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Se avere più mogli sia contro la legge naturale
Supplemento
Questione 65
Articolo 1
SEMBRA che avere più mogli non sia contro la legge naturale. Infatti:
1. La consuetudine non può prevalere sulla legge naturale. Invece stando alle parole di S. Agostino, riferite nelle Sentenze, la poligamia "non era peccato, quando essa era in uso". Perciò avere più mogli non è contro la legge naturale.
2. Chi agisce contro la legge naturale viola un precetto: poiché come ha i suoi precetti la legge scritta, li ha pure la legge naturale. Invece S. Agostino afferma che avere più mogli "non era contro un precetto, poiché nessuna legge lo proibiva". Dunque avere più mogli non è contro la legge naturale.
3. Il matrimonio è ordinato principalmente alla procreazione della prole. Ora, un uomo può avere prole da molte donne, mediante la loro fecondazione. Quindi avere più mogli non è contro la legge di natura.
4. Come si legge all'inizio del Digesto, "la legge naturale è quella che la natura ha insegnato a tutti gli animali". Ma la natura non a tutti gli animali ha insegnato la monogamia: poiché in molti animali il maschio ai accoppia con più femmine. Dunque non è contro natura avere più mogli.
5. A detta del Filosofo, nel generare la prole il maschio sta alla femmina come l'agente al paziente, o come l'artigiano alla materia grezza. Ora, non è contro l'ordine di natura che un agente agisca su molteplici pazienti, o che un artigiano operi su varie materie. Perciò non è contro la legge naturale che un uomo abbia più mogli.
IN CONTRARIO: 1. È evidentemente di legge naturale soprattutto ciò che è stato inculcato all'uomo nella sua creazione. Ora, la monogamia fu inculcata all'uomo fin nella creazione della natura umana, come risulta da quelle parole della Genesi: "Saranno due in una sola carne". Si tratta dunque di una legge naturale.
2. È contro natura che un uomo si obblighi all'impossibile, e che offra a un'altra persona ciò che ha dato ad altri. Ma chi sposa una donna le dà il potere sul proprio corpo, così da essere costretto a renderle il debito coniugale quando lo chiede. Quindi agisce contro la legge naturale, se poi dà il potere sul proprio corpo a un'altra donna: poiché non potrebbe rendere il debito coniugale a entrambe, se lo chiedessero simultaneamente.
3. Questa norma: "Non fare ad altri quanto non vuoi che altri ti faccia", è di legge naturale. Ora, il marito in nessun modo vorrebbe che la moglie avesse un secondo marito. Perciò è contro natura aggiungere alla prima una seconda moglie.
4. Ciò che contrasta col desiderio naturale è contro la legge di natura. Ma la gelosia del marito per la moglie e della moglie per il marito è naturale: perché si riscontra in tutti. Quindi, siccome la gelosia è "un amore che non tollera condominio nel possesso dell'amato", è chiaramente contro la legge naturale che più mogli abbiano un solo marito.
RISPONDO: Tutti gli esseri naturali sono dotati di principii non solo per compiere le operazioni proprie, ma per compierle convenientemente al proprio fine: sia che si tratti di funzioni proporzionate alla natura del proprio genere, o di funzioni dovute alla loro natura specifica. Il magnete, p. es., per la natura del proprio genere tende verso il basso, e per la sua natura specifica attrae a sé il ferro. Ora, come negli esseri che agiscono per necessità fisica o di natura principii operativi sono le forme stesse, da cui scaturiscono le operazioni proprie proporzionate al fine; così negli esseri dotati di conoscenza principii operativi sono la conoscenza e l'appetito. Quindi nella facoltà conoscitiva deve riscontrarsi una percezione naturale, e in quella appetitiva un'inclinazione naturale, le quali rendano gli atti rispondenti al genere o alla specie, proporzionati al fine. Siccome però tra tutti gli animali l'uomo ha la nozione del fine come tale, e il rapporto dell'operazione col fine, in lui si riscontra una conoscenza naturale, la quale lo dirige nell'agire, e che giustamente viene chiamata legge o diritto naturale. Invece per gli altri animali si parla di estimativa naturale: infatti le bestie sono spinte a compiere azioni loro convenienti, piuttosto che a preordinarle agendo di proprio arbitrio.
Perciò la legge naturale non è altro che la conoscenza naturale dell'uomo, per dirigersi convenientemente nell'agire, cioè nel compimento delle azioni sue proprie: sia quelle dovute alla natura del genere, come generare, mangiare, ecc.; sia quelle dovute alla natura della specie, come il ragionare e altre funzioni consimili. Ora, tutto ciò che rende un'azione inadatta al fine inteso dalla natura, va definito come contrario alla legge naturale.
Ma un'azione può non essere proporzionata, o al fine principale, o a quello secondario: e in entrambi i casi ciò può avvenire in due maniere. Primo, in modo da impedire del tutto il raggiungimento del fine: l'eccesso sproporzionato del cibo. p. es., oppure la sua carenza, impedisce la salute del corpo, che è il fine principale della nutrizione; e impedisce la buona disposizione nel compiere le proprie mansioni, che ne è il fine secondario. Secondo, in modo da rendere difficile, o meno conveniente il raggiungimento del fine principale o di quello secondario; come un pasto disordinato, p. es., perché preso fuori di tempo. Perciò se un atto è talmente sproporzionato al fine da impedire il fine principale, è proibito dalla legge naturale in forza dei suoi precetti primari che in campo operativo sono come i primi principii in campo speculativo.
Se invece si tratta di un'azione sproporzionata in qualsiasi modo a un fine secondario, oppure inadatta al fine principale stesso, così da renderne difficile o meno agevole il conseguimento, allora essa è proibita, ma non dai precetti primari della legge naturale, bensì da quelli secondari che da essi derivano; come in campo speculativo le conclusioni derivano dai primi principii per sé noti. Ed è in tal senso che tale azione deve dirsi contraria alla legge naturale.
Il matrimonio, dunque, ha per fine principale la procreazione e l'educazione della prole, fine che compete all'uomo in forza della natura del suo genere; cosicché, per usare l'espressione aristotelica, "esso è comune anche agli altri animali". E da questo lato al matrimonio corrisponde il bene della prole. Ma come fine secondario il Filosofo stesso dichiara che per gli uomini il matrimonio offre lo scambio dei servizi necessari alla vita. E da quest'altro lato i coniugi si devono reciprocamente la fede, o fedeltà, che è uno dei beni del matrimonio. Inoltre nel caso dei credenti si deve raggiungere un altro fine, cioè si deve esprimere simbolicamente l'unione di Cristo con la Chiesa. E allora tra i beni del matrimonio abbiamo il sacramento. Perciò al primo di questi fini del matrimonio l'uomo è ordinato in quanto animale; al secondo in quanto uomo; al terzo in quanto cristiano.
Ora, la poligamia non esclude e neppure impedisce in qualche modo il primo di codesti fini: bastando un uomo solo a fecondare più mogli, e a educare i figli nati da esse. Il secondo invece, anche se non l'esclude l'impedisce gravemente: poiché non può esser facile la pace in una famiglia, dove molte mogli sono unite a un solo marito, non potendo uno solo soddisfare più mogli secondo i loro desideri; e anche perché la concorrenza di più persone in un dato ufficio causa litigi, come "litigano tra di loro i vasai", così litigano le varie mogli di un unico marito. Il terzo fine poi è escluso del tutto dalla poligamia: perché come unico è Cristo, così è unica la Chiesa. Da ciò si conclude che la poligamia sotto certi aspetti è contro la legge naturale; mentre non lo è sotto altri aspetti.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La consuetudine non può prevalere sulla legge naturale per quanto riguarda i precetti primari di essa, che equivalgono ai primi principii in campo speculativo. Ma le norme che ne derivano come conclusioni la consuetudine è in grado così di potenziarle come di menomarle, secondo l'espressione di Cicerone. E tale è appunto anche il precetto della legge naturale relativo alla monogamia.
2. Secondo il detto di Cicerone, "il timore delle leggi e la religione hanno sancito le cose stabilite dalla natura e confermate dalla consuetudine". Dal che si rileva che le norme che la legge naturale deriva dai suoi primi principii non hanno per se stesse forza coattiva di precetto, se non quando sono sancite dalla legge divina od umana. Ecco perché S. Agostino può dire che [i Patriarchi] non agivano contro nessun precetto della legge, "perché ciò da nessuna legge era proibito".
3. La terza difficoltà è stata risolta nel corpo dell'articolo.
4. Una legge può dirsi naturale in vari sensi. Primo, in rapporto al suo principio, o causa, cioè nel senso che è stabilita dalla natura. Di qui la definizione di Cicerone: "Legge naturale è quella che non è frutto di opinioni, ma che è impressa in noi da un'innata virtù".
E poiché si parla di moti naturali anche negli esseri materiali, non perché prodotti da un principio intrinseco, ma perché derivano da una causa superiore che è il loro motore, cosicché i moti dei quattro elementi derivanti dall'influsso dei corpi celesti, a detta di Averroè, si dicono naturali; le norme stesse della legge divina possono dirsi di legge naturale, perché derivanti dall'influsso e dall'ispirazione della causa superiore, cioè di Dio. È in tal senso che si esprime S. Isidoro, dove dice che "legge naturale è quanto è contenuto nella Legge e nel Vangelo".
Terzo, una legge può dirsi naturale non solo dalla sua causa, ma dalla natura stessa, cioè perché riguarda cose naturali. E poiché la natura si prende in opposizione alla ragione, per cui l'uomo è uomo, in senso strettissimo vanno escluse dalla legge naturale le cose che riguardano l'uomo soltanto, sebbene derivino dal dettame della ragione naturale, per limitarsi a quelle norme che tale ragione detta a proposito di cose che l'uomo ha in comune con altri esseri. E in tal senso vale la definizione suddetta: "La legge naturale è quella che la natura ha insegnato a tutti gli animali".
Sebbene, dunque, la poligamia non sia contro la legge naturale presa nella terza accezione, è però contro la legge naturale nella seconda accezione: perché è proibita dalla legge di Dio. Ed è pure contro la legge naturale presa nel primo significato, com'è evidente dalle cose già dette: perché la natura a ciascun animale detta di comportarsi come conviene alla propria specie. Ecco perché alcuni animali, in cui per l'educazione della prole si richiede l'opera del maschio e della femmina, per istinto naturale conservano l'unione monogamica: com'è evidente nel caso delle tortore, delle colombe, e di altri animali.
Siccome però gli argomenti addotti in contrario sembrano provare che la poligamia è contro i principii primi della legge naturale, bisogna rispondere anche ad essi.
5. La natura umana fu creata senza nessun difetto. Perciò allora vennero infuse nell'uomo non soltanto le norme indispensabili per raggiungere il fine primario del matrimonio, ma anche quelle richieste per raggiungere senza difficoltà i fini secondari. Ecco perché nel momento della sua creazione dovette bastare all'uomo un'unica moglie.
6. Nel matrimonio il marito non dà alla moglie un potere universale sul proprio corpo, ma solo rispetto a quegli atti che sono richiesti dal matrimonio. Ora, il matrimonio non richiede che il marito renda alla moglie il debito coniugale tutti i momenti, per raggiungere il bene della prole, che è il fine principale del matrimonio, ma basta che lo renda per la fecondazione. Ciò invece è richiesto dal matrimonio considerato come rimedio alla concupiscenza, che è il suo fine secondario; e cioè che in qualsiasi momento si renda il debito coniugale al coniuge che lo domanda. Da ciò risulta che chi prende più mogli non si obbliga all'impossibile, se si considera il fine principale del matrimonio. Perciò la poligamia non è contro i primi precetti della legge naturale.
7. Il precetto della legge naturale, "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te", va inteso con la clausola: "a parità di condizioni"; poiché non è detto che un superiore non debba resistere ai sudditi, per il fatto che non vuole resistenza da parte loro. Perciò in forza di tale precetto non si può esigere che l'uomo non si permetta altre mogli, come non tollera che la moglie abbia altri mariti: poiché la poligamia non è contro i primi precetti della legge naturale, come abbiamo spiegato; mentre la poliandria è contro tali precetti; poiché quest'ultima per un verso impedisce e per un altro verso compromette il bene della prole, che è il fine principale del matrimonio. Infatti il bene della prole non implica soltanto la procreazione, ma anche l'educazione.
Ora, sebbene la poliandria non elimini del lutto la procreazione della prole, poiché, a detta di Aristotele, dopo la prima fecondazione la donna può essere fecondata di nuovo, tuttavia è di grave ostacolo, poiché è difficile che in tal modo non ci sia la corruzione o di entrambi i germi o almeno di uno di essi. L'educazione poi viene del tutto compromessa: poiché dalla poliandria segue l'incertezza della paternità, mentre invece la cura del padre è indispensabile per l'educazione. Ecco perché non è stato concesso da nessuna legge o consuetudine che una donna potesse avere più mariti, come invece è avvenuto per la poligamia.
8. L'inclinazione naturale delle facoltà appetitive segue la percezione naturale della conoscenza. E poiché la poligamia non si presenta all'intelletto così assurda come la poliandria, al sentimento della moglie non ripugna tanto avere il marito in comune con altre donne, quanto la situazione inversa ripugna al marito. Ecco perché presso gli uomini come presso gli animali è più forte la gelosia del maschio per la femmina, che viceversa.
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