Sup, 62

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento dell'adulterio, che può capitare dopo la consumazione del matrimonio


Supplemento
Questione 62
Proemio

Rimane ora da trattare dell'impedimento dell'adulterio, che può capitare dopo la consumazione del matrimonio, impedendo i rapporti coniugali, senza distruggere il vincolo coniugale.
Sull'argomento si pongono sei quesiti:

1. Se il marito possa rimandare la moglie per causa dell'adulterio;
2. Se sia tenuto a farlo;
3. Se possa rimandarla di proprio arbitrio;
4. Se marito e moglie siano in questo a parità di condizioni;
5. Se dopo la separazione debbano rinunziare ad altre nozze;
6. Se dopo la separazione possano riconciliarsi.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento dell'adulterio, che può capitare dopo la consumazione del matrimonio > Se per l'adulterio il marito possa rimandare la moglie


Supplemento
Questione 62
Articolo 1

SEMBRA che per l'adulterio il marito non possa rimandare la moglie. Infatti:
1. Non si deve rendere male per male. Ora, il marito che per l'adulterio rimanda la moglie rende male per male. Quindi non è una cosa lecita.

2. È più grave il peccato, se l'adulterio è commesso da entrambi i coniugi, che da uno solo. Eppure in tal caso non si può fare la separazione. Dunque non si può neppure quando è uno solo a commetterlo.

3. L'adulterio spirituale e certi altri peccati sono più gravi dell'adulterio carnale. Ora, per codesti peccati non si può fare la separazione. Quindi non si può neppure per l'adulterio carnale.

4. Il peccato contro natura è più incompatibile con i beni del matrimonio che l'adulterio, il quale è compiuto secondo natura. Perciò esso avrebbe dovuto porsi tra le cause di separazione più che l'adulterio.

IN CONTRARIO: 1. Così si legge nel Vangelo di S. Matteo.

2. Non si è tenuti alla fedeltà verso chi manca di parola. Ora, il coniuge che commette adulterio manca di parola verso l’altro coniuge. Quindi quest'ultimo a motivo dell'adulterio può rimandarlo.

RISPONDO: Il Signore ha concesso di rimandare la moglie a causa dell'adulterio, come castigo di chi manca di fedeltà, e a favore del coniuge fedele, esimendolo dall'obbligo di rendere il debito al coniuge infedele. Ecco perché vengono eccettuati sette casi, in cui non e lecito rimandare la donna adultera, o perché essa non è colpevole, o perché entrambi i coniugi sono colpevoli allo stesso modo. — Primo, quando il marito è colpevole anch'egli di adulterio. — Secondo, quando è lui a prostituire la moglie. — Terzo, quando la moglie, credendo morto il marito per la sua assenza prolungata, ne sposa un altro. — Quarto, quando essa viene violata da un altro introdottosi con frode nel letto coniugale. — Quinto, nel caso che sia stata violentata. — Sesto, dopo che il marito si è riconciliato con l'adultera mediante l'atto coniugale. — Settimo, quando nel matrimonio di non battezzati la moglie è passata a seconde nozze, dopo aver ricevuto il libello di ripudio. In questo caso però, se entrambi poi si convertono, il marito è tenuto a riprenderla per moglie.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Se il marito rimanda la moglie adultera per vendetta, commette peccato. Non pecca invece se lo fa, o per salvaguardare la propria reputazione e non sembrare connivente; o per correggere il peccato della moglie; oppure per evitare incertezze nella legittimità della prole.

2. La separazione avviene in seguito all'accusa di uno dei coniugi. E poiché nessuno può accusare un altro se è colpevole dello stesso delitto, non si può procedere alla separazione quando entrambi i coniugi sono adulteri: sebbene in tal caso il peccato contro il matrimonio sia più grave.

3. L'adulterio è direttamente contro i beni del matrimonio: perché compromette la legittimità della prole, viola la fedeltà, e distrugge il significato simbolico del sacramento, poiché uno dei coniugi divide con molti la propria carne. Ecco perché altri delitti, pur essendo forse più gravi dell'adulterio, non provocano la separazione.
Tuttavia, poiché l'incredulità, la quale è denominata adulterio spirituale, è anch'essa incompatibile con quel bene del matrimonio che consiste nell'educare la prole al culto di Dio, può giustificare anch'essa la separazione. Però non come l'adulterio carnale. Perché si può procedere alla separazione per un solo atto di adulterio carnale, mentre non basta un atto di incredulità, ma ci vuole un'abitudine, la quale rivela la pertinacia, in cui matura questo peccato.

4. Si può procedere alla separazione anche per il vizio contro natura. Ma di esso non si fa menzione, sia perché è un vizio innominabile; sia perché capita di rado; sia perché non è tale da causare incertezza sulla legittimità della prole.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento dell'adulterio, che può capitare dopo la consumazione del matrimonio > Se il marito sia obbligato per legge a rimandare la moglie adultera


Supplemento
Questione 62
Articolo 2

SEMBRA che il marito sia obbligato per legge a rimandare la moglie adultera. Infatti:
1. Il marito, essendo capo o superiore della moglie, è tenuto a castigarla. Ma la separazione ha funzione di castigo per la moglie adultera. Dunque egli è tenuto a rimandarla.

2. Chi approva uno che pecca mortalmente commette anche lui peccato mortale. Ma il marito che si tiene la moglie adultera mostra di approvarla, come dice il Libro delle Sentenze. Quindi pecca se non l'allontana.

3. "Chi si unisce a una meretrice", scrive S. Paolo, "diviene un sol corpo con lei". Ora, nessuno può essere insieme membro di una meretrice e membro di Cristo, come l'Apostolo aggiunge. Perciò il marito che resta unito alla moglie adultera cessa di essere membro di Cristo, peccando mortalmente.

4. Come la parentela scioglie il vincolo coniugale, così l'adulterio produce la separazione carnale. Ora, il marito che si accosta alla moglie, dopo averne conosciuto la consanguineità, pecca mortalmente. Dunque pecca ugualmente se si unisce con essa, dopo averne conosciuto l'adulterio.

IN CONTRARIO: 1. La Glossa afferma che il Signore permise di rimandare la moglie a motivo dell'adulterio. Perciò non è un obbligo.

2. Chiunque ha il potere di perdonare la colpa di chi ha peccato contro di lui. Ma la moglie con l'adulterio pecca contro il marito, Dunque costui può perdonarla non allontanandola.

RISPONDO: Il licenziamento della moglie adultera fu introdotto per castigare il delitto. Ma non si richiede più il castigo, quando è sopravvenuta l'emenda. Quindi se la donna si pente del suo peccato, il marito non è tenuto a rimandarla. Se invece non se ne pente, allora è tenuto: per non sembrare consenziente al suo peccato, non infliggendo egli la debita correzione.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il peccato di adulterio può essere corretto nella sposa non solo mediante quel castigo, ma anche con i rimproveri e con le percosse. Perciò se essa è disposta a correggersi, il marito non è tenuto a rimandarla.

2. Il marito mostra di consentire al peccato della moglie, quando se la tiene senza che essa lasci la colpa. Se invece questa si corregge, il consenso non esiste.

3. La donna che si pente dell'adulterio non può chiamarsi meretrice. Quindi il marito, unendosi con essa, non diventa membro di meretrice. Oppure si può rispondere che egli sì unisce con essa non in quanto meretrice, ma in quanto sposa.

4. Il paragone non regge. Perché la parentela rende nullo il vincolo coniugale, e quindi illecita la copula carnale. Invece l'adulterio non annulla codesto vincolo. Cosicché l'atto di suo rimane lecito; pur diventando illecito in maniera indiretta, in quanto il marito mostra così di favorire il peccato della moglie.

5. La permissione suddetta deve intendersi come assenza di proibizione. Perciò essa non è il contrario di un precetto: poiché anche ciò che è di precetto non è proibito.

6. La sposa adultera pecca non soltanto contro il marito, ma anche contro se stessa e contro Dio. Perciò il marito non può esimerla totalmente dal castigo, se essa non si emenda.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento dell'adulterio, che può capitare dopo la consumazione del matrimonio > Se il marito possa rimandare la moglie adultera di proprio arbitrio


Supplemento
Questione 62
Articolo 3

SEMBRA che il marito possa rimandare la moglie adultera di proprio arbitrio. Infatti:
1. È lecito eseguire la sentenza pronunziata da un giudice, senza ricorrere ad altri giudizi. Ora Dio, giusto giudice, ha dato questa sentenza, che il marito per l'adulterio può rimandare la moglie. Perciò non si richiede per questo un altro giudizio.

2. Nel Vangelo si legge che "Giuseppe, essendo giusto, pensava di rimandare segretamente Maria". È chiaro quindi che il marito può attuare il divorzio, senza ricorrere al giudizio della Chiesa.

3. Se il marito rende il debito coniugale alla moglie dopo aver conosciuto l'adulterio, perde il diritto di accusarla. Dunque il rifiuto del debito coniugale, che fa parte del divorzio, deve precedere il giudizio della Chiesa.

4. Non si può sottoporre al giudizio della Chiesa quanto è impossibile provare. Ma il delitto d'adulterio non è possibile provarlo; perché, come dice la Scrittura, "l'occhio dell'adultero spia l'oscurità". Quindi per la separazione suddetta non si richiede il giudizio della Chiesa.

5. L'accusa dev'essere preceduta dalla denunzia scritta, con la quale uno si obbliga alla pena del taglione nel caso che non riesca a provare. Ma in questa materia ciò è inammissibile: poiché comunque vadano le cose il marito raggiunge il suo intento, sia che egli lasci la moglie, sia che la moglie si separi da lui. Dunque questa causa non deve portarsi, con l'accusa, dinanzi al giudizio della Chiesa.

6. Uno è più obbligato verso la moglie che verso gli estranei. Ora, nessuno deve portare davanti alla Chiesa il delitto di un altro, anche se estraneo, senza aver fatto precedere l'ammonizione segreta. Molto meno, quindi, uno può portare davanti alla Chiesa il delitto della propria moglie, se prima non la corregge segretamente.

IN CONTRARIO: 1. Nessuno può farsi giustizia da sé. Ma se il marito abbandonasse la moglie di proprio arbitrio, si farebbe giustizia da sé. Dunque non ha il diritto di farlo.

2. In una stessa causa nessuno può essere insieme accusatore e giudice. Ora, il marito è accusatore nel contestare alla moglie l'offesa commessa contro di lui. Perciò non può esser giudice. E quindi non deve rimandarla di proprio arbitrio.

RISPONDO: Il marito può separarsi dalla moglie in due maniere. Primo, quanto al letto matrimoniale. E questo può farlo di proprio arbitrio appena è sicuro dell'adulterio di sua moglie. E non è tenuto a renderle il debito coniugale, se non viene a ciò obbligato dalla Chiesa, senza che questa obbedienza pregiudichi il diritto di ricorrere.
Secondo, quanto al toro e alla coabitazione. E questa separazione non può farsi senza il giudizio della Chiesa. E se uno avesse rimandato la moglie diversamente, dev'essere costretto a convivere con essa: a meno che il marito non possa provarne l'adulterio in maniera immediata. Quest'ultima separazione si suoi chiamare divorzio. Perciò si deve concludere che non si può procedere al divorzio, senza il giudizio della Chiesa.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La sentenza è l'applicazione della legge generale a un caso particolare. Perciò il Signore non fece che promulgare la legge, cui deve conformarsi la sentenza del giudice.

2. Giuseppe voleva rimandare la Vergine non perché sospettava un adulterio, ma per rispetto della sua santità, peritandosi di coabitare con essa. D'altra parte il paragone non regge. Perché allora in seguito all'adulterio non si procedeva solo al divorzio, ma alla lapidazione. Non così oggi, quando si tratta del giudizio della Chiesa.

3. È così risolta anche la terza difficoltà.

4. Il marito che sospetta di sua moglie spesso la spia e può sorprenderla con dei testimoni nell'atto dell'adulterio. E così procedere all'accusa. Inoltre, anche se il fatto non viene constatato, possono esserci gravi motivi di sospetto, che danno l'adulterio per accertato: come quando la donna viene trovata sola con un uomo in ore e luoghi sospetti, o priva d'indumenti.

5. Il marito può accusare la moglie d'adulterio per due scopi diversi. Primo, per la separazione quanto al letto matrimoniale, dinanzi al giudice ecclesiastico. E allora la denunzia non esige l'obbligo alla legge del taglione: perché allora in tutti i casi il marito conseguirebbe l'intento, come dice l'obbiezione. — Secondo, per la punizione del delitto dinanzi al tribunale civile. E in tal caso si esige la denunzia scritta, che l'obbliga alla pena del taglione nel caso in cui non riesca a provare l'accusa.

6. Come spiegano le Decretali, ci sono tre maniere di procedere nelle cause criminali. Primo, mediante l'inquisizione: e questa deve esser preceduta da un grave sospetto, che sostituisce l'accusa, Secondo, mediante l'accusa; e a questa deve precedere la denunzia per iscritto. Terzo, mediante la denunzia semplice: e questa deve esser preceduta dalla correzione fraterna. Perciò le parole del Signore valgono per la semplice denunzia, non già quando si tratta dell'accusa: perché in questi ultimi casi non si tratta solo di correggere il colpevole, ma di punirlo per salvaguardare il bene comune, il quale sarebbe compromesso, se non ci fosse giustizia.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento dell'adulterio, che può capitare dopo la consumazione del matrimonio > Se in una causa di divorzio marito e moglie debbano essere giudicati alla pari


Supplemento
Questione 62
Articolo 4

SEMBRA che in una causa di divorzio marito e moglie non debbano essere giudicati alla pari. Infatti:
1. Nella nuova legge il divorzio [o separazione] viene concesso in sostituzione del ripudio, ammesso nell'antica legge. Ebbene, allora rispetto al ripudio marito e moglie non erano alla pari: poiché il marito poteva ripudiare la moglie, ma non viceversa. Dunque neppure rispetto al divorzio vanno giudicati alla pari.

2. È più contro natura che la donna abbia diversi mariti, piuttosto che l'uomo abbia più mogli: infatti un tempo questo era permesso, quello invece mai. Perciò nell'adulterio la donna pecca più dell'uomo. E quindi non devono esser giudicati alla pari.

3. Dove c'è più danno per il prossimo c'è un peccato più grave. Ora, nuoce di più la moglie adultera al marito, che il marito adultero alla moglie: poiché l'adulterio della moglie toglie la certezza della prole, non così l'adulterio del marito. Dunque il peccato della moglie è più grave, cosicché i coniugi non vanno giudicati alla pari.

4. La separazione è concessa per correggere il delitto di adulterio. Ma spetta di più all'uomo correggere la moglie, essendo egli il capo della donna, a detta di S. Paolo, che viceversa. Perciò in una causa di divorzio essi non vanno giudicati alla pari, ma l'uomo deve considerarsi in una condizione più vantaggiosa.

IN CONTRARIO: Sembra che la moglie debba essere in condizione più vantaggiosa. Infatti: 1. Quanto maggiore è la fragilità di chi pecca, tanto il peccato merita di più il perdono. Ma nella donna la fragilità è maggiore che nell'uomo: per cui il Crisostomo afferma che la passione propria delle donne è la lussuria. E il Filosofo scrive che le donne a rigore non si dicono continenti, per la facile inclinazione loro alla concupiscenza: poiché neppure le bestie possono essere continenti, non avendo nulla che possa resistere alla concupiscenza. Perciò nelle cause di divorzio si dovrebbe essere più indulgenti verso le donne.

2. L'uomo è dato come capo della donna per correggerla. Quindi egli pecca più della donna; e va punito più severamente.

RISPONDO: In una causa di divorzio il marito e la moglie vanno giudicati alla pari, nel senso che le stesse cose sono lecite o illecite per l'uno come per l'altro. Però non è identico il rapporto dei coniugi verso tali cose: poiché, pur essendo l'adulterio causa sufficiente di separazione per l'uno e per l'altro, lo è più per l'uno che per l'altro. Infatti il divorzio, o la separazione, è un castigo dell'adulterio quale atto contrario ai beni del matrimonio. Ebbene, rispetto alla fedeltà, in cui i coniugi sono alla pari, pecca contro il matrimonio tanto il peccato dell'uno quanto il peccato dell'altro: e questo è motivo sufficiente di separazione in entrambi i casi.
Ma rispetto al bene della prole l'adulterio della moglie è più grave di quello del marito: e quindi il motivo di divorzio in tal caso è più grave. Perciò essi hanno gli stessi obblighi, ma non per gli stessi motivi. E questo senza ingiustizia: perché per entrambi c'è il motivo sufficiente per subire tale castigo; come avviene nel caso di due rei condannati a morte, di cui l'uno è più colpevole dell'altro.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il ripudio fu allora permesso per evitare l'omicidio. E poiché tale delitto era da temere più nei mariti che nelle mogli, con la legge del ripudio fu permesso al marito di ripudiare la moglie, e non viceversa.

2, 3. Il secondo e il terzo argomento valgono nel senso che in rapporto al bene della prole il motivo di divorzio nell'adulterio della donna è più grave che in quello dell'uomo. Però non ne segue, come abbiamo spiegato, che non debbano essere giudicati alla pari.

4. Sebbene l'uomo sia a capo della donna quale dirigente, non lo è in funzione di giudice: e neppure viceversa. Perciò quando si tratta di cose da risolvere sul piano giudiziario, non ci sono tra loro posizioni di privilegio.

5. Nell'adulterio si riscontra la malizia della fornicazione semplice, e in più qualche cosa che aggrava il peccato, cioè la violazione del matrimonio. Se quindi si considera quanto è comune alla fornicazione e all'adulterio, il peccato dell'uomo e quello della donna si controbilanciano nelle attenuanti: poiché nelle donne c'è un eccesso di umore, e quindi sono più soggette alla concupiscenza; ma nell'uomo c'è un sovrappiù di calore, il quale accende la concupiscenza. Tuttavia, assolutamente parlando, a parità di condizioni, l'uomo nella fornicazione semplice pecca più della donna: perché è dotato di maggiore capacità razionale, che deve dominare i moti delle passioni.
Invece rispetto alla violazione del matrimonio, che è propria dell'adulterio, e causa il divorzio, la donna pecca più gravemente dell'uomo, com'è evidente dalle spiegazioni date. E poiché questo costituisce un peccato più grave della fornicazione, assolutamente parlando e a parità di condizioni, pecca di più la moglie adultera che il marito adultero.

6. Sebbene l'autorità concessa all'uomo sulla donna sia nel peccato una circostanza aggravante, tuttavia non è paragonabile a quella circostanza che muta la specie: che nel caso è la violazione del matrimonio, la quale fa dell'adulterio un peccato d'ingiustizia, introducendo con frode in una famiglia la prole di un altro.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento dell'adulterio, che può capitare dopo la consumazione del matrimonio > Se dopo la separazione il marito possa risposarsi


Supplemento
Questione 62
Articolo 5

SEMBRA che dopo la separazione il marito possa risposarsi. Infatti:
1. Nessuno è tenuto alla continenza perpetua. Ma in certi casi il marito è tenuto a separarsi in perpetuo dalla moglie, come sopra abbiamo visto. Quindi almeno in codesti casi pare che il marito possa sposarne un'altra.

2. Non si deve fornire al peccatore un'occasione più grave di peccato. Ora, se al coniuge ripudiato per adulterio non si concede un'altra unione coniugale, gli si offre un'occasione più grave di peccato; perché non è probabile che uno il quale non seppe osservare la castità nel matrimonio, ne sia capace in seguito. Dunque è evidente che può passare ad altre nozze.

3. La moglie verso il marito è tenuta solo al debito coniugale e alla coabitazione. Ma il divorzio la scioglie dall'uno e dall'altro dovere. Quindi viene del tutto sciolta dalla legge del marito e può sposarne un altro. E lo stesso vale per il marito.

4. Nel Vangelo si legge: "Chi rimanda la moglie e ne sposa un'altra, eccetto in caso di fornicazione, commette adulterio". Pare quindi che non commetta adulterio quando ne sposa un'altra dopo aver rimandato la moglie perché colpevole di fornicazione. E in tal caso si tratterà di vero matrimonio.

IN CONTRARIO: S. Paolo ha scritto: "Comando non io, ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito; e qualora si separasse di non risposarsi".

2. Nessuno deve trarre un vantaggio dal suo peccato. Ora, ciò avverrebbe, se all'adultera fosse concesso di passare ad altre nozze più desiderate; e si offrirebbe l'occasione di commettere adulterio a chi ha il desiderio di un altro connubio. Dunque né al marito né alla moglie è lecito risposarsi.

RISPONDO: Nessun fatto posteriore al matrimonio è capace di scioglierlo. Perciò l'adulterio non toglie che il vincolo esistente sia un vero matrimonio. Poiché, come dice S. Agostino, tra i coniugi vivi rimane sempre il vincolo coniugale, che non può essere eliminato né dalla separazione né dall'unione con altri. Quindi non è lecito a un coniuge passare ad altre nozze, mentre vive la comparte.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene di suo nessuno sia obbligato alla continenza, tuttavia uno può esserci tenuto per motivi accidentali: come quando la propria moglie è colpita da una malattia incurabile, che esclude la copula carnale. Lo stesso si dica quando essa cade in maniera incorreggibile in quella malattia spirituale che è l'adulterio.

2. La vergogna stessa che le deriva dalla separazione deve distogliere la donna dal peccato. E se ciò non basta, è un male minore che pecchi da sola, piuttosto che il marito sia connivente verso i suoi peccati.

3. Sebbene dopo la separazione la moglie non sia tenuta né a rendere il debito coniugale al marito adultero, né a coabitare con lui, tuttavia rimane il vincolo matrimoniale, da cui derivano quei doveri. Perciò mentre vive il marito essa non può passare ad altre nozze. - Essa però può far voto di castità, anche contro il volere del marito: purché non risulti che la Chiesa venne ingannata da falsi testimoni quando pronunziò la sentenza di separazione; poiché in tal caso, anche se la sposa avesse emesso la professione religiosa, dovrebbe essere restituita al marito, e sarebbe tenuta a rendere il debito coniugale, pur non avendo più il diritto di chiederlo.

4. L'eccezione di cui parla il Signore si riferisce alla [sola] separazione. Perciò l'obbiezione parte da un'interpretazione sbagliata.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento dell'adulterio, che può capitare dopo la consumazione del matrimonio > Se dopo la separazione marito e moglie possano riconciliarsi


Supplemento
Questione 62
Articolo 6

SEMBRA che dopo la separazione marito e moglie non possano riconciliarsi. Infatti:
1. Nel diritto si riscontra questa norma: "Ciò ch'è stato una volta ben definito non dev'essere ritrattato con una nuova decisione". Ma che essi dovevano separarsi fu definito dalla Chiesa. Dunque non possono più riconciliarsi.

2. Se la riconciliazione fosse possibile, pare che il marito dovrebbe esser tenuto a riprendersi la moglie soprattutto dopo l'emendazione di essa. Invece non è tenuto: poiché la moglie non può portare la sua emenda neppure in sua difesa, quando dal marito è accusata di adulterio. Perciò la riconciliazione non può farsi in nessun modo.

3. Se fosse possibile la riconciliazione, la moglie adultera dovrebbe esser tenuta a tornare col marito che la richiede. Invece non è tenuta: perché ormai sono separati per un giudizio della Chiesa.

4. Se fosse lecita la riconciliazione con la moglie adultera, essa dovrebbe farsi soprattutto quando si riscontra che il marito dopo il divorzio ha commesso adulterio. Ora, neppure in questo caso la moglie può obbligarlo a riconciliarsi, dopo una giusta sentenza di separazione. Dunque in nessun caso possono riconciliarsi.

5. Se un marito occultamente adultero rimanda la moglie convinta di adulterio dinanzi al tribunale della Chiesa, la separazione è un atto ingiusto. Eppure il marito non è tenuto a riprendersi la moglie: perché questa non è in grado di provare in giudizio l'adulterio del marito. Molto meno quindi può farsi la riconciliazione, quando la separazione è stata fatta giustamente.

IN CONTRARIO: 1. S. Paolo ha scritto: "Se [la moglie] si separa rimanga senza sposarsi, o si riconcilii col marito".

2. Il marito aveva facoltà di non rimandare la moglie dopo l'adulterio. Quindi per lo stesso motivo può riconciliarsi con essa.

RISPONDO: Se la moglie dopo la separazione si è emendata del suo peccato, il marito può riconciliarsi con essa. Se invece rimane incorreggibile, non deve riprendersela: per lo stesso motivo per cui non è lecito tenersela quando essa non intende desistere dal peccato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La sentenza ecclesiastica di divorzio non imponeva la separazione, ma ne accordava la facoltà. Perciò la riconciliazione può farsi, senza la ritrattazione della sentenza precedente.

2. L'emenda della moglie deve indurre il marito a non accusare e a non rimandare l'adultera: ma non è possibile costringerlo a questo; e la moglie neppure può costringerlo a desistere dall'accusa con il suo pentimento. Poiché la colpa, anche se cessa come atto e come macchia, rimane ancora quale reato; e pur cessando come reato rispetto a Dio, rimane come reato rispetto al castigo della giustizia umana, poiché l'uomo non può, al pari di Dio, vedere il cuore.

3. La sentenza che viene pronunziata a favore di una persona non può recarle pregiudizio. Ora, siccome la separazione viene accordata a favore del coniuge [innocente], non toglie a questi la facoltà di chiedere il debito coniugale e di riprendere la moglie [colpevole]. Perciò la moglie è tenuta a tornare a lui, se viene richiamata, a meno che non abbia fatto voto di castità con il suo consenso.

4. Per l'adulterio da lui commesso dopo la separazione, a rigor di legge, lo sposo prima innocente non può esser costretto a riprendersi la moglie adultera. Tuttavia secondo le regole dell'equità e in virtù del suo ufficio il giudice deve costringere questo marito a evitare il pericolo della sua anima e lo scandalo altrui, sebbene la moglie non abbia il diritto di chiedere la riconciliazione.

5. Anche se l'adulterio del marito è occulto, non toglie il diritto di valersene contro l'accusa portata da lui contro la moglie adultera, sebbene essa non sia in grado di provarlo. Perciò questo marito chiedendo il divorzio commette peccato: e quindi se dopo la sentenza di separazione la moglie chiede il debito coniugale oppure la riconciliazione, è tenuto all'una e all'altra cosa.

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