Sup, 36

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > Le qualità richieste per ricevere questo sacramento


Supplemento
Questione 36
Proemio

Eccoci quindi a considerare le qualità richieste per ricevere questo sacramento.
In proposito si pongono cinque quesiti:

1. Se nei candidati si richieda santità di vita;
2. Se si richieda la conoscenza di tutta la sacra Scrittura;
3. Se basti una vita meritoria per raggiungere un ordine nella gerarchia;
4. Se si pecchi nel promuovere agli ordini persone indegne;
5. Se chi è in peccato mortale possa esercitare lecitamente l'ordine ricevuto.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Le qualità richieste per ricevere questo sacramento > Se in chi riceve gli ordini si richieda santità di vita


Supplemento
Questione 36
Articolo 1

SEMBRA che in chi riceve gli ordini non si richieda santità di vita. Infatti:
1. Gli ordini predispongono all'amministrazione dei sacramenti. Ma questi possono essere amministrati dai buoni e dai cattivi. Dunque non si richiede la santità della vita.

2. Il ministero che si presta a Dio nei sacramenti non è superiore a quello prestato corporalmente al Verbo incarnato. Ora, questo ministero non fu negato a una donna peccatrice e infame, come appare dai Vangelo. Perciò non si deve negare a persone del genere l'amministrazione dei sacramenti.

3. Qualsiasi grazia offre un rimedio contro il peccato. Ma ai peccatori non va negato nessun rimedio che possa guarirli. Poiché, dunque, nel sacramento dell'ordine viene conferita la grazia, è chiaro che questo sacramento va dato anche ai peccatori.

IN CONTRARIO: Nella Scrittura si legge: "Nessuno della stirpe di Aronne affetto da macchia, si presenti a offrire il pane al Signore", o presti il ministero sacro. Ora, la Glossa spiega che per macchia va inteso qualsiasi vizio. Dunque chi è irretito in qualche vizio non va assunto al ministero dell'ordine.

2. S. Girolamo scrive: "Non soltanto i vescovi, i sacerdoti e i diaconi devono sforzarsi di essere superiori a tutto il popolo cui presiedono nel modo di parlare e di vivere, ma anche quelli che sono negli ordini inferiori, e quanti amministrano la parola del Signore: poiché è molto pericoloso per la Chiesa di Dio, che i laici siano migliori dei chierici". Perciò per tutti gli ordini si richiede santità di vita.

RISPONDO: Dionigi insegna: "Come sotto l'influsso dei raggi solari le essenze più sottili e diafane s'illuminano per prime della luce che s'irradia su di esse, e allora soltanto, divenute anch'esse simili al sole, trasmettono a quelle inferiori la luce di cui traboccano, così si deve sempre evitare l'audacia di voler esser guide ad altri nelle vie di Dio, senza aver raggiunto una deificazione in tutta la propria condotta". Quindi, siccome con qualsiasi ordine uno viene costituito guida degli altri nelle cose di Dio, pecca mortalmente di presunzione chi riceve gli ordini con la coscienza del peccato mortale. Perciò la santità di vita per ricevere gli ordini è di necessità di precetto. Non lo è invece di necessità di mezzo per la validità del sacramento. Quindi se viene ordinato un peccatore, egli di fatto riceve l'ordine, pur facendo peccato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come sono veri sacramenti quelli che il peccatore amministra, così è vero sacramento dell'ordine quello che egli riceve: ma come indegnamente amministra così indegnamente riceve il sacramento.

2. Il ministero suddetto consisteva in servizi corporali, che possono prestare lecitamente anche i peccatori. Diverso è invece il caso del ministero spirituale, cui sono deputati gli ordinandi: poiché con questo essi diventano intermediari tra Dio e il popolo; e quindi devono risplendere presso Dio per la purezza di coscienza, e presso gli uomini per il loro buon nome.

3. Ci sono delle medicine che esigono un temperamento vigoroso, altrimenti potrebbero costituire un pericolo di morte; e ce ne sono altre che possono somministrarsi anche ai più deboli. Così anche in campo spirituale ci sono dei sacramenti che sono ordinati a rimedio del peccato, come il battesimo e la penitenza: e questi si possono somministrare anche ai peccatori. Quelli invece che conferiscono la perfezione della grazia richiedono un uomo già fortificato dalla grazia.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Le qualità richieste per ricevere questo sacramento > Se negli ordinandi si richieda la conoscenza di tutta la sacra Scrittura


Supplemento
Questione 36
Articolo 2

SEMBRA che si richieda la conoscenza di tutta la sacra Scrittura. Infatti:
1. È tenuto a conoscere la legge chi ha il dovere di parlarne. Ora, "la legge si richiede dalla bocca del sacerdote", come dice il profeta. Dunque egli deve avere la conoscenza di tutta la legge.

2. S. Pietro esorta: "Siate sempre pronti a difendervi di fronte a chiunque chiede conto delle cose riguardanti la fede e la speranza che è in voi". Ma render conto delle cose riguardanti la fede e la speranza è proprio di coloro che hanno una conoscenza perfetta delle Scritture. Perciò gli ordinandi, cui sono dirette quelle parole, devono avere tale conoscenza.

3. Non si può legger bene ciò che non si comprende; poiché, come dice Catone, "leggere senza capire è leggere senza motivo". Ora, è detto che il lettore, il cui ordine è quasi il più basso, ha il compito di leggere il vecchio Testamento. Egli quindi deve essere in grado di capirlo tutto. E a maggior ragione devono capirlo i candidati agli ordini superiori.

IN CONTRARIO: 1. Molti vengono promossi al sacerdozio, anche tra i religiosi, che ignorano quasi del tutto queste cose. Dunque una tale conoscenza non è richiesta.

2. Nelle Vitae Patrum si legge che certi monaci semplici, i quali erano però di santissima vita, furono promossi al sacerdozio. Quindi per gli ordinandi non si richiede la scienza suddetta.

RISPONDO: Ogni atto umano che voglia essere ordinato deve essere sotto la direttiva della ragione. Quindi per compiere le funzioni di un dato ordine si richiede che uno abbia tanta scienza quanta esse ne richiedono. Perciò anche la scienza in chi deve essere ordinato si richiede in tale misura: e non è necessario che egli sia istruito perfettamente in tutta la Scrittura, ma di più o di meno secondo l'estensione dei compiti cui viene deputato; cosicché quelli che sono destinati alla cura d'anime conoscano la dottrina relativa alla fede e ai costumi, gli altri quanto riguarda le funzioni del proprio ordine.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il sacerdote ha due funzioni: la prima relativa al corpo reale di Cristo: la seconda relativa al suo corpo mistico. La seconda però dipende dalla prima, ma non viceversa. Perciò ci sono dei candidati al sacerdozio che sono incaricati solo della prima: come i religiosi cui non è affidata la cura delle anime. E dalla loro bocca non è richiesta la legge, ma si vuole solo l'amministrazione dei sacramenti. Quindi per essi basta quella scienza che è necessaria per compiere rettamente tale ministero.
Altri invece sono deputati ad agire sul corpo mistico di Cristo. E dalla loro bocca il popolo richiede la legge. Quindi in essi deve essere la conoscenza della legge: non da sapere tutte le questioni difficili ad essa relative, poiché per queste deve ricorrere ai superiori; ma da conoscere le cose che il popolo deve credere ed osservare. Invece i sacerdoti più alti in dignità, cioè i vescovi, sono tenuti a conoscere anche i problemi difficili della legge: e tanto maggiormente quanto occupano un grado più alto.

2. Render ragione della fede e della speranza non significa dimostrare il loro oggetto, che è una realtà invisibile; ma mostrare con argomenti generici la loro ragionevolezza. E ciò non richiede una scienza molto grande.

3. Il lettore non ha il compito di spiegare al popolo il significato della sacra Scrittura, che è proprio degli ordini superiori; ma solo quello di leggere il testo. Perciò da lui non si esige che la conosca in modo da capirla; ma solo che sia capace di recitarla bene. E poiché tale conoscenza è facilmente accessibile a molti, si può presumere che un ordinando l'acquisterà, anche se attualmente non la possiede: specialmente se ha cominciato a esercitarvisi.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Le qualità richieste per ricevere questo sacramento > Se basti una vita meritoria per raggiungere un ordine nella gerarchia


Supplemento
Questione 36
Articolo 3

SEMBRA che basti una vita meritoria per raggiungere un ordine nella gerarchia. Infatti:
1. Scrive il Crisostomo: "Non ogni sacerdote è santo, ma ogni santo è sacerdote". Ora, con la vita meritoria si diventa santi. Dunque anche sacerdoti. E a maggior ragione lo diventa chi ha già altri ordini.

2. Nell'ordine di natura una cosa viene posta in un grado superiore per il fatto stesso che si avvicina a Dio e partecipa maggiormente, come insegna Dionigi, della sua bontà. Ma con la santità e con la scienza uno si avvicina di più a Dio e partecipa maggiormente della sua bontà. Dunque basta codesto fatto a collocarlo in un grado dell'ordine.

IN CONTRARIO: La santità che si possiede si può anche perdere. L'ordine invece non si può perdere mai. Perciò l'ordine non consiste nella santità.

RISPONDO: La causa deve essere proporzionata al proprio effetto. Perciò come in Cristo, da cui deriva la grazia a tutti gli uomini, si richiede la pienezza della grazia; così nei ministri della Chiesa, che hanno il compito di distribuire non la grazia, ma i sacramenti di essa, si produce un grado gerarchico non per il solo fatto che essi hanno la grazia, ma perché ricevono un particolare sacramento della grazia.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Crisostomo dà al termine sacerdote il significato etimologico di sacra dans [distributore di cose sante]: in tal senso tutti i giusti, in quanto aiutano altri con i propri meriti, possono dirsi sacerdoti. Ma egli non dà alla parola il suo significato proprio. Poiché il termine sacerdote sta a indicare "colui che dà le cose sante nell'amministrazione dei sacramenti".

2. In natura un essere è superiore agli altri in forza della propria forma mediante la quale agisce su di loro; e quindi per il fatto che ha una forma più nobile è costituito in un grado superiore. I ministri della Chiesa invece non emergono sugli altri in forza della propria santità, perché questo appartiene a Dio soltanto; ma come ministri e quasi come strumenti dell'influsso vitale che dal capo fluisce sulle membra. Perciò l'analogia suddetta non costituisce la dignità dell'ordine; sebbene valga a raccomandare la convenienza di quelle doti.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Le qualità richieste per ricevere questo sacramento > Se chi promuove persone indegne faccia peccato


Supplemento
Questione 36
Articolo 4

SEMBRA che chi promuove persone indegne non faccia peccato. Infatti:
1. Il vescovo ha bisogno di collaboratori di ordine inferiore. Ma se egli richiedesse l'idoneità descritta dai Santi Padri, non potrebbe trovarne in numero sufficiente. Dunque se promuove delle persone indegne, può essere scusato.

2. La Chiesa ha bisogno di ministri non solo per le cose spirituali, ma anche per l'amministrazione dei beni temporali. Ora, capita che persone prive di scienza e di santità siano invece utili nel governo dei beni temporali: o per gli appoggi secolareschi, o per le capacità naturali. Perciò la loro promozione non sembra peccaminosa.

3. Si è tenuti a evitare il peccato nei limiti del possibile. Quindi, se il vescovo peccasse nel promuovere gli indegni, dovrebbe usare una diligenza estrema per sapere se i candidati agli ordini sono persone degne, facendo indagini diligenti sui loro costumi e sul loro sapere. Ora, questo non si osserva in nessun luogo.

IN CONTRARIO: 1. Promuovere cattivi soggetti ai ministeri sacri è peggio che non correggere quelli già promossi. Ma Eli peccò mortalmente non correggendo i figli della loro cattiveria; cosicché "cadendo all'indietro rimase morto", come narra la Scrittura. Perciò non è senza peccato chi promuove gli indegni.

2. Nella Chiesa gl'interessi spirituali vanno preferiti a quelli temporali. Ora, peccherebbe mortalmente chi a ragion veduta mettesse in pericolo i beni temporali della Chiesa. A maggior ragione, dunque, peccherebbe chi mettesse in pericolo i beni spirituali. Ma chiunque promuove gli indegni espone al pericolo le cose spirituali: poiché, come dice S. Gregorio, "il disprezzo che uno merita per la condotta ricade sulla sua predicazione", e quindi su tutti i beni spirituali che amministra. Dunque pecca mortalmente chi promuove gli indegni.

RISPONDO: Il Signore descrive "il servo fedele come costituito a capo della famiglia, per dare a ciascuno la sua misura di frumento". Perciò è reo d'infedeltà chi da a qualcuno le cose divine oltre la sua misura. E appunto ciò che compie chi promuove gli indegni. Quindi egli commette un peccato mortale, come infedele al Signore supremo: specialmente perché questo pregiudica il bene della Chiesa e l'onore di Dio, che vengono invece promossi da buoni ministri. Sarebbe infatti infedele a un padrone terreno, chi chiamasse al suo servizio persone incapaci.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dio non abbandona mai la sua Chiesa al punto da non poter trovare ministri sufficienti per le necessità del popolo, se si promuovono persone degne allontanando gli indegni. E se non è possibile trovarne tanti quanto quelli attuali, "sarebbe meglio aver pochi ministri buoni che molti cattivi", come dice S. Clemente.

2. I beni temporali vanno cercati solo per quelli spirituali. Perciò bisogna preferire qualsiasi danno temporale, e disprezzare qualsiasi vantaggio del genere, per promuovere il bene spirituale.

3. Il meno che si richieda è che al vescovo ordinante non risulti nulla nel candidato che sia contrario alla santità. Inoltre si richiede che secondo l'importanza dell'ordine o dell'ufficio da conferire, si usi una diligenza maggiore per avere la certezza sull'idoneità dei candidati, almeno dalla testimonianza di altri. È quanto raccomanda l'Apostolo a Timoteo: "Non imporre le mani a nessuno con troppa fretta".



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Le qualità richieste per ricevere questo sacramento > Se chi è in peccato mortale possa esercitare lecitamente l'ordine ricevuto


Supplemento
Questione 36
Articolo 5

SEMBRA che chi è in peccato mortale possa esercitare lecitamente l'ordine ricevuto. Infatti:
1. Se non l'esercita quando vi è tenuto per ufficio, commette peccato. Ma se peccasse poi esercitandolo, non potrebbe evitare il peccato. Il che è inammissibile.

2. C'è poi la dispensa che è "un'eccezione alla legge". Perciò, anche se per legge fosse illecito l'esercizio dell'ordine ricevuto, tuttavia verrebbe reso lecito dalla dispensa.

3. Chi partecipa al peccato altrui, pecca lui stesso mortalmente. Quindi se un ordinato pecca mortalmente esercitando il proprio ordine in peccato, allora pecca anche chi da lui riceve o richiede le cose sacre. Il che sembra inaudito.

4. Se costui pecca esercitando il proprio ordine, fa peccato mortale con qualsiasi atto ad esso relativo. E allora, siccome all'esercizio dell'ordine concorrono molti atti, dovrebbe commettere altrettanti peccati mortali. Il che sembra estremamente duro.

IN CONTRARIO: 1. Dionigi ha scritto: "Costui", ossia chi non è illuminato [dalla grazia], "sembra molto presuntuoso, mettendo mano alle funzioni sacerdotali; e non sente timore e vergogna nel trattare le cose divine senza dignità, pensando che Dio ignori i segreti della sua coscienza; e pensa di poter ingannare colui che egli falsamente chiama Padre; e osa servirsi delle parole di Cristo per pronunziare sui segni divini, non oso dire delle preghiere, ma immonde bestemmie". Perciò il sacerdote che indegnamente esercita il proprio ordine è come un bestemmiatore, o un ipocrita.
Quindi pecca mortalmente. E per lo stesso motivo peccano in caso analogo tutti gli altri ordinati.

2. La santità è richiesta negli ordinandi perché indispensabile per esercitare le loro funzioni. Ora, chi si presenta agli ordini in peccato mortale pecca mortalmente. A maggior ragione, quindi, pecca chiunque eserciti in peccato il proprio ordine.

RISPONDO: La legge comanda di "compiere santamente le cose sante". Perciò chi eseguisce le funzioni del proprio ordine in modo indegno, compie le cose sante in maniera non santa, e quindi agisce contro la legge, peccando così mortalmente. Chi infatti esercita un ufficio sacro in peccato mortale, non c'è dubbio che lo esercita indegnamente. Perciò è evidente che fa peccato mortale.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Costui non può dirsi perplesso, così da essere costretto a peccare: perché può abbandonare il peccato, oppure rinunziare all'ufficio che l'obbliga a esercitare il proprio ordine.

2. La legge naturale non ammette dispense. Ora, è legge naturale che uno tratti santamente le cose sante. Quindi in questo nessuno può dispensare.

3. Fino a che la Chiesa tollera un suo ministro in peccato mortale, i sudditi sono in dovere di ricevere da lui i sacramenti, essendovi obbligati. Tuttavia fuori del caso di necessità non è prudente indurre costui a esercitare il proprio ordine, quando si è persuasi che egli è in peccato mortale. Tuttavia uno potrebbe anche perdere tale persuasione, considerando che la grazia divina può convertire un uomo in modo istantaneo.

4. Uno pecca mortalmente tutte le volte che in peccato mortale agisce come ministro della Chiesa; poiché, come dice Dionigi, "agli immondi non è permesso toccare neppure i simboli", cioè i segni sacramentali. Perciò quando costoro toccano le cose sacre nell'esercizio delle loro funzioni, fanno peccato mortale.
È invece diverso il caso, se toccano le cose sacre per necessità, o quando sarebbe lecito anche ai laici: per battezzare, p. es., in caso di necessità, oppure per raccogliere il corpo di Cristo caduto per terra.

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