I, 80

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze appetitive


Prima pars
Quaestio 80
Prooemium

[31828] Iª q. 80 pr.
Deinde considerandum est de potentiis appetitivis. Et circa hoc consideranda sunt quatuor, primo, de appetitivo in communi; secundo, de sensualitate; tertio, de voluntate; quarto, de libero arbitrio. Circa primum quaeruntur duo.
Primo, utrum debeat poni appetitus aliqua specialis potentia animae.
Secundo, utrum appetitus dividatur in appetitum sensitivum et intellectivum, sicut in potentias diversas.

 
Prima parte
Questione 80
Proemio

[31828] Iª q. 80 pr.
Dobbiamo ora trattare delle potenze appetitive. Sul quale argomento bisogna considerare quattro cose: primo, l’appetito in generale; secondo, la sensualità; terzo, la volontà; quarto, il libero arbitrio.
Sul primo punto si pongono due quesiti:

1. Se si debba ammettere l’appetito, quale potenza speciale dell’anima;
2. Se l’appetito si divida in sensitivo ed intellettivo, come in due potenze distinte.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze appetitive > Se l’appetito sia una potenza speciale dell’anima


Prima pars
Quaestio 80
Articulus 1

[31829] Iª q. 80 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod appetitus non sit aliqua specialis animae potentia. Ad ea enim quae sunt communia animatis et inanimatis, non est aliqua potentia animae assignanda. Sed appetere est commune animatis et inanimatis quia bonum est quod omnia appetunt, ut dicitur in I Ethic. Ergo appetitus non est specialis potentia animae.

 
Prima parte
Questione 80
Articolo 1

[31829] Iª q. 80 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l’appetito non sia una speciale potenza dell’anima. Infatti:
1. Non è necessario assegnare una potenza dell’anima, per quello che è comune agli esseri animati e a quelli inanimati. Ora, l’appetire è comune a tutti questi esseri: poiché secondo Aristotele il bene è "quello che tutti appetiscono". Dunque l’appetito non è una speciale potenza dell’anima.

[31830] Iª q. 80 a. 1 arg. 2
Praeterea, potentiae distinguuntur secundum obiecta. Sed idem est quod cognoscimus et appetimus. Ergo vim appetitivam non oportet esse aliam praeter vim apprehensivam.

 

[31830] Iª q. 80 a. 1 arg. 2
2. La distinzione delle potenze si ricava dai loro oggetti. Ma è identico l’oggetto della conoscenza e dell’appetizione. Non è quindi necessario ammettere una facoltà appetitiva, oltre quella conoscitiva.

[31831] Iª q. 80 a. 1 arg. 3
Praeterea, commune non distinguitur contra proprium. Sed quaelibet potentia animae appetit quoddam particulare appetibile, scilicet obiectum sibi conveniens. Ergo respectu huius obiecti quod est appetibile in communi, non oportet accipi aliquam potentiam ab aliis distinctam, quae appetitiva dicatur.

 

[31831] Iª q. 80 a. 1 arg. 3
3. Un universale non si distingue in opposizione ai rispettivi particolari. Ora, ciascuna potenza dell’anima appetisce un particolare appetibile, cioè il proprio oggetto. Perciò per un oggetto di questo genere, qual’ è l’appetibile in generale, non è necessario ammettere una potenza particolare, distinta dalle altre, e da chiamarsi appetitiva.

[31832] Iª q. 80 a. 1 s. c.
Sed contra est quod philosophus, in II de anima, distinguit appetitivum ab aliis potentiis. Damascenus etiam, in II libro distinguit vires appetitivas a cognitivis.

 

[31832] Iª q. 80 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo distingue la facoltà appetitiva dalle altre potenze. E il Damasceno distingue le facoltà appetitive da quelle conoscitive.

[31833] Iª q. 80 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod necesse est ponere quandam potentiam animae appetitivam. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod quamlibet formam sequitur aliqua inclinatio, sicut ignis ex sua forma inclinatur in superiorem locum, et ad hoc quod generet sibi simile. Forma autem in his quae cognitionem participant, altiori modo invenitur quam in his quae cognitione carent. In his enim quae cognitione carent, invenitur tantummodo forma ad unum esse proprium determinans unumquodque, quod etiam naturale uniuscuiusque est. Hanc igitur formam naturalem sequitur naturalis inclinatio, quae appetitus naturalis vocatur. In habentibus autem cognitionem, sic determinatur unumquodque ad proprium esse naturale per formam naturalem, quod tamen est receptivum specierum aliarum rerum, sicut sensus recipit species omnium sensibilium, et intellectus omnium intelligibilium, ut sic anima hominis sit omnia quodammodo secundum sensum et intellectum, in quo quodammodo cognitionem habentia ad Dei similitudinem appropinquant, in quo omnia praeexistunt, sicut Dionysius dicit. Sicut igitur formae altiori modo existunt in habentibus cognitionem supra modum formarum naturalium, ita oportet quod in eis sit inclinatio supra modum inclinationis naturalis, quae dicitur appetitus naturalis. Et haec superior inclinatio pertinet ad vim animae appetitivam, per quam animal appetere potest ea quae apprehendit, non solum ea ad quae inclinatur ex forma naturali. Sic igitur necesse est ponere aliquam potentiam animae appetitivam.

 

[31833] Iª q. 80 a. 1 co.
RISPONDO: È necessario ammettere nell’anima una potenza appetitiva. Per dimostrarlo bisogna considerare che ogni forma ha una sua inclinazione: così il fuoco è spinto dalla sua forma verso l’alto, e a produrre un effetto a sé somigliante. Ma negli esseri dotati di conoscenza, la forma è in un grado più alto che in quelli privi di conoscenza. Infatti in questi ultimi si trova una forma, che determina ciascuno di essi soltanto al proprio essere, che è pure quello naturale per ognuno. E questa forma naturale ha una sua inclinazione naturale, chiamata appunto appetito naturale. Quelli invece dotati di conoscenza sono determinati ciascuno al proprio essere naturale dalla loro forma naturale, in modo però da poter ricevere anche le specie [intenzionali] delle altre cose: così il senso riceve le specie di tutte le cose sensibili, e l’intelletto quelle di tutte le cose intelligibili; cosicché l’anima dell’uomo, in forza del senso e dell’intelletto, è in un certo modo tutte le cose. Sotto questo aspetto gli esseri conoscitivi si avvicinano a una certa somiglianza con Dio, "in cui tutte le cose preesistono", come dice Dionigi.
Come dunque negli esseri dotati di conoscenza le forme sono in un grado superiore a quello delle forme naturali, così bisogna che in essi vi sia un’inclinazione più alta dell’inclinazione naturale chiamata appetito naturale. E questa inclinazione superiore spetta alla facoltà appetitiva dell’anima, mediante la quale gli animali possono appetire le cose da essi conosciute, oltre quelle verso le quali sono inclinati in forza della forma naturale. E dunque necessario ammettere una potenza appetitiva di ordine psichico.

[31834] Iª q. 80 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod appetere invenitur in habentibus cognitionem, supra modum communem quo invenitur in omnibus, ut dictum est. Et ideo oportet ad hoc determinari aliquam potentiam animae.

 

[31834] Iª q. 80 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Negli esseri conoscitivi l’appetizione si trova sotto una forma superiore a quella esistente in tutti gli esseri. Ed è per questo che bisogna determinare una potenza speciale dell’anima.

[31835] Iª q. 80 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod id quod apprehenditur et appetitur, est idem subiecto, sed differt ratione, apprehenditur enim ut est ens sensibile vel intelligibile; appetitur vero ut est conveniens aut bonum. Diversitas autem rationum in obiectis requiritur ad diversitatem potentiarum; non autem materialis diversitas.

 

[31835] Iª q. 80 a. 1 ad 2
2. L’oggetto conosciuto e quello desiderato sono in concreto la stessa cosa, ma c’è una differenza di ragione; poiché un identico oggetto viene conosciuto in quanto è un ente sensibile o intelligibile, mentre viene desiderato in quanto è una cosa conveniente o buona. Ora per avere una diversità di potenze, non si richiede la diversità materiale degli oggetti, ma quella delle ragioni [formali].

[31836] Iª q. 80 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod unaquaeque potentia animae est quaedam forma seu natura, et habet naturalem inclinationem in aliquid. Unde unaquaeque appetit obiectum sibi conveniens naturali appetitu. Supra quem est appetitus animalis consequens apprehensionem, quo appetitur aliquid non ea ratione qua est conveniens ad actum huius vel illius potentiae, utpote visio ad videndum et auditio ad audiendum; sed quia est conveniens simpliciter animali.

 

[31836] Iª q. 80 a. 1 ad 3
3. Ogni potenza dell’anima è una certa forma o natura, che ha un’inclinazione naturale verso un oggetto. Perciò ogni facoltà appetisce, in forza dell’appetito naturale, il proprio oggetto. Ma oltre questo esiste l’appetito animale, legato alla conoscenza, col quale si appetisce una cosa, non perché conveniente all’atto di questa o di quella potenza, come sarebbe la visione per la vista, o l’audizione per l’udito, bensì perché conveniente all’animale stesso.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze appetitive > Se l’appetito sensitivo e quello intellettivo siano potenze diverse


Prima pars
Quaestio 80
Articulus 2

[31837] Iª q. 80 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod appetitus sensitivus et intellectivus non sint diversae potentiae. Potentiae enim non diversificantur per accidentales differentias, ut supra dictum est. Sed accidit appetibili quod sit apprehensum per sensum vel intellectum. Ergo appetitus sensitivus et intellectivus non sunt diversae potentiae.

 
Prima parte
Questione 80
Articolo 2

[31837] Iª q. 80 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l’appetito sensitivo e quello intellettivo non siano due potenze diverse. Infatti:
1. Le potenze non si distinguono per differenze accidentali, come si è già detto. Ora, per l’oggetto appetibile è un’accidentalità essere percepito dal senso o dall’intelletto. Quindi l’appetito sensitivo e quello intellettivo non sono potenze diverse.

[31838] Iª q. 80 a. 2 arg. 2
Praeterea, cognitio intellectiva est universalium, et secundum hoc distinguitur a sensitiva, quae est singularium. Sed ista distinctio non habet locum ex parte appetitivae, cum enim appetitus sit motus ab anima ad res, quae sunt singulares, omnis appetitus videtur esse rei singularis. Non ergo appetitus intellectivus debet distingui a sensitivo.

 

[31838] Iª q. 80 a. 2 arg. 2
2. La conoscenza intellettiva ha per oggetto gli universali; per questo si distingue da quella sensitiva, che ha per oggetto i singolari. Ma questa distinzione non ha luogo nella parte appetitiva: poiché, essendo l’appetito un moto dell’anima verso le cose, che esistono nella loro singolarità, è chiaro che ogni appetito ha per oggetto le cose concrete e singolari. Dunque non bisogna far distinzione tra l’appetito sensitivo e quello intellettivo.

[31839] Iª q. 80 a. 2 arg. 3
Praeterea, sicut sub apprehensivo ordinatur appetitivum ut inferior potentia, ita et motivum. Sed non est aliud motivum in homine consequens intellectum, quam in aliis animalibus consequens sensum. Ergo, pari ratione, neque est aliud appetitivum.

 

[31839] Iª q. 80 a. 2 arg. 3
3. Subordinato alla facoltà conoscitiva quale facoltà inferiore non è soltanto l’appetito, ma anche la facoltà di locomozione. Ma nell’uomo non esiste una facoltà di locomozione, che accompagni l’intelletto, diversa da quella che negli altri animali accompagna il senso. Quindi per lo stesso motivo non esiste neppure una facoltà appetitiva distinta.

[31840] Iª q. 80 a. 2 s. c.
Sed contra est quod philosophus, in III de anima, distinguit duplicem appetitum, et dicit quod appetitus superior movet inferiorem.

 

[31840] Iª q. 80 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo distingue due appetiti, e dice che quello superiore muove quello inferiore.

[31841] Iª q. 80 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod necesse est dicere appetitum intellectivum esse aliam potentiam a sensitivo. Potentia enim appetitiva est potentia passiva, quae nata est moveri ab apprehenso, unde appetibile apprehensum est movens non motum, appetitus autem movens motum, ut dicitur in III de anima, et XII Metaphys. Passiva autem et mobilia distinguuntur secundum distinctionem activorum et motivorum, quia oportet motivum esse proportionatum mobili, et activum passivo; et ipsa potentia passiva propriam rationem habet ex ordine ad suum activum. Quia igitur est alterius generis apprehensum per intellectum et apprehensum per sensum, consequens est quod appetitus intellectivus sit alia potentia a sensitivo.

 

[31841] Iª q. 80 a. 2 co.
RISPONDO: È necessario affermare che l’appetito intellettivo è una potenza distinta da quella sensitiva. Infatti la potenza appetitiva è una potenza passiva, che come tale è fatta per esser mossa dall’oggetto conosciuto: cosicché l’appetibile conosciuto è un motore non mosso, mentre l’appetito è un motore mosso, come si esprime Aristotele. Ora gli enti passivi e mobili si distinguono in base alla distinzione dei rispettivi principii attivi e motori: poiché è necessario che il motore sia proporzionato al mobile, e l’attivo al passivo; anzi, la potenza passiva si concepisce proprio in rapporto al suo principio attivo. Ora, essendo l’oggetto dell’intelletto e quello del senso cose di genere diverso, ne consegue che l’appetito intellettivo è una potenza distinta dall’appetito sensitivo.

[31842] Iª q. 80 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod appetibili non accidit esse apprehensum per sensum vel intellectum, sed per se ei convenit, nam appetibile non movet appetitum nisi inquantum est apprehensum. Unde differentiae apprehensi sunt per se differentiae appetibilis. Unde potentiae appetitivae distinguuntur secundum differentiam apprehensorum, sicut secundum propria obiecta.

 

[31842] Iª q. 80 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Per l’oggetto appetibile non è cosa accidentale, ma essenziale, essere percepito dal senso o dall’intelletto: poiché l’appetibile non muove l’appetito se non in quanto oggetto di conoscenza. Per questo le differenze dell’oggetto in quanto conosciuto sono sue differenze essenziali anche in quanto appetibile. Cosicché le potenze appetitive sono tra loro distinte in base alla differenza degli oggetti conosciuti, come se si trattasse dei loro oggetti propri.

[31843] Iª q. 80 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod appetitus intellectivus, etsi feratur in res quae sunt extra animam singulares, fertur tamen in eas secundum aliquam rationem universalem; sicut cum appetit aliquid quia est bonum. Unde philosophus dicit in sua rhetorica, quod odium potest esse de aliquo universali, puta cum odio habemus omne latronum genus. Similiter etiam per appetitum intellectivum appetere possumus immaterialia bona, quae sensus non apprehendit; sicut scientiam, virtutes, et alia huiusmodi.

 

[31843] Iª q. 80 a. 2 ad 2
2. Anche se l’appetito intellettivo ha per oggetto delle cose, che fuori dell’anima esistono nella loro singolarità, tuttavia si porta su di esse in vista di una ragione universale; essa, cioè desidera una cosa in quanto questa è un bene. Perciò il Filosofo dice che l’odio può essere rivolto a qualche cosa di universale, p. es., quando "abbiamo in odio ogni specie di assassini". - Inoltre, con l’appetito intellettivo possiamo desiderare i beni immateriali, quali la scienza, le virtù e simili, che i sensi neppure percepiscono.

[31844] Iª q. 80 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut dicitur in III de anima, opinio universalis non movet nisi mediante particulari, et similiter appetitus superior movet mediante inferiori. Et ideo non est alia vis motiva consequens intellectum et sensum.

 

[31844] Iª q. 80 a. 2 ad 3
3. Come dice Aristotele, l’opinione universale non muove che per mezzo di quella particolare: analogamente, l’appetito superiore muove mediante quello inferiore. È per questo che non esiste una facoltà di locomozione annessa all’intelletto, diversa da quella che accompagna il senso.

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