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Se l'atto matrimoniale sia sempre peccato
Supplemento
Questione 41
Articolo 3
SEMBRA che l'atto matrimoniale sia sempre peccato. Infatti:
1. S. Paolo scrive: "Quelli che hanno moglie siano come se non l'avessero". Ma ai non sposati non è lecito l'atto matrimoniale. Dunque anche gli sposati peccano in quell'atto.
2. In Isaia si legge: "Le nostre iniquità hanno messo la divisione tra noi e il nostro Dio". Ora, l'atto matrimoniale distoglie l'uomo da Dio; ecco perché nell'Esodo si comanda al popolo che doveva vedere Dio, di "non accostarsi alle proprie mogli"; e San Girolamo afferma che "nell'atto matrimoniale lo Spirito Santo non influisce sul cuore dei profeti". Perciò quell'atto è peccato.
3. L'atto che è turpe in se stesso in nessun modo può essere compiuto bene. Ora, l'atto matrimoniale è accompagnato dalla concupiscenza, che è sempre turpe. Dunque è peccaminoso.
4. Ha bisogno di essere scusato solo ciò che è peccato. Ma l'atto matrimoniale ha bisogno di essere scusato dai beni del matrimonio, come insegna il Maestro [delle Sentenze]. Quindi è peccato.
5. Cose della medesima specie meritano identico giudizio. Ma l'atto matrimoniale appartiene alla medesima specie dell'atto di adulterio: poiché entrambi hanno il medesimo oggetto, cioè la procreazione di un essere umano. Perciò, essendo peccato l'atto di adulterio, lo è pure l'atto del matrimonio.
6. Ogni eccesso di passione distrugge la virtù. Ora, nell'atto matrimoniale c'è sempre un eccesso di piacere: al punto da sommergere la ragione, che è il bene principale dell'uomo; infatti il Filosofo scrive, che "è impossibile all'uomo intendere allora una qualsiasi cosa". Quindi l'atto matrimoniale è sempre peccato.
IN CONTRARIO: 1. S. Paolo dichiara: "Se una vergine si sposa, non pecca"; e ancora: "voglio che le più giovani si sposino, facciano figli". Ma la procreazione dei figli non è possibile senza la copula carnale. Dunque l'atto matrimoniale non è peccato: altrimenti l'Apostolo non avrebbe voluto tali cose.
2. Nessun peccato può essere di precetto. Ora, l'atto matrimoniale è materia di un precetto: "Il marito renda alla moglie quel che deve". Quindi non è peccato.
RISPONDO: Se ammettiamo che la natura corporea è stata creata buona da Dio, è impossibile affermare che quanto è richiesto alla conservazione di tale natura, ed è secondo l'inclinazione naturale, sia universalmente cattivo. Perciò, esistendo l'inclinazione naturale alla procreazione della prole, che assicura la conservazione della specie, è impossibile affermare che l'atto con il quale viene procreata la prole sia del tutto illecito, così da non ammettere il giusto mezzo della virtù; - a meno che non si voglia asserire, secondo la follia di alcuni, "che gli esseri corruttibili sono stati creati da un Dio cattivo. Dal quale errore forse deriva l'opinione, cui accenna il testo [delle Sentenze]. Perciò si tratta di una pessima eresia.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'Apostolo con quelle parole non volle proibire l'atto del matrimonio, come non proibiva il possesso dei beni col dire; "Quelli che usano di questo mondo siano come se non ne usassero"; ma in entrambi i casi volle proibire che si scambiassero per fini tali mezzi. Il che risulta dalle espressioni che usa. Non disse infatti "stiano senza usarne", oppure, "rinunzino ad averla": ma "siano come se non ne usassero" o "non l'avessero".
2. Possiamo essere uniti a Dio e con la grazia abituale, e con l'atto della contemplazione e dell'amore. Ciò che separa dal primo tipo di unione è sempre peccato. Non cosi ciò che separa dal secondo: poiché qualunque occupazione lecita circa le cose inferiori distrae l'anima, così da non poter godere l'unione attuale con Dio. E ciò avviene soprattutto nella copula carnale, in cui l'anima è vincolata dall'intensità del piacere. Ecco perché a coloro che hanno l'incarico di contemplare o di amministrare le cose divine viene imposto temporaneamente di astenersi dall'atto coniugale. E per questo si dice che lo Spirito Santo, per quanto riguarda la rivelazione dei misteri di Dio, non influiva sull'anima dei profeti nell'atto del matrimonio.
3. La turpitudine della concupiscenza che sempre accompagna l'atto del matrimonio non è una colpa, ma un castigo derivante dal peccato originale: e consiste nel fatto che le facoltà inferiori e le membra del corpo non ubbidiscono alla ragione. Perciò l'argomento non regge.
4. Vengono scusati propriamente gli atti che presentano un aspetto di male, senza esserlo, oppure senza esserlo così gravemente come appare. I primi sono scusati del tutto, gli altri sono scusati in parte. E poiché l'atto matrimoniale per la corruzione della concupiscenza si presenta come un atto disordinato, in forza dei beni del matrimonio viene scusato del tutto, e non è affatto peccato.
5. Pur essendo i due atti identici nella loro specie fisica, differiscono nella specie morale, che è mutata da una circostanza, cioè dal fatto che si compie l'atto con la propria moglie o con un'altra. Allo stesso modo uccidere un uomo per vendetta, e ucciderlo per eseguire una giusta condanna sono atti diversi nella loro specie morale, pur essendo della medesima specie fisica: cosicché uno è lecito e l'altro illecito.
6. L'eccesso di passione che distrugge la virtù non solo impedisce l'atto della ragione, ma elimina l'ordine da essa voluto. Ma questo non avviene per l'intensità del piacere nell'atto matrimoniale: poiché sebbene allora l'uomo non sia attualmente ordinato, è però preordinato dalla ragione.
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