Sup, 48

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’oggetto del consenso


Supplemento
Questione 48
Proemio

Veniamo ora ad esaminare l'oggetto del consenso.
Sull'argomento si pongono due quesiti:

1. Se il consenso che costituisce il matrimonio abbia per oggetto la copula carnale;
2. Se il consenso dato per un motivo disonesto produca il matrimonio.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’oggetto del consenso > Se il consenso che costituisce il matrimonio abbia per oggetto la copula carnale


Supplemento
Questione 48
Articolo 1

SEMBRA che il consenso che costituisce il matrimonio abbia per oggetto la copula carnale. Infatti:
1. S. Girolamo afferma che "per coloro i quali han fatto voto di verginità è riprovevole non solo sposarsi, ma il volersi sposare". Ora, ciò non sarebbe riprovevole, se non fosse contrario alla verginità: cui si contrappongono le nozze solo per la copula carnale. Perciò il consenso della volontà, richiesto per le nozze, ha per oggetto la copula carnale.

2. Tutti i rapporti tra marito e moglie possono esser leciti tra fratello e sorella, ad eccezione dell'atto sessuale. Ma tra questi ultimi non può esserci il consenso matrimoniale. Dunque il consenso matrimoniale ha per oggetto quell'atto.

3. Se la donna dicesse all'uomo: "Acconsento a sposarti, purché tu rinunzi a conoscermi", non si avrebbe un consenso coniugale; perché c'è qualche cosa contro la natura di tale consenso. Ora, ciò non sarebbe, se detto consenso non avesse per oggetto la copula carnale.

4. In ogni cosa l'inizio corrisponde al compimento. Ora, la consumazione del matrimonio avviene con la copula carnale. Perciò essendo esso iniziato dal consenso, è chiaro che questo ha per oggetto la copula carnale.

IN CONTRARIO: 1. Consentendo alla copula carnale non si può essere vergini di anima e di corpo. Ora, l'Evangelista S. Giovanni dopo il consenso coniugale rimase vergine di anima e di corpo. Dunque non consentì alla copula carnale.

2. L'effetto corrisponde alla causa. Ma causa del matrimonio è il consenso. Perciò non essendo l'essenza dell'atto coniugale l'essenza del matrimonio, è chiaro che neppure il consenso, il quale causa il matrimonio, ha per oggetto la copula carnale.

RISPONDO: Il consenso che costituisce il matrimonio ha per oggetto il matrimonio: poiché effetto proprio della volizione è la cosa voluta. Quindi come la copula carnale sta al matrimonio, così il consenso coniugale ha per oggetto la copula. Ora, abbiamo già dimostrato che il matrimonio non consiste essenzialmente nella copula carnale; ma in una certa unione del marito e della moglie in ordine all'atto coniugale e a tutti gli altri compiti che derivano ad entrambi, in quanto viene loro conferito il dominio reciproco riguardo a quell'atto. E tale unione viene chiamata "unione coniugale". Perciò ha ragione chi dice che consentire al matrimonio è consentire alla copula carnale in maniera non esplicita, ma implicita. Va concepito cioè tale consenso come l'effetto incluso implicitamente nella sua causa; poiché la facoltà di compiere l'atto coniugale, cui si acconsente, è causa di quell'atto, come la facoltà di usare una cosa è causa dell'uso di essa.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dopo il voto di verginità è riprovevole consentire al matrimonio, proprio perché con tale consenso si dà la facoltà su una cosa che non è lecita. Allo stesso modo peccherebbe chi desse a un altro la facoltà di prendere ciò che è depositato presso di lui, prima ancora di darlo attualmente.
Parleremo in seguito del consenso matrimoniale della Vergine Santissima.

2. Tra fratello e sorella come non è lecita la copula carnale, così non è ammissibile la facoltà correlativa. Perciò l'argomento non regge.

3. Tale esplicita condizione non è contraria soltanto all'atto, ma alla facoltà stessa relativa all'atto coniugale. E quindi è incompatibile col matrimonio.

4. L'atto iniziale del matrimonio sta alla sua consumazione, come l'abito operativo, o la facoltà sta all'operazione. Gli argomenti in contrario dimostrano che il consenso non riguarda in modo esplicito la copula carnale. E questo è vero.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’oggetto del consenso > Se sia valido il matrimonio che uno contrae per qualche motivo disonesto


Supplemento
Questione 48
Articolo 2

SEMBRA che non possa essere valido il matrimonio che uno contrae per qualche motivo disonesto. Infatti:
1. Un'unica cosa non può avere che un unico scopo. Quindi il matrimonio non può prodursi, se uno dei contraenti non ha l'intenzione per cui fu istituito da Dio, cioè la procreazione della prole.

2. L'unione matrimoniale deriva da Dio, secondo le parole evangeliche: "Non divida l'uomo ciò che Dio ha congiunto". Ma l'unione contratta per cause peccaminose non viene da Dio. Dunque non è un matrimonio.

3. Nei sacramenti non si ha un vero sacramento, se non si ha l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Ma l'intenzione della Chiesa nel sacramento del matrimonio non è uno scopo turpe. Se uno, quindi, contrae il matrimonio per uno scopo turpe, non si ha un vero matrimonio.

4. A detta di Boezio, "ciò che ha un fine buono è buono in se stesso". Ora il matrimonio è sempre una cosa buona. Perciò se si contrae con un fine cattivo, non è più un matrimonio.

5. Il matrimonio rappresenta l'unione di Cristo con la Chiesa. Ma in essa ai esclude qualsiasi cosa biasimevole. Dunque il matrimonio non può essere valido, se si contrae per un motivo peccaminoso.

IN CONTRARIO: 1. Chi battezza con l'intenzione di guadagnare denaro, fa un vero battesimo. Perciò anche chi sposa una donna per arricchire, contrae un vero matrimonio.

2. Ciò è dimostrato anche dagli esempi e dai testi riferiti da Pietro Lombardo.

RISPONDO: La causa finale, o scopo del matrimonio, può essere di due specie: essenziale e accidentale. Fine essenziale è quello cui il matrimonio e essenzialmente ordinato: e questo è sempre buono, cioè procreare la prole ed evitare la fornicazione. Invece la causa accidentale è ciò che i contraenti si aspettano dal matrimonio. E poiché queste aspettative conseguono il matrimonio, non potendo ciò che è prima essere mutato da ciò che è dopo, ma viceversa, da codesti fini non il matrimonio può ricevere bontà o malizia, ma i contraenti stessi, di cui costituiscono il fine diretto. E poiché "le cause accidentali sono infinite", tali scopi nel matrimonio possono essere infiniti, alcuni onesti e altri disonesti.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: I. L'argomento vale per il fine essenziale e principale. Ma ciò che ha un unico fine essenziale e principale può averne diversi secondari essenziali, e infiniti accidentali.

2. Per unione si può intendere la relazione medesima che costituisce il matrimonio. E tale relazione è sempre da Dio: ed è buona qualunque sia il fine por cui viene cercata. — Oppure si può intendere l'atto dei contraenti. E questo talora è cattivo: né assolutamente parlando viene da Dio. E neppure ripugna che da Dio dipenda un effetto che abbia una causa cattiva: come nel caso della prole concepita per adulterio. Poiché tali effetti derivano da quelle cause non in quanto sono cattive, ma in quanto hanno una certa bontà e dipendono da Dio, sebbene non ne dipendano in senso assoluto.

3. L'intenzione con la quale la Chiesa amministra i sacramenti è indispensabile per qualsiasi sacramento, e se non si osserva, il sacramento è nullo. Invece l'intenzione della Chiesa, che ha di mira il frutto derivante dal sacramento, non appartiene alla essenza, bensì alla perfezione dei sacramenti. E quindi se essa dovesse mancare, si avrebbe tuttavia un vero sacramento. Però chi trascura questa intenzione fa peccato: come quando uno amministra il battesimo, senza mirare alla salvezza dell'anima, che è nell'intenzione della Chiesa. Parimente, chi intende contrarre matrimonio, anche se non l'ordina al fine inteso dalla Chiesa, tuttavia contrae un vero matrimonio.

4. Nel caso lo scopo cattivo non è il fine del matrimonio, ma dei contraenti.

5. Il simbolo dell'unione di Cristo con la Chiesa è l'unione coniugale in se stessa, e non gli atti dei contraenti. Perciò l'argomento non regge.

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