I, 93

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo


Prima pars
Quaestio 93
Prooemium

[32352] Iª q. 93 pr.
Deinde considerandum est de fine sive termino productionis hominis, prout dicitur factus ad imaginem et similitudinem Dei. Et circa hoc quaeruntur novem.
Primo, utrum in homine sit imago Dei.
Secundo, utrum imago Dei sit in irrationalibus creaturis.
Tertio, utrum imago Dei sit magis in Angelo quam in homine.
Quarto, utrum imago Dei sit in omni homine.
Quinto, utrum in homine sit imago Dei per comparationem ad essentiam, vel ad personas divinas omnes, aut unam earum.
Sexto, utrum imago Dei inveniatur in homine solum secundum mentem.
Septimo, utrum imago Dei sit in homine secundum potentias, aut secundum habitus, aut actus.
Octavo, utrum per comparationem ad omnia obiecta.
Nono, de differentia imaginis et similitudinis.

 
Prima parte
Questione 93
Proemio

[32352] Iª q. 93 pr.
Consideriamo ora il fine o coronamento della creazione dell'uomo, in quanto si dice che egli è stato fatto "a immagine e somiglianza di Dio".
Su tale questione si pongono nove quesiti:

1. Se vi sia nell'uomo l'immagine di Dio;
2. Se l'immagine di Dio si trovi nelle creature irragionevoli;
3. Se l'immagine di Dio si trovi più nell'angelo che nell'uomo;
4. Se l'immagine di Dio si trovi in tutti gli uomini;
5. Se l'immagine di Dio esistente nell'uomo si riferisca all'essenza divina, a tutte le Persone divine, oppure a una sola di esse;
6. Se l'immagine di Dio si trovi nell'uomo solo in rapporto all'anima;
7. Se l'immagine di Dio si trovi nell'uomo in rapporto alle potenze, agli abiti, o agli atti;
8. Se in rapporto a tutti gli oggetti;
9. Differenza tra immagine e somiglianza.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se vi sia nell'uomo l'immagine di Dio


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 1

[32353] Iª q. 93 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod imago Dei non sit in homine. Dicitur enim Isaiae XL, cui similem fecistis Deum; aut quam imaginem ponetis ei?

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 1

[32353] Iª q. 93 a. 1 arg. 1
SEMBRA che nell'uomo non vi sia l'immagine di Dio. Infatti:
1. In Isaia si legge: "A chi dunque lo rassomigliereste Dio? E quale immagine gli darete?".

[32354] Iª q. 93 a. 1 arg. 2
Praeterea, esse Dei imaginem est proprium primogeniti, de quo dicit apostolus, ad Colos. I, qui est imago Dei invisibilis, primogenitus omnis creaturae. Non ergo in homine invenitur Dei imago.

 

[32354] Iª q. 93 a. 1 arg. 2
2. L'essere immagine di Dio è una prerogativa del Primogenito, del quale l'Apostolo afferma: "Egli è l'immagine dell'invisibile Iddio, il primogenito di ogni creazione". Perciò l'immagine di Dio non si trova nell'uomo.

[32355] Iª q. 93 a. 1 arg. 3
Praeterea, Hilarius dicit, in libro de Synod., quod imago est eius rei ad quam imaginatur, species indifferens; et iterum dicit quod imago est rei ad rem coaequandam indiscreta et unita similitudo. Sed non est species indifferens Dei et hominis; nec potest esse aequalitas hominis ad Deum. Ergo in homine non potest esse imago Dei.

 

[32355] Iª q. 93 a. 1 arg. 3
3. S. Ilario insegna che "l'immagine è la specie indifferenziata della cosa che rappresenta"; e ancora: "l'immagine è la somiglianza completa e senza differenze di una cosa, fatta per uguagliarne un'altra". Ora, non si dà una specie indifferenziata [e comune] tra Dio e l'uomo; e neppure può esserci uguaglianza. Quindi non ci può essere nell'uomo l'immagine di Dio.

[32356] Iª q. 93 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur Gen. I, faciamus hominem ad imaginem et similitudinem nostram.

 

[32356] Iª q. 93 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza".

[32357] Iª q. 93 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod, sicut Augustinus dicit in libro octoginta trium quaest., ubi est imago, continuo est et similitudo; sed ubi est similitudo, non continuo est imago. Ex quo patet quod similitudo est de ratione imaginis, et quod imago aliquid addit supra rationem similitudinis, scilicet quod sit ex alio expressum, imago enim dicitur ex eo quod agitur ad imitationem alterius. Unde ovum, quantumcumque sit alteri ovo simile et aequale, quia tamen non est expressum ex illo, non dicitur imago eius. Aequalitas autem non est de ratione imaginis, quia, ut Augustinus ibidem dicit, ubi est imago, non continuo est aequalitas; ut patet in imagine alicuius in speculo relucente. Est tamen de ratione perfectae imaginis, nam in perfecta imagine non deest aliquid imagini, quod insit illi de quo expressa est. Manifestum est autem quod in homine invenitur aliqua Dei similitudo, quae deducitur a Deo sicut ab exemplari, non tamen est similitudo secundum aequalitatem, quia in infinitum excedit exemplar hoc tale exemplatum. Et ideo in homine dicitur esse imago Dei, non tamen perfecta, sed imperfecta. Et hoc significat Scriptura, cum dicit hominem factum ad imaginem Dei, praepositio enim ad accessum quendam significat, qui competit rei distanti.

 

[32357] Iª q. 93 a. 1 co.
RISPONDO: Come fa osservare S. Agostino, "dove c'è immagine vi è senz'altro somiglianza; dove però c’è somiglianza non per questo c'è senz'altro immagine". Da ciò rileviamo che la somiglianza fa parte della nozione di immagine, e che quest'ultima aggiunge qualche cosa alla nozione di somiglianza, cioè la dipendenza da un altro; infatti immagine deriva dall'atto di imitare. Perciò un uovo, per quanto possa essere simile e uguale a un altro uovo, non si potrà chiamare immagine di esso, appunto perché non ne costituisce una riproduzione. - Il concetto di immagine invece non include l'uguaglianza; poiché, come si esprime S. Agostino, "dove c’è immagine non vi è senz'altro uguaglianza". E ciò è evidente per l'immagine di una persona riflessa dallo specchio. Però [l'uguaglianza] si richiede nell'immagine perfetta: poiché nell'immagine perfetta non deve mancare niente di quanto appartiene al prototipo da essa riprodotto.
Ora, è chiaro che nell'uomo vi è una somiglianza con Dio, dipendente da lui come da suo esemplare: ma non è una somiglianza di uguaglianza, perché l'esemplare supera all’infinito la copia. Perciò si dovrà dire che nell'uomo vi è un'immagine di Dio, non già perfetta, bensì imperfetta. Questo vuole indicare la Scrittura quando dice che l'uomo è fatto "a immagine di Dio"; poiché la preposizione a indica l'approssimazione di una cosa, che è però distante.

[32358] Iª q. 93 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod propheta loquitur de corporalibus imaginibus ab homine fabricatis, et ideo signanter dicit, quam imaginem ponetis ei? Sed Deus ipse sibi in homine posuit spiritualem imaginem.

 

[32358] Iª q. 93 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Profeta parla delle immagini materiali fabbricate dall'uomo; perciò usa l'espressione: "Quale immagine gli darete?". Invece nell'uomo Dio ha dato a se stesso un'immagine spirituale.

[32359] Iª q. 93 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod primogenitus omnis creaturae est imago Dei perfecta, perfecte implens illud cuius imago est, et ideo dicitur imago, et nunquam ad imaginem. Homo vero et propter similitudinem dicitur imago; et propter imperfectionem similitudinis, dicitur ad imaginem. Et quia similitudo perfecta Dei non potest esse nisi in identitate naturae, imago Dei est in filio suo primogenito sicut imago regis in filio sibi connaturali; in homine autem sicut in aliena natura, sicut imago regis in nummo argenteo; ut patet per Augustinum in libro de decem chordis.

 

[32359] Iª q. 93 a. 1 ad 2
2. "Il Primogenito di ogni creazione" è l'immagine perfetta di Dio, che adegua perfettamente quello di cui è immagine; perciò di lui si dice che è Immagine, non già a immagine. Invece l'uomo per la somiglianza è chiamato immagine, ma per l'imperfezione di questa sua somiglianza si dice che è a immagine. Ora, poiché la somiglianza perfetta con Dio esige identità di natura, l'immagine di Dio viene a trovarsi nel Figlio suo Primogenito come l'immagine del re nel suo figlio legittimo; mentre nell'uomo ossa si trova come in una natura estranea, cioè come l'immagine del re si trova in una moneta d'argento, per usare l'espressione di S. Agostino.

[32360] Iª q. 93 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod, cum unum sit ens indivisum, eo modo dicitur species indifferens, quo una. Unum autem dicitur aliquid non solum numero aut specie aut genere, sed etiam secundum analogiam vel proportionem quandam, et sic est unitas vel convenientia creaturae ad Deum. Quod autem dicit rei ad rem coaequandam, pertinet ad rationem perfectae imaginis.

 

[32360] Iª q. 93 a. 1 ad 3
3. L'uno non è che l'ente indiviso e quindi la specie indifferenziata non è altro che la specie unica. Ora, a una cosa si può attribuire l'unità, non solo secondo il numero, la specie, o il genere, ma anche secondo una certa analogia e proporzione, e questa è l'unità o comunanza esistente tra la creatura e Dio. Le parole poi: "fatta per uguagliarne un'altra", si riferiscono all’immagine perfetta.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se l'immagine di Dio si trovi anche nelle creature irragionevoli


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 2

[32361] Iª q. 93 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod imago Dei inveniatur in irrationalibus creaturis. Dicit enim Dionysius, in libro de Div. Nom., habent causata causarum suarum contingentes imagines. Sed Deus est causa non solum rationalium creaturarum, sed etiam irrationalium. Ergo imago Dei invenitur in irrationalibus creaturis.

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 2

[32361] Iª q. 93 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'immagine di Dio si trovi anche nelle creature irragionevoli. Infatti:
1. Dice Dionigi: "Gli effetti portano immagini contingenti delle loro cause". Ora Dio è causa non soltanto delle creature ragionevoli, ma anche di quelle irragionevoli. Perciò anche in queste si trova l'immagine di Dio.

[32362] Iª q. 93 a. 2 arg. 2
Praeterea, quanto est expressior similitudo in aliquo, tanto magis accedit ad rationem imaginis. Sed Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom., quod radius solaris maxime habet similitudinem divinae bonitatis. Ergo est ad imaginem Dei.

 

[32362] Iª q. 93 a. 2 arg. 2
2. Quanto più la somiglianza di una cosa è marcata, tanto più si avvicina alla nozione di immagine. Ma Dionigi scrive che il raggio del sole ha la somiglianza più marcata con la bontà divina. Dunque il sole è ad immagine di Dio.

[32363] Iª q. 93 a. 2 arg. 3
Praeterea, quanto aliquid est magis perfectum in bonitate, tanto magis est Deo simile. Sed totum universum est perfectius in bonitate quam homo, quia etsi bona sint singula, tamen simul omnia dicuntur valde bona, Gen. I. Ergo totum universum est ad imaginem Dei, et non solum homo.

 

[32363] Iª q. 93 a. 2 arg. 3
3. Quanto più un essere è perfetto nella bontà, tanto più è simile a Dio. Ora, l'universo intero è più perfetto nella bontà che l'uomo; poiché, sebbene le cose singolarmente siano buone, tutte insieme vengono denominate "molto buone". Perciò non solo l'uomo, ma tutto l'universo è a immagine di Dio.

[32364] Iª q. 93 a. 2 arg. 4
Praeterea, Boetius in libro de Consol., dicit de Deo, mundum mente gerens, similique in imagine formans. Ergo totus mundus est ad imaginem Dei, et non solum rationalis creatura.

 

[32364] Iª q. 93 a. 2 arg. 4
4. Boezio parla di Dio così: "Egli è colui che sostiene il mondo con la mente, e lo plasma a sua immagine". Per conseguenza non la sola creatura ragionevole, ma tutto il mondo è immagine di Dio.

[32365] Iª q. 93 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicit Augustinus, VI super Gen. ad Litt., hoc excellit in homine, quia Deus ad imaginem suam hominem fecit, propter hoc quod dedit ei mentem intellectualem, qua praestat pecoribus. Ea ergo quae non habent intellectum, non sunt ad imaginem Dei.

 

[32365] Iª q. 93 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino: "L'eccellenza dell'uomo consiste nel fatto che Dio lo ha creato a sua immagine, dandogli un'anima intellettiva, che lo mette al disopra delle bestie". Dunque gli esseri che mancano d'intelligenza non sono a immagine di Dio.

[32366] Iª q. 93 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod non quaelibet similitudo, etiam si sit expressa ex altero, sufficit ad rationem imaginis. Si enim similitudo sit secundum genus tantum, vel secundum aliquod accidens commune, non propter hoc dicetur aliquid esse ad imaginem alterius, non enim posset dici quod vermis qui oritur ex homine, sit imago hominis propter similitudinem generis; neque iterum potest dici quod, si aliquid fiat album ad similitudinem alterius, quod propter hoc sit ad eius imaginem, quia album est accidens commune pluribus speciebus. Requiritur autem ad rationem imaginis quod sit similitudo secundum speciem, sicut imago regis est in filio suo, vel ad minus secundum aliquod accidens proprium speciei, et praecipue secundum figuram, sicut hominis imago dicitur esse in cupro. Unde signanter Hilarius dicit quod imago est species indifferens. Manifestum est autem quod similitudo speciei attenditur secundum ultimam differentiam. Assimilantur autem aliqua Deo, primo quidem, et maxime communiter, inquantum sunt; secundo vero, inquantum vivunt; tertio vero, inquantum sapiunt vel intelligunt. Quae, ut Augustinus dicit in libro octoginta trium quaest., ita sunt Deo similitudine proxima, ut in creaturis nihil sit propinquius. Sic ergo patet quod solae intellectuales creaturae, proprie loquendo, sunt ad imaginem Dei.

 

[32366] Iª q. 93 a. 2 co.
RISPONDO: Per una vera immagine non basta una somiglianza qualsiasi, anche se c’è dipendenza da altri. Infatti, se la somiglianza si limita al genere o a un comune accidente, non si potrà dire per questo che una cosa è a immagine di un'altra. Così non potremo dire che il verme, originato dalla carne dell'uomo, sia un'immagine dell'uomo perché simile a lui nel genere [di animale]; e neppure si potrà affermare che una cosa, la quale riceve il [colore] bianco a somiglianza di un'altra, ne sia l'immagine, essendo il bianco un accidente comune a molte specie. Quindi per avere un'immagine si richiede, o comunanza secondo la specie, ed è il caso dell'immagine del re esistente nel suo figliuolo; o per lo meno la comunanza secondo qualche accidente proprio della specie, in modo particolare secondo la figura, ed è il caso dell'immagine di un uomo riprodotta nel bronzo. Per questo motivo S. Ilario usa quell'espressione: "L'immagine è una specie indifferenziata".
È poi evidente che la somiglianza nella specie va considerata secondo l'ultima differenza. Ora, i vari esseri hanno con Dio una prima somiglianza genericissima in quanto esistono; una seconda in quanto vivono; una terza in quanto pensano o intendono. E questi ultimi, al dire di S. Agostino, "hanno con Dio una somiglianza tanto stretta, da essere la più vicina concessa alle creature". Dunque è chiaro che, parlando propriamente, le sole creature intellettuali sono a immagine di Dio.

[32367] Iª q. 93 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod omne imperfectum est quaedam participatio perfecti. Et ideo etiam ea quae deficiunt a ratione imaginis, inquantum tamen aliqualem Dei similitudinem habent, participant aliquid de ratione imaginis. Et ideo Dionysius dicit quod causata habent causarum contingentes imagines, idest quantum contingit ea habere, et non simpliciter.

 

[32367] Iª q. 93 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Ogni ente imperfetto è una partecipazione di quello perfetto. Perciò anche gli esseri che non raggiungono il grado perfetto di immagine, ne partecipano parzialmente, in quanto hanno una certa somiglianza con Dio. Per questo motivo Dionigi scrive che gli esseri causati portano "immagini contingenti" delle loro cause, cioè immagini non in senso assoluto, ma soltanto relativo.

[32368] Iª q. 93 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod Dionysius assimilat radium solarem divinae bonitati quantum ad causalitatem; non secundum dignitatem naturae, quae requiritur ad rationem imaginis.

 

[32368] Iª q. 93 a. 2 ad 2
2. Dionigi paragona il raggio di sole alla bontà divina quanto alla causalità, non quanto alla dignità di natura, come si richiede per una vera immagine.

[32369] Iª q. 93 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod universum est perfectius in bonitate quam intellectualis creatura extensive et diffusive. Sed intensive et collective similitudo divinae perfectionis magis invenitur in intellectuali creatura, quae est capax summi boni. Vel dicendum quod pars non dividitur contra totum, sed contra aliam partem. Unde cum dicitur quod sola natura intellectualis est ad imaginem Dei, non excluditur quin universum, secundum aliquam sui partem, sit ad imaginem Dei; sed excluduntur aliae partes universi.

 

[32369] Iª q. 93 a. 2 ad 3
3. L'universo, per estensione e universalità, è un bene più perfetto della creatura intellettiva. Ma in intensità e in profondità la somiglianza con la perfezione divina è più marcata nella creatura intellettiva, che è capace di possedere il sommo bene. - Si potrebbe anche rispondere che la parte qui non si contrappone al tutto, ma a un'altra parte. Perciò, quando si afferma che la sola creatura intellettiva è fatta ad immagine di Dio, non si esclude che l'universo, in qualche sua parte, sia pure ad immagine di Dio; ma si escludono solo le altre sue parti.

[32370] Iª q. 93 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod imago accipitur a Boetio secundum rationem similitudinis qua artificiatum imitatur speciem artis quae est in mente artificis, sic autem quaelibet creatura est imago rationis exemplaris quam habet in mente divina. Sic autem non loquimur nunc de imagine, sed secundum quod attenditur secundum similitudinem in natura; prout scilicet primo enti assimilantur omnia, inquantum sunt entia; et primae vitae inquantum sunt viventia; et summae sapientiae, inquantum sunt intelligentia.

 

[32370] Iª q. 93 a. 2 ad 4
4. Boezio usa il termine immagine, in quanto sta a indicare la somiglianza del manufatto col modello esistente nella mente del suo artefice: in tal senso ogni creatura è un'immagine delle idee archetipe esistenti nella mente divina. Noi però non parliamo ora dell'immagine in tal senso: ma parliamo di quella somiglianza che è fondata sulla natura; e cioè della somiglianza che hanno tutte le cose col primo ente, in quanto sono enti; con la prima vita, in quanto sono viventi; con la somma sapienza, in quanto sono intelligenti.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se l'angelo più dell'uomo sia a immagine di Dio


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 3

[32371] Iª q. 93 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod Angelus non sit magis ad imaginem Dei quam homo. Dicit enim Augustinus, in sermone de imagine, quod Deus nulli alii creaturae dedit quod sit ad imaginem suam, nisi homini. Non ergo verum est quod Angelus magis dicatur ad imaginem Dei quam homo.

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 3

[32371] Iª q. 93 a. 3 arg. 1
SEMBRA che l'angelo non sia a immagine di Dio più dell'uomo. Infatti:
1. S. Agostino afferma che Dio non ha dato a nessun'altra creatura, fuorché all'uomo, di essere a sua immagine. Dunque non è vero che l'angelo sia a immagine di Dio più dell'uomo.

[32372] Iª q. 93 a. 3 arg. 2
Praeterea, secundum Augustinum, in libro octoginta trium quaest., homo ita est ad imaginem Dei, ut, nulla interposita creatura, formetur a Deo. Et ideo nihil est illi coniunctius. Sed imago Dei dicitur aliqua creatura, inquantum Deo coniungitur. Ergo Angelus non est magis ad imaginem Dei quam homo.

 

[32372] Iª q. 93 a. 3 arg. 2
2. Al dire di S. Agostino, "l'uomo è talmente a immagine di Dio, che è stato formato da Dio stesso, senza intervento di nessuna creatura. Perciò nessun'altra cosa è a lui così affine". Ora, una creatura viene detta a immagine di Dio, in quanto è affine a Dio. Dunque l'angelo non è a immagine di Dio più dell'uomo.

[32373] Iª q. 93 a. 3 arg. 3
Praeterea, creatura dicitur ad imaginem Dei, inquantum est intellectualis naturae. Sed intellectualis natura non intenditur nec remittitur, non enim est de genere accidentis, cum sit in genere substantiae. Ergo Angelus non est magis ad imaginem Dei quam homo.

 

[32373] Iª q. 93 a. 3 arg. 3
3. La creatura è detta immagine di Dio in quanto possiede una natura intellettiva. Ma la natura intellettiva non ammette gradi di intensità maggiore o minore, perché non è un accidente, ma è una sostanza. Quindi l'angelo non supera l'uomo nell'essere a immagine di Dio.

[32374] Iª q. 93 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicit Gregorius, in quadam homilia, quod Angelus dicitur signaculum similitudinis, quia in eo similitudo divinae imaginis magis insinuatur expressa.

 

[32374] Iª q. 93 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive S. Gregorio che "l'angelo è chiamato segnacolo di somiglianza, per insinuare che in lui la somiglianza dell'immagine divina è più marcata".

[32375] Iª q. 93 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod de imagine Dei loqui dupliciter possumus. Uno modo, quantum ad id in quo primo consideratur ratio imaginis, quod est intellectualis natura. Et sic imago Dei est magis in Angelis quam sit in hominibus, quia intellectualis natura perfectior est in eis, ut ex supra dictis patet. Secundo potest considerari imago Dei in homine, quantum ad id in quo secundario consideratur, prout scilicet in homine invenitur quaedam Dei imitatio, inquantum scilicet homo est de homine, sicut Deus de Deo; et inquantum anima hominis est tota in toto corpore eius, et iterum tota in qualibet parte ipsius, sicut Deus se habet ad mundum. Et secundum haec et similia, magis invenitur Dei imago in homine quam in Angelo. Sed quantum ad hoc non attenditur per se ratio divinae imaginis in homine, nisi praesupposita prima imitatione, quae est secundum intellectualem naturam, alioquin etiam animalia bruta essent ad imaginem Dei. Et ideo, cum quantum ad intellectualem naturam Angelus sit magis ad imaginem Dei quam homo, simpliciter concedendum est Angelum magis esse ad imaginem Dei; hominem autem secundum quid.

 

[32375] Iª q. 93 a. 3 co.
RISPONDO: In due modi possiamo parlare dell'immagine di Dio. Primo, in rapporto a ciò che costituisce il primo fondamento dell'immagine, vale a dire in rapporto alla natura intellettiva. E sotto questo aspetto l'immagine di Dio si trova più negli angeli che negli uomini, avendo essi una natura intellettiva più perfetta, come risulta dal trattato precedente. - Secondo, possiamo considerare l’immagine di Dio nell'uomo sotto qualche aspetto secondario; cioè in quanto si riscontra nell'uomo una certa imitazione di Dio: troviamo, p. es., che l'uomo proviene dall'uomo come Dio da Dio; ovvero che l'anima umana è tutta in tutto il corpo, e tutta in ogni sua parte, come appunto è Dio in rapporto al mondo. Sotto questi aspetti e altri consimili l'immagine di Dio si trova più nell'uomo che nell'angelo. - Si noti però che non è questo l'aspetto proprio ed essenziale dell'immagine di Dio nell'uomo, ma esso presuppone quella prima imitazione, che è fondata sulla natura intellettiva; altrimenti anche gli animali bruti sarebbero a immagine di Dio. Ora, siccome in rapporto alla natura intellettiva l'angelo è a immagine di Dio più dell'uomo, bisogna affermare che, assolutamente parlando, l'angelo ha una superiorità nell'essere a immagine di Dio; l'uomo invece ha una superiorità soltanto in senso relativo.

[32376] Iª q. 93 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Augustinus excludit a Dei imagine alias inferiores creaturas intellectu carentes, non autem Angelos.

 

[32376] Iª q. 93 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino non esclude gli angeli dal partecipare all'immagine di Dio, ma le creature inferiori prive di intelligenza.

[32377] Iª q. 93 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut ignis dicitur esse subtilissimum corporum secundum suam speciem, cum tamen unus ignis sit alio subtilior; ita dicitur quod nihil est coniunctius Deo quam mens humana, secundum genus intellectualis naturae; quia, sicut ipse supra praemiserat, quae sapiunt, ita sunt illi similitudine proxima, ut in creaturis nihil sit propinquius. Unde per hoc non excluditur quin Angelus sit magis ad Dei imaginem.

 

[32377] Iª q. 93 a. 3 ad 2
2. Come si dice che il fuoco è per la sua specie il più sottile dei corpi, sebbene un dato fuoco sia più sottile di un altro, così, considerando il genere della natura intellettiva, si può dire che niente è tanto affine a Dio quanto la mente umana: difatti S. Agostino aveva già detto poco prima che "gli esseri dotati di discernimento hanno con lui una somiglianza tanto stretta, da essere la più vicina concessa alle creature". Perciò quel testo non esclude affatto che l'angelo sia in grado maggiore a immagine di Dio.

[32378] Iª q. 93 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod, cum dicitur quod substantia non recipit magis et minus, non intelligitur quod una species substantiae non sit perfectior quam alia, sed quod unum et idem individuum non participet suam speciem quandoque magis, quandoque minus. Nec etiam a diversis individuis participatur species substantiae secundum magis et minus.

 

[32378] Iª q. 93 a. 3 ad 3
3. Quando si dice che "la natura non ammette gradi di intensità maggiore o minore", non si esclude che una data specie di nature possa essere più perfetta di un'altra, ma che un medesimo individuo possa partecipare la sua specie ora di più, ora di meno. Anzi neppure individui diversi possono partecipare in tal modo la [unica specie della loro essenza o sostanza.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se l'immagine di Dio si trovi in ogni singolo uomo


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 4

[32379] Iª q. 93 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod imago Dei non inveniatur in quolibet homine. Dicit enim apostolus, I ad Cor. XI, quod vir est imago Dei, mulier autem est imago viri. Cum ergo mulier sit individuum humanae speciei, non cuilibet individuo convenit esse imaginem Dei.

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 4

[32379] Iª q. 93 a. 4 arg. 1
SEMBRA che l'immagine di Dio non si trovi in ogni singolo uomo.
Infatti:
1. L'Apostolo scrive che "l'uomo è immagine di Dio, la donna invece è immagine dell'uomo". E poiché la donna è un individuo della specie umana, non ogni individuo è immagine di Dio.

[32380] Iª q. 93 a. 4 arg. 2
Praeterea, apostolus dicit, Rom. VIII, quod illos quos Deus praescivit conformes fieri imagini filii sui, hos praedestinavit. Sed non omnes homines praedestinati sunt. Ergo non omnes homines habent conformitatem imaginis.

 

[32380] Iª q. 93 a. 4 arg. 2
2. Dice pure l'Apostolo: "quelli che Dio ha preconosciuti li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine di suo Figlio". Ma non tutti gli uomini sono predestinati. Dunque non tutti hanno la conformità dell'immagine.

[32381] Iª q. 93 a. 4 arg. 3
Praeterea, similitudo est de ratione imaginis, ut supra dictum est. Sed per peccatum fit homo Deo dissimilis. Ergo amittit Dei imaginem.

 

[32381] Iª q. 93 a. 4 arg. 3
3. La somiglianza è l'elemento essenziale dell'immagine, come abbiamo già detto. Ora, l'uomo col peccato diviene dissimile da Dio. Perciò perde l'immagine di Dio.

[32382] Iª q. 93 a. 4 s. c.
Sed contra est quod dicitur in Psalmo XXXVIII, veruntamen in imagine pertransit homo.

 

[32382] Iª q. 93 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "L'uomo passa come un'immagine".

[32383] Iª q. 93 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, cum homo secundum intellectualem naturam ad imaginem Dei esse dicatur, secundum hoc est maxime ad imaginem Dei, secundum quod intellectualis natura Deum maxime imitari potest. Imitatur autem intellectualis natura maxime Deum quantum ad hoc, quod Deus seipsum intelligit et amat. Unde imago Dei tripliciter potest considerari in homine. Uno quidem modo, secundum quod homo habet aptitudinem naturalem ad intelligendum et amandum Deum, et haec aptitudo consistit in ipsa natura mentis, quae est communis omnibus hominibus. Alio modo, secundum quod homo actu vel habitu Deum cognoscit et amat, sed tamen imperfecte, et haec est imago per conformitatem gratiae. Tertio modo, secundum quod homo Deum actu cognoscit et amat perfecte, et sic attenditur imago secundum similitudinem gloriae. Unde super illud Psalmi IV, signatum est super nos lumen vultus tui, domine, Glossa distinguit triplicem imaginem, scilicet creationis, recreationis et similitudinis. Prima ergo imago invenitur in omnibus hominibus; secunda in iustis tantum; tertia vero solum in beatis.

 

[32383] Iª q. 93 a. 4 co.
RISPONDO: Essendo l'uomo a immagine di Dio per la sua natura intellettiva, egli raggiungerà il grado massimo in questa sua somiglianza, nell'atto in cui la natura intellettiva può massimamente imitare Dio. Ora la natura intellettiva imita Dio al massimo grado nell’intellezione e nell'amore che Dio ha per se medesimo. Perciò l'immagine di Dio nell'uomo si può considerare sotto tre aspetti. Primo, in quanto l'uomo ha un'attitudine naturale a conoscere e ad amare Dio: e questa attitudine consiste nella natura stessa della mente, che è comune a tutti gli uomini. Secondo, in quanto l'uomo conosce e ama Dio in maniera attuale o abituale, però non in modo perfetto: e questa è l'immagine dovuta alla conformità della grazia. Terzo, in quanto l'uomo conosce e ama Dio in maniera attuale e perfetta: e questa è l'immagine secondo la somiglianza della gloria. Perciò, commentando il versetto del Salmo: "È stata impressa in noi la luce del tuo volto, o Signore", la Glossa distingue tre immagini: e cioè di creazione, di nuova creazione, e di somiglianza. -
Concludendo, la prima immagine si trova in tutti gli uomini, la seconda nei soli giusti, la terza soltanto nei beati.

[32384] Iª q. 93 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod tam in viro quam in muliere invenitur Dei imago quantum ad id in quo principaliter ratio imaginis consistit, scilicet quantum ad intellectualem naturam. Unde Gen. I, cum dixisset, ad imaginem Dei creavit illum, scilicet hominem, subdidit, masculum et feminam creavit eos, et dixit pluraliter eos, ut Augustinus dicit, ne intelligatur in uno individuo uterque sexus fuisse coniunctus. Sed quantum ad aliquid secundario imago Dei invenitur in viro, secundum quod non invenitur in muliere, nam vir est principium mulieris et finis, sicut Deus est principium et finis totius creaturae. Unde cum apostolus dixisset quod vir imago et gloria est Dei, mulier autem est gloria viri; ostendit quare hoc dixerit, subdens, non enim vir est ex muliere, sed mulier ex viro; et vir non est creatus propter mulierem, sed mulier propter virum.

 

[32384] Iª q. 93 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tanto nell'uomo che nella donna si trova l’immagine di Dio, quanto all'elemento principale che costituisce l'immagine, cioè quanto alla natura intellettiva. Perciò la Genesi, dopo aver detto che "lo creò a immagine di Dio", soggiunge: "Li creò maschio e femmina"; e che li al plurale, come osserva S. Agostino, perché non si pensasse che i due sessi siano stati uniti in un solo individuo. - Se però consideriamo certi aspetti secondari, allora l'immagine di Dio che è nell'uomo non è nella donna; l'uomo, p. es., è principio e fine della donna, come Dio è principio e fine di tutta la creazione. Perciò l'Apostolo, dopo aver detto che "l'uomo è immagine e gloria di Dio, la donna invece è gloria dell'uomo", mostra la ragione delle sue parole, continuando: "poiché non viene l'uomo dalla donna, ma la donna dall'uomo; né fu fatto l'uomo per la donna, ma la donna per l'uomo".

[32385] Iª q. 93 a. 4 ad 2
Ad secundum et tertium dicendum quod illae rationes procedunt de imagine quae est secundum conformitatem gratiae et gloriae.

 

[32385] Iª q. 93 a. 4 ad 2
2, 3. Le argomentazioni valgono per quell’immagine che è fondata sulla conformità della grazia e della gloria.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se nell'uomo vi sia l'immagine di Dio secondo la trinità delle Persone


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 5

[32386] Iª q. 93 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod in homine non sit imago Dei quantum ad Trinitatem divinarum personarum. Dicit enim Augustinus, in libro de fide ad Petrum, una est sanctae Trinitatis essentialiter divinitas, et imago ad quam factus est homo. Et Hilarius, in V de Trin., dicit quod homo fit ad communem Trinitatis imaginem. Est ergo in homine imago Dei quantum ad essentiam, et non quantum ad Trinitatem personarum.

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 5

[32386] Iª q. 93 a. 5 arg. 1
SEMBRA che nell'uomo non vi sia l'immagine di Dio secondo la trinità, delle Persone divine. Infatti:
1. S. Agostino, nel De Fide ad Petrum, scrive: "È essenzialmente unica la divinità della santa Trinità; come pure l'immagine secondo la quale fu creato l'uomo". E S. Ilario afferma che "l'uomo è fatto secondo l'immagine comune della Trinità". Vi è dunque nell'uomo l'immagine di Dio secondo l'essenza, non secondo la Trinità delle Persone.

[32387] Iª q. 93 a. 5 arg. 2
Praeterea, in libro de Eccles. Dogmat. dicitur quod imago Dei attenditur in homine secundum aeternitatem. Damascenus etiam dicit quod hominem esse ad imaginem Dei, significat intellectuale, et arbitrio liberum, et per se potestativum. Gregorius etiam Nyssenus dicit quod, cum Scriptura dixit hominem factum ad imaginem Dei, aequale est ac si diceret humanam naturam omnis boni factam esse participem; bonitatis enim plenitudo divinitas est. Haec autem omnia non pertinent ad distinctionem personarum, sed magis ad essentiae unitatem. Ergo in homine est imago Dei, non secundum Trinitatem personarum, sed secundum essentiae unitatem.

 

[32387] Iª q. 93 a. 5 arg. 2
2. Nel libro De ecclesiasticis dogmatibus sta scritto che nell'uomo l'immagine di Dio è in rapporto all'eternità. Per il Damasceno poi l'espressione che "l'uomo è ad immagine di Dio vuole indicare che egli è dotato di intelligenza, di libero arbitrio e di autonomia".
Anche S. Gregorio Nisseno dichiara che la Scrittura, quando dice che l'uomo è fatto a immagine di Dio, "è come se dicesse che la natura umana è stata fatta partecipe di ogni bene, poiché la pienezza di ogni bene è la divinità". Ora tutte queste cose non si riferiscono alla distinzione delle Persone, ma piuttosto all'unità dell'essenza. Vi è dunque nell'uomo l'immagine di Dio, non secondo la Trinità delle Persone, ma secondo l'unità dell'essenza.

[32388] Iª q. 93 a. 5 arg. 3
Praeterea, imago ducit in cognitionem eius cuius est imago. Si igitur in homine est imago Dei secundum Trinitatem personarum, cum homo per naturalem rationem seipsum cognoscere possit, sequeretur quod per naturalem cognitionem posset homo cognoscere Trinitatem divinarum personarum. Quod est falsum, ut supra ostensum est.

 

[32388] Iª q. 93 a. 5 arg. 3
3. L'immagine porta alla conoscenza del suo modello. Se quindi nell'uomo vi fosse l'immagine di Dio secondo la Trinità delle Persone, avendo l'uomo la capacità di conoscere se stesso con la ragione naturale, ne verrebbe che egli con la sua conoscenza naturale potrebbe conoscere la trinità delle Persone divine; cosa falsa, come già si è visto.

[32389] Iª q. 93 a. 5 arg. 4
Praeterea, nomen imaginis non cuilibet trium personarum convenit, sed soli filio, dicit enim Augustinus, in VI de Trin., quod solus filius est imago patris. Si igitur in homine attenderetur Dei imago secundum personam, non esset in homine imago totius Trinitatis, sed filii tantum.

 

[32389] Iª q. 93 a. 5 arg. 4
4. Il nome di Immagine non appartiene a tutte e tre le Persone, ma soltanto al Figlio; dice infatti S. Agostino: "il solo Figlio è immagine del Padre". Ora, se nell'uomo l'immagine di Dio si riferisse alle Persone, non vi sarebbe in esso l'immagine di tutta la Trinità, ma del solo Figlio.

[32390] Iª q. 93 a. 5 s. c.
Sed contra est quod Hilarius, in IV de Trin., per hoc quod homo dicitur ad imaginem Dei factus, ostendit pluralitatem divinarum personarum.

 

[32390] Iª q. 93 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: S. Ilario arguisce la pluralità delle Persone divine, dal fatto che la Scrittura dichiara l'uomo creato a immagine di Dio.

[32391] Iª q. 93 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra habitum est, distinctio divinarum personarum non est nisi secundum originem, vel potius secundum relationes originis. Non autem est idem modus originis in omnibus, sed modus originis uniuscuiusque est secundum convenientiam suae naturae, aliter enim producuntur animata, aliter inanimata; aliter animalia, atque aliter plantae. Unde manifestum est quod distinctio divinarum personarum est secundum quod divinae naturae convenit. Unde esse ad imaginem Dei secundum imitationem divinae naturae, non excludit hoc quod est esse ad imaginem Dei secundum repraesentationem trium personarum; sed magis unum ad alterum sequitur. Sic igitur dicendum est in homine esse imaginem Dei et quantum ad naturam divinam, et quantum ad Trinitatem personarum, nam et in ipso Deo in tribus personis una existit natura.

 

[32391] Iª q. 93 a. 5 co.
RISPONDO: La distinzione delle Persone divine è data solo dall'origine, o meglio dalla relazione di origine, come abbiamo spiegato sopra. Ora, il processo di origine non è uguale per tutti gli esseri, ma è conforme alla natura di ciascuno; infatti in un modo si producono gli esseri animati e in un altro quelli inanimati; in una maniera nascono gli animali e in un'altra le piante. È evidente quindi che la distinzione delle Persone si verifica secondo il modo che è conforme alla natura divina. Perciò essere a immagine di Dio, secondo l'imitazione della natura divina, non esclude la possibilità di esserlo anche secondo la Trinità delle Persone; anzi l'una cosa è implicita nell'altra. - Bisogna perciò ammettere che nell'uomo vi è l'immagine di Dio, e secondo la natura divina, e secondo la Trinità delle Persone; poiché in Dio stesso esiste una sola natura in tre Persone.

[32392] Iª q. 93 a. 5 ad 1
Et per hoc patet responsio ad duo prima.

 

[32392] Iª q. 93 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1, 2. Abbiamo così risolto le prime due difficoltà.

[32393] Iª q. 93 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod ratio illa procederet, si imago Dei esset in homine perfecte repraesentans Deum. Sed, sicut Augustinus dicit in XV de Trin., maxima est differentia huius Trinitatis quae est in nobis, ad Trinitatem divinam. Et ideo, ut ipse ibidem dicit, Trinitatem quae in nobis est, videmus potius quam credimus, Deum vero esse Trinitatem, credimus potius quam videmus.

 

[32393] Iª q. 93 a. 5 ad 3
3. L'argomento addotto avrebbe valore, se l'immagine di Dio nell'uomo rappresentasse perfettamente Dio, Ora, come dice S. Agostino, vi è una differenza enorme fra la trinità che è in noi e la Trinità divina. Perciò si fa notare in quel medesimo libro: "Quella trinità che è in noi, più che crederla, noi la vediamo; invece, che Dio sia Trinità, lo crediamo, ma non lo vediamo".

[32394] Iª q. 93 a. 5 ad 4
Ad quartum dicendum quod quidam dixerunt in homine esse solum imaginem filii. Sed hoc improbat Augustinus, in XII de Trin. Primo quidem, per hoc quod, cum secundum aequalitatem essentiae filius sit patri similis, necesse est, si homo sit factus ad similitudinem filii, quod sit factus ad similitudinem patris. Secundo quia, si homo esset factus solum ad imaginem filii, non diceret pater, faciamus hominem ad imaginem et similitudinem nostram, sed tuam. Cum ergo dicitur, ad imaginem Dei fecit illum, non est intelligendum quod pater fecerit hominem solum ad imaginem filii, qui est Deus, ut quidam exposuerunt, sed intelligendum est quod Deus Trinitas fecit hominem ad imaginem suam, idest totius Trinitatis. Cum autem dicitur quod Deus fecit hominem ad imaginem suam, dupliciter potest intelligi. Uno modo, quod haec praepositio ad designet terminum factionis, ut sit sensus, faciamus hominem taliter, ut sit in eo imago. Alio modo, haec praepositio ad potest designare causam exemplarem; sicut cum dicitur, iste liber est factus ad illum. Et sic imago Dei est ipsa essentia divina, quae abusive imago dicitur, secundum quod imago ponitur pro exemplari. Vel, secundum quod quidam dicunt, divina essentia dicitur imago, quia secundum eam una persona aliam imitatur.

 

[32394] Iª q. 93 a. 5 ad 4
4. Alcuni hanno affermato che nell'uomo si trova soltanto l'immagine del Figlio. Ma l'affermazione viene riprovata da S. Agostino. Primo, perché essendo il Figlio simile al Padre per egualità
di essenza, è necessario che l'uomo, fatto a somiglianza del Figlio, sia anche fatto a somiglianza del Padre. Secondo, perché se l'uomo fosse fatto soltanto a immagine del Figlio, il Padre non avrebbe detto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza", ma a tua immagine.
Perciò la frase: "Lo fece a immagine di Dio", non si deve intendere nel senso che il Padre abbia fatto l'uomo soltanto a immagine del Figlio di Dio, come interpretarono alcuni: ma si deve intendere nel senso che Dio Trinità fece l'uomo a immagine sua, cioè di tutto la Trinità.
La frase poi: "Dio fece l'uomo a sua immagine", si può intendere in due modi. Primo, nel senso che la preposizione [latina] ad indichi il termine dell'azione, come se dicesse: "Facciamo l'uomo in modo tale, che in esso vi sia l'immagine". Secondo, nel senso che la preposizione ad voglia indicare la causa esemplare, come per es., nelle parole: "Godeste libro è fatto su [ad] quell'originale". E allora l'immagine di Dio è la stessa essenza divina, chiamata impropriamente immagine, in quanto immagine sta per esemplare. Secondo altri invece l'essenza divina sarebbe denominata immagine, perché è in essa che una Persona imita l'altra.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se l'immagine di Dio si trovi nell'uomo soltanto in rapporto all'anima intellettiva


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 6

[32395] Iª q. 93 a. 6 arg. 1
Ad sextum sic proceditur. Videtur quod imago Dei non sit in homine solum secundum mentem. Dicit enim apostolus, I ad Cor. XI, quod vir est imago Dei. Sed vir non est solum mens. Ergo imago Dei non attenditur solum secundum mentem.

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 6

[32395] Iª q. 93 a. 6 arg. 1
NON SEMBRA che nell'uomo si trovi l'immagine di Dio soltanto in rapporto all'anima intellettiva. Infatti:
1. Dice l'Apostolo che "l'uomo è l'immagine di Dio". Ma l'uomo non è soltanto anima. Quindi l'immagine di Dio non deve ridursi alla sola anima.

[32396] Iª q. 93 a. 6 arg. 2
Praeterea, Gen. I, creavit Deus hominem ad imaginem suam, ad imaginem Dei creavit illum, masculum et feminam creavit eos. Sed distinctio masculi et feminae est secundum corpus. Ergo etiam secundum corpus attenditur Dei imago in homine, et non secundum mentem tantum.

 

[32396] Iª q. 93 a. 6 arg. 2
2. Sta scritto: "Dio creò l'uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio, li creò maschio e femmina". Ora la distinzione tra maschio e femmina riguarda il corpo. Perciò l'immagine di Dio nell'uomo riguarda anche il corpo, e non soltanto l'anima.

[32397] Iª q. 93 a. 6 arg. 3
Praeterea, imago praecipue videtur attendi secundum figuram. Sed figura ad corpus pertinet. Ergo imago Dei attenditur in homine etiam secundum corpus, et non secundum mentem tantum.

 

[32397] Iª q. 93 a. 6 arg. 3
3. Pare che l'immagine riguardi specialmente la figura. Ma la figura è un aspetto del corpo. Quindi l'immagine di Dio nell'uomo deve riguardare anche il corpo, e non solamente l'anima.

[32398] Iª q. 93 a. 6 arg. 4
Praeterea, secundum Augustinum, XII super Gen. ad Litt., triplex visio invenitur in nobis, scilicet corporalis, spiritualis sive imaginaria, et intellectualis. Si ergo secundum visionem intellectualem, quae ad mentem pertinet, est aliqua Trinitas in nobis, secundum quam sumus ad imaginem Dei; pari ratione et in aliis visionibus.

 

[32398] Iª q. 93 a. 6 arg. 4
4. Secondo S. Agostino, si trovano in noi tre specie di visioni: corporale, spirituale o immaginaria, e intellettiva. Se dunque per la visione intellettiva, che appartiene all'anima, vi è in noi una certa trinità in forza della quale siamo immagine di Dio, dovremo ammetterla anche per le altre specie di visione.

[32399] Iª q. 93 a. 6 s. c.
Sed contra est quod apostolus dicit, ad Eph. IV, renovamini spiritu mentis vestrae, et induite novum hominem, ex quo datur intelligi quod renovatio nostra, quae fit secundum novi hominis indumentum, ad mentem pertinet. Sed ad Col. III, dicit, induentes novum hominem, qui renovatur in agnitionem Dei, secundum imaginem eius qui creavit eum, ubi renovationem quae est secundum novi hominis indumentum, attribuit imagini Dei. Esse ergo ad imaginem Dei pertinet solum ad mentem.

 

[32399] Iª q. 93 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive l'Apostolo: "Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestitevi dell'uomo nuovo"; da ciò si rileva che la nostra rinnovazione, che si attua col rivestire l'uomo nuovo, appartiene alla mente. Altrove poi così si esprime: "....rivestendo l'uomo nuovo che si rinnovella nella conoscenza di Dio secondo l'immagine del suo creatore"; attribuisce quindi all'immagine di Dio quel rinnovamento, che si fa col rivestirsi dell'uomo nuovo. Dunque l'essere a immagine di Dio riguarda soltanto la mente.

[32400] Iª q. 93 a. 6 co.
Respondeo dicendum quod, cum in omnibus creaturis sit aliqualis Dei similitudo, in sola creatura rationali invenitur similitudo Dei per modum imaginis, ut supra dictum est, in aliis autem creaturis per modum vestigii. Id autem in quo creatura rationalis excedit alias creaturas, est intellectus sive mens. Unde relinquitur quod nec in ipsa rationali creatura invenitur Dei imago, nisi secundum mentem. In aliis vero partibus, si quas habet rationalis creatura, invenitur similitudo vestigii; sicut et in ceteris rebus quibus secundum partes huiusmodi assimilatur. Cuius ratio manifeste cognosci potest, si attendatur modus quo repraesentat vestigium, et quo repraesentat imago. Imago enim repraesentat secundum similitudinem speciei, ut dictum est. Vestigium autem repraesentat per modum effectus qui sic repraesentat suam causam, quod tamen ad speciei similitudinem non pertingit, impressiones enim quae ex motu animalium relinquuntur, dicuntur vestigia; et similiter cinis dicitur vestigium ignis; et desolatio terrae, vestigium hostilis exercitus. Potest ergo huiusmodi differentia attendi inter creaturas rationales et alias creaturas, et quantum ad hoc quod in creaturis repraesentatur similitudo divinae naturae, et quantum ad hoc quod in eis repraesentatur similitudo Trinitatis increatae. Nam quantum ad similitudinem divinae naturae pertinet, creaturae rationales videntur quodammodo ad repraesentationem speciei pertingere, inquantum imitantur Deum non solum in hoc quod est et vivit, sed etiam in hoc quod intelligit, ut supra dictum est. Aliae vero creaturae non intelligunt; sed apparet in eis quoddam vestigium intellectus producentis, si earum dispositio consideretur. Similiter, cum increata Trinitas distinguatur secundum processionem verbi a dicente, et amoris ab utroque, ut supra habitum est; in creatura rationali, in qua invenitur processio verbi secundum intellectum, et processio amoris secundum voluntatem, potest dici imago Trinitatis increatae per quandam repraesentationem speciei. In aliis autem creaturis non invenitur principium verbi, et verbum, et amor; sed apparet in eis quoddam vestigium quod haec inveniantur in causa producente. Nam hoc ipsum quod creatura habet substantiam modificatam et finitam, demonstrat quod sit a quodam principio; species vero eius demonstrat verbum facientis, sicut forma domus demonstrat conceptionem artificis; ordo vero demonstrat amorem producentis, quo effectus ordinatur ad bonum, sicut usus aedificii demonstrat artificis voluntatem. Sic igitur in homine invenitur Dei similitudo per modum imaginis secundum mentem; sed secundum alias partes eius, per modum vestigii.

 

[32400] Iª q. 93 a. 6 co.
RISPONDO: Si è già visto che in ogni creatura si trova una qualche somiglianza con Dio, ma soltanto nella creatura ragionevole essa si trova come immagine, mentre nelle altre vi si trova come vestigio. Ora, la creatura ragionevole supera le altre creature per l'intelletto o mente. Quindi è chiaro che nella stessa creatura ragionevole si trova l'immagine di Dio, soltanto in rapporto alla mente.
In rapporto invece alle altre sue parti, vi sarà soltanto la somiglianza di vestigio, come avviene per tutti gli altri esseri ai quali somiglia con le parti suddette.
È facile comprendere la ragione di questo fatto, se consideriamo il diverso modo di rappresentare del vestigio e dell'immagine. Infatti l'immagine rappresenta una cosa con una somiglianza di specie come si è visto. Invece il vestigio rappresenta come può rappresentare un effetto; il quale non può rappresentare la sua causa in modo da raggiungere la somiglianza di specie con essa. Infatti si chiamano vestigia le impronte lasciate sul terreno dagli animali; così pure si dice che la cenere è un vestigio del fuoco, e la desolazione di un territorio un vestigio dell'esercito nemico.
Ora, tra le creature ragionevoli e le altre creature possiamo stabilire tale differenza, sia in rapporto alla somiglianza delle creature con la natura divina, sia in rapporto alla loro somiglianza con la Trinità increata. Per quanto riguarda la somiglianza con la natura divina, le creature ragionevoli arrivano in qualche modo a una imitazione secondo la specie, in quanto imitano Dio non solo nell'essere e nel vivere, ma anche nell'intendere, come abbiamo visto. Invece le altre creature non intendono, sebbene trasparisca in esse un vestigio dell'intelletto creatore, se consideriamo il loro ordinamento.
Parimente, siccome la Trinità increata fonda le sue interne distinzioni sulla processione del Verbo dal Padre che lo esprime, e sulla processione dell'Amore da ambedue, come dicemmo, si può affermare che nella creatura ragionevole esiste un'immagine della Trinità increata per una somiglianza specifica; poiché in tale creatura si trova una emanazione del verbo mentale da parte dell'intelletto, ed una emanazione dell'amore da parte della volontà. Nelle altre creature, invece non si riscontra né il principio del verbo mentale, né il verbo, né l'amore: vi si trova soltanto un vestigio, il quale indica la loro esistenza nella causa che le ha prodotte. Poiché il fatto stesso che la creatura ha una sostanza misurata e finita prova la sua derivazione da un principio; la sua specie poi indica il verbo o l'idea di chi l’ha fatta, come la forma della casa sta a indicare il concetto dell'artefice; l'ordine infine, che dirige la creatura al bene, palesa l'amore di chi l’ha prodotta, come la funzione di un edificio rivela la volontà dell'artefice.
Perciò nell'uomo, in rapporto alla mente, c’è una somiglianza di immagine con Dio; c’è invece una somiglianza di vestigio, in rapporto alle altre sue parti.

[32401] Iª q. 93 a. 6 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod homo dicitur imago Dei, non quia ipse essentialiter sit imago, sed quia in eo est Dei imago impressa secundum mentem; sicut denarius dicitur imago Caesaris, inquantum habet Caesaris imaginem. Unde non oportet quod secundum quamlibet partem hominis accipiatur Dei imago.

 

[32401] Iª q. 93 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dice che l'uomo è immagine di Dio, non perché egli sia essenzialmente un'immagine, ma perché sulla sua mente è impressa l'immagine di Dio; come si dice che la moneta è l'immagine di Cesare, perché porta l'immagine di Cesare. Non è quindi necessario che l'immagine di Dio si trovi in ogni parte dell'uomo.

[32402] Iª q. 93 a. 6 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut Augustinus dicit XII de Trin., quidam imaginem Trinitatis in homine posuerunt, non secundum unum individuum, sed secundum plura; dicentes quod vir patris personam intimat; filii vero personam, quod de viro ita processit ut de illo nasceretur; atque ita tertiam personam, velut spiritum sanctum, dicunt esse mulierem, quae ita de viro processit ut non ipsa esset filius aut filia. Quod prima facie absurdum videtur. Primo quidem, quia sequeretur quod spiritus sanctus esset principium filii, sicut mulier est principium prolis quae nascitur de viro. Secundo, quia unus homo non esset nisi ad imaginem unius personae. Tertio, quia secundum hoc Scriptura de imagine Dei in homine mentionem facere non debuisset, nisi producta iam prole. Et ideo dicendum est quod Scriptura, postquam dixerat, ad imaginem Dei creavit illum, addidit, masculum et feminam creavit eos, non ut imago Dei secundum distinctiones sexuum attendatur; sed quia imago Dei utrique sexui est communis, cum sit secundum mentem, in qua non est distinctio sexuum. Unde apostolus, ad Col. III, postquam dixerat, secundum imaginem eius qui creavit illum, subdit, ubi non est masculus et femina.

 

[32402] Iª q. 93 a. 6 ad 2
2. Come riferisce S. Agostino, alcuni ammisero nell'uomo l'immagine della Trinità, non rispetto a ciascun individuo, ma a più individui [della specie umana], affermando che "l'uomo fa pensare alla Persona del Padre; fa pensare a quella del Figlio ciò che deriva dall'uomo per generazione; e così dicono che la donna fa pensare alla terza persona, cioè allo Spirito Santo, poiché essa è derivata dall'uomo, in maniera però da non essere figlio o figlia di lui". - La quale teoria appare assurda a prima vista. Primo, perché lo Spirito Santo verrebbe ad essere principio del Figlio, come la donna è principio della prole che nasce dall'uomo. Secondo, perché ciascun uomo non sarebbe fatto che a immagine di una sola Persona. Terzo, perché, in questa ipotesi, la Scrittura avrebbe dovuto parlare dell'immagine di Dio nell'uomo soltanto dopo la produzione della prole.
Bisogna allora concludere che la Scrittura aggiunge alle parole: "lo creò ad immagine di Dio", l'espressione: "li creò maschio e femmina", non perché l'immagine di Dio si riferisce alla distinzione dei sessi, ma perché quell'immagine è comune ai due sessi, riferendosi essa alla mente, in cui non c’è distinzione di sesso. Perciò l'Apostolo, dopo aver detto: "secondo l'immagine di colui che lo creò", continua: "Dove non esiste maschio o femmina".

[32403] Iª q. 93 a. 6 ad 3
Ad tertium dicendum quod, quamvis imago Dei in homine non accipiatur secundum figuram corpoream, tamen corpus hominis, quia solum inter terrenorum animalium corpora non pronum in alvum prostratum est, sed tale est ut ad contemplandum caelum sit aptius, magis in hoc ad imaginem et similitudinem Dei, quam cetera corpora animalium, factum iure videri potest; ut Augustinus dicit in libro octoginta trium quaest. Quod tamen non est sic intelligendum, quasi in corpore hominis sit imago Dei, sed quia ipsa figura humani corporis repraesentat imaginem Dei in anima, per modum vestigii.

 

[32403] Iª q. 93 a. 6 ad 3
3. Sebbene l'immagine di Dio nell'uomo non sia da concepirsi secondo la figura materiale, tuttavia "si ritiene a buon diritto che il corpo dell'uomo sia fatto a immagine e somiglianza di Dio, a differenza dei corpi degli altri animali, perché non fu piegato verso il basso, ma fatto in modo da essere quanto mai adatto per contemplare il cielo", come scrive S. Agostino. Ciò non significa che nel corpo umano vi sia l'immagine di Dio, ma che la figura stessa di questo corpo esprime, come vestigio, l'immagine di Dio impressa nell'anima.

[32404] Iª q. 93 a. 6 ad 4
Ad quartum dicendum quod tam in visione corporali quam in visione imaginaria invenitur quaedam Trinitas, ut Augustinus dicit in libro de Trin. In visione enim corporali est quidem primo species exterioris corporis; secundo vero ipsa visio, quae fit per impressionem cuiusdam similitudinis praedictae speciei in visum; tertio est ibi intentio voluntatis applicans visum ad videndum, et eum in re visa detinens. Similiter etiam in visione imaginaria invenitur primo quidem species in memoria reservata; secundo ipsa imaginaria visio, quae provenit ex hoc quod acies animae, idest ipsa vis imaginaria, informatur secundum praedictam speciem; tertio vero invenitur intentio voluntatis coniungens utrumque. Sed utraque Trinitas deficit a ratione divinae imaginis. Nam ipsa species exterioris corporis est extra naturam animae, species autem quae est in memoria, etsi non sit extra animam, est tamen adventitia animae, et ita utrobique deficit repraesentatio connaturalitatis et coaeternitatis divinarum personarum. Visio vero corporalis non procedit tantum a specie exterioris corporis, sed simul cum hoc a sensu videntis, et similiter visio imaginaria non solum procedit a specie quae in memoria conservatur, sed etiam a virtute imaginativa, et ita per hoc non repraesentatur convenienter processio filii a solo patre. Intentio vero voluntatis, quae coniungit duo praedicta, non ex eis procedit, neque in visione corporea neque in spirituali, unde non convenienter repraesentatur processio spiritus sancti a patre et filio.

 

[32404] Iª q. 93 a. 6 ad 4
4. Tanto nella visione corporale che in quella immaginaria si riscontra una certa trinità, come osserva S. Agostino. Infatti nella visione corporale vi è anzitutto la specie del corpo esterno; in secondo luogo l'atto visivo che si compie mediante l'impressione dell'immagine di detta specie sull'organo visivo; in terzo luogo interviene l'atto della volontà che applica la vista a rimirare e a trattenerla sull'oggetto veduto. - Parimente nella visione immaginaria troviamo prima di tutto la specie conservata nella memoria; quindi l'atto stesso della visione immaginaria, che si produce per il fatto che lo sguardo dell'anima, cioè la stessa immaginativa, viene a rivestire la forma della specie suddetta; e finalmente interviene la volontà che unisce la prima col secondo. - Però l'una e l'altra di queste trinità non raggiungono la dignità di immagine divina. Infatti la specie dei corpi esterni è fisicamente fuori dell'anima; la specie poi che si trova nella memoria, sebbene non sia fuori dell'anima, è però qualche cosa di avventizio; viene così a mancare in ambedue i casi l'analogia con la connaturalità e con la coeternità delle Persone divine. La visione corporale poi non procede unicamente dalla specie del corpo esterno, ma anche dal senso di chi vede; così pure la visione immaginaria non procede esclusivamente dalla specie [sensibile] conservata nella memoria, ma anche dall'immaginativa. Manca perciò l'analogia con la processione del Figlio dal solo Padre. Finalmente l'intenzione della volontà, che congiunge i due termini suddetti, non procede da essi, sia nella visione corporale che in quella spirituale; e quindi non è rappresentata convenientemente la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se l'immagine di Dio nell'anima si fondi sugli atti


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 7

[32405] Iª q. 93 a. 7 arg. 1
Ad septimum sic proceditur. Videtur quod imago Dei non inveniatur in anima secundum actus. Dicit enim Augustinus, XI de Civ. Dei, quod homo factus est ad imaginem Dei, secundum quod sumus, et nos esse novimus, et id esse ac nosse diligimus. Sed esse non significat actum. Ergo imago Dei non attenditur in anima secundum actus.

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 7

[32405] Iª q. 93 a. 7 arg. 1
SEMBRA che l'immagine di Dio nell'anima non si fondi sugli atti.
Infatti:
1. Dice S. Agostino che l'uomo è stato creato a immagine di Dio, "per il fatto che noi esistiamo, sappiamo di esistere, e amiamo di esistere e di conoscere". Ora, l'esistere non indica un atto. Perciò l'immagine di Dio nell'anima non si desume dagli atti.

[32406] Iª q. 93 a. 7 arg. 2
Praeterea, Augustinus, in IX de Trin., assignat imaginem Dei in anima secundum haec tria, quae sunt mens, notitia et amor. Mens autem non significat actum; sed magis potentiam, vel etiam essentiam intellectivae animae. Ergo imago Dei non attenditur secundum actus.

 

[32406] Iª q. 93 a. 7 arg. 2
2. S. Agostino attribuisce l'immagine di Dio nell'anima a queste tre cose: mente, notizia e amore. La mente però non sta a indicare un atto, ma piuttosto una potenza, o addirittura l'essenza dell'anima intellettiva. Dunque l'immagine di Dio non si fonda sulle operazioni.

[32407] Iª q. 93 a. 7 arg. 3
Praeterea, Augustinus, X de Trin., assignat imaginem Trinitatis in anima secundum memoriam, intelligentiam et voluntatem. Sed haec tria sunt vires naturales animae, ut Magister dicit, III distinctione I libri Sent. Ergo imago attenditur secundum potentias, et non secundum actus.

 

[32407] Iª q. 93 a. 7 arg. 3
3. S. Agostino riferisce l'immagine della Trinità nell'anima alla memoria, all’intelligenza e alla volontà. Ma queste non sono che "facoltà", come spiega il Maestro [delle Sentenze]. Per conseguenza l'immagine non si riferisce agli atti, ma alle potenze.

[32408] Iª q. 93 a. 7 arg. 4
Praeterea, imago Trinitatis semper manet in anima. Sed actus non semper manet. Ergo imago Dei non attenditur in anima secundum actus.

 

[32408] Iª q. 93 a. 7 arg. 4
4. L'immagine della Trinità è stabile nell'anima; invece gli atti non sono stabili. Perciò l'immagine di Dio nell'anima non è fondata sugli atti.

[32409] Iª q. 93 a. 7 s. c.
Sed contra est quod Augustinus, XI de Trin., assignat Trinitatem in inferioribus animae partibus secundum actualem visionem sensibilem et imaginariam. Ergo et Trinitas quae est in mente, secundum quam homo est ad imaginem Dei, debet attendi secundum actualem visionem.

 

[32409] Iª q. 93 a. 7 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino riconosce una trinità nelle parti inferiori dell'anima in rapporto alla visione attuale, tanto sensibile che immaginaria. Perciò anche la trinità che si riscontra nella mente, e in forza della quale l'uomo è a immagine di Dio, deve riferirsi all'atto della visione.

[32410] Iª q. 93 a. 7 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, ad rationem imaginis pertinet aliqualis repraesentatio speciei. Si ergo imago Trinitatis divinae debet accipi in anima, oportet quod secundum illud principaliter attendatur, quod maxime accedit, prout possibile est, ad repraesentandum speciem divinarum personarum. Divinae autem personae distinguuntur secundum processionem verbi a dicente, et amoris connectentis utrumque. Verbum autem in anima nostra sine actuali cogitatione esse non potest, ut Augustinus dicit XIV de Trin. Et ideo primo et principaliter attenditur imago Trinitatis in mente secundum actus, prout scilicet ex notitia quam habemus, cogitando interius verbum formamus, et ex hoc in amorem prorumpimus. Sed quia principia actuum sunt habitus et potentiae; unumquodque autem virtualiter est in suo principio, secundario, et quasi ex consequenti, imago Trinitatis potest attendi in anima secundum potentias, et praecipue secundum habitus, prout in eis scilicet actus virtualiter existunt.

 

[32410] Iª q. 93 a. 7 co.
RISPONDO: La nozione di immagine, come si è visto, richiede una qualche imitazione secondo la specie. Se si deve perciò ammettere un'immagine della Trinità nell'anima, è necessario che essa principalmente si riferisca a quell'aspetto, che più si avvicina, per quanto è possibile, a rappresentare la specie delle Persone divine.
Ora, le Persone divine si distinguono in forza delle due processioni del Verbo dal Padre che lo esprime, e dell'Amore che unisce entrambi. Ma nell'anima nostra "non può esserci un verbo [mentale] senza il pensiero in atto", come dice S. Agostino. Quindi l'immagine della Trinità si riscontra nella nostra mente in maniera primaria e principale in rapporto all'atto, in quanto cioè, partendo dalla nozione di cui siamo in possesso, formiamo pensando il verbo mentale, e da questo prorompiamo nell'amore. - Siccome però gli abiti e le potenze sono i principii [immediati] degli atti, e siccome, d'altra parte, ogni effetto si trova virtualmente nel suo principio, è possibile riscontrare l'immagine creata della Trinità, in maniera secondaria e subordinata, anche nelle potenze, e soprattutto negli abiti, in quanto in essi si trovano virtualmente gli atti.

[32411] Iª q. 93 a. 7 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod esse nostrum ad imaginem Dei pertinet, quod est nobis proprium supra alia animalia; quod quidem esse competit nobis inquantum mentem habemus. Et ideo eadem est haec Trinitas cum illa quam Augustinus ponit in IX de Trin., quae consistit in mente, notitia et amore.

 

[32411] Iª q. 93 a. 7 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il nostro essere è immagine di Dio in quello che sorpassa gli altri animali; ora il nostro essere ha una tale superiorità per il l'atto che possediamo la mente. Perciò questa trinità è identica all'altra di S. Agostino, che consiste nella mente, nella conoscenza e nell'amore.

[32412] Iª q. 93 a. 7 ad 2
Ad secundum dicendum quod Augustinus hanc Trinitatem primo adinvenit in mente. Sed quia mens, etsi se totam quodammodo cognoscat, etiam quodammodo se ignorat, prout scilicet est ab aliis distincta; et sic etiam se quaerit, ut Augustinus consequenter probat in X de Trin., ideo, quasi notitia non totaliter menti coaequetur, accipit in anima tria quaedam propria mentis, scilicet memoriam, intelligentiam et voluntatem, quae nullus ignorat se habere, et in istis tribus potius imaginem Trinitatis assignat, quasi prima assignatio sit quodammodo deficiens.

 

[32412] Iª q. 93 a. 7 ad 2
2. S. Agostino riscontra questa trinità anzitutto nella mente. La mente però, sebbene sotto un aspetto conosca tutta se stessa, pure sotto un altro aspetto, cioè in quanto è [specificamente] distinta dalle cose, ignora se stessa e va in cerca di se stessa, come egli dimostra in seguito; questi allora, partendo dal presupposto che la notizia non arriva ad abbracciare tutta la mente, considera nell'anima tre proprietà, che nessuno ignora di possedere, cioè la memoria, l'intelligenza e la volontà; e preferisce designare in queste tre cose l'immagine della Trinità, come per indicare che la prima designazione era in qualche modo inadeguata.

[32413] Iª q. 93 a. 7 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut Augustinus probat XIV de Trin., intelligere dicimur et velle seu amare aliqua, et quando de his cogitamus, et quando de his non cogitamus. Sed quando sine cogitatione sunt, ad solam memoriam pertinent; quae nihil est aliud, secundum ipsum, quam habitualis retentio notitiae et amoris. Sed quia, ut ipse dicit, verbum ibi esse sine cogitatione non potest (cogitamus enim omne quod dicimus etiam illo interiori verbo quod ad nullius gentis pertinet linguam), in tribus potius illis imago ista cognoscitur, memoria scilicet, intelligentia et voluntate. Hanc autem nunc dico intelligentiam, qua intelligimus cogitantes; et eam voluntatem sive amorem vel dilectionem, quae istam prolem parentemque coniungit. Ex quo patet quod imaginem divinae Trinitatis potius ponit in intelligentia et voluntate actuali, quam secundum quod sunt in habituali retentione memoriae, licet etiam quantum ad hoc, aliquo modo sit imago Trinitatis in anima, ut ibidem dicitur. Et sic patet quod memoria, intelligentia et voluntas non sunt tres vires, ut in sententiis dicitur.

 

[32413] Iª q. 93 a. 7 ad 3
3. Come S. Agostino osserva, si dice che noi conosciamo e che vogliamo, o che amiamo una data cosa, sia quando pensiamo ad essa, come quando non ci pensiamo. Quando non ci pensiamo, l'oggetto appartiene alla sola memoria; la quale, per S. Agostino, non è altro che il possesso abituale della conoscenza e dell'amore. "Ma poiché", come egli dice, "non può esserci verbo mentale senza che si pensi (appunto perché noi pensiamo tutto quello che diciamo, anche se lo diciamo soltanto con quella parola interiore, che non appartiene alla lingua di nessun popolo), l'immagine suddetta si riscontra principalmente in queste tre cose: memoria, intelligenza e volontà. E chiamo intelligenza il mezzo di cui ci serviamo per conoscere quando pensiamo; e chiamo volontà, amore o dilezione quanto serve a unire questa prole con chi l'ha generata". Di qui si rileva che egli pone l'immagine della Trinità divina più nel pensiero e nel volere attuale, che in quello abituale della memoria; sebbene si trovi in qualche modo l'immagine della Trinità nell'anima anche per tale riguardo, come egli fa osservare. È chiaro quindi che la memoria, l'intelligenza e la volontà non sono tre facoltà, come si legge nel libro delle Sentenze.

[32414] Iª q. 93 a. 7 ad 4
Ad quartum dicendum quod aliquis respondere posset per hoc quod Augustinus dicit XIV de Trin., quod mens semper sui meminit, semper se intelligit et amat. Quod quidam sic intelligunt, quasi animae adsit actualis intelligentia et amor sui ipsius. Sed hunc intellectum excludit per hoc quod subdit, quod non semper se cogitat discretam ab his quae non sunt quod ipsa. Et sic patet quod anima semper intelligit et amat se, non actualiter, sed habitualiter. Quamvis etiam dici possit quod, percipiendo actum suum, seipsam intelligit quandocumque aliquid intelligit. Sed quia non semper est actu intelligens, ut patet in dormiente, ideo oportet dicere quod actus, etsi non semper maneant in seipsis, manent tamen semper in suis principiis, scilicet potentiis et habitibus. Unde Augustinus dicit, XIV de Trin., si secundum hoc facta est ad imaginem Dei anima rationalis, quod uti ratione atque intellectu ad intelligendum et conspiciendum Deum potest, ab initio quo esse coepit, fuit in ea Dei imago.

 

[32414] Iª q. 93 a. 7 ad 4
4. Qualcuno potrebbe rispondere, con S. Agostino, che "la mente sempre pensa a se stessa, sempre si conosce e sempre si ama". Alcuni intendono queste parole nel senso che l'anima possiede stabilmente una conoscenza e un amore attuale di se stessa. Ma tale interpretazione però è esclusa da ciò che segue: "[l'anima] non sempre si pensa separata da quelle cose che sono distinte da lei". Rileviamo perciò che l'anima conosce e ama sempre se stessa, non in modo attuale, ma abituale. Si potrebbe anche dire che essa, nel percepire il proprio atto, conosce se medesima tutte le volte che conosce qualche cosa. Ma poiché il suo intelletto non è sempre in atto, e lo vediamo bene nei dormienti, bisognerà interpretare S. Agostino in questo senso: sebbene le operazioni non siano sempre attuali in se stesse, pure rimangono sempre nei loro principii, e cioè nelle potenze e negli abiti. Perciò egli scrive: "Se l'anima ragionevole fu creata a immagine di Dio, per la sua capacità di conoscere e di vedere Dio mediante la ragione e l'intelletto, ci fu in essa questa immagine fin dal principio, dal momento che cominciò ad esistere".




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se l'immagine della Trinità divina si trovi nell'anima solo in rapporto a quell'oggetto che è Dio


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 8

[32415] Iª q. 93 a. 8 arg. 1
Ad octavum sic proceditur. Videtur quod imago divinae Trinitatis sit in anima non solum per comparationem ad obiectum quod est Deus. Imago enim divinae Trinitatis invenitur in anima, sicut dictum est, secundum quod verbum in nobis procedit a dicente et amor ab utroque. Sed hoc invenitur in nobis secundum quodcumque obiectum. Ergo secundum quodcumque obiectum invenitur in mente nostra imago divinae Trinitatis.

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 8

[32415] Iª q. 93 a. 8 arg. 1
SEMBRA che l'immagine della Trinità divina non si trovi nell'anima solo in rapporto a quell'oggetto che è Dio. Infatti:
1. L'immagine della Trinità, come si è visto, viene ad essere nell'anima, per il fatto che c’è in noi il verbo mentale promanante da un soggetto che lo esprime, e l'amore che promana da entrambi. Ma ciò avviene per un oggetto qualsiasi. Quindi l'immagine della Trinità si trova nella nostra mente in rapporto a qualsiasi oggetto.

[32416] Iª q. 93 a. 8 arg. 2
Praeterea, Augustinus dicit, in XII de Trin., quod cum quaerimus in anima Trinitatem, in tota quaerimus, non separantes actionem rationalem in temporalibus a contemplatione aeternorum. Ergo etiam secundum temporalia obiecta invenitur imago Trinitatis in anima.

 

[32416] Iª q. 93 a. 8 arg. 2
2. Dice S. Agostino: "Quando cerchiamo una trinità nell'anima, la cerchiamo in tutta l'anima, senza distinguere l'attività della ragione in rapporto alle cose temporali dalla contemplazione delle cose eterne". Dunque l'immagine della Trinità si trova nell'anima anche in rapporto agli oggetti temporali.

[32417] Iª q. 93 a. 8 arg. 3
Praeterea, quod Deum intelligamus et amemus, convenit nobis secundum gratiae donum. Si igitur secundum memoriam, intelligentiam et voluntatem seu dilectionem Dei, attendatur imago Trinitatis in anima, non erit imago Dei in homine secundum naturam, sed secundum gratiam. Et sic non erit omnibus communis.

 

[32417] Iª q. 93 a. 8 arg. 3
3. La conoscenza e l'amore di Dio dipendono da un dono della grazia. Ma se l'immagine della Trinità si trova nell'anima in rapporto alla memoria, all’intellezione e al buon volere, o all'amore che noi abbiamo verso Dio, l'immagine di Dio si trova nell'anima non per natura, ma per grazia. Perciò non sarà comune a tutti.

[32418] Iª q. 93 a. 8 arg. 4
Praeterea, sancti qui sunt in patria, maxime conformantur imagini Dei secundum gloriae visionem, unde dicitur, II ad Cor. III, in eandem imaginem transformamur, a claritate in claritatem. Sed secundum visionem gloriae temporalia cognoscuntur. Ergo etiam per comparationem ad temporalia, Dei imago attenditur in nobis.

 

[32418] Iª q. 93 a. 8 arg. 4
4. I santi che sono nella patria [celeste] sono resi conformi in sommo grado all’immagine di Dio mediante la visione della gloria; perciò sta scritto: "Noi tutti ci trasformiamo nella stessa immagine, di gloria in gloria". Ora, con la visione di gloria si conoscono [anche] le cose temporali. Dunque l'immagine di Dio si riscontra in noi anche in rapporto alle cose temporali.

[32419] Iª q. 93 a. 8 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, XIV de Trin., quod non propterea est Dei imago in mente, quia sui meminit, et intelligit et diligit se, sed quia potest etiam meminisse, intelligere et amare Deum, a quo facta est. Multo igitur minus secundum alia obiecta attenditur imago Dei in mente.

 

[32419] Iª q. 93 a. 8 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino: "L'immagine di Dio è nella mente, non per il fatto che questa ricorda, conosce ed ama se stessa, ma perché può ancora ricordare, conoscere e amare Dio, dal quale fu creata". Dunque meno che mai l'immagine di Dio sarà riscontrabile nella mente in rapporto ad altri oggetti.

[32420] Iª q. 93 a. 8 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, imago importat similitudinem utcumque pertingentem ad speciei repraesentationem. Unde oportet quod imago divinae Trinitatis attendatur in anima secundum aliquid quod repraesentat divinas personas repraesentatione speciei, sicut est possibile creaturae. Distinguuntur autem divinae personae, ut dictum est, secundum processionem verbi a dicente, et amoris ab utroque. Verbum autem Dei nascitur de Deo secundum notitiam sui ipsius, et amor procedit a Deo secundum quod seipsum amat. Manifestum est autem quod diversitas obiectorum diversificat speciem verbi et amoris, non enim idem est specie in corde hominis verbum conceptum de lapide et de equo, nec idem specie amor. Attenditur igitur divina imago in homine secundum verbum conceptum de Dei notitia, et amorem exinde derivatum. Et sic imago Dei attenditur in anima secundum quod fertur, vel nata est ferri in Deum. Fertur autem in aliquid mens dupliciter, uno modo, directe et immediate; alio modo, indirecte et mediate, sicut cum aliquis, videndo imaginem hominis in speculo, dicitur ferri in ipsum hominem. Et ideo Augustinus dicit, in XIV de Trin., quod mens meminit sui, intelligit se, et diligit se, hoc si cernimus, cernimus Trinitatem; nondum quidem Deum, sed iam imaginem Dei. Sed hoc est, non quia fertur mens in seipsam absolute, sed prout per hoc ulterius potest ferri in Deum; ut patet per auctoritatem supra inductam.

 

[32420] Iª q. 93 a. 8 co.
RISPONDO: Come abbiamo già visto, l'immagine esige una somiglianza, che giunge in qualche modo a rappresentare la specie. Bisogna perciò riscontrare l'immagine della Trinità divina nell'anima sotto un aspetto che rappresenti le Persone divine secondo la specie, per quanto è possibile alla creatura. Ora abbiamo già visto che le Persone divine si distinguono tra loro per la processione del Verbo dal Padre che lo esprime, e dell'Amore da entrambi. Ma il Verbo di Dio nasce da Dio secondo la conoscenza che Dio ha di se stesso, e l'Amore procede da Dio secondo l'amore che Dio porta a se medesimo. D'altra parte è noto che la diversità degli oggetti rende diversa la specie del verbo e dell'amore; infatti nel cuore dell'uomo i concetti di pietra e di cavallo non sono della medesima specie, e neppure è specificamente identico l'amore per essi. Quindi l'immagine divina si riscontra nell'uomo in rapporto al verbo mentale che nasce dalla nozione di Dio, e in rapporto all'amore che ne deriva. Perciò l'immagine di Dio è presente nell'anima in quanto questa ha Dio per oggetto, oppure in quanto ha le disposizioni per averlo.
Però la mente si porta in due modi verso l'oggetto: direttamente e immediatamente; oppure indirettamente e mediatamente, come quando vediamo l'immagine di un uomo nello specchio. Per questo dice S. Agostino che "la mente si ricorda di se stessa, si conosce e si ama: se riusciamo a veder questo, noi vediamo una trinità; non è ancora Dio, ma è già un'immagine di Dio". Questo avviene, non perché la mente ha per oggetto se stessa, ma perché in tal modo può portarsi a Dio, come si rileva dal testo riportato [nell'argomento in contrario].

[32421] Iª q. 93 a. 8 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod ad rationem imaginis, non solum oportet attendere quod aliquid procedat ab aliquo; sed etiam quid a quo procedat, scilicet quod verbum Dei procedit a notitia de Deo.

 

[32421] Iª q. 93 a. 8 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Per salvare il concetto di immagine non basta che ci sia la derivazione di una cosa, ma bisogna anche considerare ciò che procede e da chi procede; si richiede cioè un verbo [o concetto] di Dio procedente dalla notizia di Dio.

[32422] Iª q. 93 a. 8 ad 2
Ad secundum dicendum quod in tota quidem anima invenitur aliqua Trinitas, non quidem ita quod praeter actionem temporalium et contemplationem aeternorum, quaeratur aliquod tertium quo Trinitas impleatur, prout ibidem subditur. Sed in illa parte rationis quae derivatur a parte temporalium, etsi Trinitas inveniri possit, non tamen imago Dei potest inveniri, ut postea dicitur, quia huiusmodi temporalium notitia adventitia est animae. Et habitus etiam ipsi quibus temporalia cognoscuntur, non semper adsunt; sed quandoque quidem praesentialiter adsunt, quandoque autem secundum memoriam tantum, etiam postquam adesse incipiunt. Sicut patet de fide, quae temporaliter nobis advenit in praesenti, in statu autem futurae beatitudinis iam non erit fides, sed memoria fidei.

 

[32422] Iª q. 93 a. 8 ad 2
2. In tutta l'anima si trova una certa trinità; non si creda però che, oltre le operazioni riguardanti le cose temporali e la contemplazione di quelle eterne, "si debba cercare un terzo elemento in cui riscontrare questa trinità", come S. Agostino stesso si esprime.
Ma "sebbene si possa trovare una certa altra trinità" in quella parte della ragione che ha di mira le cose del tempo, "tuttavia non vi si può trovare l'immagine di Dio"; poiché una siffatta nozione delle cose temporali è avventizia e non essenziale per l'anima. Gli stessi abiti, con cui sono conosciute le cose nel tempo, non sono sempre permanenti; ma talvolta sono realmente presenti, e qualche volta rimangono solo nella memoria, dopo di essere stati presenti.
Ciò è evidente per la fede, che al presente noi possediamo soltanto come cosa del tempo; mentre nello stato della beatitudine futura non vi sarà la fede, ma la sola memoria della fede.

[32423] Iª q. 93 a. 8 ad 3
Ad tertium dicendum quod meritoria Dei cognitio et dilectio non est nisi per gratiam. Est tamen aliqua Dei cognitio et dilectio naturalis, ut supra habitum est. Et hoc etiam ipsum naturale est, quod mens ad intelligendum Deum ratione uti potest, secundum quod imaginem Dei semper diximus permanere in mente, sive haec imago Dei ita sit obsoleta, quasi obumbrata, ut pene nulla sit, ut in his qui non habent usum rationis; sive sit obscura atque deformis, ut in peccatoribus; sive sit clara et pulchra, ut in iustis, sicut Augustinus dicit, XIV de Trin.

 

[32423] Iª q. 93 a. 8 ad 3
3. La conoscenza e l'amore di Dio che sono meritori dipendono esclusivamente dalla grazia. Esiste però anche una conoscenza e un amore naturale di Dio, come abbiamo già visto. Ed è naturale anche la capacità, che ha la mente di servirsi della ragione per conoscere Dio; e in forza di ciò, abbiamo detto, l'immagine di Dio rimane in perpetuo nell'anima: "tanto nel caso che l'immagine di Dio sia talmente imbrattata" e coperta "da essere quasi annullata", come in coloro che non hanno l'uso di ragione; "quanto nel caso che si presenti oscura e deforme", come nei peccatori; "quanto, finalmente, nel caso che sia luminosa e bella", come nei giusti.

[32424] Iª q. 93 a. 8 ad 4
Ad quartum dicendum quod secundum visionem gloriae, temporalia videbuntur in ipso Deo; et ideo huiusmodi temporalium visio ad Dei imaginem pertinebit. Et hoc est quod Augustinus dicit, XIV de Trin., quod in illa natura cui mens feliciter adhaerebit, immutabile videbit omne quod viderit. Nam et in ipso verbo increato sunt rationes omnium creaturarum.

 

[32424] Iª q. 93 a. 8 ad 4
4. Nella visione della gloria le cose temporali saranno vedute in Dio stesso; ecco perché la visione di queste cose temporali entra a far parte dell'immagine di Dio. Perciò S. Agostino afferma che "la mente vedrà, come cosa immutabile, tutto ciò che vedrà in quella natura, cui aderirà nella beatitudine". Infatti nel Verbo increato si trovano le idee archetipe di tutte le creature.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Fine e coronamento della creazione dell'uomo > Se sia conveniente distinguere la somiglianza dall'immagine


Prima pars
Quaestio 93
Articulus 9

[32425] Iª q. 93 a. 9 arg. 1
Ad nonum sic proceditur. Videtur quod similitudo ab imagine non convenienter distinguatur. Genus enim non convenienter distinguitur a specie. Sed similitudo comparatur ad imaginem, ut genus ad speciem, quia ubi est imago, ibi est continuo similitudo, sed non convertitur, ut dicitur in libro octoginta trium quaest. Ergo inconvenienter similitudo ab imagine distinguitur.

 
Prima parte
Questione 93
Articolo 9

[32425] Iª q. 93 a. 9 arg. 1
SEMBRA che non sia conveniente distinguere la somiglianza dall’immagine. Infatti:
1. Non è logico distinguere il genere dalla specie. Ora la somiglianza sta alla immagine, come il genere alla specie; poiché, come dice S. Agostino: "dove c'è immagine, si trova senz'altro la somiglianza, ma non viceversa". Quindi non è giusto distinguere la somiglianza dall'immagine.

[32426] Iª q. 93 a. 9 arg. 2
Praeterea, ratio imaginis attenditur non solum secundum repraesentationem divinarum personarum, sed etiam secundum repraesentationem divinae essentiae, ad quam repraesentationem pertinet immortalitas et indivisibilitas. Non ergo convenienter dicitur quod similitudo est in essentia, quia est immortalis et indivisibilis; imago autem in aliis.

 

[32426] Iª q. 93 a. 9 arg. 2
2. L'immagine si desume non solo in ordine alla rappresentazione delle Persone, ma anche dell'essenza divina; ora l'immortalità e l'indivisibilità fanno parte di questa rappresentazione. Non è dunque giusto dire che "la somiglianza consiste nell'essenza, che è immortale e indivisibile; mentre l'immagine consiste nelle altre sue proprietà".

[32427] Iª q. 93 a. 9 arg. 3
Praeterea, imago Dei in homine est triplex, scilicet naturae, gratiae et gloriae, ut supra habitum est. Sed innocentia et iustitia ad gratiam pertinent. Inconvenienter ergo dicitur quod imago accipitur secundum memoriam, intelligentiam et voluntatem; similitudo autem secundum innocentiam et iustitiam.

 

[32427] Iª q. 93 a. 9 arg. 3
3. C'è nell'uomo una triplice immagine di Dio, e cioè secondo la natura, la grazia e la gloria, come abbiamo già spiegato. Ma l'innocenza e la giustizia sono proprie della grazia. Perciò non è esatto affermare che "l'immagine si desume dalla memoria, dall'intelligenza e dalla volontà; e che la somiglianza invece si desume dalla innocenza e dalla giustizia".

[32428] Iª q. 93 a. 9 arg. 4
Praeterea, cognitio veritatis ad intelligentiam pertinet, amor autem virtutis ad voluntatem, quae sunt duae partes imaginis. Non ergo convenienter dicitur quod imago sit in cognitione veritatis, similitudo in dilectione virtutis.

 

[32428] Iª q. 93 a. 9 arg. 4
4. La conoscenza della verità spetta all’intelletto, l'amore della virtù alla volontà; le quali cose sono due aspetti dell'immagine. Dunque non si può dire che "l’immagine si fonda sulla conoscenza della verità; la somiglianza sull'amore della virtù".

[32429] Iª q. 93 a. 9 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro octoginta trium quaest., sunt qui non frustra intelligunt duo dicta esse ad imaginem et similitudinem; cum, si una res esset, unum nomen sufficere potuisset.

 

[32429] Iª q. 93 a. 9 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino: "C'è chi pensa che non siano state usate inutilmente le due parole immagine e somiglianza; poiché, se si fosse trattato di una cosa sola, sarebbe bastata una sola espressione".

[32430] Iª q. 93 a. 9 co.
Respondeo dicendum quod similitudo quaedam unitas est, unum enim in qualitate similitudinem causat, ut dicitur in V Metaphys. Unum autem, cum sit de transcendentibus, et commune est omnibus, et ad singula potest aptari; sicut et bonum et verum. Unde, sicut bonum alicui rei particulari potest comparari ut praeambulum ad ipsam, et ut subsequens, prout designat aliquam perfectionem ipsius; ita etiam est de comparatione similitudinis ad imaginem. Est enim bonum praeambulum ad hominem, secundum quod homo est quoddam particulare bonum, et rursus bonum subsequitur ad hominem, inquantum aliquem hominem specialiter dicimus esse bonum, propter perfectionem virtutis. Et similiter similitudo consideratur ut praeambulum ad imaginem, inquantum est communius quam imago, ut supra dictum est, consideratur etiam ut subsequens ad imaginem, inquantum significat quandam imaginis perfectionem; dicimus enim imaginem alicuius esse similem vel non similem ei cuius est imago, inquantum perfecte vel imperfecte repraesentat ipsum. Sic ergo similitudo potest ab imagine distingui dupliciter. Uno modo, prout est praeambula ad ipsam, et in pluribus existens. Et sic similitudo attenditur secundum ea quae sunt communiora proprietatibus naturae intellectualis, secundum quas proprie attenditur imago. Et secundum hoc dicitur in libro octoginta trium quaest., quod spiritus, idest mens, ad imaginem Dei, nullo dubitante, factus est, cetera autem hominis, scilicet quae pertinent ad inferiores partes animae, vel etiam ad ipsum corpus, ad similitudinem facta esse aliqui volunt. Secundum hoc etiam in libro de quantitate animae dicitur quod similitudo Dei attenditur in anima, inquantum est incorruptibilis, nam corruptibile et incorruptibile sunt differentiae entis communis. Alio modo potest considerari similitudo, secundum quod significat imaginis expressionem et perfectionem. Et secundum hoc Damascenus dicit quod id quod est secundum imaginem, intellectuale significat, et arbitrio liberum per se potestativum, quod autem secundum similitudinem, virtutis, secundum quod homini possibile est inesse, similitudinem. Et ad idem refertur quod similitudo dicitur ad dilectionem virtutis pertinere, non enim est virtus sine dilectione virtutis.

 

[32430] Iª q. 93 a. 9 co.
RISPONDO: La somiglianza implica una certa unità. Infatti la somiglianza risulta da una comunanza di qualità. Ora, l'uno, essendo un trascendentale, conviene a tutti gli enti e può attribuirsi a ciascuno di essi, come il bene e il vero. D'altra parte la bontà può attribuirsi a una data cosa, sia come presupposto, sia come coronamento, qualora stia a indicare una perfezione di essa; lo stesso vale della somiglianza in rapporto all'immagine. C’è una bontà, p. es., che è anteriore alla nozione di uomo, in quanto l'uomo è un bene particolare; e c'è una bontà che è posteriore all'uomo stesso, in quanto diciamo che un uomo è buono in una maniera speciale, per la perfezione della sua virtù. In modo analogo, la somiglianza si può considerare come anteriore all’immagine, essendo qualche cosa di più generico dell'immagine, come abbiamo visto sopra, e si può considerare come posteriore, se sta a indicare una certa perfezione dell'immagine. Infatti noi diciamo che l'immagine di uno è somigliante o no all'originale, secondo che lo rappresenta perfettamente o imperfettamente.
Perciò si può distinguere la somiglianza dall'immagine in due maniere. Primo, in quanto ne è un presupposto, ed ha un'estensione maggiore. Per questo lato la somiglianza è desunta dagli aspetti più generici che presentano le proprietà della natura intellettiva, dalle quali propriamente si desume l'immagine. In questo senso parla S. Agostino quando dice che "lo spirito", cioè la mente, "fu creato a immagine di Dio, e di ciò nessuno dubita; qualcuno invece vorrebbe che le altre proprietà dell'uomo", cioè tutto quello che rientra nelle facoltà inferiori dell'anima, compreso lo stesso corpo, "fossero state create a somiglianza di Dio". Nello stesso senso troviamo, nel suo libro De quantitate animae, che la somiglianza di Dio nell'anima è fondata nella sua incorruttibilità: infatti corruttibile e incorruttibile costituiscono due suddivisioni dell'ente.
Secondo, la somiglianza può essere considerata come perfetta espressione dell'immagine. E in questo senso il Damasceno scrive: "l'immagine include l'intelligenza e la libertà di arbitrio: la somiglianza invece include conformità nella virtù, per quanto è possibile all'uomo". - Ed ha il medesimo significato dire che la somiglianza riguarda l'amore della virtù, poiché non c’è virtù senza l'amore di questa.

[32431] Iª q. 93 a. 9 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod similitudo non distinguitur ab imagine secundum communem rationem similitudinis (sic enim includitur in ratione ipsius imaginis), sed secundum quod aliqua similitudo deficit a ratione imaginis, vel etiam est imaginis perfectiva.

 

[32431] Iª q. 93 a. 9 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La somiglianza non si distingue dall'immagine come nozione generica di somiglianza (così considerata, infatti, è inclusa nella nozione stessa di immagine), ma si distingue, o perché non raggiunge la natura di immagine, o perché è perfetta espressione dell'immagine.

[32432] Iª q. 93 a. 9 ad 2
Ad secundum dicendum quod essentia animae pertinet ad imaginem, prout repraesentat divinam essentiam secundum ea quae sunt propria intellectualis naturae, non autem secundum conditiones consequentes ens in communi, ut est esse simplicem et indissolubilem.

 

[32432] Iª q. 93 a. 9 ad 2
2. L'essenza dell'anima rientra nell'immagine per il fatto che rappresenta l'essenza divina, mediante le proprietà caratteristiche della natura intellettiva, non già mediante gli attributi che accompagnano l'ente nella sua universalità, come la semplicità e l'indissolubilità.

[32433] Iª q. 93 a. 9 ad 3
Ad tertium dicendum quod etiam virtutes quaedam naturaliter insunt animae, ad minus secundum quaedam earum semina, et secundum has posset attendi similitudo naturalis. Quamvis non sit inconveniens ut id quod secundum assignationem unam dicitur imago, secundum aliam dicatur similitudo.

 

[32433] Iª q. 93 a. 9 ad 3
3. Per natura anche certe virtù possono entrare nell'anima, almeno in germe; e rispetto ad esse si potrebbe già parlare di somiglianza. D'altra parte niente impedisce che una cosa si chiami immagine in un senso, e somiglianza in un altro.

[32434] Iª q. 93 a. 9 ad 4
Ad quartum dicendum quod dilectio verbi, quod est amata notitia, pertinet ad rationem imaginis, sed dilectio virtutis pertinet ad similitudinem, sicut et virtus.

 

[32434] Iª q. 93 a. 9 ad 4
4. L'amore del verbo [mentale], e cioè la notizia amata, è un elemento dell'immagine, invece l'amore della virtù, come la virtù medesima, è un elemento della somiglianza.

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