Sup, 27

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Coloro che possono lucrare le indulgenze


Supplemento
Questione 27
Proemio

Infine passiamo a considerare quali persone possano lucrare le indulgenze.
In proposito si pongono quattro quesiti:

1. Se possano lucrare le indulgenze coloro che sono in peccato mortale;
2. Se possano lucrarle i religiosi;
3. Se possano lucrarle coloro i quali non accettano le condizioni richieste;
4. Se chi concede un'indulgenza possa anche lucrarla.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Coloro che possono lucrare le indulgenze > Se possano lucrare indulgenze coloro che sono in peccato mortale


Supplemento
Questione 27
Articolo 1

SEMBRA che una persona in peccato mortale possa lucrare indulgenze. Infatti:
1. Uno può meritare la grazia e molti altri beni per un altro che si trova in peccato mortale. Ora. le indulgenze derivano la loro efficacia dal fatto che i meriti dei santi vengano applicati a una determinata persona. Quindi producono il loro effetto in quelli che sono in peccato mortale.

2. Dove si trova più indigenza si richiede maggiore misericordia. Ma chi è in peccato mortale è sommamente indigente. Perciò verso di lui bisogna usare più misericordia con le indulgenze.

IN CONTRARIO: Un membro morto non riceve nessun influsso da quelli vivi. Ora, chi è in peccato mortale è come un membro morto. Quindi non può ricevere influsso alcuno dalle membra vive [della Chiesa] mediante le indulgenze.

RISPONDO: Alcuni affermano che una persona in peccato mortale può lucrare indulgenze. Queste però non gli servirebbero a rimettere le pene, perché nessuna pena può essere condonata senza il perdono della colpa; chi infatti non ha ancora conseguito il perdono della colpa da parte di Dio, non può neppure essere assolto dalla pena dai ministri della Chiesa, né con le indulgenze, né con la confessione sacramentale: gli servirebbero invece per ottenere la grazia.
Questo però non sembra conforme a verità. Benché infatti quei meriti, che vengono partecipati per mezzo delle indulgenze, possano essere utili a meritare la grazia, tuttavia non sono concessi a questo scopo, ma propriamente per la remissione delle pene. E quindi non può usufruirne chi è in peccato mortale. Ecco perché in tutte le indulgenze si fa menzione di [persone] "veramente contrite e confessate".
A chi è in peccato mortale potrebbe invece servire a meritare qualcosa, come afferma la prima opinione, se la concessione dell'indulgenza fosse formulata in questi termini: "Ti rendo partecipe dei meriti di tutta la Chiesa oppure di una determinata comunità o persona".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È così risolta anche la prima difficoltà.

2. Sebbene chi vive in peccato mortale sia più bisognoso, è tuttavia meno disposto [a lucrare indulgenze].



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Coloro che possono lucrare le indulgenze > Se i religiosi possano lucrare indulgenze


Supplemento
Questione 27
Articolo 2

SEMBRA che i religiosi non possano lucrare indulgenze. Infatti:
1. Non è conveniente che uno usufruisca di quei beni, che gli dovrebbero avanzare in favore degli altri. Ora, le indulgenze derivano nei fedeli dalla sovrabbondanza delle opere espiatorie dei religiosi. Dunque non è conveniente che questi ultimi lucrino le indulgenze.

2. Niente nella Chiesa può essere incentivo al rilassamento dei religiosi. Ma se ad essi giovassero le indulgenze, queste sarebbero occasione del rilassamento della disciplina regolare: perché i religiosi vagherebbero troppo in cerca di indulgenze, e trascurerebbero le penitenze ricevute nei loro capitoli. Dunque non possono loro giovare le indulgenze.

IN CONTRARIO: Il bene non può far male a nessuno. Ma lo stato religioso è un bene. Perciò i religiosi non possono subire il danno di non potersi giovare delle indulgenze.

RISPONDO: Possono lucrare indulgenze sia i secolari che i religiosi, purché siano in grazia, e osservino le condizioni richieste allo scopo: i religiosi infatti non hanno meno bisogno dell'aiuto altrui che i secolari.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Benché il religioso sia nello stato di perfezione, non è tuttavia possibile che egli viva senza nessun peccato. Perciò, se a un certo punto, peccando, si rende reo di pena, può espiarla mediante le indulgenze. E neppure è un controsenso che uno, il quale ordinariamente possiede del superfluo, si trovi talvolta in necessità e quindi abbia bisogno dell'aiuto altrui. Ecco perché S. Paolo dice: "Portate gli uni i pesi degli altri".

2. L'osservanza regolare non deve essere distrutta a causa delle indulgenze: poiché i religiosi guadagnano maggiori meriti per la vita eterna osservando le proprie leggi che andando a caccia di indulgenze; benché, in tal maniera, ottengano solo meno remissione di pena temporale, che è un bene inferiore. - Né, con le indulgenze, sono condonate le penitenze ricevute nel capitolo; perché questo appartiene più al foro giudiziale che a quello penitenziale; infatti vi presiedono anche persone che non sono sacerdoti. Ma nel foro penitenziale ciascuno è assolto dalla pena imposta o dovuta a causa del peccato.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Coloro che possono lucrare le indulgenze > Se le indulgenze possano essere concesse anche a chi non pone le condizioni richieste


Supplemento
Questione 27
Articolo 3

SEMBRA che le indulgenze possano essere concesse anche a chi non pone le condizioni richieste. Infatti:
1. Per chi non può fare una cosa "basta la volontà di farla".
Ora, talvolta è concessa un'indulgenza in favore di chi fa una determinata elemosina, che un povero non può fare, benché ne abbia il desiderio. Dunque questi può lucrare ugualmente tale indulgenza.

2. Una persona può espiare per un'altra. Ma l'indulgenza è ordinata, come l'espiazione, al condono della pena. Perciò una persona può lucrare l'indulgenza per un'altra. E così questa seconda lucra l'indulgenza senza eseguire le opere prescritte.

AL CONTRARIO: Tolta la causa, viene meno l'effetto. Se dunque uno non osserva le condizioni imposte, che sono appunto causa dell'indulgenza, non può lucrarle.

RISPONDO: Venendo a mancare la condizione, non si ottiene ciò che ad essa è condizionato. Perciò, siccome l'indulgenza viene concessa sotto la condizione di compiere o dare qualche cosa, chi ciò non attua non lucra l'indulgenza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Questo vale per il premio essenziale, non per alcuni altri premi accidentali, come, p. es., il condono della pena o cose simili.

2. Ciascuno può applicare le proprie opere buone in favore di chi vuole; e quindi può anche espiare per altri. Le indulgenze però si possono applicare ad altri soltanto secondo l'intenzione di chi le concede. E poiché costui le concede a chi compie ed offre qualche cosa, non può questi a sua volta trasferire ad altre persone tale intenzione. Questo potrebbe attuarsi solo nel caso che la concessione dell'indulgenza fosse così formulata: "Chi fa, oppure colui per il quale si fa tale cosa, lucra tale indulgenza". Ma neppure in tal caso da l'indulgenza a un altro chi compie l'opera buona; bensì colui che la concede sotto tale forma.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Coloro che possono lucrare le indulgenze > Se un'indulgenza possa valere per colui che la concede


Supplemento
Questione 27
Articolo 4

SEMBRA che un'indulgenza non possa valere per colui che la concede.
Infatti:
1. Concedere indulgenze è proprio del potere di giurisdizione. Ma nessuno può esercitare tale potere su se stesso. Dunque nessuno può acquistare le indulgenze da lui concesse.

2. Ammesso codesto fatto, chi concede indulgenze potrebbe, con un'azione insignificante, assolvere se stesso da tutte le pene dovute per i suoi peccati, e cosi peccare impunemente. Il che è inaudito.

3. È proprio del medesimo potere sia concedere indulgenze che scomunicare. Ma uno non può scomunicare se stesso. Dunque neppure può usufruire delle indulgenze da lui concesse.

IN CONTRARIO: Se [il prelato] non potesse usufruire del tesoro della Chiesa, che dispensa agli altri, si troverebbe in condizione peggiore di loro.

RISPONDO: È necessario che le indulgenze vengano concesse per qualche motivo, affinché i fedeli, per mezzo di quelle, siano stimolati a compiere opere le quali ridondino a utilità della Chiesa e a gloria di Dio. Ora, il prelato, a cui spetta promuovere il bene della Chiesa e la gloria di Dio, non ha bisogno di incitamenti a tale scopo. Quindi non può concedere indulgenze [speciali] a se stesso. Può invece usufruire di quelle da lui concesse agli altri, perché esse hanno già una causa sufficiente.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nessuno può esercitare il potere di giurisdizione su se stesso. Tuttavia un prelato può servirsi dei benefici temporali o spirituali, che egli ha concesso agli altri col suo potere di giurisdizione. Allo stesso modo il vescovo può servirsi dei suffragi della Chiesa, che egli concede agli altri, e il cui effetto immediato non è un atto di giurisdizione, ma la remissione della pena mediante le indulgenze.

2. La risposta alla seconda difficoltà è evidente da quanto abbiamo detto.

3. La scomunica viene inflitta come una sentenza [giudiziale], che nessuno può pronunciare contro se stesso: in giudizio, infatti, nessuno può fungere insieme da giudice e da reo. L'indulgenza invece non è data come una sentenza, ma come un'elargizione: e questa uno può concederla a se stesso.

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva