Sup, 47

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Il consenso coatto e condizionato


Supplemento
Questione 47
Proemio

Veniamo quindi a trattare del consenso coatto e condizionato.
Sull'argomento si pongono sei quesiti:

1. Se un consenso possa essere coatto;
2. Se certe violenze possano smuovere un uomo risoluto;
3. Se il consenso coatto basti per produrre il matrimonio;
4. Se il consenso coatto produca il matrimonio nel contraente che usa la violenza;
5. Se il consenso condizionato basti per produrre il matrimonio;
6. Se un padre possa costringere il figlio a contrarre matrimonio.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Il consenso coatto e condizionato > Se un consenso possa essere coatto


Supplemento
Questione 47
Articolo 1

SEMBRA che nessun consenso possa essere coatto. Infatti:
1. Nel libero arbitrio non può mai esserci coazione, come abbiamo detto in precedenza. Ma il consenso è un atto del libero arbitrio. Dunque non può mai essere forzato.

2. A detta del Filosofo, ciò che è violento, o coatto "ha una causa esterna, senza nessun apporto da parte di chi lo subisce". Ora, la causa di qualsiasi consenso è interiore. Quindi nessun consenso può essere coatto.

3. Tutti i peccati sono compiuti dal consenso. Ma quello che determina il peccato non può essere costretto; poiché, come si esprime S. Agostino, "nessuno pecca con un atto che e impossibile evitare". Perciò, siccome secondo la definizione dei giuristi la violenza è "la spinta di un agente superiore cui è impossibile resistere", è chiaro che il consenso non può essere coatto, o violento.

4. L'altrui predominio è incompatibile con la libertà. Ora, la coazione è una forma di predominio, com'è evidente dalla definizione di Cicerone; dice infatti che la violenza è "la spinta di un agente predominante che trattiene una cosa entro termini estranei". Dunque la violenza non agisce sul libero arbitrio. E quindi neppure sul consenso che è un suo atto.

IN CONTRARIO: 1. Ciò che non può essere non può impedire nulla. Invece la coazione del consenso e un impedimento del matrimonio, come afferma Pietro Lombardo. Dunque il consenso può essere coatto.

2. Il matrimonio implica un contratto. Ma nei contratti la volontà può essere costretta: tant'è vero che la legge civile esige la restituzione per intero, "non ratificando ciò che è stato fatto per violenza o per paura". Quindi anche nel matrimonio il consenso può essere coatto.

RISPONDO: La coazione, o violenza, può essere di due specie. La prima che impone una necessità assoluta. E in tal caso il Filosofo parla di violenza pura: come quando fisicamente si spinge una persona a muoversi. — La seconda che produce una necessità condizionata. E questa è chiamata dal Filosofo violenza "mista"; come quando uno getta in mare la mercanzia, per sfuggire il pericolo. E in tal caso, sebbene quanto si compie di suo non sia volontario, tuttavia, date le circostanze concrete, è volontario.
E poiché "gli atti si compiono in concreto", quell'atto è volontario assolutamente parlando, e involontario in senso relativo [secundum quid]. Perciò nel consenso, che è un atto della volontà, può esserci quest'ultimo tipo di violenza o di coazione, ma non il primo. E poiché tale coazione avviene per il timore di un pericolo imminente, questa violenza s'identifica col timore, il quale in qualche modo costringe la volontà. Invece il primo tipo di violenza riguarda gli atti esterni.
E poiché la legge civile non considera tanto gli atti interni, quanto piuttosto quelli esterni, per violenza intende la coazione fisica: e quindi distingue la violenza dal timore. Ma qui noi trattiamo del consenso inferiore, in cui non può influire la coazione che si distingue dal timore. Perciò nel caso nostro la coazione non è che il timore. E il timore, secondo il Digesto, è "il turbamento dell'animo sotto la minaccia di un pericolo presente o futuro".

Sono così risolte anche le difficoltà. Poiché la prima serie di argomenti vale per il primo tipo di coazione; la seconda per il secondo.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Il consenso coatto e condizionato > Se la costrizione del timore possa smuovere un uomo risoluto


Supplemento
Questione 47
Articolo 2

SEMBRA che la costrizione del timore non possa smuovere "un uomo formato". Infatti:
1. È proprio dell'uomo formato non temere il pericolo. E poiché il timore è "una trepidazione dell'animo nell'imminenza del pericolo", è chiaro che egli non può essere violentato.

2. A detta del Filosofo, "la morte è la cosa più terribile", come l'oggetto più perfetto del timore. Ma gli uomini formati non si lasciano costringere dalla morte: poiché il coraggioso sa affrontarla. Dunque nessun timore può smuovere l'uomo formato.

3. Tra tutti i pericoli i buoni temono specialmente l'infamia. Eppure il timore dell'infamia non è considerato dalla legge civile come capace dì smuovere un uomo formato: "Il timore dell'infamia non rientra nell'editto: "Ciò che è stato compiuto per paura"". Quindi neppure gli altri timori possono smuovere l'uomo formato.

4. L'intimidazione non è senza peccato in colui che la subisce, poiché gli fa promettere ciò che non vuoi mantenere, e quindi lo fa mentire. Ma non è dell'uomo formato commettere per paura peccati anche minimi. Dunque nessun timore può smuovere un uomo risoluto.

IN CONTRARIO: 1. Abramo e Isacco erano uomini formati. Eppure si lasciarono smuovere dal timore: poiché per paura dissero che le loro mogli erano loro sorelle. Perciò il timore può smuovere anche un nomo formato.

2. In tutti i casi di violenza "mista" si riscontra l'influsso del timore. Ma per quanto uno sia formato, può sempre subire tale violenza: poiché, se è in mare, getterà via le merci in pericolo di naufragio. Quindi il timore può smuovere anche un uomo formato.

RISPONDO: Un uomo viene smosso dal timore quando ne subisce la costrizione. E tale costrizione si subisce quando uno compie ciò che altrimenti non vorrebbe, per evitare ciò che teme. Ma l'uomo formato si distingue dall'incostante per due motivi. Primo per la diversa qualità dei pericoli che essi temono. Poiché l'uomo formato e costante segue la retta ragione, che gli indica ciò che deve preferire. Ora, bisogna preferire sempre il minor male, oppure il maggior bene. Perciò l'uomo formato dal timore di un male maggiore si lascia costringere a un male minore: e mai si lascia costringere a un male maggiore per evitarne uno minore. Invece l'incostante si lascia costringere a un male maggiore per paura di mali minori: si abbandona al peccato, p. es. per paura di un danno materiale. L'ostinato al contrario non si lascia costringere a subire neppure un male minore, per evitare un male più grave. Perciò il coraggioso sta tra l'incostante e il pertinace.
Secondo, il coraggioso si distingue dall'incostante anche per il giudizio sull'imminenza del pericolo. Poiché il primo si lascia smuovere solo da indizi gravi ed evidenti; il secondo invece da indizi leggeri. "L'empio", dicono i Proverbi, "fugge senza che nessuno l'insegna".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uomo formato, come dice il Filosofo del coraggioso, è intrepido, ma non nel senso che non teme affatto, bensì nel senso che non teme ciò che non si deve temere, o quando non si deve temere.

2. I peccati sono il male supremo. Ecco perché l'uomo formato non può mai esservi costretto: anzi uno deve piuttosto morire che tollerarli, come lo stesso Filosofo insegna. Ma tra i danni materiali alcuni sono più piccoli, altri più gravi. Tra questi i principali sono i danni personali, come la morte, le percosse, lo stupro e la schiavitù. Perciò l'uomo formato può lasciarsi costringere dal timore di essi a subire altri danni materiali. - I danni maggiori sono appunto riassunti in quel verso: "Stupro, schiavitù, fustigazione e morte". Poco importa che queste minacce riguardino la persona propria, o quella della moglie, dei figli, o degli amici.

3. Sebbene l'infamia sia un danno grave, tuttavia può essere facilmente scongiurato. Ecco perché secondo il diritto civile il timore dell'infamia non si ammette nell'uomo formato.

4. Il timore non costringe l'onesto a mentire, perché in quel momento la persona virtuosa vuol dare; dopo però vuol chiedere la restituzione; o almeno denunziare la cosa al giudice, se promise di non chiedere la restituzione. Invece non può promettere di non denunziare, essendo ciò contrario alla giustizia, e quindi non può lasciarsi costringere a questo, che equivarrebbe ad agire contro la giustizia.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Il consenso coatto e condizionato > Se il consenso coatto renda nullo il matrimonio


Supplemento
Questione 47
Articolo 3

SEMBRA che il consenso coatto non renda nullo il matrimonio.
Infatti:
1. Nel matrimonio si richiede il consenso, come nel battesimo è richiesta l'intenzione. Ma chi riceve il battesimo costretto dal timore riceve il sacramento. Dunque chi è costretto dal timore a consentire al matrimonio ne contrae il vincolo.

2. Un atto compiuto sotto l'influsso di una violenza "mista" è più volontario che involontario, come insegna Aristotele. Ma il consenso non può essere coatto che per una violenza "mista". Dunque non si esclude la volontarietà. E quindi basta a produrre il matrimonio.

3. A chi si è lasciato costringere a un matrimonio coatto pare che si debba consigliare di stare a quello: poiché promettere e non mantenere ha l'"aspetto di male", da cui l'Apostolo ci esorta ad astenerci. Ora, questo non sarebbe da farsi, se il consenso coatto rendesse nullo il matrimonio.

IN CONTRARIO: 1. Nelle Decretali si legge: "Poiché quando interviene il timore e la costrizione non esiste il consenso, nei contratti bilaterali si deve evitare tutto ciò che costituisce costrizione". Ma nel matrimonio si richiede un consenso bilaterale. Dunque il consenso coatto annulla il matrimonio.

2. Il matrimonio sta a significare l'unione di Cristo con la Chiesa, derivante dalla libertà dell'amore. Quindi non può prodursi con un consenso coatto.

RISPONDO: Il vincolo matrimoniale è perpetuo. Perciò quanto è incompatibile con la perpetuità elimina il matrimonio. Ora, il timore "capace di smuovere un uomo formato" elimina la perpetuità dei contratti: poiché si può chiedere la restituzione totale. Dunque tale tipo di coazione, non però un altro, rende nullo il matrimonio. — E va giudicato formato l'uomo "virtuoso", il quale, a detta di Aristotele, è "misura" in tutte le azioni umane.
Alcuni però dicono che se c'è il consenso, sia pure coatto, internamente rispetto a Dio il matrimonio sussiste; ma non esiste davanti alla Chiesa, la quale presume che non ci sia stato il consenso interno a motivo del timore. — Ma questa ragione non vale. Poiché la Chiesa non deve presumere che uno abbia peccato, fino a che non ne ha le prove. Ora peccherebbe chi dicesse di consentire, e non consentisse. Perciò la Chiesa presume che abbia acconsentito, ma ritiene che il consenso estorto non sia sufficiente a contrarre il matrimonio.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'intenzione non è causa efficiente del sacramento nel battesimo, ma solo pone in atto l'azione del battezzando. Invece nel matrimonio il consenso è causa efficiente. Perciò il paragone non regge.

2. Per il matrimonio non basta una volontarietà qualsiasi, ma quella perfetta: poiché deve essere perpetuo. Ecco perché la violenza "mista" ne è un impedimento.

3. In tali circostanze non sempre si deve consigliare di stare a quel matrimonio, ma solo quando si teme che lo scioglimento provochi dei danni. Altrimenti [chi rivendica la sua libertà] non fa peccato: poiché non ha apparenza di male non stare alle promesse fatte per costrizione.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Il consenso coatto e condizionato > Se il consenso coatto produca il matrimonio almeno nel contraente che usa la violenza


Supplemento
Questione 47
Articolo 4

SEMBRA che il consenso coatto produca il matrimonio almeno nel contraente che ricorre alla violenza. Infatti:
1. Il matrimonio è segno di un'unione spirituale. Ora, l'unione spirituale della carità può esserci anche verso uno che non ha la carità. Dunque anche il matrimonio può esserci anche verso una persona che non lo vuole.

2. Se colei che fu costretta dopo consente, l'unione diventa un vero matrimonio. Ma chi l'aveva costretta non viene vincolato per tale consenso. Perciò era già legato in matrimonio per il suo consenso primitivo.

IN CONTRARIO: Il matrimonio è una relazione di uguaglianza. Ma tale relazione deve riscontrarsi ugualmente in entrambi i soggetti. Se c'è quindi impedimento da parte di uno, il matrimonio non esiste neppure nell'altro.

RISPONDO: Essendo il matrimonio una relazione, e non potendo questa nascere in uno dei termini correlativi senza essere nell'altro, ciò che impedisce il matrimonio nell'uno, l'impedisce anche nell'altro; poiché è impossibile che uno sia marito senza moglie, e che una sia moglie senza marito; come è impossibile che una sia madre, se non ha figli. Ecco perché si usa dire, che "il matrimonio non può zoppicare".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene l'atto di chi ama possa volgersi verso chi non ama, tuttavia tra loro non può esserci unione, senza amore scambievole. Infatti il Filosofo afferma che per l'amicizia, la quale consiste in una certa unione, si richiede l'amore reciproco.

2. Il libero consenso di chi prima era stato costretto non produce il matrimonio, se non in quanto il consenso nell'altro contraente rimane ancora in vigore. Cosicché se costui non fosse più consenziente, il matrimonio non ci sarebbe.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Il consenso coatto e condizionato > Se il consenso condizionato basti per il matrimonio


Supplemento
Questione 47
Articolo 5

SEMBRA che neppure il consenso condizionato basti per il matrimonio. Infatti:
1. Ciò che si afferma sotto condizione non si afferma in senso assoluto. Ma nel matrimonio le parole devono esprimere il consenso in modo assoluto. Dunque la condizione apposta a un consenso rende nullo il matrimonio.

2. L'esistenza del matrimonio dove esser certa. Ma quando una cosa si afferma sotto condizione rimane nel dubbio. Perciò tale consenso non basta per il matrimonio.

IN CONTRARIO: Negli altri contratti l'obbligo sotto condizione è ammesso e regge, se si verifica la condizione. Essendo quindi il matrimonio un contratto, è chiaro che può farsi con un consenso condizionato.

RISPONDO: La condizione posta ha per oggetto, o una cosa presente, o una cosa futura. Se ha per oggetto una cosa presente, e non è contraria ai beni del matrimonio, onesta o disonesta che sia, il matrimonio si produce al verificarsi della condizione; diversamente non si produce. Se invece è contraria ai beni del matrimonio, allora questo non sussiste.
Se poi la condizione posta ha per oggetto il futuro, o si tratta di cose necessarie, come il fatto che domani nascerà il sole: allora il matrimonio sussiste, poiché queste cose sono già presenti nelle loro cause; - oppure sono cose contingenti, come la concessione della dote, o il gradimento dei genitori. E allora il consenso va giudicato alla pari di quello fatto in forma di promessa per il futuro. Esso quindi non produce il matrimonio.

Sono così risolte anche le difficoltà.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Il consenso coatto e condizionato > Se un padre possa costringere i figli a contrarre matrimonio


Supplemento
Questione 47
Articolo 6

SEMBRA che un padre possa costringere i figli a contrarre matrimonio. Infatti:
1. S. Paolo comanda: "Figlioli, ubbidite in tutto ai vostri genitori". Dunque essi sono tenuti a ubbidire anche in questo.

2. Sta scritto che Isacco "comandò" a Giacobbe "di non prendere per moglie una cananea". Ma egli non l'avrebbe comandato, se per diritto non avesse potuto farlo. Perciò i figli in questo devono ubbidire al padre.

3. Nessuno deve promettere, tanto meno con giuramento, per uno che egli non può costringere a mantenere la promessa. Ma i genitori promettono anche così i futuri matrimoni dei figli. Quindi possono anche costringere i figli a mantenere la promessa.

4. Il padre spirituale, cioè il Papa, può imporre per obbedienza il matrimonio spirituale, cioè l'episcopato. Perciò anche il padre carnale può imporre il matrimonio carnale.

IN CONTRARIO: 1. Un figlio può senza peccato entrare in religione, mentre suo padre gli comanda di sposarsi. Quindi in questo non è tenuto a ubbidirgli.

2. Se fosse tenuto a ubbidirgli, i fidanzamenti stabiliti dai genitori senza il consenso dei figli sarebbero validi. Questo invece è contro le leggi.

RISPONDO: Essendovi nel matrimonio come una schiavitù perpetua, il padre non può costringere i figli per obbedienza al matrimonio, essendo essi di libera condizione. Può invece indurveli per
dei motivi ragionevoli. E allora il figlio tanto è tenuto al comando di suo padre, quanto valgono quei motivi: e quindi se il motivo addotto è necessitante e virtuoso, tale è pure il comando del padre, altrimenti no.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il comando dell'Apostolo non vale per quelle cose in cui il figliolo è libero come il padre. Tale è appunto il matrimonio, per cui anche il figlio diventa padre.

2. Giacobbe era tenuto a fare quello che comandava Isacco anche per altri motivi: sia per la cattiveria delle donne cananee; sia perché il seme di Canaan doveva essere disperso da quella terra che era stata promessa al seme dei Patriarchi. Ecco perché Isacco poteva dare quel comando.

3. I genitori giurano sempre sottintendendo la condizione, se loro piacerà. Essi però si obbligano a indurli onestamente.

4. Alcuni dicono che il Papa non può comandare a nessuno di accettare l'episcopato, perché il consenso deve essere libero. – Ma con tale presupposto verrebbe distrutto tutto l'ordinamento ecclesiastico. Se infatti non si potesse costringere nessuno ad accettare il governo della Chiesa, questa non si potrebbe conservare: poiché talora quelli che ne sono capaci non vi si rassegnano, se non perché costretti.
Perciò si deve rispondere che i due casi sono diversi. Perché nel matrimonio spirituale non c'è una schiavitù corporale, equivalendo l'ufficio dei vescovi a quello di amministratori del bene comune, secondo le parole di S. Paolo: "Ci si deve considerare [come servitori di Cristo e come amministratori dei misteri di Dio]".

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