I, 55

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Il mezzo della loro conoscenza


Prima pars
Quaestio 55
Prooemium

[30709] Iª q. 55 pr.
Consequenter quaeritur de medio cognitionis angelicae. Et circa hoc quaeruntur tria.
Primo, utrum Angeli cognoscant omnia per suam substantiam, vel per aliquas species.
Secundo, si per species, utrum per species connaturales, vel per species a rebus acceptas.
Tertio, utrum Angeli superiores cognoscant per species magis universales, quam inferiores.

 
Prima parte
Questione 55
Proemio

[30709] Iª q. 55 pr.
Logicamente si deve ora trattare del mezzo della cognizione angelica.
A questo riguardo si pongono tre quesiti:

1. Se gli angeli conoscano ogni cosa mediante la propria sostanza, ovvero mediante alcune specie;
2. Ammesso che conoscano per mezzo di specie, se conoscano mediante specie connaturali oppure mediante specie derivate dalle cose;
3. Se gli angeli superiori conoscano mediante specie più universali rispetto agli angeli inferiori.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Il mezzo della loro conoscenza > Se gli angeli conoscano ogni cosa mediante la propria sostanza


Prima pars
Quaestio 55
Articulus 1

[30710] Iª q. 55 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod Angeli cognoscant omnia per suam substantiam. Dicit enim Dionysius, VII cap. de Div. Nom., quod Angeli sciunt ea quae sunt in terra, secundum propriam naturam mentis. Sed natura Angeli est eius essentia. Ergo Angelus per suam essentiam res cognoscit.

 
Prima parte
Questione 55
Articolo 1

[30710] Iª q. 55 a. 1 arg. 1
SEMBRA che gli angeli conoscano ogni cosa mediante la propria sostanza. Infatti:
1. Dionigi afferma che gli angeli "conoscono le cose della terra secondo la natura propria della mente". Ma la natura dell'angelo è la sua essenza. Dunque l'angelo conosce le cose mediante la propria essenza.

[30711] Iª q. 55 a. 1 arg. 2
Praeterea, secundum philosophum, in XII Metaphys., et in III de anima, in his quae sunt sine materia, idem est intellectus et quod intelligitur. Id autem quod intelligitur est idem intelligenti ratione eius quo intelligitur. Ergo in his quae sunt sine materia, sicut sunt Angeli, id quo intelligitur est ipsa substantia intelligentis.

 

[30711] Iª q. 55 a. 1 arg. 2
2. Secondo il Filosofo, "negli esseri immateriali l'intelletto e l'oggetto conosciuto sono una stessa cosa". Ora, l'oggetto conosciuto e il soggetto conoscente sono una stessa cosa in forza del mezzo con il quale si conosce. Dunque negli esseri immateriali, quali sono gli angeli, il mezzo di cognizione è la stessa sostanza del soggetto conoscente.

[30712] Iª q. 55 a. 1 arg. 3
Praeterea, omne quod est in altero, est in eo per modum eius in quo est. Sed Angelus habet naturam intellectualem. Ergo quidquid est in ipso, est in eo per modum intelligibilem. Sed omnia sunt in eo, quia inferiora in entibus sunt in superioribus essentialiter, superiora vero sunt in inferioribus participative; et ideo dicit Dionysius, IV cap. de Div. Nom., quod Deus tota in totis congregat, idest omnia in omnibus. Ergo Angelus omnia in sua substantia cognoscit.

 

[30712] Iª q. 55 a. 1 arg. 3
3. Tutto ciò che viene a trovarsi in un altro soggetto, è in esso secondo il modo di essere proprio di quest'ultimo. Ma l'angelo ha una natura intellettuale. Dunque tutto ciò che viene a trovarsi in lui vi si trova come cosa intelligibile. Ora, nell'angelo si trovano tutte le cose: perché gli esseri inferiori si trovano in quelli superiori per essenza, mentre i superiori si trovano negli inferiori per partecipazione: per questo Dionigi insegna che "Dio aduna in ogni ente tutte le cose". Dunque l'angelo conosce tutte le cose nella sua sostanza.

[30713] Iª q. 55 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Dionysius dicit, in eodem capite, quod Angeli illuminantur rationibus rerum. Ergo cognoscunt per rationes rerum, et non per propriam substantiam.

 

[30713] Iª q. 55 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi nel passo citato afferma che gli angeli "sono illuminati dalle ragioni delle cose". Dunque conoscono mediante le ragioni delle cose, e non mediante la propria sostanza.

[30714] Iª q. 55 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod illud quo intellectus intelligit, comparatur ad intellectum intelligentem ut forma eius, quia forma est quo agens agit. Oportet autem, ad hoc quod potentia perfecte compleatur per formam, quod omnia contineantur sub forma, ad quae potentia se extendit. Et inde est quod in rebus corruptibilibus forma non perfecte complet potentiam materiae, quia potentia materiae ad plura se extendit quam sit continentia formae huius vel illius. Potentia autem intellectiva Angeli se extendit ad intelligendum omnia, quia obiectum intellectus est ens vel verum commune. Ipsa autem essentia Angeli non comprehendit in se omnia, cum sit essentia determinata ad genus et ad speciem. Hoc autem proprium est essentiae divinae, quae infinita est, ut in se simpliciter omnia comprehendat perfecte. Et ideo solus Deus cognoscit omnia per suam essentiam. Angelus autem per suam essentiam non potest omnia cognoscere; sed oportet intellectum eius aliquibus speciebus perfici ad res cognoscendas.

 

[30714] Iª q. 55 a. 1 co.
RISPONDO: Il mezzo che l'intelletto usa per conoscere sta all’intelletto come forma del medesimo; perché la forma è il mezzo con il quale il soggetto operante agisce. Ora, affinché la potenza sia attuata perfettamente dalla forma, bisogna che la forma contenga in sé tutte quelle cose, cui la potenza si estende. Tanto è vero che negli esseri sottoposti a [quella imperfezione che è] la corruzione, la forma non attua perfettamente la potenza della materia, appunto perché la potenza della materia si estende a molte più cose di quelle contenute nella forma di questo o di quell'essere. - Ora, la potenza intellettiva, dell'angelo abbraccia la conoscenza di tutte le cose: poiché oggetto dell'intelletto è l'ente o il vero in generale. L'essenza dell'angelo invece non abbraccia in sé tutte le cose, essendo di un genere e di una specie determinata. Abbracciare quindi perfettamente e in modo assoluto in se stessa tutte le cose è proprietà esclusiva dell'essenza divina, che è infinita. Perciò soltanto Dio conosce tutte le cose mediante la propria essenza. L'angelo invece non può conoscere ogni cosa mediante la propria essenza: ma è necessario che il suo intelletto, per intendere le cose, sia completato da un certo numero di specie.

[30715] Iª q. 55 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, cum dicitur Angelum secundum suam naturam res cognoscere, ly secundum non determinat medium cognitionis, quod est similitudo cogniti; sed virtutem cognoscitivam, quae convenit Angelo secundum suam naturam.

 

[30715] Iª q. 55 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quando si dice che l'angelo conosce le cose secondo la natura propria, la parola secondo non si riferisce al mezzo conoscitivo, cioè all’immagine rappresentativa dell'oggetto; bensì alla facoltà conoscitiva, che deve appartenere all'angelo secondo la di lui natura.

[30716] Iª q. 55 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut sensus in actu est sensibile in actu, ut dicitur in III de anima, non ita quod ipsa vis sensitiva sit ipsa similitudo sensibilis quae est in sensu, sed quia ex utroque fit unum sicut ex actu et potentia; ita et intellectus in actu dicitur esse intellectum in actu, non quod substantia intellectus sit ipsa similitudo per quam intelligit, sed quia illa similitudo est forma eius. Idem est autem quod dicitur, in his quae sunt sine materia, idem est intellectus et quod intelligitur, ac si diceretur quod intellectus in actu est intellectum in actu, ex hoc enim aliquid est intellectum in actu quod est immateriale.

 

[30716] Iª q. 55 a. 1 ad 2
2 Il senso in atto, al dire di Aristotele, è l'oggetto sensibile in atto, non perché la stessa facoltà sensitiva sia diventata l'immagine sensitiva presente nel senso; ma perché dalle due cose ne risulta una sola, come dall'atto e dalla potenza. Parimente, l'intelletto in atto è l'oggetto conosciuto in atto, non perché la sostanza dell'intelletto sia l'immagine stessa di cui si serve per intendere; ma perché quell’immagine è divenuta forma di esso. Del resto
l'espressione aristotelica: "negli esseri immateriali l'intelletto e l'oggetto conosciuto sono una stessa cosa", equivale a quell'altra: "l'intelletto in atto è l'oggetto intelligibile in atto". Infatti una cosa è attualmente intelligibile quando viene ad essere immateriale.

[30717] Iª q. 55 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod ea quae sunt infra Angelum, et ea quae sunt supra ipsum, sunt quodammodo in substantia eius, non quidem perfecte, neque secundum propriam rationem, cum Angeli essentia, finita existens, secundum propriam rationem ab aliis distinguatur; sed secundum quandam rationem communem. In essentia autem Dei sunt omnia perfecte et secundum propriam rationem, sicut in prima et universali virtute operativa, a qua procedit quidquid est in quacumque re vel proprium vel commune. Et ideo Deus per essentiam suam habet propriam cognitionem de rebus omnibus, non autem Angelus, sed solam communem.

 

[30717] Iª q. 55 a. 1 ad 3
3. Gli esseri che sono inferiori agli angeli, come quelli che sono ad essi superiori, si trovano in un certo senso nella sostanza dei medesimi, non però in una maniera perfetta, né secondo la propria ragione di essere (perché l'essenza dell'angelo, essendo limitata, in forza della propria ragione di essere, piuttosto si contrappone alle altre cose); ma secondo certi aspetti generici e comuni. Tutte le cose si trovano invece perfettamente e secondo la propria ragione di essere nell'essenza di Dio, che è la prima e universale virtù operativa da cui procede tutto ciò che si trova in qualsiasi realtà, sia che si tratti di elementi propri o di elementi comuni. Dio perciò mediante la sua essenza ha una cognizione propria di tutte le cose; non così l'angelo, il quale ne ricava soltanto una cognizione generica.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Il mezzo della loro conoscenza > Se gli angeli conoscano mediante specie derivate dalle cose


Prima pars
Quaestio 55
Articulus 2

[30718] Iª q. 55 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod Angeli intelligant per species a rebus acceptas. Omne enim quod intelligitur, per aliquam sui similitudinem in intelligente intelligitur. Similitudo autem alicuius in altero existens, aut est ibi per modum exemplaris, ita quod illa similitudo sit causa rei, aut est ibi per modum imaginis, ita quod sit causata a re. Oportet igitur quod omnis scientia intelligentis vel sit causa rei intellectae, vel causata a re. Sed scientia Angeli non est causa rerum existentium in natura, sed sola divina scientia. Ergo oportet quod species per quas intelligit intellectus angelicus, sint a rebus acceptae.

 
Prima parte
Questione 55
Articolo 2

[30718] Iª q. 55 a. 2 arg. 1
SEMBRA che gli angeli conoscano mediante specie derivate dalle cose. Infatti:
1. Ogni cosa viene conosciuta per mezzo di una sua rappresentazione presente nel soggetto. Ma la rappresentazione di una cosa in un soggetto distinto può trovarsi in esso o come esemplare, se tale rappresentazione è causa delle cose [che conosce], o come immagine, se ne è causata. È necessario quindi che la cognizione di un'intelligenza o sia causa delle cose conosciute, o sia da esse causata. Ora, non la cognizione dell'angelo, ma la sola scienza divina può essere causa delle cose esistenti in natura. Dunque le specie, mediante le quali l'intelletto angelico conosce, devono derivare dalle cose.

[30719] Iª q. 55 a. 2 arg. 2
Praeterea, lumen angelicum est fortius quam lumen intellectus agentis in anima. Sed lumen intellectus agentis abstrahit species intelligibiles a phantasmatibus. Ergo lumen intellectus angelici potest abstrahere species etiam ab ipsis rebus sensibilibus. Et ita nihil prohibet dicere quod Angelus intelligat per species a rebus acceptas.

 

[30719] Iª q. 55 a. 2 arg. 2
2. La luce intellettuale dell'angelo è più intensa che la luce dell'intelletto agente nella nostra anima. Ma la luce dell'intelletto agente è in grado di astrarre le specie intelligibili dai fantasmi. Dunque la luce dell'intelletto angelico può astrarre le specie direttamente dalle cose sensibili. Perciò non trova difficoltà l'affermazione che l'angelo intende per mezzo di specie derivate dalle cose.

[30720] Iª q. 55 a. 2 arg. 3
Praeterea, species quae sunt in intellectu, indifferenter se habent ad praesens et distans, nisi quatenus a rebus sensibilibus accipiuntur. Si ergo Angelus non intelligit per species a rebus acceptas, eius cognitio indifferenter se haberet ad propinqua et distantia, et ita frustra secundum locum moveretur.

 

[30720] Iª q. 55 a. 2 arg. 3
3. Le specie che si trovano nell'intelletto, se non sono derivate dalle cose sensibili, servono indifferentemente per le cose vicine e per quelle lontane. Se quindi l'angelo non intende mediante specie derivate dalle cose, la di lui cognizione si porterà indifferentemente tanto sulle cose vicine che su quelle lontane: perciò il suo moto locale diventerebbe inutile.

[30721] Iª q. 55 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Dionysius dicit, VII cap. de Div. Nom., quod Angeli non congregant divinam cognitionem a rebus divisibilibus, aut a sensibilibus.

 

[30721] Iª q. 55 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi afferma che "gli angeli non raccolgono la loro cognizione divina dalle cose divisibili, o da quelle sensibili".

[30722] Iª q. 55 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod species per quas Angeli intelligunt, non sunt a rebus acceptae, sed eis connaturales. Sic enim oportet intelligere distinctionem et ordinem spiritualium substantiarum, sicut est distinctio et ordo corporalium. Suprema autem corpora habent potentiam in sui natura totaliter perfectam per formam, in corporibus autem inferioribus potentia materiae non totaliter perficitur per formam, sed accipit nunc unam, nunc aliam formam, ab aliquo agente. Similiter et inferiores substantiae intellectivae, scilicet animae humanae, habent potentiam intellectivam non completam naturaliter; sed completur in eis successive, per hoc quod accipiunt species intelligibiles a rebus. Potentia vero intellectiva in substantiis spiritualibus superioribus, idest in Angelis, naturaliter completa est per species intelligibiles, inquantum habent species intelligibiles connaturales ad omnia intelligenda quae naturaliter cognoscere possunt. Et hoc etiam ex ipso modo essendi huiusmodi substantiarum apparet. Substantiae enim spirituales inferiores, scilicet animae, habent esse affine corpori, inquantum sunt corporum formae, et ideo ex ipso modo essendi competit eis ut a corporibus, et per corpora suam perfectionem intelligibilem consequantur, alioquin frustra corporibus unirentur. Substantiae vero superiores, idest Angeli, sunt a corporibus totaliter absolutae, immaterialiter et in esse intelligibili subsistentes, et ideo suam perfectionem intelligibilem consequuntur per intelligibilem effluxum, quo a Deo species rerum cognitarum acceperunt simul cum intellectuali natura. Unde Augustinus dicit, II super Gen. ad Litt., quod cetera, quae infra Angelos sunt, ita creantur, ut prius fiant in cognitione rationalis creaturae, ac deinde in genere suo.

 

[30722] Iª q. 55 a. 2 co.
RISPONDO: Le specie mediante le quali gli angeli conoscono non derivano dalle cose, ma sono ad essi connaturali. Infatti, è necessario concepire la distinzione e l'ordine delle sostanze spirituali secondo l'ordine e la distinzione di quelle materiali. Ora, la potenza dei corpi più nobili è per natura totalmente e perfettamente attuata dalla forma; al contrario, la potenza della materia dei corpi inferiori non è perfettamente e totalmente attuata dalla forma: ma sotto l'influsso di alcune cause riceve ora questa ora quella forma. - Allo stesso modo le sostanze intellettuali inferiori, ossia le anime umane, hanno una potenza intellettiva che per natura non è completa, ma viene completata man mano che le anime derivano le specie intelligibili dalle cose. Invece la potenza intellettiva delle sostanze spirituali superiori, cioè degli angeli, è per natura corredata di specie intelligibili, perché gli angeli hanno delle specie intelligibili congenite, mediante le quali conoscono tutte le cose che essi possono apprendere con le loro capacità naturali.
Tutto questo si può anche provare partendo dal modo stesso di essere di tali sostanze. Infatti, le sostanze spirituali inferiori, cioè le anime umane, hanno un essere affine al corpo, essendo esse forme dei corpi. Quindi, per il loro modo di essere, è giusto che derivino la loro perfezione [di ordine] intellettuale dai corpi e per mezzo dei corpi: diversamente esse sarebbero unite ai corpi senza uno scopo. Al contrario, le sostanze superiori, ossia gli angeli, sono totalmente svincolate dai corpi, poiché sussistono come esseri intellettuali indipendentemente dalla materia. Di conseguenza essi derivano la propria perfezione di ordine conoscitivo da una effusione [di luce] intellettuale, in virtù della quale ricevono da Dio, unitamente alla natura intellettiva, le specie delle cose conosciute. - Perciò S. Agostino afferma che "tutte le altre cose che sono inferiori agli angeli vengono create in modo, che prima diventino oggetto di cognizione della natura razionale, e poi abbiano un essere loro proprio".

[30723] Iª q. 55 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod in mente Angeli sunt similitudines creaturarum, non quidem ab ipsis creaturis acceptae, sed a Deo, qui est creaturarum causa, et in quo primo similitudines rerum existunt. Unde Augustinus dicit, in eodem libro, quod sicut ratio qua creatura conditur, prius est in verbo Dei quam ipsa creatura quae conditur, sic et eiusdem rationis cognitio prius fit in creatura intellectuali, ac deinde est ipsa conditio creaturae.

 

[30723] Iª q. 55 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: Nell'intelligenza degli angeli si trovano immagini rappresentative delle creature, ma queste non vengono causate dalle cose, bensì da Dio, che è causa di tutte le creature, e nel quale si trovano originariamente le rappresentazioni [eidetiche] delle cose. Dice perciò S. Agostino: "come l'idea, conforme alla quale viene prodotta la creatura, si trova nel Verbo di Dio prima della creatura stessa nella sua esistenza, così la cognizione di tale idea da parte delle creature intellettuali, è anteriore alla produzione della creatura".

[30724] Iª q. 55 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod de extremo ad extremum non pervenitur nisi per medium. Esse autem formae in imaginatione, quod est quidem sine materia, non tamen sine materialibus conditionibus, medium est inter esse formae quae est in materia, et esse formae quae est in intellectu per abstractionem a materia et a conditionibus materialibus. Unde quantumcumque sit potens intellectus angelicus, non posset formas materiales reducere ad esse intelligibile, nisi prius reduceret eas ad esse formarum imaginatarum. Quod est impossibile, cum careat imaginatione, ut dictum est. Dato etiam quod posset abstrahere species intelligibiles a rebus materialibus, non tamen abstraheret, quia non indigeret eis, cum habeat species intelligibiles connaturales.

 

[30724] Iª q. 55 a. 2 ad 2
2. Non si passa da un estremo all'altro se non attraverso lo spazio intermedio. Ora, il modo di essere, senza materia non però senza le condizioni materiali, che la forma presenta nella immaginazione, sta tra il modo di essere della forma esistente nella materia, e il modo di essere della forma, quando essa si trova nell'intelletto in seguito alla sua astrazione dalla materia e dalle condizioni materiali. L'intelletto angelico quindi, per quanto sia potente, non potrà mai dare l'essere intelligibile alle forme materiali se prima non avrà loro conferito il modo di essere che ha la forma nella immaginazione. Il che è impossibile, perché l'angelo, come si è detto, non ha l'immaginazione, - Anche ammesso che l'angelo potesse astrarre le specie intelligibili dalle cose materiali, tuttavia non lo farebbe, perché non ne ha bisogno, avendo già le specie intelligibili connaturali.

[30725] Iª q. 55 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod cognitio Angeli indifferenter se habet ad distans et propinquum secundum locum. Non tamen propter hoc motus eius localis est frustra, non enim movetur localiter ad cognitionem accipiendam, sed ad operandum aliquid in loco.

 

[30725] Iª q. 55 a. 2 ad 3
3. La cognizione angelica si porta indifferentemente tanto sulle cose vicine che su quelle distanti. Né per questo è inutile il suo moto locate: l'angelo infatti non si muove localmente per acquistare delle cognizioni, ma per compiere in un dato luogo qualche operazione.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Il mezzo della loro conoscenza > Se gli angeli superiori conoscano mediante specie più universali


Prima pars
Quaestio 55
Articulus 3

[30726] Iª q. 55 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod superiores Angeli non intelligant per species magis universales quam inferiores. Universale enim esse videtur quod a particularibus abstrahitur. Sed Angeli non intelligunt per species a rebus abstractas. Ergo non potest dici quod species intellectus angelici sint magis vel minus universales.

 
Prima parte
Questione 55
Articolo 3

[30726] Iª q. 55 a. 3 arg. 1
SEMBRA che gli angeli superiori, rispetto agli angeli inferiori, non conoscano mediante specie più universali. Infatti:
1. Evidentemente l'universale è ciò che si astrae dai particolari. Ora, gli angeli non intendono mediante specie astratte dalle cose. Dunque non si può dire che le specie dell'intelletto angelico siano più o meno universali.

[30727] Iª q. 55 a. 3 arg. 2
Praeterea, quod cognoscitur in speciali, perfectius cognoscitur quam quod cognoscitur in universali, quia cognoscere aliquid in universali est quodammodo medium inter potentiam et actum. Si ergo Angeli superiores cognoscunt per formas magis universales quam inferiores, sequitur quod Angeli superiores habeant scientiam magis imperfectam quam inferiores. Quod est inconveniens.

 

[30727] Iª q. 55 a. 3 arg. 2
2. Ciò che si conosce nelle sue note peculiari si conosce più perfettamente di quanto viene conosciuto in modo più universale, poiché il conoscere una cosa in modo universale [e generico] sta in qualche modo tra la potenza e l'atto. Se quindi gli angeli superiori conoscono mediante specie più universali rispetto agli angeli inferiori, ne seguirà che gli angeli superiori hanno una scienza più imperfetta rispetto a quella degli inferiori.

[30728] Iª q. 55 a. 3 arg. 3
Praeterea, idem non potest esse propria ratio multorum. Sed si Angelus superior cognoscat per unam formam universalem diversa, quae inferior Angelus cognoscit per plures formas speciales, sequitur quod Angelus superior utitur una forma universali ad cognoscendum diversa. Ergo non poterit habere propriam cognitionem de utroque. Quod videtur inconveniens.

 

[30728] Iª q. 55 a. 3 arg. 3
3. Una stessa entità non può essere la ragione propria di più cose. Ora, se l'angelo superiore per mezzo di una sola idea universale conoscesse una pluralità di cose che dall'angelo inferiore vengono conosciute mediante molteplici idee speciali, ne seguirebbe che l'angelo superiore deve servirsi di un'unica idea universale per conoscere più cose. Quindi non potrà avere una cognizione propria di ogni singola cosa. Conclusione questa inammissibile.

[30729] Iª q. 55 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicit Dionysius, XII cap. Angel. Hier., quod superiores Angeli participant scientiam magis in universali quam inferiores. Et in libro de causis dicitur quod Angeli superiores habent formas magis universales.

 

[30729] Iª q. 55 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi insegna che gli angeli superiori partecipano di una scienza più universale rispetto agli inferiori. – Anche nel libro De Causis si legge che gli angeli superiori hanno delle idee più universali.

[30730] Iª q. 55 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod ex hoc sunt in rebus aliqua superiora, quod sunt uni primo, quod est Deus, propinquiora et similiora. In Deo autem tota plenitudo intellectualis cognitionis continetur in uno, scilicet in essentia divina, per quam Deus omnia cognoscit. Quae quidem intelligibilis plenitudo in intellectibus creatis inferiori modo et minus simpliciter invenitur. Unde oportet quod ea quae Deus cognoscit per unum, inferiores intellectus cognoscant per multa, et tanto amplius per plura, quanto amplius intellectus inferior fuerit. Sic igitur quanto Angelus fuerit superior, tanto per pauciores species universitatem intelligibilium apprehendere poterit. Et ideo oportet quod eius formae sint universaliores, quasi ad plura se extendentes unaquaeque earum. Et de hoc exemplum aliqualiter in nobis perspici potest. Sunt enim quidam, qui veritatem intelligibilem capere non possunt, nisi eis particulatim per singula explicetur, et hoc quidem ex debilitate intellectus eorum contingit. Alii vero, qui sunt fortioris intellectus, ex paucis multa capere possunt.

 

[30730] Iª q. 55 a. 3 co.
RISPONDO: Si dice che nella realtà esistono degli esseri superiori, per il fatto che essi sono più vicini e più simili all'unico primo essere che a Dio. Ora, in Dio tutta la pienezza della cognizione intellettiva viene racchiusa in un solo principio, cioè nell'essenza divina, per mezzo della quale Dio conosce tutte le cose. Tale pienezza intellettuale si riscontra negli intelletti creati in modo meno perfetto e meno semplice. È necessario perciò che gli intelletti inferiori conoscano per mezzo di molte idee ciò che Dio conosce per mezzo di un solo principio: e conosceranno mediante un numero di idee tanto maggiore quanto più limitato sarà l'intelletto.
Di conseguenza, quanto più un angelo è superiore, tanto meno numerose saranno le specie di cui deve servirsi per conoscere tutti gli oggetti intelligibili. Perciò è necessario che le sue idee siano più universali, e cioè che ognuna di esse abbracci una più estesa pluralità di cose. - Di questo possiamo trovare un certo indizio nella nostra esperienza. Ci sono infatti alcuni che non riescono n capire una verità intellettuale, se non viene loro spiegata minutamente nelle sue applicazioni ai singoli casi: e ciò dipende dalla debilità del loro intelletto. Altri invece, perché dotati di un'intelligenza più acuta, da pochi principi sono in grado di comprendere molte cose.

[30731] Iª q. 55 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod accidit universali ut a singularibus abstrahatur, inquantum intellectus illud cognoscens a rebus cognitionem accipit. Si vero sit aliquis intellectus a rebus cognitionem non accipiens, universale ab eo cognitum non erit abstractum a rebus, sed quodammodo ante res praeexistens, vel secundum ordinem causae, sicut universales rerum rationes sunt in verbo Dei; vel saltem ordine naturae, sicut universales rerum rationes sunt in intellectu angelico.

 

[30731] Iª q. 55 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Che l'universale sia astratto dai singolari è cosa puramente accidentale, dovuta al tatto che 1'intelletto il quale lo conosce deriva la sua cognizione dalle cose. Se però c’è un intelletto che non deriva la sua cognizione dalle cose, l'universale da esso conosciuto non sarà astratto dalle medesime, ma in una maniera o nell'altra preesisterà ad esse: o perché ne è la causa, come lo sono le ragioni universali delle cose esistenti nel Verbo di Dio; o almeno per una precedenza di natura, come lo sono le idee universali delle cose nell'intelletto angelico.

[30732] Iª q. 55 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod cognoscere aliquid in universali, dicitur dupliciter. Uno modo, ex parte rei cognitae, ut scilicet cognoscatur solum universalis natura rei. Et sic cognoscere aliquid in universali est imperfectius, imperfecte enim cognosceret hominem, qui cognosceret de eo solum quod est animal. Alio modo, ex parte medii cognoscendi. Et sic perfectius est cognoscere aliquid in universali, perfectior enim est intellectus qui per unum universale medium potest singula propria cognoscere, quam qui non potest.

 

[30732] Iª q. 55 a. 3 ad 2
2. Una cognizione può dirsi universale in due modi. Primo, dal punto di vista della cosa conosciuta, quando cioè [si vuole indicare che] si conosce soltanto la natura generica e universale della cosa. Così intesa la cognizione universale è più imperfetta: chi infatti conoscesse dell'uomo soltanto l'animalità, ne avrebbe una conoscenza imperfetta. Secondo, dal punto di vista del mezzo conoscitivo. In tal senso la cognizione più universale è più perfetta: infatti, l'intelligenza che, servendosi di un unico mezzo [conoscitivo] universale, conosce gli aspetti propri dei singolari, è più perfetta di quella che non è in grado di raggiungere così la medesima cognizione.

[30733] Iª q. 55 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod idem non potest esse plurium propria ratio adaequata. Sed si sit excellens, potest idem accipi ut propria ratio et similitudo diversorum. Sicut in homine est universalis prudentia quantum ad omnes actus virtutum; et potest accipi ut propria ratio et similitudo particularis prudentiae quae est in leone ad actus magnanimitatis, et eius quae est in vulpe ad actus cautelae, et sic de aliis. Similiter essentia divina accipitur, propter sui excellentiam, ut propria ratio singulorum, quia est in ea unde sibi singula similentur secundum proprias rationes. Et eodem modo dicendum est de ratione universali quae est in mente Angeli, quod per eam, propter eius excellentiam, multa cognosci possunt propria cognitione.

 

[30733] Iª q. 55 a. 3 ad 3
3. Una stessa entità non può esprimere la natura propria e adeguata di molti esseri. Ma se si tratta di un'entità sovraeminente allora la stessa entità può prendersi come ragione propria ed esemplare di più cose. Così nell'uomo vi è una prudenza universale che si estende a tutti gli atti delle virtù; quindi essa può anche valere come ragione propria e prototipo di quella particolare prudenza che trovasi nel leone relativamente agli atti di magnanimità, e di quella che trovasi nella volpe rispetto agli atti propri della cautela, e così via. Parimente l'essenza divina a causa della sua sovraeminenza va considerata come ragione propria [e prototipo] delle singole cose; perché in essa vi è qualche cosa in forza della quale tutti i singoli esseri, nel ricevere la loro ragione propria, diventano simili a Dio, Lo stesso si dica a proposito delle ragioni universali esistenti nella mente dell'angelo, e cioè che tali ragioni, a causa della loro sovraeminenza, possono servire per conoscere una pluralità di cose con una cognizione [non generica ma] propria.

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