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Se sia sufficiente l'enumerazione che dei beni del matrimonio fa il Maestro delle Sentenze: fede, prole e sacramento
Supplemento
Questione 49
Articolo 2
SEMBRA che non sia sufficiente l'enumerazione che dei beni del matrimonio fa il Maestro delle Sentenze: fede, prole e sacramento.
Infatti:
1. Gli uomini non si sposano soltanto per procreare ed allevare dei figli, ma anche per vivere insieme, scambiandosi i servizi, come nota Aristotele. Quindi, come tra i beni del matrimonio si enumera la prole, dovrebbe anche enumerarsi l'aiuto reciproco.
2. L'unione di Cristo con la Chiesa, simboleggiata dal matrimonio, viene compiuta con la carità. Perciò tra i beni del matrimonio doveva elencarsi più la carità che la fede.
3. Nel matrimonio come si esige che nessuno dei due coniugi abbia rapporti sessuali con altri, così si richiede che reciprocamente si rendano il debito. Ora, a detta del Maestro, al primo di questi doveri soddisfa la fede. Dunque bisognava elencare tra i beni del matrimonio anche la giustizia, che soddisfa al secondo.
4. Nel matrimonio, in quanto sta a simboleggiare l'unione di Cristo con la Chiesa, come si richiede l'indivisibilità si richiede anche l'unità, cioè la monogamia. Ma il "sacramento", che è elencato tra i beni del matrimonio, riguarda l'indivisibilità. Quindi doveva esserci un altro termine che riguardasse l'unità.
IN CONTRARIO: Sembra che detta enumerazione sia troppo abbondante. Perché a rendere onesta un'azione basta una sola virtù. Ora, la fede è una virtù. Dunque gli altri due beni non sono necessari per coonestare il matrimonio.
2. Un atto può essere utile ed onesto non per lo stesso motivo: poiché utile ed onesto dividono il bene per contrapposizione. Ora, con la prole il matrimonio diventa utile. Perciò la prole non doveva computarsi tra i beni che lo rendono onesto.
3. Una cosa non può porsi tra le proprietà o le condizioni di se medesima. Ma i beni sono posti come condizioni del matrimonio. Quindi, essendo il matrimonio un sacramento, non doveva porsi il sacramento tra i beni del matrimonio.
RISPONDO: Il matrimonio è insieme compito naturale e sacramento della Chiesa. Perciò in quanto compito naturale, come ogni atto di virtù, esso deve essere coonestato da due cose. La prima, necessaria da parte dell'agente, è l'intenzione del debito fine. E a ciò corrisponde, tra i beni del matrimonio, la prole. - La seconda, richiesta da parte dell'atto medesimo, è che questo sia buono cadendo sulla materia debita. E così si ha la fede, o fedeltà, per cui l'uomo pratica esclusivamente la propria moglie. - Inoltre il matrimonio deve un aspetto della sua bontà al fatto che è un sacramento. E ciò è indicato appunto col termine sacramento.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nel termine prole non va inclusa solo la procreazione, ma anche l'educazione della prole, cui è ordinata tutta l'attività in comune dei due coniugi; poiché i genitori, come dice S. Paolo, "accumulano tesori per i figli". Perciò nella prole, come nel fine principale, è incluso anche l'altro che è secondario.
2. La fede, di cui si parla non è la virtù teologale, ma la fedeltà che è tra le parti della giustizia: in quanto si è fedeli con essa alla parola data nelle promesse. Poiché il matrimonio, essendo un contratto, implica una promessa che lega un uomo a una data donna.
3. La promessa fatta nel matrimonio implica, sia che nessuno dei contraenti abbia rapporto sessuale con altri, sia che reciprocamente si rendano il debito coniugale. Anzi quest'ultimo dovere è più importante: seguendo direttamente dal dominio scambievole concesso col matrimonio. Perciò entrambi i doveri sono inclusi nella fede. Ma nelle Sentenze si ricorda solo quello meno evidente.
4. Col termine sacramento non va intesa solo l'indivisibilità, ma tutto ciò che accompagna il matrimonio per il fatto che sta a rappresentare l'unione di Cristo con la Chiesa.
Oppure si può rispondere che l'unità cui accenna l'obbiezione rientra nella fede, come l'indivisibilità nel sacramento.
5. Qui la fede non va presa per una virtù; ma per una condizione della virtù, che va posta tra le parti potenziali della giustizia.
6. Come il debito uso di un bene utile acquista la natura di bene onesto, non dall'utile, ma dalla ragione che ne fa retto uso, così l'intenzione di un bene utile può produrre un bene onesto in forza della ragione che stabilisce l'intenzione debita. E in tal modo il matrimonio, per il fatto che viene ordinato alla prole, è utile e insieme onesto, in quanto debitamente ordinato.
7. Come spiega Pietro Lombardo, sacramento qui non si riferisce al matrimonio, ma alla sua indissolubilità, che è il segno dell'identica realtà sacra di cui è segno il matrimonio.
Oppure si può rispondere che, sebbene il matrimonio sia un sacramento, tuttavia per il matrimonio una cosa è essere matrimonio, e un'altra essere sacramento: poiché esso fu istituito non soltanto per essere un segno di una cosa sacra, ma quale compito di natura. Perciò l'aspetto sacramentale è una condizione complementare, rispetto al matrimonio in se stesso considerato, la quale conferisce alla sua onestà. Ecco perché la sacramentalità è posta tra i beni coonestanti il matrimonio. Perciò, secondo questa spiegazione, il terzo bene del matrimonio, cioè il sacramento, non indica solo l'indissolubilità, ma tutte le altre cose implicite nel suo significato.
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