Sup, 72

Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Le preghiere dei santi che sono in cielo


Supplemento
Questione 72
Proemio

Dobbiamo ora trattare delle preghiere dei santi che sono in cielo.
Intorno a questo argomento si pongono tre quesiti:

1. Se i santi conoscano le nostre preghiere;
2. Se dobbiamo rivolgerci a loro perché preghino per noi;
3. Se le preghiere che essi fanno per noi siano sempre esaudite.
Che i Santi preghino per noi, l'abbiamo già visto nella Seconda Parte.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Le preghiere dei santi che sono in cielo > Se i santi conoscano le nostre preghiere


Supplemento
Questione 72
Articolo 1

SEMBRA che i santi non conoscano le nostre preghiere. Infatti:
1. Nel commentare quel testo di Isaia: "Tu sei il nostro padre; Abramo non ci conobbe, Israele ci ignorò", la Glossa afferma che "i santi morti ignorano quel che fanno i vivi, anche se loro figli". L'affermazione deriva da S. Agostino, il quale aggiunge: "Se tali patriarchi ignorarono le vicende del popolo da essi generato, è mai possibile che i morti s'interessino di conoscere e di influire nelle vicende dei vivi?". Quindi i santi non possono conoscere le preghiere che loro rivolgiamo.

2. Al re Giosia fu detto: "Per questo (cioè perché hai pianto al mio cospetto) ti riunirò ai tuoi padri, affinché i tuoi occhi non vedano tutti i mali che io farò venire su questo luogo". Ora, per questo la morte di Giosia non sarebbe servita a nulla, se poi egli avesse potuto conoscere le vicende del suo popolo. Dunque i santi dopo la morte ignorano le nostre cose. Perciò neppure ascoltano le nostre preghiere.

3. Quanto più uno è perfetto nella carità, tanto più aiuta il prossimo in pericolo. Ora, i santi da vivi aiutano e salvano manifestamente dai pericoli il loro prossimo, soprattutto i propri parenti. E siccome dopo la morte essi hanno una carità molto maggiore, se conoscessero le nostre miserie, provvederebbero ancor di più ad aiutare nelle necessità i propri cari. Ma è evidente che essi non lo fanno. Perciò è chiaro che essi ignorano le nostre azioni e le nostre preghiere.

4. I santi dopo la morte vedono il Verbo al pari degli Angeli, dei quali nel Vangelo si legge: "I loro angeli vedono sempre la faccia del Padre mio". Ma gli angeli, pur contemplando il Verbo, non hanno la conoscenza di ogni cosa; perché, come dice Dionigi, gli angeli superiori istruiscono gli inferiori. Perciò neanche i santi nella contemplazione del Verbo, conoscono in lui le preghiere loro rivolte e le nostre condizioni.

5. Solo Dio "scruta i cuori". Ma la preghiera si fa soprattutto col cuore. Dunque soltanto Dio conosce le nostre preghiere. Perciò i santi non le conoscono.

IN CONTRARIO: 1. S. Gregorio, commentando le parole di Giobbe "Egli non saprà se i suoi figli siano onorati o disprezzati", afferma: "Non si può pensare questo delle anime sante. Perché ad esse, che contemplano lo splendore di Dio Onnipotente, non bisogna assolutamente credere che possa sfuggire qualcosa". Quindi i santi conoscono le nostre preghiere.

2. Lo stesso S. Gregorio nei Dialoghi scrive: "Per l'anima che vede il Creatore ogni creatura diviene angusta. Non appena essa contempla lo splendore del Creatore tutto ciò che è creato si restringe". Ora, l'unica cosa che potrebbe impedire alle anime dei beati di conoscere le nostre condizioni e le nostre preghiere è la distanza. Ma siccome codesta distanza non è un ostacolo, come è chiaro dal testo allegato, è evidente che le anime dei santi conoscono le nostre preghiere e le nostre vicende terrene.

3. Se i santi ignorassero le umane vicende e le nostre preghiere, non pregherebbero per noi, ignorando anche le nostre necessità. Ma questo era l'errore di Vigilanzio, come sappiamo dalla lettera che S. Girolamo scrisse contro di lui. Dunque i santi conoscono le vicende che ci riguardano.

RISPONDO: L’essenza divina è un mezzo sufficiente per conoscere ogni cosa: ciò è evidente dal fatto che Dio vede tutto attraverso la sua essenza. Non ne segue però che conosca tutto chiunque veda l'essenza divina, ma solo chi ne ha la comprensione totale: come dalla conoscenza di un principio può conoscere tutte le conseguenze solo chi ne abbraccia tutta la virtualità. Ora, siccome le anime dei beati non comprendono la divina essenza, neppure conoscono necessariamente tutto ciò che si può conoscere attraverso la medesima. Difatti su certe cose persino gli angeli inferiori sono istruiti da quelli superiori, benché tutti vedano l'essenza divina. Ogni beato perciò potrà vedere nell'essenza divina quelle cose che sono indispensabili alla sua perfetta beatitudine.
Ebbene, la perfetta beatitudine esige che "l'uomo abbia ciò che vuole e che nulla voglia disordinatamente". Ma ciascuno giustamente desidera di conoscere quelle cose che lo riguardano. E siccome i santi sono perfetti nella giustizia, essi desiderano conoscere le cose che li riguardano. Bisogna quindi che nel Verbo essi le vedano. Ora, ridonda a loro gloria soccorrere i bisognosi in vista dell'eterna salute: perché così facendo diventano "cooperatori di Dio, di cui nulla vi è di più divino", secondo l'espressione di Dionigi. È chiaro dunque che i santi non ignorano le cose richieste per tale opera. Perciò essi nel Verbo di Dio conoscono i desideri, le preghiere e la devozione dei fedeli che implorano il loro aiuto.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il testo di S. Agostino si riferisce alla cognizione naturale delle anime separate, la quale nei santi non è ottenebrata come nei peccatori. Ma non intende parlare della loro conoscenza nel Verbo, che Abramo, al tempo in cui Isaia pronunciava queste parole, non poteva avere; perché nessuno giunse alla visione di Dio prima della passione di Cristo.

2. I santi, pur conoscendo dopo la morte le umane vicende, non bisogna credere che siano afflitti alla vista delle avversità di coloro che essi amarono nel mondo. Sono infatti talmente pieni di gaudio beatifico, che non c'è posto per il dolore. Sebbene essi conoscano dopo morte le disgrazie dei propri cari, tuttavia sono sottratti alla sofferenza quando la morte previene in essi quegli infortuni. Forse le anime non glorificate potrebbero affliggersi nell'apprendere le avversità dei propri cari. Ma dal fatto che l'anima di Giosia non fu glorificata subito dopo la morte, S. Agostino si sforza di concludere che le anime dei defunti non hanno nessuna notizia delle vicende dei vivi.

3. Le anime dei santi si conformano perfettamente alla volontà di Dio, anche riguardo all'oggetto, quindi, pur conservando la carità e l'affetto verso il prossimo, adeguano il loro aiuto alle disposizioni della divina giustizia. - Tuttavia è da credere che essi portino un grande aiuto al prossimo con la loro intercessione presso Dio.

4. Pur non essendo necessario che chi vede il Verbo veda nel Verbo ogni cosa, tuttavia ciascuno vede in lui quanto è indispensabile alla sua perfetta beatitudine, come abbiamo già detto.

5. Soltanto Dio conosce direttamente i pensieri intimi del cuore, altri però possono conoscerli per rivelazione, oppure mediante la visione del Verbo, o in qualsiasi altro modo.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Le preghiere dei santi che sono in cielo > Se dobbiamo rivolgerci ai santi affinché preghino per noi


Supplemento
Questione 72
Articolo 2

SEMBRA che non dobbiamo rivolgerci ai santi affinché preghino per noi. Infatti:
1. Nessuno si rivolge agli amici di qualcuno perché preghino per lui, se non fosse convinto di ottenere più facilmente ciò che desidera. Ma Dio è infinitamente più misericordioso di qualsiasi santo: quindi la sua volontà è più disposta ad esaudirci di quella di un santo. È dunque superfluo interporre dei mediatori tra noi e Dio, perché intercedano per noi.

2. Dobbiamo rivolgerci ai santi solo perché sappiamo che la loro preghiera è accetta a Dio. Ora, più uno è santo, più a Dio è accetta la sua preghiera. Perciò dovremmo sempre interporre fra noi e Dio gli intercessori più grandi, e mai quelli più piccoli.

3. Gesù Cristo, anche come uomo, è chiamato "il Santo dei Santi", e come tale può anch'egli pregare. Noi però non ci rivolgiamo mai a Cristo perché preghi per noi. Quindi non dobbiamo rivolgerci per questo neppure agli altri santi.

4. Chi è pregato da un altro, perché interceda per lui, non fa che presentare queste preghiere a colui cui sono dirette. Ma è superfluo presentare qualcosa a chi ha già tutto presente. Perciò è inutile che noi interponiamo degli intercessori fra noi e Dio.

5. Superflua è una cosa, quando essa, ci sia o non ci sia, non influisce su un dato avvenimento. Ora i santi pregano lo stesso per noi, anche se noi non li preghiamo; perché, se siamo degni delle loro orazioni, pregano per noi, anche senza le nostre preghiere; se poi ne siamo indegni, anche se li supplichiamo, non pregano per noi. Perciò è affatto superfluo rivolgerci a loro perché preghino per noi.

IN CONTRARIO: 1. Nel Libro di Giobbe si legge: "Chiama pure, se vi è qualcuno che ti possa rispondere, ricorri a qualche santo". "Il nostro chiamare", commenta S. Gregorio, "è quello di chi supplica il Signore con umile preghiera". Se quindi vogliamo pregare Dio, dobbiamo rivolgerci ai santi perché lo preghino per noi.

2. I santi in cielo sono più accetti a Dio di quando erano ancora su questa terra. Ma noi dobbiamo interporre presso Dio come intercessori i santi viventi qui in terra, come è chiaro dalle parole dell'Apostolo ai Romani: "Vi scongiuro, o fratelli, per il Signor nostro Gesù Cristo, e per la carità dello Spirito Santo, ad aiutarmi con le vostre orazioni che fate a Dio per me". Molto più quindi dobbiamo supplicare i santi del cielo che ci aiutino con le loro preghiere, presso Dio.

3. È consuetudine della Chiesa implorare la preghiera dei santi nelle Litanie.

RISPONDO: "È disposizione divina che gli esseri più lontani da Dio ritornino a lui per mezzo dei più vicini", come si esprime Dionigi. Ora, dato che i santi del cielo sono vicinissimi a Dio, l'ordine divino esige che noi, "i quali mentre siamo nel corpo andiamo pellegrinando lontano dal Signore", siamo ricondotti a lui per mezzo dei santi. Ciò avviene quando la bontà divina, per mezzo loro, effonde su di noi i suoi effetti benefici. E, dato che il nostro ritorno a Dio deve corrispondere all'effusione della bontà divina in noi, come per mezzo dei santi ci giungono i doni di Dio, così noi dobbiamo avvicinarci a lui, per riceverne ancora, facendo ricorso ai santi. Ecco perché noi li abbiamo come intercessori presso Dio e come intermediari, quando li supplichiamo di pregare per noi.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La divina potenza agisce mediante le cause seconde, non per indigenza, ma per la perfezione dell'ordine dell'universo, e perché la sua bontà si diffonde sulle cose in modo più vario, se queste ricevono non solo di essere buone in se stesse, ma ottengono pure la facoltà di comunicare il bene ad altre creature. Allo stesso modo, se noi dobbiamo con le preghiere dei santi bussare alla porta della sua clemenza, non è perché in Dio faccia difetto la misericordia, ma perché si rispetti l'ordine delle cose cui abbiamo accennato.

2. È vero che i santi più grandi sono più accetti a Dio: ma talvolta è bene pregare anche i santi più piccoli. E questo per cinque motivi. Primo, perché spesso uno ha maggiore devozione a un santo più piccolo che non a quello grande. E l'effetto della preghiera dipende soprattutto dalla devozione. - Secondo, per combattere la noia. Poiché le stesse cose finiscono per generare fastidio. Se noi invece preghiamo diversi santi, eccitiamo per ognuno come un nuovo fervore di devozione. - Terzo, perché alcuni santi hanno avuto il dono di aiutare in particolari necessità: S. Antonio, p. es., ha quello di liberare dal fuoco sacro. - Quarto, perché a tutti venga da noi concesso l'onore che meritano. - Quinto, perché con un più gran numero di intercessori, si ottiene talvolta ciò che non si ottiene con uno solo.

3. La preghiera è un atto determinato. Ora, ogni atto appartiene a un determinato supposito. Quindi, se noi dicessimo: "Cristo, prega per noi", senza aggiungere altro, sembrerebbe che noi ci riferissimo alla persona di Cristo. E ciò potrebbe suonare nel senso dell'eresia di Nestorio, il quale distingueva in Cristo la persona del figlio dell'uomo da quella del Figlio di Dio; oppure nel senso dell'eresia di Ario, secondo cui la persona del Figlio è minore di quella del Padre. Per non incorrere in questi errori, la Chiesa non dice: "Cristo, prega per noi", ma: "Cristo, ascoltaci", oppure: "abbi pietà di noi".

4. I santi, come vedremo, presentano a Dio le nostre suppliche, non per fargliele conoscere, ma nel senso che ne chiedono l'esaudimento; oppure per confrontarle con la verità di Dio, e per sapere il da farsi secondo i decreti della sua provvidenza.

5. Ci si rende degni delle preghiere dei santi, anche per il fatto che ricorriamo a loro con retta intenzione nelle nostre necessità. Perciò non è superfluo che noi li preghiamo.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Le preghiere dei santi che sono in cielo > Se le preghiere che i santi rivolgono a Dio per noi siano sempre esaudite


Supplemento
Questione 72
Articolo 3

SEMBRA che le preghiere che i santi rivolgono a Dio per noi non sempre siano esaudite. Infatti:
1. Se le preghiere dei santi fossero sempre esaudite, lo sarebbero prima di tutto per quelle cose che li riguardano. Ora, proprio in questo essi non vengono esauditi; si legge infatti nell'Apocalisse, che ai martiri imploranti la vendetta per i misfatti del mondo, "fu risposto di attendere ancora un poco, affinché si compia il numero dei loro fratelli". Molto meno dunque essi sono esauditi quando pregano per gli altri.

2. "Quand'anche Mosè e Samuele si presentassero dinanzi a me", dice il Signore a Geremia, "la mia anima non si piegherebbe verso questo popolo". Quindi i santi non sono sempre ascoltati quando pregano Dio per noi.

3. I santi del cielo sono "equiparati agli angeli di Dio", come si esprime il Vangelo: ma neppure le preghiere degli angeli sono sempre esaudite, come e chiaro da quanto si legge nel libro di Daniele: "Io sono venuto a causa delle tue parole. Ma il principe del regno dei persiani mi ha fatto resistenza per ventini giorni". Ora, l'angelo era accorso in aiuto di Daniele chiedendo a Dio la liberazione. Ma la sua preghiera non ottenne l'effetto. Quindi neppure gli altri santi che pregano Dio per noi sono sempre ascoltati.

4. Chi impetra qualche cosa con la preghiera in qualche modo non fa che meritarla. Ma i santi del cielo non sono più in grado di meritare. Dunque con le loro preghiere non possono impetrare niente per noi presso Dio.

5. I santi si conformano in tutto alla volontà di Dio. Perciò non vogliono altro che quanto sanno essere accetto a Dio. D'altra parte non si chiede se non quel che si vuole. Ma quel che Dio vuole avviene anche indipendentemente dalle loro preghiere. Perciò le loro preghiere non hanno alcuna efficacia por impetrarci qualche cosa.

6. Se le preghiere di tutto il paradiso potessero impetrare qualcosa, sarebbero certo più efficaci di tutte quelle che la Chiesa militante eleva a Dio in suffragio delle anime del purgatorio. Ma la Chiesa non ottiene la liberazione completa dalla pena, quando moltiplica i suffragi per uno che è in purgatorio. Perciò, siccome i santi in cielo pregano per quelli che sono in purgatorio, come pregano per noi, se le loro preghiere valessero qualche cosa per noi, molto più otterrebbero la completa assoluzione di chi è in purgatorio. Ma questo è falso: perché allora sarebbero superflui i suffragi che la Chiesa fa per i defunti.

IN CONTRARIO: 1. Leggiamo nel Libro dei Maccabei: "Questi è colui che prega molto per il popolo e per tutta la città santa, Geremia il profeta di Dio". Che poi la sua preghiera sia stata esaudita, è chiaro da quel che segue: "Allora Geremia stese la destra, dette a Giuda una spada, dicendo: - Prendi questa spada; è un dono di Dio, ecc.".

2. S. Girolamo, nella lettera contro Vigilanzio, scrive: "Affermi nel tuo libercolo che solo mentre siamo vivi, possiamo pregare vicendevolmente". E lo confuta con queste parole: "Se gli apostoli e i martiri possono pregare per gli altri mentre sono in vita, quando cioè devono pensare anche a se stessi, tanto più pregheranno dopo il premio, le vittorie e i trionfi!".

3. La Chiesa ha per consuetudine di pregare spesso i santi perché l'aiutino con le loro preghiere.

RISPONDO: I santi pregano per noi in due modi. Primo, espressamente, quando bussano per noi alle porte della divina clemenza. Secondo, in modo interpretativo, cioè mediante i loro meriti presenti al cospetto di Dio, i quali non solo costituiscono la loro gloria, ma sono per noi suffragi e preghiere; come il sangue di Cristo, che implora per noi il perdono. Le preghiere dei santi, di per se stesse, sono efficaci ad impetrare ciò che chiedono in tutti e due i modi.
Ma da parte nostra ci possono essere dei difetti, che impediscono il frutto delle loro preghiere interpretative. Ma quando pregano, offrendo a Dio i loro desideri in nostro favore, essi sono sempre esauditi; perché non vogliono se non quel che Dio vuole, e non chiedono se non quello che vogliono ottenere. Ora, ciò che Dio vuole in senso assoluto, si compie sempre: a meno che non si tratti di volontà antecedente, secondo la quale, p. es., "vuole che tutti gli uomini si salvino", e questa non sempre si adempie. Non c'è quindi da meravigliarsi, se spesso non si compie neppure ciò che i santi vogliono in questo secondo modo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quella preghiera dei martiri non è altro che la manifestazione del desiderio di ottenere la glorificazione del loro corpo, la compagnia di tutti gli eletti, nonché la loro adesione ai decreti della divina giustizia che punirà i malvagi. Perciò, la Glossa commenta con queste parole: "Desiderano una gioia più grande e la società dei santi, e prestano il loro consenso alla giustizia divina".

2. Il Signore parla di Mosè e di Samuele nello stato in cui si trovavano quando erano in vita. Infatti, come scrive la Glossa interlineare, "di essi si legge che pregando per il popolo, calmarono l'ira di Dio". Tuttavia neppure essi allora vi sarebbero riusciti, per la malizia di quel popolo. Così va spiegato il testo scritturale.

3. Si dice che gli angeli buoni combattevano fra loro, non nel senso che presentavano a Dio delle preghiere contrastanti, ma perché offrivano all'esame divino i diversi meriti delle due parti e ne attendevano il responso. Così spiega S. Gregorio il predetto passo di Daniele: "Gli spiriti eccelsi, preposti alle nazioni, mai combattono per l'ingiustizia, ma esaminano e apprezzano gli atti in conformità con la giustizia. Quando una nazione è condotta al tribunale supremo per essere premiata o punita si dice allora che il suo angelo tutelare ha perduto o vinto. Ma alla volontà suprema del Creatore si riferisce la vittoria su tutti: perché contemplandola sempre, mai possono volere ciò che non possono ottenere". Quindi neppure la domandano. Da ciò si deduce che le loro preghiere sono sempre ascoltate.

4. Quantunque i santi in cielo non si trovino nello stato di poter meritare per sé, tuttavia possono meritare per gli altri, o meglio possono aiutare gli altri per i meriti precedentemente acquistati: essi infatti hanno meritato in vita di vedere esaudite dopo morte le loro preghiere.
Oppure si può rispondere che il merito e l'efficacia della preghiera sono due cose diverse. Il merito consiste in una certa proporzione tra l'atto e il fine a lui assegnato come una specie di pagamento. Mentre l'efficacia impetratoria della preghiera si basa sulla liberalità di colui al quale è diretta: infatti talora, anche se indegno, uno può ottenere favori dalla liberalità di chi accoglie la preghiera. Perciò dal fatto che i santi non sono in grado di meritare, non segue che non siano in grado di impetrare.

5. Dal testo di S. Gregorio sopra riportato è chiaro che i santi, o gli angeli, non vogliono se non quanto vedono nel divino volere, e non chiedono altro nella preghiera. Ma non per questo la loro preghiera è senza frutto; perché, come afferma S. Agostino, le preghiere dei santi giovano ai predestinati, poiché forse è stato predisposto che la loro salvezza dipenda dalle preghiere di tali intercessori. Così anche il Signore vuole che, mediante le orazioni dei santi, si compia ciò che i santi vedono conforme alla sua volontà.

6. I suffragi della Chiesa per i defunti sono opere satisfattorie che i vivi compiono per i morti, e quindi liberano i morti da una pena che non hanno ancora scontata. Ora, i santi del cielo invece non si trovano nelle condizioni di poter soddisfare. Quindi il paragone tra le loro preghiere e i suffragi della Chiesa non regge.

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