Sup, 64

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il debito coniugale


Supplemento
Questione 64
Proemio

Passiamo finalmente a interessarci di alcuni problemi connessi col matrimonio. Primo, del debito coniugale; secondo, della poligamia; terzo, della bigamia; quarto, del libello di ripudio; quinto, dei figli illegittimi.
Sul primo argomento si pongono sette quesiti:

1. Se un coniuge sia tenuto a rendere alla comparte il debito coniugale;
2. Se talora debba renderlo, senza esserne richiesto;
3. Se in questo il marito e la moglie siano alla pari;
4. Se l'uno possa fare all'insaputa dell'altro un voto che impedisca l'uso del matrimonio;
5. Se ci siano dei tempi in cui non si può chiedere il debito coniugale;
6. Se chi lo chiede nei tempi sacri pecchi mortalmente;
7. Se si sia tenuti a renderlo nei giorni festivi.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il debito coniugale > Se il coniuge sia tenuto a rendere il debito coniugale per una necessità di precetto


Supplemento
Questione 64
Articolo 1

SEMBRA che un coniuge non sia tenuto a rendere alla comparte il debito coniugale per una necessità di precetto.
Infatti:

1. Nessuno viene impedito dal ricevere l'Eucarestia dall'adempimento di un precetto. Ma chi rende il debito coniugale alla moglie, a detta di S. Girolamo, non può cibarsi delle carni dell'Agnello. Dunque rendere il debito coniugale non è di precetto.

2. Chiunque può astenersi lecitamente da quanto è nocivo alla sua persona. Ma talora rendere il debito coniugale alla comparte che lo chiede è nocivo alla propria persona, o per causa di malattia, o perché l'ha già reso. Perciò sembra che sia lecito negare il debito coniugale.

3. Chi si rende impotente a compiere ciò cui è tenuto per un precetto, commette peccato. Se uno quindi fosse tenuto così a rendere il debito coniugale, peccherebbe quando digiuna o debilita il proprio corpo rendendosi inabile a rendere il debito coniugale. Il che evidentemente non è vero.

4. A detta del Filosofo, il matrimonio è ordinato alla procreazione e all'educazione della prole, nonché a una comunanza di vita. Ma la lebbra è incompatibile con entrambi codesti fini: perché, essendo malattia contagiosa, la donna non è tenuta a convivere col marito lebbroso; inoltre questa malattia spesso si trasmette alla prole. Dunque la moglie non è tenuta a rendere il debito coniugale al marito lebbroso.

IN CONTRARIO: 1. Come lo schiavo è sotto il dominio del padrone, così un coniuge è sotto il dominio dell'altro, secondo l'insegnamento di S. Paolo. Ma lo schiavo è tenuto per necessità di precetto a prestar servizio al suo padrone, stando a quelle parole dell'Apostolo: "Rendete a ognuno quanto gli è dovuto: a chi sono dovute le tasse, le tasse, ecc.". Dunque un coniuge è tenuto per necessità di precetto a rendere all'altro il debito coniugale.

2. Il matrimonio è destinato a evitare la fornicazione, come afferma S. Paolo. Ma questo sarebbe impossibile se non ci fosse l'obbligo reciproco di rendere il debito quando uno è sollecitato dalla concupiscenza. Perciò rendere il debito coniugale è di necessità di precetto.

RISPONDO: Il matrimonio è istituito principalmente come compito naturale. Perciò negli atti che lo riguardano si deve seguire il processo di natura. Ora, in tale processo la nutritiva fornisce alla generativa solo quegli umori che formano il sovrappiù di quanto serve alla conservazione dell'individuo: poiché l'ordine naturale esige che uno prima completi se stesso, e successivamente trasmetta ad altri la propria perfezione. E tale è anche l'ordine della carità, che perfeziona la natura. Perciò, siccome la moglie ha potere sul marito solo rispetto alla potenza generativa, e non su quanto è ordinato alla conservazione dell'individuo, il marito è tenuto a renderle il debito coniugale, salva però l'incolumità della propria persona.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Uno può rendersi inabile a un ufficio sacro anche eseguendo un'opera di precetto: ciò è evidente nel caso del giudice che, condannando a morte per dovere di precetto un delinquente, diventa irregolare. Così chi per dovere di precetto rende il debito coniugale, viene reso non idoneo ad eseguire uffici sacri, non perché quell'atto è peccato, ma per la carnalità di esso. Difatti il Maestro delle Sentenze spiega che S. Girolamo intende parlare solo dei ministri della Chiesa: non già dei semplici fedeli, che sono da lasciare al loro giudizio, avendo essi la facoltà di sumere il corpo di Cristo o di privarsene per devozione, senza peccato.

2. La moglie, come abbiamo spiegato, ha dominio sul corpo del marito, salvando però l'incolumità della sua persona. Perciò se passa questo limite, la sua non è più una richiesta, ma un'esazione ingiusta. E il marito non è tenuto a contentarla.

3. Se uno è reso impotente a rendere il debito coniugale per un fatto dovuto al matrimonio, p. es., un atto matrimoniale precedente, la donna non ha il diritto di chiedere ancora: e facendolo mostra di essere più una meretrice che una moglie. Se invece uno è reso impotente per altre cause, qualora si tratti di causa lecita, anche allora l'uomo non è tenuto e la donna non può esigere il debito coniugale. Qualora però fosse illecita, in tal caso peccherebbe, e a lui deve imputarsi il peccato stesso della moglie, se essa commettesse per questo un atto di lussuria. Perciò il marito è tenuto a fare in modo che la moglie osservi la continenza.

4. La lebbra scioglie gli sponsali, ma non il matrimonio. Perciò la moglie è tenuta a rendere il debito coniugale al marito lebbroso. Non è tenuta però a coabitare con lui: poiché l'infezione non si propaga tanto col coito quanto con la frequente convivenza. E quand'anche ne nascesse una prole malata, meglio per questa sarebbe essere che non essere affatto.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il debito coniugale > Se il marito sia tenuto a rendere il debito coniugale quando la moglie non lo chiede


Supplemento
Questione 64
Articolo 2

SEMBRA che il marito non sia tenuto a rendere il debito coniugale quando la moglie non lo chiede. Infatti:
1. Un precetto affermativo obbliga solo in determinati tempi. Ora, il tempo determinato per rendere il debito coniugale non può essere che quello in cui viene domandato. Perciò non può essere un dovere renderlo in un altro momento.

2. Di chiunque si deve sempre presumere il meglio. Ora, anche per gli sposati la continenza è sempre meglio che l'uso del matrimonio. Dunque, se la moglie non lo chiede espressamente, il marito deve presumere che voglia osservare la continenza. E quindi non è tenuto allora a rendere il debito coniugale.

3. La donna ha il dominio sul marito, come il padrone sui servi. Ma un servo non è tenuto a prestar servizio al padrone, se non quando viene comandato. Perciò il marito non è tenuto al debito coniugale, se non quando la moglie lo esige.

4. Talora il marito può con preghiere distogliere la moglie dall'esigere il debito coniugale. A maggior ragione quindi può non rendere codesto debito, quando la moglie non l'esige.

IN CONTRARIO: 1. Con l'atto coniugale il marito offre un rimedio alla concupiscenza della moglie. Ora, il medico che ha in cura un malato è tenuto a soccorrere l'infermità anche se questi non lo chiede. Dunque il marito è tenuto a rendere il debito coniugale anche quando la moglie non lo chiede.

2. Un superiore è tenuto a correggere i peccati dei sudditi persino contro la loro volontà. Ma il debito coniugale è ordinato a prevenire i peccati della propria moglie. Perciò il marito è tenuto talora a rendere codesto debito anche se la moglie non lo chiede.

RISPONDO: Si può chiedere il debito coniugale in due maniere, Primo, espressamente; come quando i coniugi lo chiedono reciprocamente a parole. Secondo, in maniera interpretativa: come quando il marito percepisce da qualche segno che la moglie lo desidera, ma tace per vergogna. In tal caso, anche se il debito coniugale non è richiesto a parole, il marito è tenuto a renderlo, quando avverte nella moglie segni evidenti di codesto desiderio.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il momento indicato per rendere il debito coniugale non è [soltanto] quando viene richiesto, ma quando si teme da certi segni il pericolo che il debito coniugale è ordinato a scongiurare.

2. Il marito può avere la presunzione suddetta quando non vede nella moglie segni contrari. Ma quando li vede, la sua sarebbe una stolta presunzione.

3. Il padrone non si perita di chiedere al servo il servizio dovuto, come si perita invece la moglie a chiedere il debito coniugale. Tuttavia se un padrone non lo chiedesse, o per ignoranza, o per altre cause, il servo sarebbe ugualmente tenuto a prestarlo nel caso di un danno imminente. Ecco perché l'Apostolo comanda ai servi di "non limitarsi a servire sotto gli occhi" [del padrone].

4. Il marito non deve distogliere la moglie dal chiedere il debito coniugale, se non per motivi ragionevoli. E anche allora non deve farlo con grande insistenza, per il pericolo morale cui è esposta.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il debito coniugale > Se marito e moglie siano alla pari rispetto all'atto matrimoniale


Supplemento
Questione 64
Articolo 3

SEMBRA che marito e moglie non siano alla pari per quanto riguarda l'atto matrimoniale. Infatti:
1. L'agente è superiore al paziente, come scrive S. Agostino. Ma nell'atto coniugale il marito fa la parte dell'agente, e la donna quello del paziente. Dunque essi in codesto atto non sono alla pari.

2. La donna non è tenuta a rendere il debito coniugale al marito, se non ne è richiesta. Il marito invece è tenuto, come abbiamo spiegato sopra. Quindi essi non sono uguali rispetto all'atto matrimoniale.

3. Nel matrimonio la donna risulta fatta per l'uomo, com'è evidente dalle parole della Genesi: "Facciamogli un aiuto simile a lui". Ora, ciò che costituisce il fine per cui una cosa è fatta è sempre superiore ad essa. Quindi, ecc.

4. Il matrimonio è ordinato principalmente all'atto coniugale. Ma nel matrimonio, come insegna S. Paolo, il marito è capo della moglie. Quindi essi non sono uguali nell'atto suddetto.

IN CONTRARIO: 1. Sta scritto: "Il marito non ha potere sul proprio corpo"; e lo stesso viene ripetuto per la moglie. Essi dunque sono alla pari rispetto all'atto coniugale.

2. Il matrimonio è una relazione di equiparanza, essendo esso, come abbiamo detto, un'unione. Perciò marito e moglie sono uguali nell'atto matrimoniale.

RISPONDO: Ci sono due tipi di uguaglianza: l'uguaglianza quantitativa e l'uguaglianza di proporzionalità. La prima è quella che si riscontra tra due quantità della stessa misura: p. es., tra due cose alte entrambi due cubiti. Invece l'uguaglianza di proporzionalità è quella che si riscontra tra due proporzioni della medesima specie: p, es., quella esistente tra il doppio di una misura e il doppio di un'altra. Perciò se parliamo del primo tipo di uguaglianza, marito e moglie non sono uguali nel matrimonio: né rispetto all'atto coniugale, in cui la parte più nobile spetta al marito; né rispetto al governo della casa, in cui la donna deve accettarne l'autorità. Invece rispetto all'altro tipo di uguaglianza essi sono alla pari in entrambi i casi: poiché come il marito è obbligato ad agire da marito verso la moglie rispetto all'atto coniugale e al governo della casa, così la moglie è tenuta verso il marito per i doveri che riguardano la moglie. Ecco perché nel testo delle Sentenze si dice che essi sono alla pari nel chiedere e nel rendere il debito coniugale.

SOLUZIONE DELLE DifficoLTÀ: 1. Sebbene agire sia più nobile che patire, tuttavia il paziente sta al patire come l'agente sta all'agire. E quindi c'è nel caso un'uguaglianza di proporzionalità.

2. Il fatto ricordato è accidentale. Infatti il marito, avendo nell'atto matrimoniale la parte più nobile, sente per natura meno vergogna della moglie a chiedere il debito coniugale. Ecco perché la moglie a differenza del marito non è tenuta a rendere il debito coniugale, senza esserne richiesta.

3. Ciò dimostra che essi non sono uguali in modo assoluto: non già che non sono uguali in maniera proporzionale.

4. Sebbene il capo sia la parte principale dell'organismo, tuttavia, come le altre membra devono svolgere per esso il loro compito, così la testa deve funzionare per le membra. E quindi c'è tra loro un'uguaglianza di proporzionalità.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il debito coniugale > Se il marito e la moglie, senza il mutuo consenso, possano emettere dei voti incompatibili col debito coniugale


Supplemento
Questione 64
Articolo 4

SEMBRA che il marito e la moglie, senza il mutuo consenso, possano emettere voti incompatibili col debito coniugale. Infatti:
1. Marito e moglie, stando alle spiegazioni date, sono ugualmente obbligati a rendere il debito coniugale. Ma al marito è lecito, anche contro il volere della moglie, prendere la croce per liberare la Terra Santa. Quindi ciò è lecito anche alla moglie. Perciò, essendo con questo impedita la soddisfazione del debito coniugale, uno dei coniugi ha la facoltà di emettere un voto del genere, senza il consenso dell'altro.

2. Per fare un voto non c'è bisogno di attendere il consenso di chi non può dissentire senza peccato. Ora, il coniuge non può dissentire senza peccato a che la comparte faccia voto di castità, o per sempre, o per un dato tempo: perché impedire il progresso spirituale è peccato contro lo Spirito Santo. Dunque ognuno di essi può far voto di castità, per sempre o per un dato tempo, senza il consenso dell'altro.

3. Per l'atto del matrimonio si richiede che si renda il debito come esso si chiede. Ma un coniuge può far voto, anche senza il consenso dell'altro, di non chiedere mai il debito coniugale: essendo ciò in suo potere. Quindi, per lo stesso motivo, può anche far voto di non renderlo.

4. Nessuno può essere obbligato dal comando di un superiore a cose cui egli non può obbligarsi con voto, o non può fare da sé: perché nelle cose illecite non si deve ubbidire. Invece un'autorità superiore potrebbe comandare a uno sposato di non rendere il debito coniugale alla moglie, per un certo tempo, occupandolo in qualche servizio. Dunque uno potrebbe anche da se stesso obbligarsi a fare con voto cose incompatibili con il soddisfacimento del debito coniugale.

IN CONTRARIO: 1. S. Paolo ha scritto ai Corinzi; "Non vi defraudate l'uno dell'altro, se non di comune accordo, per un dato tempo, per attendere alla preghiera".

2. Nessuno può offrire in voto la roba altrui. Ora, "il marito non ha potere sul proprio corpo, ma la moglie". Dunque senza il suo consenso egli non può fare, né per sempre, né per un dato tempo, voto di castità.

RISPONDO: Il voto, come indica il vocabolo stesso, è un atto della volontà. Perciò si può far voto solo di quei beni che sottostanno alla nostra volontà. Ma tali non sono quelli in cui uno è in debito verso altri. Perciò uno non può farne oggetto di voto, senza il consenso delle persone interessate. E poiché i due coniugi sono tenuti reciprocamente a rendersi il debito coniugale, che è incompatibile con la continenza, l'uno non può far voto di continenza indipendentemente dal consenso dell'altro. E se lo fa, commette peccato: né deve poi osservare codesto voto, ma è tenuto a fare penitenza per il suo voto inaccettabile.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È assai ragionevole che la moglie sia tenuta ad osservare per un certo tempo la continenza, per sovvenire ai bisogni della Chiesa universale. Ecco perché fu stabilito a favore della crociata, che il marito possa prendere la croce, senza il consenso della moglie: come del resto può combattere senza il suo consenso per il proprio signore, di cui è feudatario. Tuttavia anche in questi casi non viene negato del tutto alla moglie il suo diritto: perché essa può seguire il marito. La moglie però non può in questo essere equiparata al marito. Perché, dovendo il marito comandare la moglie e non viceversa, la donna è tenuta a seguire il marito e non al contrario. Inoltre la donna viaggiando per il mondo sarebbe più esposta del marito ai pericoli della castità, e con minore utilità per la Chiesa. Perciò la moglie non può fare un voto consimile, senza il consenso del marito.

2. Il coniuge che non accetta il voto di continenza della comparte non fa peccato; perché non lo fa per impedire il bene spirituale di lui, ma per non pregiudicare se stesso.

3. In proposito ci sono due opinioni. Alcuni infatti dicono che un coniuge può fare voto di non chiedere il debito coniugale, senza il consenso della comparte, ma non quello di non renderlo: perché rispetto al chiedere entrambi sono nel loro diritto, non già rispetto al soddisfacimento del debito. — Però, siccome il fatto di non chiederlo mai rende oneroso il matrimonio per la comparte, dovendo questa accettare la vergogna di chiederlo sempre lei, altri affermano con più ragione che i coniugi non possono far voto di nessuna di queste due cose, senza il consenso reciproco.

4. La moglie ha il potere sul corpo del marito salvo che nelle cose in cui questi è tenuto a salvaguardare il proprio corpo, e quindi salvi anche quei doveri cui egli è tenuto verso un altro padrone. La moglie, quindi, come non può esigere il debito coniugale contro la salute fisica del marito, così non può farlo quando impedirebbe il servizio che egli deve rendere al padrone. Però, assicurati questi servizi, il padrone non può proibire il soddisfacimento del debito coniugale.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il debito coniugale > Se nei tempi sacri sia proibito chiedere il debito coniugale


Supplemento
Questione 64
Articolo 5

SEMBRA che nei tempi sacri non si debba proibire di chiedere il debito coniugale. Infatti:
1. Il rimedio va applicato quando la malattia si aggrava. Ora, può capitare che la concupiscenza si aggravi proprio in giorno di festa, È allora, quindi, che uno deve porvi rimedio col chiedere il debito coniugale.

2. Non c'è altra ragione, per non chiedere il debito coniugale nei giorni festivi, che la loro deputazione alla preghiera. Ma nei giorni suddetti per la preghiera ci sono ore determinate. Dunque nelle altre ore è lecito chiederlo.

IN CONTRARIO: Come sono sacri certi luoghi perché deputati alle cose sacre, così sono sacri certi tempi per la medesima ragione. Ma in luogo sacro non è lecito chiedere il debito coniugale. Dunque non è lecito neppure nei tempi sacri.

RISPONDO: L'atto matrimoniale, pur non essendo peccaminoso, rende l'uomo indisposto alle cose spirituali, perché deprime la ragione col piacere carnale. Perciò nei giorni in cui si deve attendere maggiormente alle cose spirituali, non è lecito chiedere il debito coniugale.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nei tempi suddetti si può combattere la concupiscenza con altri rimedi: p. es., con la preghiera, e molte cose consimili, usate anche da coloro che osservano la continenza perpetua.

2. Sebbene non si sia tenuti a pregare a tutte le ore, tuttavia bisogna conservarsi tutto il giorno disposti alla preghiera.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il debito coniugale > Se pecchi mortalmente chi chiede il debito coniugale nei tempi sacri


Supplemento
Questione 64
Articolo 6

SEMBRA che chiedendo il debito coniugale nei tempi sacri uno pecchi mortalmente. Infatti:
1. S. Gregorio racconta che una donna prendendo parte una mattina alla processione, dopo aver avuto nella notte rapporti col marito, fu invasata dal demonio. Ma ciò non sarebbe capitato, se non avesse peccato mortalmente.

2. Chi agisce contro un precetto di Dio fa peccato mortale. Ora, il Signore agli ebrei che stavano per ricevere la legge diede nell'esodo questo comando: "Non vi accostate alle vostre mogli". Perciò fanno un peccato mortale molto più grave i mariti usando delle loro mogli, nel tempo in cui sono chiamati a frequentare i Sacramenti della nuova legge.

IN CONTRARIO: Nessuna circostanza aggrava il peccato all'infinito. Ora, il tempo indebito è una semplice circostanza. Dunque non può aggravare all'infinito un peccato così da renderlo mortale, mentre di suo sarebbe veniale.

RISPONDO: Chiedere il debito coniugale in giorno di festa non è una circostanza tale da mutare la specie del peccato. Perciò non può aggravarlo all'infinito. Quindi la moglie o il marito che chiede il debito coniugale in giorno di festa non pecca mortalmente. Tuttavia sarebbe un peccato più grave, chiederlo solo per il piacere, che se si chiedesse per paura della fragilità della carne.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quella donna fu punita non per aver reso il debito coniugale, ma per aver partecipato subito dopo a delle funzioni sacre, agendo contro coscienza.

2. Quel testo non basta a provare che quell'atto è peccato mortale, ma che è disdicevole. Infatti nell'antica legge, data a uomini carnali, vennero imposte molte norme, con valore di precetto, riguardanti la mondezza esterna, le quali non sono richieste nella nuova legge, che è legge dello spirito.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il debito coniugale > Se ci sia l'obbligo di rendere il debito coniugale in giorno festivo


Supplemento
Questione 64
Articolo 7

SEMBRA che in giorno festivo non ci sia l'obbligo di rendere il debito coniugale. Infatti:
1. A detta di S. Paolo è punito, sia chi pecca, sia chi consente al peccato. Ma chi rende il debito coniugale consente con chi lo chiede commettendo peccato. Quindi pecca anche lui.

2. A pregare noi siamo obbligati da un precetto affermativo, e quindi siamo tenuti a farlo in tempi determinati. Dunque nel tempo in cui uno è tenuto a pregare non deve rendere il debito coniugale; come non deve renderlo nel tempo in cui il suo eventuale padrone esige un particolare servizio.

IN CONTRARIO: S. Paolo scrive in proposito: "Non vi defraudate reciprocamente, se non di comune accordo e per un tempo determinato...". Perciò quando un coniuge lo chiede, l'altro deve rendere il debito coniugale.

RISPONDO: Avendo la moglie il dominio sul corpo del marito, per quanto riguarda l'atto della generazione, e così reciprocamente il marito sulla moglie, l'uno è tenuto a rendere il debito coniugale all'altro in qualsiasi tempo e in qualsiasi ora, salva la debita onestà che in tali atti si richiede; poiché non si esige che subito e in pubblico uno renda il debito coniugale.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il coniuge così richiesto non mostra un vero consenso, ma rende il suo debito con dolore. Perciò non pecca. Data infatti la fragilità della carne, Dio ha così ordinato, che si renda il debito coniugale ogni volta che viene richiesto, per non offrire nessuna occasione di peccato.

2. Per pregare non c'è un'ora così determinata da non potersi poi ricompensare in altro tempo. Perciò l'obbiezione non regge.

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