Sup, 75

Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La resurrezione


Supplemento
Questione 75
Proemio

Dobbiamo ora trattare della resurrezione e delle circostanze che l'accompagnano. Prima di tutto parleremo della resurrezione stessa; secondo, dello sue cause; terzo, del tempo e del modo di essa; quarto, del suo punto di partenza; quinto delle qualità dei risorti.
Sul primo argomento si pongono tre quesiti:

1. Se la resurrezione dei corpi ci sarà;
2. Se ci sarà per tutti indistintamente;
3. Se sarà naturale o miracolosa.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La resurrezione > Se in futuro ci sarà la resurrezione dei corpi


Supplemento
Questione 75
Articolo 1

SEMBRA che in futuro non ci sarà la resurrezione dei corpi.
Infatti:
1. Dice la S. Scrittura: "L'uomo quando si sarà addormentato non risorgerà, finché non cada il cielo non si sveglierà". Ma il cielo non cadrà mai, perché la terra stessa, che pure sembra meno stabile "sussisterà in eterno", come dice l'Ecclesiaste. Perciò i morti non risorgeranno mai.

2. Il Signore, per provare la resurrezione, si riferisce a quelle parole della Scrittura: "Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe", perché egli "non è il Dio dei morti, ma dei vivi". Ora è certo che quando furono proferite quelle parole Abramo, Isacco e Giacobbe non erano vivi col corpo, ma solo con l'anima. Ci sarà perciò la resurrezione non dei corpi, ma solo delle anime.

3. S. Paolo intende provare la resurrezione dalla necessaria ricompensa per le fatiche sostenute in vita dai santi, i quali, "se sperassero [in Cristo] solo per questa vita sarebbero i più miserabili di tutti gli uomini". Ma l'uomo può già avere sufficiente ricompensa di tutte le sue fatiche nella propria anima; perché non è necessario che lo strumento sia remunerato insieme a chi se ne serve: e il corpo altro non è che lo strumento dell'anima. Difatti in purgatorio, dove le anime sono punite "per le opere compiute col corpo", l'anima soffre senza il corpo. Perciò non occorre ammettere la resurrezione dei corpi, ma basta ammettere la resurrezione delle anime, che consiste nel passaggio dalla morte di colpa e di miseria alla vita di grazia e di gloria.

4. L'ultimo stadio di una cosa è anche quello più perfetto: perché con esso questa raggiunge il suo fine. Ora, l'anima separata dal corpo è in uno stato di assoluta perfezione, perché è più conforme a Dio e agli Angeli, ed è scevra di ogni natura a lei estranea. Perciò la separazione dal corpo è il suo ultimo stato. Quindi essa da codesto stadio non torna ad unirsi al corpo: come un uomo adulto non torna bambino.

5. La morte corporale è stata inflitta all'uomo per il primo peccato, come risulta dalla Genesi: allo stesso modo che la morte spirituale, cioè la separazione dell'anima da Dio, viene inflitta all'uomo per il peccato mortale. Ma dalla morte spirituale i dannati non ritornano più a vivere, dopo la sentenza di condanna. Dunque non si tornerà in vita neppure dalla morte corporale. Perciò non ci sarà resurrezione.

IN CONTRARIO: 1. Si legge nel Libro di Giobbe: "So che il mio Redentore vive e che nell'ultimo giorno io risorgerò dalla terra, e sarò circondato di nuovo della mia pelle". Quindi ci sarà la resurrezione anche per il corpo.

2. Il dono di Cristo è più grande del peccato di Adamo, come dice S. Paolo. Ora, la morte è sopravvenuta per il peccato; perché non vi sarebbe stata senza di quello. Dunque mediante il dono di Cristo l'uomo tornerà a nuova vita.

3. È giusto che le membra siano conformi al loro capo. Ora, il nostro capo vive e vivrà in eterno col corpo e con l'anima: perché come dice S. Paolo, "è risorto da morte per non mai più morire". Perciò anche gli uomini che sono sue membra vivranno e nel corpo e nell'anima. Si deve dunque ammettere la resurrezione.

RISPONDO: In base alle diverse opinioni circa l'ultimo fine dell'uomo esistono opinioni diverse tra coloro che ammettono o che negano la resurrezione. Il fine ultimo al quale tendono per loro natura tutti gli uomini è la beatitudine, o felicità. Ora, alcuni stimandola raggiungibile dall'uomo in questa vita, non sentirono la necessità di ammettere una vita futura, nella quale l'uomo toccasse la sua ultima perfezione. Costoro quindi negarono la resurrezione.
Ma tale opinione viene esclusa da prove apodittiche quali la diversità e instabilità della nostra sorte, l'infermità del corpo, la deficienza del nostro sapere e della nostra virtù, nonché dalla instabilità dell'uomo, che impediscono la perfezione della beatitudine, come spiega appunto S. Agostino alla fine del De Civitate Dei.
Perciò altri ammisero dopo di questa un'altra vita, nella quale l'uomo dopo la morte vivrebbe solo con l'anima. Essi pensavano che questo bastasse a colmare il desiderio innato della felicità. Perciò, a quanto riferisce S. Agostino, Porfirio asseriva, che "l'anima per esser beata deve fuggire ogni contatto col corpo". Ecco perché costoro non ammettevano la resurrezione.
I falsi principii di questa opinione non sono gli stessi per tutti i suoi seguaci. Infatti alcuni eretici ammettevano che le sostanze corporee derivassero da un principio cattivo e quelle spirituali da un principio buono. Secondo loro perciò bisognava che l'anima, per raggiungere il massimo grado di perfezione, fosse separata da quel corpo, il quale le impedisce di aderire e di unirsi al suo principio, la cui partecipazione la rende beata. Perciò tutte le sette ereticali, le quali ritengono il diavolo autore delle sostanze materiali, negano la resurrezione dei corpi. - La falsità di tale principio [su cui si basa una tale opinione] l'abbiamo già dimostrata all'inizio del 2 Sent.
Altri invece pensarono che tutta l'umana natura si riducesse alla sola anima, cosicché questa si servirebbe del corpo come di uno strumento, oppure come il pilota si serve della nave. Basta quindi, secondo tale opinione, che sia beata l'anima, perché l'innato desiderio dell'uomo per la beatitudine non sia frustrato. Perciò non sarebbe necessario ammettere la resurrezione. - Ma il principio su cui si basa questa opinione viene demolito efficacemente da Aristotele, là dove dimostra che l'anima e unita al corpo come la forma alla materia.
È quindi evidente che se l'uomo non può essere beato in questa vita, bisogna assolutamente ammettere la resurrezione.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il cielo non rovinerà mai quanto alla sostanza; però rovinerà quanto alla virtù di produrre nei corpi inferiori la generazione e la corruzione; per cui l'Apostolo può affermare: "Passa la figura di questo mondo".

2. Parlando in senso proprio, l'anima di Abramo non è la stessa cosa che Abramo, ma una parte di lui; e ciò vale anche per gli altri patriarchi. Non basta quindi che sia viva l'anima di Abramo per dire che Abramo è vivo, o che il Dio di Abramo è Dio dei viventi; ma si esige la vita di tutto il composto, cioè dell'anima e del corpo. Ora, sebbene quando il Signore pronunziò quelle parole tale vita non esistesse di fatto, tuttavia anima e corpo erano ordinati alla resurrezione. Ecco perché il Signore con quelle parole dimostra con somma acutezza ed efficacia la futura resurrezione.

3. Il corpo non è soltanto da considerarsi strumento dell'anima, ma quale materia di cui essa è la forma. L'agire umano quindi appartiene al composto, come è dimostrato da Aristotele, e non all'anima soltanto. E siccome la retribuzione spetta a chi agisce, e l'uomo è composto di anima e di corpo, bisogna che tutto l'uomo riceva la mercede che gli spetta. - I peccati veniali sono da considerarsi come disposizioni al peccato, piuttosto che veri peccati; perciò la pena inflitta per essi in purgatorio non è proprio una retribuzione, ma piuttosto una purificazione; la quale avviene nel corpo mediante la morte e la putrefazione, e nell'anima mediante il fuoco del purgatorio.

4. A parità di condizioni è più perfetto lo stato dell'anima unita al corpo, di quella separata, perché essa è parte del composto, e ogni parte integrante funge da materia rispetto al tutto; quantunque essa allora sotto un certo aspetto sia più conforme a Dio. Ma, assolutamente parlando, una cosa è più conforme a Dio quando possiede tutto quel che si richiede all'integrità della propria natura: perché allora essa imita al massimo la perfezione divina. Perciò il cuore di un animale è più conforme a Dio, che è immobile, quando si muove, che quando sta fermo; perché la perfezione del cuore consiste appunto nel muoversi, mentre il fermarsi è la sua rovina.

5. La morte corporale è subentrata per il peccato di Adamo che è stato cancellato dalla morte di Cristo. Perciò quella pena non può durare per sempre. Il peccato invece, che provoca la morte eterna con l'impenitenza finale, non può essere più espiato. Ecco perché questa morte dovrà essere eterna.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La resurrezione > Se la resurrezione sarà universale per tutti


Supplemento
Questione 75
Articolo 2

SEMBRA che la resurrezione non sarà universale, ossia per tutti.
Infatti:
1. Nei Salmi sta scritto: "Gli empi non risorgeranno in giudizio". Ma la resurrezione avverrà al tempo del giudizio universale. Quindi per i cattivi non ci sarà resurrezione.

2. Leggiamo in Daniele: "Molti di quelli che dormono nella polvere, si sveglieranno". Ora, questa espressione comporta una certa restrizione. Dunque non tutti risorgeranno.

3. Per mezzo della resurrezione gli uomini si conformano a Cristo risorto; infatti dice l'Apostolo che se Cristo è risorto, risorgeremo anche noi. Ma dovranno essere conformi a Cristo risorto solo quelli che "portarono la sua immagine", cioè i buoni. Perciò questi soltanto risorgeranno.

4. Non si può rimettere la pena, se non si toglie la colpa. Ora, la morte è la pena del peccato originale. Quindi, poiché il peccato originale non è stato rimesso a tutti, non tutti risorgeranno.

5. Come rinasciamo in virtù della grazia di Cristo, così in virtù di codesta grazia risorgeremo. Ma coloro che muoiono nel seno materno non potranno mai rinascere. Perciò non potranno mai risorgere. Quindi non tutti risorgeranno.

IN CONTRARIO: 1. Nel Vangelo si legge: "Tutti quelli che sono nei sepolcri ascolteranno la voce del Figlio di Dio e vivranno". Perciò tutti i morti risorgeranno.

2. S. Paolo afferma: "Noi tutti risorgeremo, ecc.".

3. Inoltre la resurrezione è necessaria perché i risorti ricevano il premio o la pena che hanno meritato. Ora, sia la pena che il premio spettano a tutti, o per proprio merito come è per gli adulti, o per merito altrui, come è per i bambini. Tutti perciò dovranno risorgere.

RISPONDO: Le cose che devono la loro ragion d'essere alla natura stessa di una data specie, devono essere comuni a tutti gli individui della medesima specie. Ebbene la resurrezione è una di esse; perché, come abbiamo spiegato sopra, l'anima non può raggiungere l'ultima perfezione dell'umana specie separata dal corpo. Perciò nessun'anima rimarrà per sempre separata dal corpo. Quindi come è necessario che ne risorga uno, così devono risorgere tutti.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In quel salmo, come spiega la Glossa, si parla della resurrezione spirituale, in cui gli empi nel giudizio che subirono le coscienze non saranno in grado di risorgere.
Oppure si parla di quegli empi che mancano assolutamente di fede, perché costoro non risorgeranno per essere giudicati, "essendo essi già stati giudicati".

2. Per S. Agostino nel caso "molti" equivale a "tutti". Questo modo di parlare è assai frequente nella Sacra Scrittura.
Oppure la restrizione può intendersi dei bambini condannati al limbo, i quali sebbene risorgeranno, non si può dire propriamente che "si sveglieranno", mancando in essi il senso [o l'esperienza] della pena e della gloria: svegliarsi infatti significa "riprendere i sensi".

3. Tanto i buoni che i cattivi in vita loro sono conformi a Cristo in tutto ciò che riguarda la natura della specie, ma non in ciò che riguarda la grazia. Quindi tutti somiglieranno a lui nella reintegrazione della vita naturale; ma solo i buoni saranno simili a lui nella gloria.

4. Coloro che sono morti col peccato originale, in tal modo ne hanno già subito la pena. Perciò, nonostante la colpa originale, possono anch'essi risorgere perché la pena di quel peccato è più il fatto di morire, che quello di restare prigionieri della morte.

5. Non si rinasce che mediante la grazia conferita a noi da Cristo: risorgeremo invece mediante quella grazia per cui Cristo volle prendere la nostra natura; perché è per questa che diventiamo a lui conformi nella natura. Perciò quelli che muoiono nel seno materno, quantunque non siano rigenerati mediante il conferimento della grazia, tuttavia risorgeranno per la conformità della loro natura con quella di Cristo, avendola essi conseguita col raggiungere la perfezione della specie umana.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La resurrezione > Se la resurrezione sia un fatto naturale


Supplemento
Questione 75
Articolo 3

SEMBRA che la resurrezione sia un fatto naturale. Infatti:
1. Come dice il Damasceno, "ciò che si nota comunemente in tutti, caratterizza la natura dei singoli individui". Ma la resurrezione è comune per tutti. Essa quindi è un fatto naturale.

2. Dice S. Gregorio: "Quelli che non ammettono per fede la resurrezione, devono accettarla per motivi di ragione. Infatti l'universo non imita tutti i giorni la nostra resurrezione nei suoi elementi?". E adduce l'esempio della luce che si estingue fino a morire davanti ai nostri occhi e poi quasi risorgendo torna a brillare di nuovo; quello degli alberi che perdono le foglie e poi, come per una specie di resurrezione se ne rivestono; l'esempio dei semi addotto anche dall'Apostolo, i quali marciscono e muoiono e che poi in qualche modo risorgono germogliando. Ora, tutto ciò che si può capire per via di ragione nelle opere della natura, è naturale. Dunque anche la resurrezione è un fatto naturale.

3. Tutto ciò che è estraneo alla natura non può durare a lungo, perché in un certo senso è qualcosa di violento. Invece la vita che si instaura con la resurrezione durerà in eterno. Quindi la resurrezione è un fatto naturale.

4. Quello a cui tutta la natura tende con ansiosa aspettativa è naturale. Ma tali sono, a detta di S. Paolo, la resurrezione e la glorificazione dei santi. Perciò la resurrezione è un fatto naturale.

5. La resurrezione è un moto che tende alla riunione dell'anima col corpo. Ora, il moto che ha per termine uno stato naturale di quiete è naturale, come Aristotele dimostra. Ma l'unione perpetua dell'anima col corpo sarà naturale, perché l'anima in quanto motore proprio del corpo ha un corpo a lei proporzionato ed è capace di vivificarlo per sempre e naturalmente della sua stessa vita. Quindi la resurrezione sarà un fatto naturale.

IN CONTRARIO: 1. "Non si dà ritorno naturale dalla privazione al possesso". Ma la morte è privazione della vita. Perciò la resurrezione, che è il ritorno dalla morte alla vita, non sarà un fatto naturale.

2. Tutti gli esseri che appartengono a una sola specie, hanno pure una comune origine: ecco perché gli animali prodotti dalla putrefazione, come nota Averroè, non appartengono alla stessa specie di quelli nati dal seme. Ora, il moto naturale per cui l'uomo nasce è la generazione da individui della medesima specie. Ma non sarà questo il procedimento della resurrezione. Dunque la resurrezione non è naturale.

RISPONDO: Ci sono tre maniere per cui un moto od operazione può riferirsi alla natura. Ci sono dei moti od operazioni in cui la natura non è né principio né termine. E codesti moti possono avere talora un principio soprannaturale, come nel caso della glorificazione del corpo; talora un altro principio qualsiasi, come nel caso del moto violento del sasso scagliato in alto, che ha poi una quiete finale anch'essa violenta. - Ci sono dei moti di cui la natura è insieme principio e termine: ed è il caso del sasso gettato verso il basso. - Ci sono poi altri moti il cui termine è di ordine naturale, senza però che sia naturale il principio. Questo talora è superiore alla natura, come nella guarigione miracolosa di un cieco: infatti in tal caso la causa dell'illuminazione è soprannaturale, ma la vista è qualcosa di naturale. Talora invece il principio può essere qualche altro fattore, come si verifica nella produzione artificiale dei fiori e della frutta. - Mai però si dà il caso che la natura sia principio soltanto e non termine di un'azione, perché le cause naturali sono limitate a produrre determinati effetti, oltre i quali non possono agire.
La prima specie di moto od operazione in nessuna maniera può dirsi naturale: ma è miracolosa se dipende da una causa soprannaturale, oppure è violenta se dipende da altre cause. - L'azione, o moto, della seconda specie è sempre naturale in senso assoluto. - Le operazioni invece della terza serie non possono dirsi naturali in senso assoluto, bensì solo in un certo senso, in quanto cioè portano a risultati che sono secondo natura: ma l'operazione stessa è allora miracolosa, artificiale, o violenta. Infatti per l'esattezza, naturale è ciò che è secondo natura; ed è secondo natura ciò che possiede una data natura, o le proprietà che ne derivano, come insegna Aristotele. Perciò assolutamente parlando, non si possono dire naturali quelle operazioni che non hanno il loro principio nella natura.
Ebbene, il principio o causa della resurrezione non può essere la natura, pur terminando essa con la restaurazione della vita naturale. La natura infatti è "il principio del moto nell'essere in cui si trova": principio attivo, come nel moto dei corpi gravi o leggeri, oppure nelle naturali metamorfosi degli animali; principio passivo, come nella generazione dei corpi semplici. Ora, il principio passivo della generazione naturale è una potenza passiva naturale, che ha sempre una potenza attiva corrispondente naturalmente proporzionata, come è detto nella Metafisica. Riguardo a questo non importa se il principio attivo abbia per oggetto l'ultima perfezione, cioè la forma, o soltanto una necessaria predisposizione, come avviene nella generazione dell'uomo, secondo la dottrina cattolica [per l'anima umana], oppure per tutte le forme, secondo Platone e Avicenna. Comunque in natura non esiste nessun principio attivo della resurrezione: né rispetto all'unione dell'anima col corpo, né rispetto alla disposizione necessaria per tale unione, perché codesta disposizione non può prodursi in natura che in una maniera fissa, cioè per via di generazione mediante il seme. Quindi, pur ammettendo una corta potenza passiva da parte del corpo, ed anche una certa sua inclinazione ad unirsi all'anima; esse non saranno mai sufficienti per parlare di moto od operazione naturale. Perciò la resurrezione in senso assoluto è miracolosa, non già naturale; ma può dirsi naturale, come sopra abbiamo detto, solo secundum quid.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Damasceno si riferisce a ciò che si riscontra, in ogni individuo, in forza dei principii naturali creati. Infatti se per intervento divino tutti gli nomini diventassero bianchi o si adunassero in un sol luogo, come avvenne al tempo del diluvio, non per questo la bianchezza o l'essere in tal posto diventerebbero proprietà naturali dell'uomo.

2. Mediante la cognizione delle cose naturali la ragione non può dimostrare ciò che non è naturale. Ma la conoscenza delle cose soprannaturali può esserne illustrata: perché le cose naturali rappresentano in qualche modo quelle soprannaturali: l'unione dell'anima col corpo, p. es., rappresenta l'unione gloriosa che gode l'anima in Dio, come dice il Maestro delle Sentenze. Lo stesso vale per gli esempi addotti dall'Apostolo e da S. Gregorio, i quali aiutano a illustrare per analogia la fede nella resurrezione.

3. L'argomento si fonda su operazioni, le quali hanno per termine cose che non sono conformi, bensì contrarie alla natura. Ma non è questo il caso della resurrezione. Perciò l'argomento non è a proposito.

4. Tutta l'opera della natura soggiace all'operazione divina, come l'operazione di un'arte inferiore a quella dell'arte superiore.
Perciò, come l'operazione di un'arte inferiore tende al raggiungimento di un fine che non si ottiene senza l'opera dell'arte superiore, la quale dà la forma o si servirà dell'opera compiuta, così non si può raggiungere l'ultimo fine, verso il quale aspira tutta la natura, mediante la sola opera della natura. Quindi il conseguimento di codesto fine non è naturale.

5. Sebbene non esista un moto naturale che termini in uno stato di quiete violenta, tuttavia può esserci un moto non naturale che termini in una quiete naturale, come abbiamo già notato sopra.

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