la forma. L'agire umano quindi appartiene al composto, come è dimostrato da Aristotele, e non all'anima soltanto. E siccome la retribuzione spetta a chi agisce, e l'uomo è composto di anima e di corpo, bisogna che tutto l'uomo riceva la mercede che gli spetta. - I peccati veniali sono da considerarsi come disposizioni al peccato, piuttosto che veri peccati; perciò la pena inflitta per essi in purgatorio non è proprio una retribuzione, ma piuttosto una purificazione; la quale avviene nel corpo mediante la morte e la putrefazione, e nell'anima mediante il fuoco del purgatorio.
4. A parità di condizioni è più perfetto lo stato dell'anima unita al corpo, di quella separata, perché essa è parte del composto, e ogni parte integrante funge da materia rispetto al tutto; quantunque essa allora sotto un certo aspetto sia più conforme a Dio. Ma, assolutamente parlando, una cosa è più conforme a Dio quando possiede tutto quel che si richiede all'integrità della propria natura: perché allora essa imita al massimo la perfezione divina. Perciò il cuore di un animale è più conforme a Dio, che è immobile, quando si muove, che quando sta fermo; perché la perfezione del cuore consiste appunto nel muoversi, mentre il fermarsi è la sua rovina.
5. La morte corporale è subentrata per il peccato di Adamo che è stato cancellato dalla morte di Cristo. Perciò quella pena non può durare per sempre. Il peccato invece, che provoca la morte eterna con l'impenitenza finale, non può essere più espiato. Ecco perché questa morte dovrà essere eterna.
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