Sup, 71

Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti


Supplemento
Questione 71
Proemio

Veniamo ora a considerare i suffragi per i morti.
Sull'argomento si pongono quattordici quesiti:

1. Se i suffragi fatti da uno possano giovare a un altro;
2. Se i morti possano essere aiutati dalle [buone] opere dei vivi;
3. Se ai morti possano giovare i suffragi compiuti dai peccatori;
4. Se i suffragi per i morti giovino a chi li compie;
5. Se i suffragi possano giovare ai dannati dell'inferno;
6. Se giovino a coloro che sono in purgatorio;
7. Se contino per i bambini del limbo;
8. Se in qualche modo giovino ai santi del paradiso;
9. Se ai defunti giovino le preghiere della Chiesa, il sacrificio dell'Altare e le elemosine;
10. Se giovino loro le indulgenze concesse dalla Chiesa;
11. Se loro giovino le esequie;
12. Se i suffragi giovino di più all'anima per cui si fanno che alle altre;
13. Se i suffragi cumulativi valgano per i singoli come se fossero fatti per ciascuno;
14. Se a coloro per i quali non si fanno suffragi speciali i suffragi comuni giovino quanto a coloro per i quali si fanno e quelli speciali e quelli comuni.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se i suffragi fatti da uno possano giovare a un altro


Supplemento
Questione 71
Articolo 1

SEMBRA che i suffragi fatti da un fedele non possano giovare a un altro. Infatti:
1. Dice l'Apostolo ai Galati: "Ciascuno raccoglie quello che ha seminato". Se invece uno usufruisse dei suffragi di un altro, mieterebbe ciò che altri ha seminato. Quindi nessuno può ricevere giovamento di suffragi di un altro.

2. La giustizia divina esige che sia dato a ciascuno il suo secondo i meriti; di qui le parole del Salmo: "Tu rendi a ciascuno secondo le sue opere". Ora siccome la divina giustizia non sbaglia, è chiaro che uno non può ricevere giovamento dalle opere di un altro.

3. Un'opera è meritoria por lo stesso motivo per cui è meritevole, cioè in quanto è volontaria. Ma nessuno può essere lodato per l'operato di un altro. Dunque l'operato di uno non può essere meritorio per un altro.

4. Alla divina giustizia spetta ugualmente ricompensare il bene come punire il male. Ora, nessuno è punito per un male fatto da un altro; anzi è detto in Ezechiele che "l'anima peccatrice morirà ella stessa". - Quindi non è possibile che a uno possa giovare il bene di un altro.

IN CONTRARIO: Nei Salmi si legge: "Sono compartecipe di tutti quelli che ti temono, ecc.".

2. Tutti i fedeli sono uniti per mezzo della carità come "membri di un unico corpo che è la Chiesa". Ora, un membro viene aiutato da un altro. Dunque un uomo può essere aiutato dai meriti di un altro. Quindi possono loro servire per soddisfare i debiti con la divina giustizia, oppure a qualcosa del genere, che però non muta il loro stato.

RISPONDO: I nostri atti possono giovare a due scopi: primo, a raggiungere un determinato stato, come quando uno con le opere meritorie acquista la beatitudine; secondo ad acquistare qualcosa di conseguente a uno stato determinato, come quando uno merita un premio accidentale o la remissione di una pena. In ambedue i casi i nostri atti possono giovare in due modi: primo, mediante il merito; secondo, mediante la preghiera. E c'è una differenza tra i due, perché il merito si fonda sulla giustizia; nella preghiera invece uno impetra dalla sola liberalità di chi ascolta la preghiera.
Si deve perciò concludere che le opere di uno mai possono servire a far raggiungere a un altro un determinato stato mediante il merito, non è possibile cioè che le buone opere fatte da me meritino la vita eterna per un altro. Poiché lo stato di gloria è elargito secondo la misura, ossia nella misura di chi lo riceve, ossia nella misura che n'è degno: d'altra parte ciascuno viene disposto dal proprio agire, e non da quello altrui. - Invece uno può giovare ad altri mediante la preghiera anche per il conseguimento dello stato di salvezza fino a che non sono in questa vita: uno, p. es., può ottenere a un altro la prima grazia. Siccome, infatti, l'efficacia impetrativa della preghiera dipende dalla liberalità divina, è chiaro che questa si può estendere a tutte quelle cose che sono soggette ordinatamente alla potenza divina.
Quando invece si tratta di qualche cosa di accessorio ad un determinato stato, l'intervento di un fedele per un altro può valere non solo mediante la preghiera, ma anche mediante il merito.
Ciò può avvenire in due maniere. Primo, in virtù di una reciproca comunicazione di opere meritorie nella loro radice, che è la carità, mediante la quale tutti quelli che ne partecipano, ne riportano un reciproco vantaggio, sempre però in proporzione allo stato di ciascuno; perché anche in cielo ognuno godrà delle buone opere dell'altro. Ed è per questo che tra gli articoli di fede c'è "la comunione dei Santi". - Secondo, in virtù dell'intenzione di chi agisce, quando questi compie qualche cosa per giovare ad altri. Ecco perché dette opere appartengono per così dire a coloro per i quali vengono latte, come se fossero regalate da chi le compie.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La mietitura di cui si parla è la vita eterna, come si ricava da S. Giovanni: "E chi miete raccoglie il frutto per la vita eterna". La vita eterna però si concede a ciascuno soltanto per le opere proprie: perché sebbene uno impetri ad un altro la vita eterna, ciò non può accadere se non mediante le opere personali di ciascuno; in quanto le preghiere gli ottengono la grazia per meritare la vita eterna.

2. L'opera fatta per uno diventa proprietà di lui: così come l'opera di chi è tutt'uno con me, è in qualche modo mia. Perciò non è contro la giustizia divina se uno percepisce il frutto delle opere fatte da un altro, che è a lui unito nella carità, ovvero dalle opere compiute apposta per lui. Infatti anche la giustizia umana ammette che uno soddisfaccia per un altro.

3. La lode non si dà a una persona che in riferimento ai suoi atti: ecco perché Aristotele scrive che la lode è relativa. E siccome nessuno è bene o male disposto in riferimento a qualche cosa per l'opera di un altro, nessuno può essere lodato per l'opera di un altro, se non indirettamente in quanto ne è la causa o con il consiglio, o con l'aiuto, o in qualsiasi altro modo. Ma per il merito può giovare non solo influendo sulla disposizione di chi l'acquista, ma anche procurando qualcosa di accessorio alla disposizione o allo stato di ciascuno, come è chiaro da quanto sopra è esposto.

4. Togliere a uno quello che gli spetta è certo contrario alla giustizia; ma dare a uno ciò che non gli spetta non è contro, ma sopra la giustizia: è infatti proprio della liberalità. Questo perché dai mali altrui uno non può subire un danno, senza che gli sia tolto qualcosa che gli spetta. Perciò quanto a convenienza la punizione per i peccati altrui non è paragonabile alla possibilità di trarre giovamento dai beni altrui.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se i morti possano essere aiutati dai vivi


Supplemento
Questione 71
Articolo 2

SEMBRA che i morti non possano essere aiutati dai vivi. Infatti:
1. Dice l'Apostolo che "tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo per ricevere ciò che ci spetta secondo quel che ciascuno ha operato in bene o in male nel corpo". Dunque dopo la morte quando uno è privo del corpo, non potrà avere nessun vantaggio dalle opere altrui.

2. Lo stesso ci viene suggerito da quanto si legge nell'Apocalisse: "Beati i morti che muoiono nel Signore, perché le loro opere li accompagnano".

3. Solo chi è tuttora in istato di viatore può progredire nel bene; ma gli uomini dopo la morte non si trovano più in tale stato; poiché vanno applicate ad essi le parole di Giobbe: "[Il Signore] ha sbarrato il mio sentiero, sì che non posso passare". Dunque i morti non possono usufruire dei suffragi altrui.

4. Perché uno possa essere aiutato da un altro, bisogna che vi sia una comunicazione di vita reciproca. Ma, a detta del Filosofo, non c'è nessuna comunicazione dei vivi con i morti. Quindi i suffragi dei vivi non giovano ai morti.

IN CONTRARIO: 1. Nel Libro dei Maccabei si legge: "Il pensiero di pregare perché i morti siano liberati dai loro peccati è santo e salutare". Sarebbe invece inutile se loro i suffragi non giovassero. Dunque i suffragi dei vivi giovano ai morti.

2. Dice S. Agostino: "È grande l'autorità della Chiesa universale che vanta la consuetudine di raccomandare le anime dei morti nelle preghiere fatte a Dio dal sacerdote all'altare de] Signore".
Tale consuetudine risale agli Apostoli, come afferma il Damasceno in un sermone intorno ai suffragi dei morti: "Consapevoli dei divini misteri i discepoli e i santi Apostoli del Salvatore stabilirono che, durante adorabili e vivificanti misteri, si facesse memoria di coloro che piamente si addormentarono nel Signore". Questo è chiaro anche da quanto si legge in Dionigi, che non solo ricorda il rito col quale nella Chiesa primitiva si pregava per i morti, ma asserisce che i suffragi dei vivi giovano ai morti. Quindi tale verità bisogna crederla senza alcun dubbio.

RISPONDO: Ciò che unisce i membri della Chiesa è la carità che si estende non solo ai vivi ma anche ai morti che muoiono nella carità, la quale, come dice S. Paolo, non finisce con la vita del corpo: "La carità non verrà mai meno". Così pure i morti vivono nella memoria dei vivi: e quindi l'intenzione di questi ultimi può indirizzarsi a beneficio di quelli. Tali suffragi in due modi possono giovare ai morti, cioè come ai vivi: per l'unione nella carità, e per l'intenzione ad essi diretta.
Non bisogna credere però che i suffragi dei vivi valgano a mutare lo stato di dannazione in quello di felicità, o viceversa. Essi valgono solo per ottenere una diminuzione della pena o qualcosa del genere, senza che lo stato dei trapassati venga mutato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Mentre l'uomo è tuttora in vita merita che i suffragi gli siano validi dopo la sua morte. Quindi dipende sempre da quel che ha fatto in vita, se questi gli giovano.
Oppure l'espressione paolina, seguendo il Damasceno, va riferita alla retribuzione di gloria o di pena eterna nel giudizio finale, in cui ciascuno sarà retribuito solo in rapporto a ciò che egli operò mentre era nel corpo. Nel frattempo però i defunti possono essere aiutati dai suffragi dei vivi.

2. Il testo si riferisce espressamente a ciò che segue l'eterna retribuzione, come è chiaro dalla premessa: "Beati i morti, ecc.". Oppure si può spiegare nel senso che le opere fatte per loro sono in qualche modo opere loro, come abbiamo detto nell'articolo precedente.

3. Le anime, sebbene dopo la morte non siano in via in senso proprio, possono esserlo però in qualche modo, in quanto cioè sono trattenute dal ricevere l'ultima retribuzione. Perciò, in senso assoluto, la loro via è "sbarrata", perché non possono più passare da uno stato all'altro per mezzo delle opere. Ma non è "sbarrata" nel senso che non possano ricevere aiuti: perché non sono tuttora giunte alla felicità eterna e quindi si trovano in stato di via.

4. Tra i vivi e i morti non ci possono essere comunicazioni nella vita civile, di cui parla Aristotele. perché questi ormai ne sono fuori. Ma ci possono essere relazioni spirituali per mezzo dell'amore di Dio, "presso il quale vivono le anime dei morti".



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se ai morti giovino i suffragi fatti dai peccatori


Supplemento
Questione 71
Articolo 3

SEMBRA che ai morti non giovino i suffragi fatti dai peccatori. Infatti:
1. Nel Vangelo si legge: "Dio non ascolta i peccatori". Ma se le preghiere fatte da loro giovassero a quelli per i quali sono formulate, essi sarebbero esauditi da Dio. Dunque i suffragi che essi fanno non giovano ai morti.

2. Dice S. Gregorio che "quando si interpone a pregare uno che non gode il favore di chi si prega, se ne provoca lo sdegno e la vendetta". Ora, qualsiasi peccatore dispiace a Dio. Perciò i suffragi da lui fatti non inducono il Signore alla misericordia. Quindi tali suffragi non giovano.

3. Un'opera buona reca più utilità a chi la fa che a qualunque altro. Ma il peccatore con le sue opere non può meritare in alcun modo per sé. Molto meno dunque può meritare per altri.

4. Ogni opera meritoria deve essere vivificata, ossia "informata dalla carità". Ma le opere del peccatore sono morte. Dunque non possono giovare ai morti, ai quali sono destinate.

IN CONTRARIO: 1. Nessuno può sapere con certezza assoluta se un altro è in stato di grazia o di colpa. Se quindi giovassero solo i suffragi di quelli che sono in grazia, uno non potrebbe sapere a chi rivolgersi per i suffragi da fare per i propri defunti. E così molti si asterrebbero dal procurare i suffragi.

2. Dice inoltre S. Agostino che un morto riceve dai suffragi tanto giovamento quanto meritò per riceverlo in vita; quindi il valore dei suffragi è [solo] proporzionato dalle condizioni di colui, cui sono diretti. Perciò non ha importanza che siano fatti dai buoni o dai peccatori.

RISPONDO: Nei suffragi fatti da coloro che non sono in grazia si possono considerare due cose. Primo, l'opera compiuta: p. es., il sacrificio dell'altare. Ebbene questa giova come suffragio dei defunti anche se compiuta da peccatori, perché i nostri sacramenti hanno efficacia per se stessi a prescindere dall'opera di chi li amministra.
Secondo, l'opera quale atto dell'operante. E allora bisogna distinguere. Perché l'opera del peccatore che fa i suffragi, considerata in primo luogo come sua, non può essere affatto meritoria né per sé né per altri. - Ma il peccatore che fa i suffragi può essere considerato quale rappresentante di tutta la Chiesa, come il sacerdote che compie le esequie per i morti. Ora, siccome l'azione appartiene a colui in nome del quale viene fatta, come dice Dionigi, è chiaro che i suffragi di detto sacerdote, anche se peccatore, giovano ai defunti. - L'opera può essere di un altro, quando chi la compie agisce come suo strumento. In tal caso l'azione si attribuisce, più che allo strumento, all'agente principale. Perciò anche se chi funge da strumento non è in istato di poter meritare, l'azione può nondimeno essere meritoria a motivo dell'agente principale: come se un servo, trovandosi in peccato, fa una qualsiasi opera di misericordia per ordine del padrone che vive in grazia di Dio. Perciò se qualcuno, morendo in istato di grazia, o chi per lui nelle stesse disposizioni, ordina che gli vengano fatti dei suffragi, questi valgono per il defunto, anche se chi li fa si trova in peccato. Tuttavia essi varrebbero di più se chi li compie fosse in grazia di Dio: perché allora quelle opere sarebbero doppiamente meritorie.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La preghiera fatta dal peccatore in certi casi non è del peccatore, ma di un altro. Perciò da questo lato è degna di essere esaudita dal Signore.
Talvolta poi anche i peccatori sono ascoltati da Dio, cioè quando chiedono quel che a lui è gradito. Il Signore infatti dispensa il bene non solo ai giusti, ma anche ai peccatori, come è detto nel Vangelo, non per i loro meriti, ma per la sua clemenza. Perciò la Glossa, a commento delle parole di S. Giovanni: "Dio non ascolta i peccatori", dice che il cieco le pronunciò come ancora "infangato", cioè come uno che non ci vedeva perfettamente.

2. La preghiera del peccatore, pur non essendo accetta a Dio per l'orante che dispiace, può esserlo a motivo degli altri che quegli rappresenta, o di cui eseguisce l'ordine.

3. Se il peccatore che fa i suffragi non ne riporta nessun beneficio, lo deve alla propria indisposizione. Quelli però possono giovare ad altri, che non sono indisposti.

4. Sebbene l'opera del peccatore non sia viva in quanto appartiene a lui, tuttavia lo può essere in quanto è di un altro, come è stato già spiegato.
Siccome poi le ragioni addotte in contrario sembrano concludere che è indifferente procurare i suffragi per mezzo dei buoni o dei cattivi, bisogna rispondere anche a queste.

5. È vero che non possiamo sapere con certezza se esso è in stato di grazia, ma è possibile congetturarlo da ciò che di lui apparisce all'esterno, perché "l'albero si conosce dai suoi frutti", come dice il Vangelo.

6. Perché i suffragi valgano per un altro, si richiede da parte sua la capacità recettiva che egli acquistò in vita per mezzo delle proprie opere buone. In questo senso parla S. Agostino. Tuttavia si richiede anche, nell'opera destinata al suffragio, una certa qualità. E questa non dipende da colui che deve usufruirne, bensì da colui che la compie o che ordina di compierla.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se giovino anche ai vivi i suffragi che essi fanno per i morti


Supplemento
Questione 71
Articolo 4

SEMBRA che non giovino anche ai vivi i suffragi che essi fanno per i morti. Infatti:
1. Chi secondo l'umana giustizia paga il debito di un altro, non si libera dal proprio. Dunque chi facendo i suffragi paga il debito di un altro, non soddisfa al debito proprio.

2. Ciascuno deve fare ciò che fa nel modo più perfetto possibile. Ora, è meglio giovare a due che a uno solo. Se dunque è vero che uno pagando il debito di un altro mediante i suffragi, si libera anche dal proprio, nessuno deve mai soddisfare solo per se medesimo, ma sempre per un altro.

3. Se la soddisfazione di uno per un altro valesse per sé come per quell'altro, per lo stesso motivo avrebbe valore anche per un terzo, per un quarto, e così via. In tal modo con un'unica soddisfazione un solo fedele potrebbe bastare per tutti. Il che è assurdo.

IN CONTRARIO: 1. Sta scritto nei Salmi: "La mia preghiera ritornerà nel mio seno". Quindi gli stessi suffragi fatti per altri giovano a chi li compie.

2. Il Damasceno insegna: "Come chi vuole ungere un malato con l'olio santo, necessariamente egli per primo partecipa l'unzione, prima di ungere l'infermo; così chiunque s'impegna per la salute del prossimo giova prima a se stesso che agli altri". Lo stesso vale nel caso nostro.

RISPONDO: Il suffragio fatto per altri può essere considerato sotto due aspetti. Primo, come soddisfazione di una pena a modo di compenso. E sotto tale aspetto esso appartiene a colui per il quale viene offerto e lo libera dal debito di quella pena, mentre non soddisfa il debito di colui che compie i suffragi. Questo perché in questo caso va salvata la compensazione di stretta giustizia, che esige l'eguaglianza. Ora, un'opera satisfattoria può bastare per un reato, ed essere insufficiente per due; è chiaro infatti che il reato di due peccati richiede maggiore soddisfazione di uno solo.
Secondo, il suffragio può essere considerato come opera meritoria della vita eterna, in quanto deriva dalla carità. E sotto quest'aspetto l'opera soddisfattoria non solo giova a colui al quale è destinata ma molto di più a chi la compie.

Sono risolte così anche le difficoltà. Le prime infatti consideravano i suffragi solo come opere satisfattorie; mentre le altre li considerano come opere meritorie.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se i suffragi giovino ai dannati dell'inferno


Supplemento
Questione 71
Articolo 5

SEMBRA che i suffragi giovino ai dannati dell'inferno. Infatti:
1. Si legge nel Libro dei Maccabei che "sotto le vesti degli uccisi furono trovati degli oggetti idolatrici, proibiti dalla legge giudaica"; e tuttavia si aggiunge che "Giuda mandò a Gerusalemme dodicimila dramme d'argento come offerta per i loro peccati". Ora, è chiaro che quelli peccando gravemente contro la legge, morirono in peccato mortale e che quindi andarono all'inferno. Perciò i suffragi giovano anche ai dannati dell'inferno.

2. Si legge in S. Agostino che i suffragi per quelli che sono validi, ottengono, o la remissione completa della pena, oppure fanno sì che la condanna sia più sopportabile. Ma solo quelli che sono all'inferno possono dirsi condannati. Quindi anche ai dannati dell'inferno giovano i suffragi.

3. "Se già in questa vita", scrive Dionigi, "hanno valore le preghiere di giusti quanto più ne avranno dopo la morte per quelli che ne sono degni". Dalle quali parole si può concludere che i suffragi valgono più per i morti che per i vivi. Ma ai vivi giovano anche se in peccato mortale. Difatti la Chiesa prega sempre per la conversione dei peccatori, perché si convertano. Dunque giovano anche ai morti che sono in peccato mortale.

4. Si legge nelle Vite dei Padri, come riferisce anche S. Giovanni Damasceno, che S. Macario, lungo la strada, trovò un teschio e pregando domandava di chi fosse. Il teschio rispose che era di un sacerdote pagano condannato all'inferno. Tuttavia confessò che tanto lui che gli altri dannati traevano giovamento dalla preghiera di S. Macario. Quindi le preghiere della Chiesa giovano anche ai dannati.

5. Lo stesso Damasceno racconta che S. Gregorio, pregando per l'imperatore Traiano sentì che una voce celeste gli diceva: "Esaudisco la tua preghiera, e perdono a Traiano". Di questo fatto, dice il Damasceno, "è testimone l'oriente e l'occidente". Ma Traiano era certo nell'inferno "avendo fatto uccidere crudelmente molti martiri", come afferma lo stesso Damasceno. Dunque i suffragi della Chiesa valgano anche per i dannati dell'inferno.

IN CONTRARIO: Dionigi afferma: "Il sommo sacerdote non prega per gli immondi, perché altrimenti sovvertirebbe l'ordine divino". E il suo commentatore aggiunge, che "egli non implora la remissione per i peccatori, perché non sarebbe esaudito".

2. "Per lo stesso motivo", dice S. Gregorio, "non si pregherà più allora", cioè dopo il Giudizio, "per gli uomini condannati al fuoco eterno, come non si prega adesso per il diavolo e i suoi angeli condannati all'eterno supplizio. Per lo stesso motivo i santi non pregano ora per i defunti infedeli o empi, perché non vogliono perdere il merito della loro preghiera davanti al divin giudice, per quelli che già sanno condannati all'eterno supplizio". Perciò i suffragi non valgono per i dannati dell'inferno.

3. S. Agostino afferma: "A coloro che partono da questo mondo senza la fede operante per la carità, e senza i sacramenti della fede, sono inutili i servizi religiosi fatti dai loro parenti". Ma i dannati si trovano tutti in queste condizioni. Dunque i suffragi a loro non giovano.
rispondo: Intorno a questo argomento ci furono due opinioni. Alcuni applicavano al caso due distinzioni. La prima in rapporto al tempo: dicendo che, dopo il giudizio finale, nessun dannato sarà aiutato dai suffragi della Chiesa; ma prima non si esclude che alcuni ne possano usufruire. - La seconda distinzione si riferisce alle persone che sono all'inferno. Ce ne sarebbero di quelle pessime, morte senza fede e senza sacramenti, per le quali i suffragi non giovano, non avendo fatto parte della Chiesa né "per merito", né "per numero". Invece ce ne sarebbero altre meno cattive, che avendo appartenuto numericamente alla Chiesa, avendo la fede, e avendo frequentato i sacramenti, hanno anche fatto qualche opera buona. A questi, dicono, i suffragi della Chiesa dovrebbero giovare.
Ma c'era un dubbio che veniva a metterli in imbarazzo, perché da ciò sembrava ne dovesse seguire che, essendo la pena dell'inferno infinita in durata e finita in intensità, si potesse arrivare a togliere completamente la pena col moltiplicarsi dei suffragi, cadendo così nell'errore di Origene. Perciò cercarono in diversi modi di sfuggire a questo inconveniente.
Il Prepositino disse che i suffragi per i dannati si possono moltiplicare fino a togliere completamente la pena, non in senso assoluto come pensava Origene, ma solo per un dato tempo, cioè fino al giorno del giudizio, quando le anime, rivestite di nuovo dei loro corpi, definitivamente e senza speranza di perdono saranno condannate alle pene eterne.
Ma codesta opinione sembra ripugnare alla divina provvidenza, che non ammette alcun disordine nelle cose. Ora, la colpa non può rientrare nell'ordine che mediante la pena. Quindi non si può togliere la pena, senza che prima sia stata espiata la colpa. E siccome nei dannati la colpa perdura di continuo, non può essere interrotta neppure la loro pena.
Perciò i discepoli di Gilberto Porretano trovarono un'altra scappatoia, con l'affermare che la diminuzione delle pene attraverso i suffragi avviene come nella divisione della linea, la quale pur essendo infinita, si può tuttavia dividere all'infinito senza mai esaurirla, se si sottrae successivamente non la stessa quantità, ma nella stessa proporzione; come quando si toglie prima la quarta parte di tutta la linea, poi la quarta parte della quarta parte, e quindi la quarta di questa quarta e così via fino all'infinito. E così essi affermano che con il primo suffragio si diminuisce una certa quantità di tutta la pena, poi una quantità proporzionale di quella che rimane.
Ma tale spiegazione presenta molte incongruenze. Primo, perché la divisione all'infinito, che va bene per la quantità materiale, non sembra che si possa applicare alla quantità spirituale. - Secondo, non si sa perché il secondo suffragio, pur avendo lo stesso valore del primo, tolga solo una pena minore. - Terzo, perché la pena non può essere attenuata, senza che si attenui la colpa: e non si può togliere quella, se non togliendo questa. - Quarto, perché nella suddivisione di una linea si arriva a una quantità minima che non è più sensibile: poiché il corpo sensibile non si può dividere all'indefinito. E così seguirebbe che molti suffragi diminuirebbero la pena fino a renderla non più sensibile, e quindi non sarebbe più una pena.
Perciò altri escogitarono un'altra soluzione. Guglielmo d'Auxerre infatti disse che i suffragi gioverebbero ai dannati non perché diminuiscono o interrompono la pena, ma, solo perché darebbero sollievo al dannato; come una bella spruzzata d'acqua fresca da refrigerio a chi porta un grave peso, senza peraltro diminuirglielo.
Ma neppure questa soluzione regge. Perché, come dice S. Gregorio, ciascuno è più o meno molestato dal fuoco eterno in proporzione alla propria colpa. Da ciò ne deriva che per lo stesso fuoco uno soffra di più e un altro meno. Perciò siccome la colpa del dannato non cambia, neppure la pena può essere mitigata.
Codesta opinione per di più è presuntuosa, perché contraria alle affermazioni dei Santi Padri; e inconsistente, perché non si appoggia su nessuna autorità: ed è irragionevole. Sia perché i dannati sono fuori del vincolo della carità, mediante la quale i defunti partecipano alle opere dei vivi. - Sia perché essi sono giunti al termine dello stato di viatori, ed hanno ricevuto la retribuzione finale per quello che hanno meritato, come i santi che sono nella patria celeste. Il fatto che manchi ancora qualcosa alla gloria o alla pena del corpo, non li pone nello stato di via; perché tanto la gloria dei Santi come le pene dei dannati sono essenzialmente e radicalmente nell'anima. Perciò né può essere mitigata la pena dei dannati, né aumentare la gloria dei Santi riguardo al premio essenziale.
Tuttavia la soluzione proposta da alcuni, secondo i quali i suffragi giovano ai dannati, in un certo senso si potrebbe anche accettare: se si dicesse che i suffragi non mitigano né interrompono la pena, ma soltanto che risparmiano ai dannati un'altra fonte di sofferenze, che potrebbe loro derivare dal vedersi così disprezzati dai vivi, qualora nessuno si ricordasse di loro: tale sofferenza viene loro risparmiata dai suffragi fatti per essi.
Anche questo però non può essere ammesso secondo la legge comune. Perché specialmente per i dannati è vero quanto afferma S. Agostino: "Le anime dei defunti si trovano in un luogo dove non vedono ciò che accade tra i mortali". Perciò essi non sanno quando si offrono per loro dei suffragi: a meno che, in via eccezionale, ad alcuni Dio non conceda questo sollievo. Ma la cosa è molto dubbia.
Perciò è più sicuro affermare in assoluto che i suffragi non giovano ai dannati e che la Chiesa non intende pregare per loro, come è chiaro dai testi sopra ricordati.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dagli oggetti idolatrici trovati addosso ai morti non si può senz'altro concludere che quei soldati li portassero per motivi superstiziosi; li avevano forse presi come vincitori, e per diritto di guerra se n'erano impossessati. Tuttavia avevano fatto un peccato veniale di avarizia. Essi perciò non erano stati condannati all'inferno. E quindi i suffragi potevano loro giovare.
Oppure, secondo altri interpreti, si può pensare che di fronte al pericolo, si siano pentiti del loro peccato: ossia, secondo l'espressione del Salmista, "mentre Dio li condannava a morire, si rivolgevano a lui". Ciò può ritenersi probabile, e rende più logica l'oblazione fatta per loro.

2. La parola dannazione è presa qui in senso lato per una punizione qualunque. Quindi può includere anche la pena del purgatorio che, attraverso i suffragi può essere condonata in tutto o in parte.

3. I suffragi più che per i vivi sono accettati per i morti, i quali ne hanno più bisogno, non potendo, come i vivi, provvedere a se stessi. Però d'altra parte i vivi si trovano in condizione più vantaggiosa, perché possono riacquistare lo stato di grazia perduto col peccato mortale, mentre ciò non è possibile ai morti. Perciò i motivi per cui si prega per i morti sono diversi da quelli per cui si prega per i vivi.

4. Quell'aiuto non consisteva in una diminuzione di pena; ma, come dice il racconto, soltanto nel fatto che, per mezzo dell'orazione di S. Macario, quei dannati potevano vedersi reciprocamente, e per questo provavano una certa gioia, non vera ma immaginaria, mentre si compiva questo loro desiderio. In questo senso diciamo che i demoni godono quando riescono a indurre gli uomini al peccato, quantunque per questo la loro pena non diminuisca affatto; come non diminuisce la gioia degli angeli quando si dice che essi commiserano i nostri mali.

5. Probabilmente il fatto di Traiano si può spiegare nel senso che egli, per le preghiere di S. Gregorio, fu richiamato in vita e quindi ottenne la remissione dei peccati e la grazia. Di conseguenza fu liberato dalla pena; come si riscontra in tutti quelli che furono risuscitati da morte miracolosamente, molti dei quali erano idolatri e quindi dannati. Di tutti costoro si deve dire che non erano condannati all'inferno definitivamente, ma secondo quanto esigeva l'attuale giustizia in considerazione dei loro meriti. Ma secondo un piano provvidenziale più alto, che prevedeva la loro resurrezione, erano predestinati a una sorte diversa.
Oppure, dicono alcuni, si deve ritenere che l'anima di Traiano non fu liberata del tutto dalla pena eterna, ma solo per un certo tempo cioè fino al giorno del giudizio. Non bisogna però credere che i suffragi producano tale effetto: perché, oltre le cose che avvengono per legge generale, ve ne sono altre che sono concesse soltanto ad alcuni in via eccezionale; ossia, come dice S. Agostino, "altri sono i limiti delle forze naturali, altri i prodigi della potenza divina".



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se i suffragi giovino alle anime del purgatorio


Supplemento
Questione 71
Articolo 6

SEMBRA che i suffragi non giovino alle anime del purgatorio.
Infatti:
1. Il purgatorio fa parte dell'inferno, ma nell'inferno "non vi è alcuna redenzione". E nei Salmi si legge: "Chi spererà in te nell'inferno?". Quindi i suffragi non giovano a chi è nel purgatorio.

2. La pena del purgatorio è una pena finita. Se quindi viene condonata con i suffragi, moltiplicandoli si potrà arrivare al punto di cancellarla completamente. E in tal caso il peccato rimarrà completamente impunito. Ma questo e incompatibile con la giustizia divina.

3. Le anime sono trattenute in purgatorio perché purificate possano giungere monde al regno dei cieli. Ma nulla si può purificare senza un'azione che tocchi il soggetto. Quindi i suffragi dei vivi non diminuiscono la pena del purgatorio.

4. Se i suffragi per le anime purganti valessero, varrebbero soprattutto per quelli che li ordinarono prima di morire. Ma talvolta questi non valgono niente. Come nel caso di chi morendo ordina per sé tanti suffragi, che se fossero subito eseguiti, basterebbero a condonargli tutta la pena: se capita però che essi vengano rimandati fino a che egli non ha scontato tutta la pena, quei suffragi non gli contano niente: perché non possono contargli prima che vengano fatti; e se gli vengono fatti dopo, non ne ha più bisogno, perché ha già scontato la pena. Quindi i suffragi per le anime del purgatorio non valgono.

IN CONTRARIO: 1. S. Agostino afferma che i suffragi giovano a coloro che non sono né molto buoni, né molto cattivi. Ma tali sono appunto le anime del purgatorio. Dunque...

2. Dionigi scrive che "il sacerdote di Dio intende pregare per quei defunti che pur avendo vissuto santamente, contrassero delle macchie per umana fragilità". Ora in purgatorio ci sono proprio codeste anime. Quindi...
RISPONDO: La pena del purgatorio supplisce quella soddisfazione che fu completata mentre l'anima era nel corpo. Perciò poiché è chiaro da quanto si è detto che le opere di uno possono valere a soddisfare per altri, sia vivi che morti, non c'è dubbio che i suffragi fatti dai vivi giovano alle anime del purgatorio.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quel testo si riferisce all'inferno dei reprobi, dove "non v'è redenzione" per quelli che vi sono dannati per sempre.
Oppure si può rispondere col Damasceno, che questo e altri testi consimili vanno riferiti solo a ciò che esigono i meriti dei dannati. Mentre la divina misericordia, che supera i meriti degli uomini, può talvolta disporre diversamente. "Dio muta la sua sentenza", dice S. Gregorio, "ma non le sue disposizioni". S. Giovanni Damasceno adduce l'esempio dei Niniviti, di Acab e di Ezechia, nei quali casi appare chiaramente che la sentenza divina comminata contro di essi fu poi revocata per divina misericordia.

2. Non c'è alcun inconveniente nel fatto che la pena delle anime purganti venga completamente annullata dal moltiplicarsi di suffragi. Da ciò non segue che i peccati restino impuniti, perché la pena dovuta è accettata ed espiata da un altro sotto forma di soddisfazione.

3. La purificazione dell'anima nel purgatorio consiste nell'espiazione del reato che impedisce il conseguimento della gloria. Ma poiché la pena che uno subisce, come abbiamo visto, può espiare il reato di un altro, niente impedisce che uno venga purificato dalla soddisfazione offerta da un altro.

4. Il valore dei suffragi deriva da due cose: dall'opera operante e dall'opera operata. E intendo per opera operata non solo i sacramenti della Chiesa, ma anche l'effetto derivante dall'opera, come, per portare un esempio, dall'elemosina elargita ai poveri, ne seguono e il sollievo per loro e le preghiere che i medesimi elevano a Dio per il defunto. - Così pure l'opera operante può essere considerata in relazione all'agente principale oppure in relazione a chi la eseguisce.
Dico quindi che quando un moribondo si procura i suffragi degli altri, egli ne riceve già il premio, anche prima che vengano fatti, relativamente all'efficacia dei suffragi derivante dall'opera operante dell'agente principale. Ma non ne riceve quel frutto che solo deriva dall'opera operata, o dall'opera operante di chi deve eseguirla, prima che i suffragi vendano fatti. Se poi avviene che uno venga purificato dalla pena prima dei suffragi, egli sarà defraudato del frutto dei medesimi, per colpa di chi doveva fare i suffragi. Infatti non si può escludere che nelle cose temporali, e tale
è pure la pena del purgatorio, uno possa essere defraudato per colpa di un altro: soltanto della retribuzione eterna nessuno può essere defraudato, se non per colpa propria.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se i suffragi valgano per i bambini del limbo


Supplemento
Questione 71
Articolo 7

SEMBRA che i suffragi possano giovare ai bambini del limbo.
Infatti:
1. I bambini sono nel limbo soltanto per il peccato commesso da altri. Dunque è giustissimo che vengano pure aiutati dai suffragi altrui.

2. Scrive S. Agostino che i suffragi della Chiesa "servono di propiziazione per quelli che non sono del tutto cattivi". Ma tali sono appunto quei bambini, "i quali sono condannati a una pena minima". Quindi valgono per loro i suffragi della Chiesa.

IN CONTRARIO: S. Agostino afferma che i suffragi non giovano a coloro "che sono morti senza la fede operante nella carità". Perciò per essi i suffragi sono inutili.

RISPONDO: I bambini non battezzati si trovano nel limbo perché sono privi dello stato di grazia. Ora, le opere dei vivi non potendo cambiare lo stato dei trapassati, soprattutto quando si tratta del merito essenziale di premio o di pena, è chiaro che i suffragi dei vivi non possono giovare ai bambini del limbo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il peccato originale non crea difficoltà perché uno possa essere aiutato da un altro; ma le anime dei bambini del limbo si trovano nelle condizioni di chi non può ricevere aiuto alcuno, perché manca loro lo stato di grazia, che non si può più acquistare dopo la morte.

2. S. Agostino parla di "coloro che non sono del tutto cattivi", però battezzati, come è chiaro dal contesto: "Quando si offre il sacrificio dell'Altare, o le elemosine per tutti coloro che sono battezzati, ecc.".



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se i suffragi giovino in qualche modo ai beati del cielo


Supplemento
Questione 71
Articolo 8

SEMBRA che i suffragi giovino in qualche modo ai santi del cielo. Infatti:
1. Nel messale si leggo: "Come, o Signore", il Sacramento dell'altare "giova alla gloria dei santi, giovi anche a nostra medicina". E siccome il sacrificio dell'Altare tiene il primo posto tra i suffragi, è chiaro che questi giovano ai beati del cielo.

2. "I sacramenti producono gli effetti da essi raffigurati". Ora, la terza parte dell'ostia che si lascia cadere nel calice rappresenta i beati del paradiso. Dunque i suffragi giovano anche a loro.

3. I santi in cielo godono anche dell'altrui bene, oltre che del proprio; infatti nel Vangelo si legge che "c'è gioia al cospetto degli angeli di Dio per un solo peccatore che si converta". Perciò la gioia dei beati comprensori aumenta per le opere buone dei vivi. Quindi giovano ai beati anche i nostri suffragi.

4. Nel riferire le parole di S. Giovanni Crisostomo il Damasceno dice: "Se i pagani bruciano insieme ai morti tutto quello che loro apparteneva, tanto più a te che sei cristiano conviene far accompagnare il defunto da ciò che è suo: non già per ridurre tutto in cenere, ma per circondarlo di una gloria più grande. Se si tratta di un peccatore, per soddisfare i peccati; se di un giusto, per procurarne il premio". Quindi anche ai giusti giovano i suffragi dei vivi.

IN CONTRARIO: 1. S. Agostino insegna: "Non è giusto che la Chiesa preghi per un martire, alle cui preghiere ci dobbiamo piuttosto raccomandare".

2. Si può aiutare chi si trova in necessità. Ma i beati del cielo non abbisognano di nulla. Quindi non possono essere aiutati dai suffragi della Chiesa.

RISPONDO: È proprietà essenziale del suffragio essere in qualche modo un aiuto. Questo però disdice a chi non patisce difetto alcuno: infatti si può aiutare solo chi manca di qualcosa. Perciò, siccome i beati in cielo sono immuni da ogni indigenza, essendo "inebriati della ricchezza della casa del Signore", non si addice loro l'aiuto offerto dai suffragi.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Espressioni di questo genere non significano che i Santi nella gloria ricevano un vantaggio dal fatto che noi celebriamo le loro feste, ma piuttosto che giova a noi celebrarne solennemente la gloria. Come dal fatto che noi conosciamo o lodiamo Dio, e la sua gloria in certo qual modo cresce in noi, Dio non ne ritrae alcun giovamento, ma siamo noi a guadagnarci.

2. È vero che i sacramenti "producono gli effetti che raffigurano, ma non producono realmente ogni cosa significata; altrimenti, dato che raffigurano anche Cristo, essi dovrebbero produrre qualcosa anche in Cristo, il che è assurdo. Ma per virtù di Cristo, essi producono ciò che il sacramento significa nell'anima di chi lo riceve. Non ne segue dunque che i sacrifici offerti per i fedeli defunti giovino ai santi, ma che per i meriti dei santi, ricordati o raffigurati nel sacramento essi giovano a coloro per i quali sono offerti.

3. I beati in cielo, pur godendo di tutte le nostre opere buone, non è detto che abbiano l'aumento formale della loro gioia, bensì solo quello materiale col moltiplicarsi di dette opere buone. Infatti ogni passione o sentimento aumenta formalmente solo in rapporto al proprio oggetto. Ora, l'oggetto unico di tutte le gioie dei santi è Dio stesso. E rispetto a Dio la gioia non può avere variazioni, perché altrimenti muterebbe il loro premio essenziale che è in rapporto diretto con Dio. Quindi il moltiplicarsi dei beni, per i quali essi godono in Dio, non aumenta la loro gioia in intensità, ma solo in estensione. Non ne segue, dunque, che i santi hanno un vantaggio dalle nostre buone opere.

4. Quel testo non va inteso nel senso che l'aumento del premio per mezzo dei suffragi fatti da altri viene concesso al santo defunto, ma piuttosto a coloro che fanno quei suffragi. Oppure si può dire che il premio viene accresciuto al santo defunto per il merito da lui acquisito, quando ancor vivo dispose che gli fossero fatti detti suffragi.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se alle anime dei defunti giovino solamente, o in modo speciale, le preghiere della Chiesa, il sacrificio dell'Altare e le elemosine


Supplemento
Questione 71
Articolo 9

SEMBRA che alle anime dei defunti non giovino solamente, o in modo speciale, le preghiere della Chiesa, il sacrificio dell'Altare e le elemosine. Infatti:
1. Una pena deve essere soddisfatta con una pena. Ma il digiuno è più penoso dell'elemosina o della preghiera. Perciò il digiuno deve giovare più delle opere suddette.

2. Alle tre cose suddette S. Gregorio [VII], come riferisce il Decreto di Graziano, aggiunge il digiuno: "Le anime dei defunti si liberano in quattro modi: con le oblazioni dei sacerdoti; con le orazioni dei santi, con le elemosine delle persone care, oppure col digiuno dei parenti". Dunque la riferita enumerazione di S. Agostino appare incompleta.

3. Il battesimo è il sacramento più importante, soprattutto per l'effetto che produce. Quindi il battesimo e gli altri sacramenti dovrebbero giovare ai morti quanto, o più ancora, del sacramento dell'Altare.

4. S. Paolo scrive: "Se proprio i morti non risorgono, perché alcuni si fanno battezzare per essi?". Quindi anche il battesimo vale a suffragare i defunti.

5. Il sacrificio dell'Altare è unico in tutte le messe. Se perciò non la messa propria, ma il sacrificio è un vero suffragio per i defunti, deve valere ugualmente qualsiasi messa, sia della Beata Vergine che dello Spirito Santo; o qualunque altra. Ma questo è contrario alle disposizioni della Chiesa, che ha istituito una messa speciale per i defunti.

6. Il Damasceno scrive che per i defunti si offrono "candele e olio", e altre cose simili. Dunque non solo il sacrificio dell'Altare, ma anche altre offerte devono computarsi tra i suffragi per i defunti.

RISPONDO: I suffragi dei vivi giovano ai morti in quanto gli uni e gli altri sono tra loro uniti per mezzo della carità, e in quanto l'intenzione dei primi è indirizzata ai defunti. Perciò quelle opere che cementano la carità o dirigono l'intenzione di uno verso l'altro sono per loro natura più efficaci a suffragare i defunti. Ora, lo strumento più efficace per la carità è il sacramento dell'Eucarestia; perché è il sacramento dell'unità della Chiesa, in quanto contiene colui nel quale tutta la Chiesa è unita e compaginata, cioè Cristo. Perciò l'Eucarestia è come la fonte e il vincolo della carità. Invece tra gli effetti principali della carità primeggia l'elemosina. Ecco perché dal punto di vista della carità questi sono i suffragi principali per i defunti: il sacrificio della Chiesa e l'elemosina.
Dal punto di vista poi della disponibilità dell'intenzione il principale suffragio per i morti è la preghiera; perché la preghiera di sua natura non solo dice rapporto con chi prega, come le altre opere, ma si riferisce anche più direttamente alle persone per cui si prega. Ecco perché queste tre cose sono ritenute come i suffragi principali per i defunti; benché si debba credere che qualunque altra opera buona fatta nella carità possa loro giovare.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In chi soddisfa per un altro, va considerato, più che la pena, l'elemento per cui la soddisfazione di uno può passare ad altri e produrre tale effetto; sebbene la pena di per sé sia più efficace a togliere il reato di chi soddisfa, in quanto è una specie di medicina. È per questo che i tre mezzi sopra enumerati sono più efficaci del digiuno.

2. Anche il digiuno può giovare ai defunti per la carità e per l'intenzione di chi lo pratica per i morti. Tuttavia di per sé esso non dice relazione alla carità o all'orientamento dell'intenzione, che rimangono come elementi estranei al digiuno. Ecco perché S. Agostino, a differenza di S. Gregorio, ha escluso il digiuno dai suffragi per i morti.

3. Il battesimo è una rinascita spirituale. Quindi come la nascita produce l'essere solo in chi viene generato, così il battesimo per l'opera operata non ha efficacia se non in chi viene battezzato, sebbene per l'opera dell'operante, sia del battezzato che di chi battezza, possa giovare anche ad altri, come tutte le opere meritorie. L'Eucarestia al contrario è il sacramento dell'unità della Chiesa. Perciò essa per l'opera operata può trasmettere la propria efficacia ad altri. Il che non si può dire degli altri sacramenti.

4. Il testo riferito viene spiegato in due modi dalla Glossa. Primo: "Se i morti non risorgono, neppure Cristo è risorto. E perché allora alcuni si battezzano per quelli", cioè per i peccati, "i quali non sono rimessi se Cristo non è risorto?". Nel battesimo infatti opera non solo la passione, ma anche la resurrezione di Cristo, che è in qualche modo causa della nostra resurrezione spirituale. Secondo, in questi termini: "C'erano degli ignoranti che si facevano battezzare per chi era morto senza battesimo, nella speranza di poter giovare ad essi". In questo caso l'Apostolo parlerebbe riferendosi al loro errore.

5. Nella celebrazione della messa non c'è solo il sacrificio, ma anche la preghiera. Perciò la messa include due dei suffragi elencati da S. Agostino: la preghiera e il sacrificio. Ora, sotto l'aspetto di sacrificio, che è l'elemento principale di essa, la messa ha per i defunti sempre lo stesso valore, qualunque sia il proprio della solennità per cui viene celebrata. Quanto alle preghiere invece è più efficace la messa con le preghiere speciali per i defunti. Tuttavia la mancanza di queste può essere compensata dalla maggiore devozione di chi dice o di chi fa dire la messa; oppure dall'intercessione del santo, del quale nella messa si implora il suffragio.

6. Le offerte di candele, o di olio, possono giovare al defunto in quanto sono una specie di elemosina, essendo destinate al culto della Chiesa o all'uso dei fedeli.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se le indulgenze concesse dalla Chiesa possano giovare anche ai morti


Supplemento
Questione 71
Articolo 10

SEMBRA che le indulgenze concesse dalla Chiesa non possano giovare ai morti. Infatti:
1. La Chiesa ha la consuetudine di far predicare la crociata perché uno possa acquistare le indulgenze per sé e per altre due o tre anime, anzi talora persino per dieci altri, vivi o morti. Ora, sarebbe un inganno, se queste non giovassero anche ai morti. Quindi le indulgenze giovano anche ai morti.

2. Il merito della Chiesa intera è più efficace del merito di una persona sola. Ma il merito personale può suffragare i defunti, come nel caso dell'elemosina. Molto più dunque può farlo il merito della Chiesa, su cui si basano le indulgenze.

3. Le indulgenze giovano a tutti quelli che sono sotto la giurisdizione della Chiesa. Ma poiché le anime del purgatorio sono sotto tale giurisdizione, altrimenti non potrebbero usufruire dei suffragi della Chiesa, è chiaro che le indulgenze giovano ai defunti.

IN CONTRARIO: 1. Perché le indulgenze giovino, ci vuole un motivo conveniente che ne giustifichi la concessione. Ora, tale motivo non può sussistere da parte dei defunti, che non possono far nulla a vantaggio della Chiesa, che è la causa principale della concessione delle indulgenze. Quindi è impossibile che queste giovino ai defunti.

2. Le indulgenze sono determinate secondo l'arbitrio di chi le concede. Se quindi potessero giovare ai defunti, chi le concede potrebbe liberare completamente dalla pena l'anima del defunto. Ma questo è assurdo.

RISPONDO: L'indulgenza può giovare in due modi: in maniera diretta o principale, e in maniera secondaria. Principalmente dunque essa giova a colui che l'acquista, cioè a chi compie le opere per cui viene data, p. es. il pellegrinaggio alla tomba di un santo. Ebbene, in questo modo le indulgenze non possono giovare ai morti, che sono incapaci di compiere le opere prescritte per l'acquisto delle indulgenze.
In modo secondario e indirettamente queste possono giovare a colui, per il quale uno compie le opere prescritte per l'acquisto delle indulgenze. E questo può verificarsi o meno, secondo la concessione dell'indulgenza. Se, p. es., l'indulgenza viene concessa in questa forma: "Chiunque farà questa o quell'opera, acquisterà tanta indulgenza", è chiaro che colui che compie l'opera prescritta non può riversare su altri il frutto dell'indulgenza da lui acquisita; perché non è in suo potere applicare i suffragi comuni della Chiesa a un'intenzione particolare. Se invece l'indulgenza è concessa sotto quest'altra forma: "Chiunque farà questa o quell'opera, acquisterà tanta indulgenza per sé, per suo padre o per qualsiasi altro congiunto esistente in purgatorio"; allora l'indulgenza potrà giovare non solo ai vivi ma anche ai defunti. Nulla infatti può impedire alla Chiesa di applicare ai vivi e non ai morti i meriti comuni, che sono alla base delle indulgenze.
Non ne segue però che i prelati della Chiesa possano arbitrariamente liberare le anime del purgatorio: perché il valore effettivo dell'indulgenza dipende dalla causa proporzionata per cui viene concessa, come sopra abbiamo notato.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se le cerimonie delle esequie giovino ai defunti


Supplemento
Questione 71
Articolo 11

SEMBRA che le cerimonie delle esequie giovino ai defunti. Infatti:
1. Il Damasceno riporta il seguente testo di S. Atanasio: "Anche se l'anima di chi è piamente morto è volata al cielo, non tralasciare mentre preghi Dio di bruciare l'olio e la cera sul suo sepolcro.
Sono cose che piacciono al Signore e che saranno lautamente retribuite". Ora, codeste cose rientrano nelle cerimonie delle esequie. Dunque le esequie giovano ai defunti.

2. Scrive S. Agostino: "I funerali dei giusti dell'antico Testamento furono compiuti con rispettosa pietà e così furono celebrate le loro esequie, e provveduto alla sepoltura; e loro stessi, mentre erano in vita, incaricarono i figli di seppellire o di fare la traslazione del loro corpo". Ma costoro non avrebbero fatto tutte queste cose, se la sepoltura e gli altri riti funebri non giovassero in qualche modo ai morti. Quindi tali riti sono vantaggiosi per i defunti.

3. Non c'è elemosina o opera di misericordia che non giovi a chi ne è l'oggetto. Ora, seppellire i morti è un'opera di misericordia. Infatti S. Agostino scrive che "Tobia, secondo la testimonianza dell'Arcangelo S. Raffaele, meritò il favore divino col dare sepoltura ai morti". Dunque le cerimonie della sepoltura giovano ai defunti.

4. Non si può ammettere che la devozione dei fedeli venga frustrata. Ma ci sono dei fedeli che per devozione si fanno seppellire in determinati luoghi sacri. Perciò i riti della sepoltura giovano ai defunti.

5. Il Signore è più disposto alla misericordia che alla condanna. Ora, è certo che ad alcuni porta pregiudizio la sepoltura in luogo sacro; secondo quanto afferma S. Gregorio: "Se il corpo di chi è oberato da gravi colpe è deposto in chiesa, questo non giova alla sua liberazione ma piuttosto ne aumenta la condanna". Dunque è anche più certo che le circostanze e i riti della sepoltura ai buoni danno un giovamento.

IN CONTRARIO: S. Agostino dichiara: "Tutto quello che si fa per il corpo dei defunti non vale per la vita eterna, ma è solo un dovere di umanità".

2. S. Gregorio nei Dialoghi scrive: "La celebrazione dei funerali, la costruzione del sepolcro, la pompa delle esequie, sono da considerarsi più un sollievo per i vivi che un aiuto per i defunti".

3. Il Signore dice nel Vangelo: "Non temete coloro che uccidono il corpo, e non possono far altro dopo questo". Ma dopo la morte si può interdire la sepoltura ecclesiastica del corpo dei santi, come avvenne, secondo che leggiamo nella storia, ad alcuni martiri di Lione. Perciò non nuoce ai defunti, il fatto che il loro corpo resta insepolto. Quindi neppure giova la sua sepoltura.

RISPONDO: La pratica della sepoltura fu introdotta per i vivi e per i morti. Per i vivi, affinché i loro occhi non inorridissero alla vista dei cadaveri e essi non ne fossero materialmente contaminati. Ai vivi inoltre essa giova anche spiritualmente, perché esprime la fede nella resurrezione. - Giova poi ai morti tale pratica, perché chi guarda i sepolcri ricorda i defunti e prega per loro.
Infatti lo stesso termine monumento etimologicamente deriva da memoria, poiché esso, secondo l'espressione di S. Agostino, "ammonisce la mente". I pagani però sbagliavano nel credere che la sepoltura fosse necessaria al riposo del morto e che le anime non potessero aver pace finché il corpo rimaneva insepolto: cosa questa ridicola e assurda. Che poi la sepoltura in luogo sacro giovi al defunto non dipende dall'opera operata, ma piuttosto dall'opera operante: perché il morto stesso, o un altro, nello scegliere la sepoltura in luogo sacro c'è da credere che venga soccorso dalla protezione di quuqqualche santo e dalle sue preghiere; oppure dal patrocinio di coloro che sono addetti a quella data chiesa, in quanto pregano spesso per i morti tumulati presso di loro.
Quanto invece serve al decoro della sepoltura di suo giova ai sopravvissuti perché costituisce "un conforto per i vivi": ma, indirettamente può anche giovare ai morti, in quanto tali cose eccitano gli animi alla compassione e quindi alla preghiera; oppure perché dalle spese della sepoltura se ne avvantaggiano i poveri e il decoro della chiesa. Sotto questo aspetto, infatti i funerali sono una specie di elemosina.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'olio e le candele deposte sulla tomba dei morti indirettamente giovano ai defunti; perché vengono offerti alla Chiesa e ai poveri; oppure perché l'offerta viene fatta a onore di Dio. Perciò dopo le parole riportate, si aggiunge: "L'olio e la cera [sono] un olocausto".

2. I santi Patriarchi ebbero cura della tumulazione del proprio corpo, per dimostrare, come nota S. Agostino, che "i corpi sono protetti dalla provvidenza divina: non che essi sentano qualche cosa, ma per esprimere la fede nella resurrezione". Per questo essi vollero essere sepolti nella terra promessa, dove sapevano che doveva nascere e morire Cristo, la cui resurrezione è causa della nostra.

3. Facendo il corpo parte della natura umana, l'uomo vi è naturalmente affezionato, secondo l'espressione di S. Paolo: "Nessuno ha mai odiato la propria carne". Conforme a questa naturale affezione, c'è in ogni vivente una certa preoccupazione di sapere che cosa avverrà del proprio corpo anche dopo la morte; e gli dispiacerebbe sapere che dopo la sua morte il corpo sarà bistrattato. Perciò i propri cari, che in qualche modo partecipano di questo affetto di ciascun uomo per il proprio corpo, si preoccupano di curare il suo cadavere con rispettosa devozione. Di qui le parole di S. Agostino: "Se la veste e l'anello del padre, o cose del genere, sono tanto più preziose ai posteri quanto maggiore è l'amore verso i genitori, in nessun modo si può disprezzarne i corpi, che sono a noi più intimi e uniti di qualsiasi veste". Perciò chi pensa a seppellire il corpo, per assecondare il desiderio di chi ormai non può attuarlo, compie una specie di elemosina.

4. La devozione dei fedeli, che preferiscono i luoghi sacri per la sepoltura dei loro cari, non viene frustrata; perché, come dice S. Agostino, costoro affidano il defunto all'intercessione dei santi.

5. La sepoltura ecclesiastica non nuoce all'empio, che ne è indegno, se non in quanto costui se l'è procurata per vanagloria.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se i suffragi fatti per un defunto giovino a lui più che agli altri


Supplemento
Questione 71
Articolo 12

SEMBRA che i suffragi fatti per un defunto non giovino a lui più che agli altri. Infatti:
1. La luce spirituale è più comunicabile di quella materiale. Ma la luce materiale, p. es. quella di una candela, si estende a tutti quelli che sono riuniti insieme, anche se si accende per uno solo. Essendo perciò i suffragi una specie di lume spirituale, anche se vengono fatti per uno in particolare, valgono egualmente per tutte le anime del purgatorio.

2. Secondo S. Agostino, i suffragi giovano ai defunti, perché "mentre tuttora vivevano meritarono che loro potessero giovare". Ma alcuni questo lo meritarono più di quelli per cui si fanno certi suffragi. Quindi questi ultimi giovano più ad essi, altrimenti il loro merito sarebbe inutile.

3. Per i poveri si fanno meno suffragi che per i ricchi. Perciò se fosse vero che i suffragi fatti per alcuni giovano più ad essi che ad altri, i poveri verrebbero sacrificati. Questo però è incompatibile con le parole del Signore: "Beati voi, poveri, perché è vostro il regno dei cieli".

IN CONTRARIO: 1. La giustizia umana è modellata su quella divina. Ora, secondo la giustizia umana, se uno paga il debito di un altro, solo quest'ultimo ne riceve il beneficio. Perciò, siccome chi fa i suffragi per uno in qualche maniera paga il debito per lui, è chiaro che giova solo a lui.

2. Facendo i suffragi si soddisfa in un certo senso per un morto esattamente come si può soddisfare per un vivo. Ebbene, quando si soddisfa per un vivo, la soddisfazione vale solo per chi si è soddisfatto. Quindi anche chi fa i suffragi giova solo a colui per il quale ha inteso di farli.

RISPONDO: Su questo problema ci sono state due opinioni. Alcuni, come il Prepositino, affermarono che i suffragi fatti per uno non giovano a lui più che agli altri, ma a chi ne è più degno. E adducevano l'esempio della candela che, pur essendo accesa per un ricco, non rischiara meno coloro che sono assieme a lui, anzi questi se ne giovano forse di più, se hanno gli occhi più sani; oppure portavano l'esempio della lezione la quale al discepolo per cui viene tenuta non giova di più che a coloro che l'ascoltano insieme a lui: anzi, se costoro hanno più ingegno ne ritraggono un profitto migliore. All'obbiezione che, in tal caso, la disposizione della Chiesa, che prega in modo particolare per alcuni, sarebbe inutile, essi rispondevano che la Chiesa fa così per fomentare la devozione dei fedeli, che sono più disposti ai suffragi particolari che a quelli di carattere generale, e pregano con maggior fervore per i propri parenti che per gli estranei.
Altri invece affermarono che i suffragi valgono di più per quelli ai quali sono diretti.
Tanto l'una che l'altra opinione ha qualcosa di vero. Il valore dei suffragi infatti ha una doppia origine. Prima di tutto essi devono la loro efficacia alla carità che rende comuni tutti i beni. Sotto quest'aspetto i suffragi valgono di più per chi è più perfetto nella carità, anche se non si fanno espressamente per lui. Però da questo lato il suffragio piuttosto che una riduzione di pena produce una consolazione interna, per cui chi è nella carità gode dei beni altrui dopo la morte. Infatti dopo la morte la grazia non si può né acquistare né aumentare come in vita, per mezzo delle opere altrui compiute nella carità.
In secondo luogo devono la loro efficacia all'intenzione di chi li applica ad un altro. E sotto quest'aspetto la soddisfazione che uno compie viene riversata su di un altro. Ebbene da questo lato non c'è dubbio che i suffragi valgono di più a quell'anima per cui si fanno; valgono anzi unicamente per essa, perché la soddisfazione di per se stessa è ordinata a rimettere la pena. Ecco perché quanto alla remissione della pena i suffragi valgono soprattutto a colui per cui sono fatti. Quindi da questo lato la seconda opinione è più vera della prima.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I suffragi somigliano alla luce per i defunti che li ricevono e ne percepiscono una certa consolazione proporzionata alla loro carità. Ma in quanto essi per l'intenzione di chi li fa, servono a soddisfare per un altro, assomigliano non alla luce, ma al saldo di un debito. Ora, se si salda il debito per uno, non si saldano necessariamente i debiti degli altri.

2. Il merito suddetto è condizionale; meritarono cioè che loro giovassero i suffragi, qualora questi venissero fatti. Quei defunti cioè si resero solo capaci di riceverli. Perciò non meritarono direttamente il sollievo dei suffragi, ma per i meriti precedenti si resero capaci di ricevere il frutto dei suffragi. Quindi non ne segue che il loro merito rimanga frustrato.

3. Nulla proibisce che i ricchi si trovino in condizioni migliori dei poveri quanto all'espiazione della pena; ma questo è nulla in paragone del possesso del regno dei cieli, al quale i poveri hanno una maggiore partecipazione, come risulta dalle parole riferite.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se i suffragi fatti per molti, valgano per i singoli come quelli fatti per ognuno in particolare


Supplemento
Questione 71
Articolo 13

SEMBRA che i suffragi fatti per molti valgano per i singoli come quelli fatti per ognuno in particolare. Infatti:
1. Noi constatiamo che la lezione fatta per uno può essere ascoltata da altri, senza che per questo egli ne soffra. Per lo stesso motivo dunque non toglie niente a colui per cui vengono fatti i suffragi, se altri ne partecipano. Perciò facendoli per molti valgono per ciascuno come se fossero fatti singolarmente per lui.

2. La Chiesa, anche quando celebra la messa per uno, suole aggiungere delle preghiere per gli altri defunti. Ora, questo non lo farebbe se colui per il quale è applicata la messa ne riportasse detrimento. Di qui la conclusione di prima.

3. I suffragi, e soprattutto le preghiere, si basano sulla potenza divina. Ma a Dio come è indifferente soccorrere con molti o con pochi, così è indifferente giovare a molti o a pochi. Quindi l'effetto benefico di una preghiera fatta per uno è identico a quello della stessa fatta per molti.

IN CONTRARIO: 1. È meglio giovare a molti che a uno solo. Se perciò un suffragio fatto per molti avesse per i singoli la stessa efficacia di quello fatto per uno solo, la Chiesa non avrebbe dovuto sancire la consuetudine di celebrare la messa e di fare orazione per i singoli defunti; ma avrebbe dovuto farlo sempre per tutti i fedeli defunti. Il che è falso in maniera evidente.

2. Un suffragio ha un'efficacia limitata. Se quindi è distribuito a molti, gioverà ai singoli meno che se fosse applicato a uno solo.

RISPONDO: Considerati dal punto di vista della carità, che unisce i membri della Chiesa, i suffragi fatti per molti defunti, giovano al singolo come quelli specificamente fatti per uno solo. Perché la carità non diminuisce, ma aumenta con l'estendersi dei suoi effetti. Lo stesso avviene per la gioia che diventa sempre più grande se è comune a molti, come dice S. Agostino. In tal senso la gioia per un'opera buona in purgatorio è uguale tanto per il singolo che per molti.
Ma se noi consideriamo l'efficacia dei suffragi come opere satisfattorie, applicate ai defunti dall'intenzione di chi le offre, allora è chiaro che un suffragio fatto per un singolo vale più dei suffragi comuni, perché l'effetto del suffragio, che è quello di soddisfare la divina giustizia, diviso tra molti defunti viene ad essere frazionato. - La questione dunque è intimamente connessa con quella precedente. E ciò spiega perché la Chiesa ha stabilito che si facciano suffragi particolari.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I suffragi in quanto hanno valore di soddisfazione, non valgono come l'azione diretta, ossia come l'insegnamento, il quale, come tutte le azioni, ha l'effetto condizionato solo dalle disposizioni di chi lo riceve: la soddisfazione invece vale, e l'abbiamo già visto, come il saldo di un debito. Quindi il paragone non regge.

2. Come abbiamo già detto, i suffragi individuali valgono in qualche modo per tutti; quindi non è male che alla messa applicata per uno si aggiungano delle preghiere comuni. Ma queste non hanno lo scopo di stornare la soddisfazione del suffragio singolo, perché valga principalmente per altri, bensì solo quello di giovare anche per loro.

3. L'effetto della preghiera dipende e da chi prega e da colui cui essa si rivolge. Sebbene quindi la divina potenza non trovi difficile assolvere molti come assolve uno solo, tuttavia da parte di chi prega, la preghiera applicata a molti non ha lo stesso valore soddisfattorio per molti come per uno in particolare.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > I suffragi per i morti > Se coloro che sono privi dei suffragi particolari usufruiscano di quelli comuni più di coloro che ottengono insieme quelli particolari e quelli comuni


Supplemento
Questione 71
Articolo 14

SEMBRA che coloro che sono privi dei suffragi particolari usufruiscano di quelli comuni più di coloro che ottengono insieme quelli particolari e quelli comuni. Infatti:
1. Nel secolo futuro ciascuno sarà trattato secondo i propri meriti. Ora, chi è privo di suffragi particolari può aver meritato il beneficio dei suffragi quanto chi invece ne riceve. Dunque dai suffragi comuni egli avrà tanto beneficio quanto l'altro dalla somma dei suffragi particolari e di quelli comuni.

2. Il più importante dei suffragi della Chiesa è l'Eucarestia. Ora questa, siccome contiene Cristo nella sua totalità, ha in qualche modo un'efficacia infinita. Quindi una sola offerta della medesima, fatta cumulativamente per tutti, basta per liberare tutte le anime del purgatorio. Perciò i suffragi comuni da soli valgono quanto quelli speciali e comuni messi insieme.

IN CONTRARIO: Due beni sono da preferirsi a uno solo. Perciò la somma dei suffragi speciali e comuni giova più dei soli suffragi comuni a colui cui sono destinati.

RISPONDO: Anche questa questione dipende dalla soluzione del penultimo quesito. Perché se i suffragi particolari valgono indifferentemente per tutti, allora tutti i suffragi sono comuni. In tal caso, il beneficio che ne ritrae chi è privo di particolari suffragi è uguale, qualora ne sia degno ugualmente, a quello di colui per il quale vengono fatti. Se invece i suffragi particolari non valgono ugualmente per tutti, bensì principalmente per colui per il quale essi sono fatti, allora non c'è dubbio che i suffragi comuni e speciali messi insieme giovano di più che non i soli suffragi comuni.
Perciò il Maestro [delle Sentenze] riporta due opinioni. La prima, quando afferma che al ricco i suffragi comuni e speciali giovano quanto al povero quelli comuni soltanto; perché sebbene il primo ne riceva più del secondo, non ne riceve maggior beneficio. - Riferisce poi l'altra opinione, quando scrive che chi riceve i suffragi speciali ottiene "un'assoluzione più celere, ma non più completa"; perché sia l'uno che l'altro alla fine saranno liberati da ogni pena.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il sollievo che i suffragi procurano non dipende dal merito in maniera diretta ed esclusiva, ma in maniera condizionale. Perciò l'argomento non vale.

2. Sebbene la virtù di Cristo nell'Eucarestia sia infinita, tuttavia è determinato l'effetto in rapporto allo scopo cui viene applicato il sacramento. Non ne segue dunque che di fatto con una sola messa venga espiata 1a pena di tutte le anime del purgatorio, come l'offerta che uno fa di un solo sacrificio non basta a soddisfare pienamente per tutti i propri peccati. Ecco perché, in soddisfazione di un solo peccato, spesso s'impone per penitenza di far celebrare diverse messe.
Tuttavia è da credere che, per divina misericordia, i suffragi che sopravanzano a quelli che non ne hanno bisogno saranno applicati a coloro che ne sono privi e ne hanno bisogno: come risulta da quelle parole del Damasceno: "Dio, perché è giusto, dà la possibilità all'impotente: e perché è sapiente trova il modo di colmare i difetti". E questo modo lo esplica colmando i difetti degli uni con ciò che ad altri sopravanza.

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