I, 56

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti immateriali da loro conosciuti


Prima pars
Quaestio 56
Prooemium

[30734] Iª q. 56 pr.
Deinde quaeritur de cognitione Angelorum ex parte rerum quas cognoscunt. Et primo, de cognitione rerum immaterialium; secundo, de cognitione rerum materialium. Circa primum quaeruntur tria.
Primo, utrum Angelus cognoscat seipsum.
Secundo, utrum unus cognoscat alium.
Tertio, utrum Angelus per sua naturalia cognoscat Deum.

 
Prima parte
Questione 56
Proemio

[30734] Iª q. 56 pr.
Veniamo ora a trattare della conoscenza degli angeli rispetto alle cose da essi conosciute. E in primo luogo della loro cognizione rispetto alle cose immateriali; in secondo luogo della loro cognizione delle cose corporee.
Sul primo argomento si pongono tre quesiti:

1. Se l'angelo conosca se stesso;
2. Se un angelo conosca l'altro;
3. Se l'angelo conosca Dio con le sole capacità naturali.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti immateriali da loro conosciuti > Se l'angelo conosca se stesso


Prima pars
Quaestio 56
Articulus 1

[30735] Iª q. 56 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod Angelus seipsum non cognoscat. Dicit enim Dionysius, VI cap. Angel. Hier., quod Angeli ignorant proprias virtutes. Cognita autem substantia, cognoscitur virtus. Ergo Angelus non cognoscit suam essentiam.

 
Prima parte
Questione 56
Articolo 1

[30735] Iª q. 56 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'angelo non conosca se stesso. Infatti:
1. Dionigi afferma che gli angeli "ignorano le proprie virtù". Ora, se uno conosce una data sostanza, ne conosce anche la virtù. Dunque l'angelo non conosce la propria sostanza.

[30736] Iª q. 56 a. 1 arg. 2
Praeterea, Angelus est quaedam substantia singularis, alioquin non ageret, cum actus sint singularium subsistentium. Sed nullum singulare est intelligibile. Ergo non potest intelligi. Et ita, cum Angelo non adsit nisi intellectiva cognitio, non poterit aliquis Angelus cognoscere seipsum.

 

[30736] Iª q. 56 a. 1 arg. 2
2. L'angelo è una sostanza individuale: se così non fosse non potrebbe operare, perché soltanto le sostanze individuali sussistenti possono agire. Ma nessun essere individuale è intelligibile [nella sua singolarità]. E quindi non può divenire oggetto d'intellezione. Perciò l'angelo, che ha soltanto la cognizione intellettiva, non può conoscere se stesso.

[30737] Iª q. 56 a. 1 arg. 3
Praeterea, intellectus movetur ab intelligibili, quia intelligere est quoddam pati, ut dicitur in III de anima. Sed nihil movetur aut patitur a seipso; ut in rebus corporalibus apparet. Ergo Angelus non potest intelligere seipsum.

 

[30737] Iª q. 56 a. 1 arg. 3
3. L'intelletto viene mosso da un oggetto intelligibile: poiché l'intendere indica una certa passività, come insegna Aristotele. Ora, niente può essere mosso o subire un'azione da se medesimo. Dunque l'angelo non può intendere se stesso.

[30738] Iª q. 56 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, II super Gen. ad Litt., quod Angelus in ipsa sua conformatione, hoc est illustratione veritatis, cognovit seipsum.

 

[30738] Iª q. 56 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino fa osservare che l'angelo "per una illuminazione della verità, ha conosciuto se stesso nell'atto medesimo in cui venne formato".

[30739] Iª q. 56 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod, sicut ex supra dictis patet, obiectum aliter se habet in actione quae manet in agente, et in actione quae transit in aliquid exterius. Nam in actione quae transit in aliquid exterius, obiectum sive materia in quam transit actus, est separata ab agente, sicut calefactum a calefaciente, et aedificatum ab aedificante. Sed in actione quae manet in agente, oportet ad hoc quod procedat actio, quod obiectum uniatur agenti, sicut oportet quod sensibile uniatur sensui, ad hoc quod sentiat actu. Et ita se habet obiectum unitum potentiae ad huiusmodi actionem, sicut forma quae est principium actionis in aliis agentibus, sicut enim calor est principium formale calefactionis in igne, ita species rei visae est principium formale visionis in oculo. Sed considerandum est quod huiusmodi species obiecti quandoque est in potentia tantum in cognoscitiva virtute, et tunc est cognoscens in potentia tantum; et ad hoc quod actu cognoscat, requiritur quod potentia cognoscitiva reducatur in actum speciei. Si autem semper eam actu habeat, nihilominus per eam cognoscere potest absque aliqua mutatione vel receptione praecedenti. Ex quo patet quod moveri ab obiecto non est de ratione cognoscentis inquantum est cognoscens, sed inquantum est potentia cognoscens. Nihil autem differt, ad hoc quod forma sit principium actionis, quod ipsa forma sit alii inhaerens, et quod sit per se subsistens, non enim minus calor calefaceret si esset per se subsistens, quam calefacit inhaerens. Sic igitur et si aliquid in genere intelligibilium se habeat ut forma intelligibilis subsistens, intelliget seipsum. Angelus autem, cum sit immaterialis, est quaedam forma subsistens, et per hoc intelligibilis actu. Unde sequitur quod per suam formam, quae est sua substantia, seipsum intelligat.

 

[30739] Iª q. 56 a. 1 co.
RISPONDO: Come sopra si disse, diverso è il modo di comportarsi dell'oggetto nell'azione [immanente] che rimane nel soggetto, e in quella [transitiva] che dal soggetto passa a un oggetto estrinseco.
Infatti nell'azione che termina a qualcosa di estrinseco l'oggetto, ossia la materia che subisce l'azione, è distinta dall'agente: come la cosa riscaldata è distinta dal fuoco, e l'edificio dal costruttore. Ma nell'azione immanente, perché l'atto si produca, è necessario che l'oggetto venga ad unirsi con l'agente: così, perché il senso attualmente senta, bisogna che il sensibile venga ad unirsi con esso. Perciò l'oggetto unito alla potenza si comporta, rispetto all'azione suddetta, come la forma che è principio operativo negli altri agenti. Come infatti il calore è nel fuoco il principio formale del riscaldamento, così l'immagine visiva è nell'occhio il principio formale dell'atto visivo.
Si osservi però che talora l'immagine dell'oggetto si trova nella facoltà conoscitiva soltanto allo stato potenziale: e allora si ha una cognizione soltanto in potenza. Perché ci sia una cognizione attuale si richiede che la facoltà conoscitiva riceva l'atto della specie [intenzionale]. Ma se sempre attualmente possiede tale specie, può conoscere per mezzo di essa, senza che si debba presupporre una mutazione o una recezione. E chiaro quindi che la mozione da parte dell'oggetto non è essenziale alla conoscenza come tale, ma solo in quanto si tratta di una conoscenza potenziale.
Ma affinchè una forma possa essere principio di operazione è indifferente che essa sia forma unita ad un soggetto, o che sia di per sé sussistente: difatti se il calore fosse di per sé sussistente non riscalderebbe meno che se fosse inerente [a un soggetto].
Per questo, se tra gli esseri intelligibili ve n'è qualcuno che esista come forma intelligibile sussistente, deve necessariamente conoscere se stesso. Ora, essendo l'angelo immateriale, è una forma sussistente, e quindi è attualmente intelligibile. Ne segue che egli conosce se stesso mediante la sua forma, che è la stessa sua sostanza.

[30740] Iª q. 56 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod littera illa est antiquae translationis, quae corrigitur per novam, in qua dicitur, praeterea et ipsos, scilicet Angelos, cognovisse proprias virtutes; loco cuius habebatur in alia translatione, et adhuc et eos ignorare proprias virtutes. Quamvis etiam littera antiquae translationis salvari possit quantum ad hoc, quod Angeli non perfecte cognoscunt suam virtutem, secundum quod procedit ab ordine divinae sapientiae, quae est Angelis incomprehensibilis.

 

[30740] Iª q. 56 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La citazione è presa dalla versione antica, che viene così corretta nella nuova: "inoltre essi", cioè gli angeli, "conoscono le proprie virtù"; mentre nell'altra versione si leggeva: "e ancora essi ignorano le proprie virtù". – Tuttavia si potrebbe anche giustificare l'antica versione in questo senso, che gli angeli non conoscono perfettamente la propria virtù, in quanto essa deriva dall'ordine della divina sapienza, che è incomprensibile agli angeli.

[30741] Iª q. 56 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod singularium quae sunt in rebus corporalibus, non est intellectus, apud nos, non ratione singularitatis, sed ratione materiae, quae est in eis individuationis principium. Unde si aliqua singularia sunt sine materia subsistentia, sicut sunt Angeli, illa nihil prohibet intelligibilia esse actu.

 

[30741] Iª q. 56 a. 1 ad 2
2. Noi non possiamo intendere i singolari corporei non già a motivo della loro singolarità, bensì a causa della materia, che è il loro principio di individuazione. Se perciò esistono esseri individuali che sussistono indipendentemente dalla materia, come sono gli angeli, niente impedisce che essi siano attualmente intelligibili.

[30742] Iª q. 56 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod moveri et pati convenit intellectui secundum quod est in potentia. Unde non habet locum in intellectu angelico; maxime quantum ad hoc quod intelligit seipsum. Actio etiam intellectus non est eiusdem rationis cum actione quae in corporalibus invenitur, in aliam materiam transeunte.

 

[30742] Iª q. 56 a. 1 ad 3
3. Venir mosso ed essere recettivo conviene all'intelletto in quanto è in potenza. Quindi ciò non si verifica nell'intelletto angelico, soprattutto quanto all'intellezione di se medesimo. Inoltre, l'atto intellettivo non è della stessa natura dell'operazione propria delle cose materiali, la quale passa su un soggetto estrinseco.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti immateriali da loro conosciuti > Se un angelo conosca l'altro


Prima pars
Quaestio 56
Articulus 2

[30743] Iª q. 56 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod unus Angelus alium non cognoscat. Dicit enim philosophus, in III de anima, quod si intellectus humanus haberet in se aliquam naturam de numero naturarum rerum sensibilium, illa natura interius existens prohiberet apparere extranea, sicut etiam si pupilla esset colorata aliquo colore, non posset videre omnem colorem. Sed sicut se habet intellectus humanus ad cognoscendas res corporeas, ita se habet intellectus angelicus ad cognoscendas res immateriales. Cum igitur intellectus angelicus habeat in se aliquam naturam determinatam de numero illarum naturarum, videtur quod alias cognoscere non possit.

 
Prima parte
Questione 56
Articolo 2

[30743] Iª q. 56 a. 2 arg. 1
SEMBRA che un angelo non conosca l'altro. Infatti:
1. Afferma il Filosofo che se l'intelletto umano avesse in se stesso una qualche natura di ordine sensibile, tale natura già esistente all'interno impedirebbe la visione delle altre nature ad essa estranee: se, p. es., la pupilla fosse colorata di un certo colore, non potrebbe vedere ogni altro colore. Ora, come si comporta l'intelletto umano nella cognizione delle cose materiali, così si comporta l'intelletto angelico nella cognizione di quelle immateriali. E perciò evidente che l'intelletto angelico, per il fatto che ha in se stesso una natura di ordine intellettuale, non può conoscere le altre nature [dello stesso ordine].

[30744] Iª q. 56 a. 2 arg. 2
Praeterea, in libro de causis dicitur quod omnis intelligentia sit quod est supra se, inquantum est causata ab eo; et quod est sub se, inquantum est causa eius. Sed unus Angelus non est causa alterius. Ergo unus Angelus non cognoscit alium.

 

[30744] Iª q. 56 a. 2 arg. 2
2. Nel libro De Causis si legge che "ogni intelligenza conosce ciò che le è superiore, in quanto è da esso causata; e ciò che le e inferiore, in quanto lo causa". Ma nessun angelo è causa dell'altro. Quindi un angelo non può conoscere l'altro.

[30745] Iª q. 56 a. 2 arg. 3
Praeterea, unus Angelus non potest cognoscere alium per essentiam ipsius Angeli cognoscentis, cum omnis cognitio sit secundum rationem similitudinis, essentia autem Angeli cognoscentis non est similis essentiae Angeli cogniti nisi in genere, ut ex supra dictis patet; unde sequeretur quod unus Angelus non haberet de alio cognitionem propriam, sed generalem tantum. Similiter etiam non potest dici quod unus Angelus cognoscat alium per essentiam Angeli cogniti, quia illud quo intellectus intelligit, est intrinsecum intellectui; sola autem Trinitas illabitur menti. Similiter etiam dici non potest quod unus cognoscat alium per speciem, quia illa species non differret ab Angelo intellecto, cum utrumque sit immateriale. Nullo igitur modo videtur quod unus Angelus possit intelligere alium.

 

[30745] Iª q. 56 a. 2 arg. 3
3. Un angelo non può conoscere l'altro per mezzo della propria essenza di angelo conoscente: ogni cognizione infatti avviene in forza di una somiglianza; e poiché l'essenza dell'angelo che conosce è simile all'essenza dell'angelo conosciuto solo quanto al genere, come si è visto, è chiaro che un angelo non potrebbe avere dell'altro una cognizione propria, ma soltanto generica. – Cosi pure non si potrà dire che un angelo conosce l'altro per mezzo dell'essenza dell'angelo conosciuto: perché il mezzo che serve all'intelletto per intendere deve essere intrinseco all’intelletto stesso; e soltanto la Trinità può [così] penetrare nell'intimo della mente. -
E nemmeno si può dire che un angelo conosce l'altro per mezzo di una specie: quella specie infatti non si distinguerebbe dall'angelo conosciuto, essendo l'una e l'altra immateriali. È evidente perciò che in nessun modo un angelo può conoscere l'altro.

[30746] Iª q. 56 a. 2 arg. 4
Praeterea, si unus Angelus intelligit alium, aut hoc esset per speciem innatam, et sic sequeretur quod, si Deus nunc de novo crearet aliquem Angelum, quod non posset cognosci ab his qui nunc sunt. Aut per speciem acquisitam a rebus, et sic sequeretur quod Angeli superiores non possent cognoscere inferiores, a quibus nihil accipiunt. Nullo igitur modo videtur quod unus Angelus alium cognoscat.

 

[30746] Iª q. 56 a. 2 arg. 4
4. Un angelo potrebbe giungere alla cognizione dell'altro servendosi di una specie innata: ma allora ne seguirebbe che se Dio in questo momento creasse un nuovo angelo, quest'ultimo non potrebbe essere conosciuto dagli angeli attualmente esistenti. Oppure dovrà servirsi di una specie derivata dalle cose: ma allora ne seguirà che gli angeli superiori non potranno conoscere quelli inferiori, perché nulla ricevono da essi. Dunque in nessun modo un angelo può conoscere l'altro.

[30747] Iª q. 56 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur in libro de causis, quod omnis intelligentia scit res quae non corrumpuntur.

 

[30747] Iª q. 56 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Si afferma nel De Causis che "ogni intelligenza conosce le cose che non si corrompono".

[30748] Iª q. 56 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut Augustinus dicit, II super Gen. ad Litt., ea quae in verbo Dei ab aeterno praeextiterunt, dupliciter ab eo effluxerunt, uno modo, in intellectum angelicum; alio modo, ut subsisterent in propriis naturis. In intellectum autem angelicum processerunt per hoc, quod Deus menti angelicae impressit rerum similitudines, quas in esse naturali produxit. In verbo autem Dei ab aeterno extiterunt non solum rationes rerum corporalium, sed etiam rationes omnium spiritualium creaturarum. Sic igitur unicuique spiritualium creaturarum a verbo Dei impressae sunt omnes rationes rerum omnium, tam corporalium quam spiritualium. Ita tamen quod unicuique Angelo impressa est ratio suae speciei secundum esse naturale et intelligibile simul, ita scilicet quod in natura suae speciei subsisteret, et per eam se intelligeret, aliarum vero naturarum, tam spiritualium quam corporalium, rationes sunt ei impressae secundum esse intelligibile tantum, ut videlicet per huiusmodi species impressas, tam creaturas corporales quam spirituales cognosceret.

 

[30748] Iª q. 56 a. 2 co.
RISPONDO: Come dice S. Agostino, le cose che si trovano nel Verbo da tutta l'eternità, scaturirono da lui in due modi: prima di tutto [furono comunicate] all'intelletto angelico; in secondo luogo vennero a sussistere nella propria natura. Furono comunicate all'intelletto angelico in quanto Dio impresse nella mente angelica le immagini di quanto egli produsse poi nella natura. Ora, nel Verbo di Dio, da tutta l'eternità, non ci furono soltanto le idee delle cose corporee, ma altresì quelle di tutte le creature spirituali. Il Verbo di Dio ha dunque impresso in ogni creatura spirituale le idee di tutto le coso, tanto materiali che spirituali. In ogni angelo però impresse l'idea [o ragione] della propria specie, tanto secondo l'essere naturale che secondo quello intelligibile; in modo cioè che l'angelo fosse in grado di sussistere come natura della propria specie, e, per mezzo di essa, di comprendere se stesso; mentre le idee delle altre nature, sia spirituali che materiali, gli furono impresse soltanto secondo l'essere intelligibile, affinchè cioè per mezzo di queste idee impresse potesse conoscere tanto le creature corporee che quelle spirituali.

[30749] Iª q. 56 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod naturae spirituales Angelorum ab invicem distinguuntur ordine quodam, sicut supra dictum est. Et sic natura unius Angeli non prohibet intellectum ipsius a cognoscendis aliis naturis Angelorum, cum tam superiores quam inferiores habeant affinitatem cum natura eius, differentia existente tantum secundum diversos gradus perfectionis.

 

[30749] Iª q. 56 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le nature spirituali degli angeli, come abbiamo già spiegato, si distinguono tra di loro per una certa graduazione. Perciò la [determinata] natura di un angelo non impedisce al suo intelletto di conoscere le nature degli altri angeli, perché tanto gli angeli superiori che gli inferiori hanno un'affinità con la di lui natura, ma se ne differenziano (soltanto) secondo vari gradi di perfezione.

[30750] Iª q. 56 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod ratio causae et causati non facit ad hoc quod unus Angelus alium cognoscat, nisi ratione similitudinis, inquantum causa et causatum sunt similia. Et ideo, si inter Angelos ponatur similitudo absque causalitate, remanebit in uno cognitio alterius.

 

[30750] Iª q. 56 a. 2 ad 2
2. La relazione tra causa e causato non giova a far sì che un angelo conosca l'altro, se non in forza della somiglianza; in quanto cioè esiste una somiglianza tra causa e causato. Perciò, una volta ammessa una somiglianza tra gli angeli, anche togliendo la causalità, rimane che un angelo può conoscere l'altro.

[30751] Iª q. 56 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod unus Angelus cognoscit alium per speciem eius in intellectu suo existentem, quae differt ab Angelo cuius similitudo est, non secundum esse materiale et immateriale, sed secundum esse naturale et intentionale. Nam ipse Angelus est forma subsistens in esse naturali, non autem species eius quae est in intellectu alterius Angeli, sed habet ibi esse intelligibile tantum. Sicut etiam et forma coloris in pariete habet esse naturale, in medio autem deferente habet esse intentionale tantum.

 

[30751] Iª q. 56 a. 2 ad 3
3. Un angelo conosce l'altro per mezzo di una specie esistente nel proprio intelletto. Tale specie differisce dall'angelo che rappresenta non come l'essere materiale da quello immateriale, ma come l'essere [reale e] naturale differisce da quello intenzionale. Infatti l'angelo è una forma che sussiste nel suo proprio essere naturale: non così la specie di un angelo che si trova nell'intelletto di un altro angelo, dove ha soltanto l'essere intelligibile. La forma del colore, p. es., ha nella parete il suo essere naturale, mentre nell'aria che la trasporta [ai sensi] ha soltanto l'essere intenzionale.

[30752] Iª q. 56 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod Deus unamquamque creaturam fecit proportionatam universo quod facere disposuit. Et ideo, si Deus instituisset facere plures Angelos vel plures naturas rerum, plures species intelligibiles mentibus angelicis impressisset. Sicut si aedificator voluisset facere maiorem domum, fecisset maius fundamentum. Unde eiusdem rationis est quod Deus adderet aliquam creaturam universo, et aliquam speciem intelligibilem Angelo.

 

[30752] Iª q. 56 a. 2 ad 4
4. Dio proporzionò ogni creatura all'universo che stabilì di creare. Perciò se Dio avesse stabilito di creare altri angeli o altre cose, avrebbe pure impresso nelle menti angeliche le specie intelligibili corrispondenti. Così, se un costruttore avesse voluto edificare una casa più grande avrebbe anche posto più ampie fondamenta. Quindi domandarsi se Dio possa aggiungere una specie intelligibile all'angelo, è come chiedersi se possa aggiungere una creatura all'universo.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti immateriali da loro conosciuti > Se gli angeli possano conoscere Dio con le proprie forze naturali


Prima pars
Quaestio 56
Articulus 3

[30753] Iª q. 56 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod Angeli per sua naturalia Deum cognoscere non possint. Dicit enim Dionysius, I cap. de Div. Nom., quod Deus est super omnes caelestes mentes incomprehensibili virtute collocatus. Et postea subdit quod, quia est supra omnem substantiam, ab omni cognitione est segregatus.

 
Prima parte
Questione 56
Articolo 3

[30753] Iª q. 56 a. 3 arg. 1
SEMBRA che gli angeli non possano conoscere Dio con le proprie forze naturali. Infatti:
1. Dionigi afferma che Dio è posto, "per la sua perfezione incomprensibile, al disopra di tutte le menti celesti". E aggiunge: "poiché si eleva al disopra di ogni sostanza, non è raggiunto da alcuna cognizione".

[30754] Iª q. 56 a. 3 arg. 2
Praeterea, Deus in infinitum distat ab intellectu Angeli. Sed in infinitum distantia non possunt attingi. Ergo videtur quod Angelus per sua naturalia non possit Deum cognoscere.

 

[30754] Iª q. 56 a. 3 arg. 2
2. Dio dista infinitamente dall'intelletto dell'angelo. Ma le cose che distano infinitamente non si possono raggiungere. E perciò evidente che l'angelo, con le sue forze naturali, non può conoscere Dio.

[30755] Iª q. 56 a. 3 arg. 3
Praeterea, I Cor. XIII dicitur, videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem. Ex quo videtur quod sit duplex Dei cognitio, una, qua videtur per sui essentiam, secundum quam dicitur videri facie ad faciem; alia, secundum quod videtur in speculo creaturarum. Sed primam Dei cognitionem Angelus habere non potuit per sua naturalia, ut supra ostensum est. Visio autem specularis Angelis non convenit, quia non accipiunt divinam cognitionem e rebus sensibilibus, ut dicit Dionysius, VII cap. de Div. Nom. Ergo Angeli per sua naturalia Deum cognoscere non possunt.

 

[30755] Iª q. 56 a. 3 arg. 3
3. Scrive l'Apostolo: "In questo momento noi vediamo attraverso uno specchio in enigma, allora vedremo faccia a faccia". È chiaro quindi che ci sono due maniere di conoscere Dio: l'una ce lo fa conoscere nella sua essenza, e corrisponde al cosi detto vedere faccia a faccia; l'altra ce lo mostra nello specchio [delle creature]. Ora l'angelo non poteva avere la prima cognizione con le sue forze naturali, come sopra si è dimostrato. D'altra parte la conoscenza attraverso lo specchio [delle creature] non si addice agli angeli: poiché essi, come afferma Dionigi, non derivano la cognizione divina dalle cose sensibili. Dunque gli angeli non possono conoscere Dio per mezzo delle loro forze naturali.

[30756] Iª q. 56 a. 3 s. c.
Sed contra, Angeli sunt potentiores in cognoscendo quam homines. Sed homines per sua naturalia Deum cognoscere possunt; secundum illud Rom. I, quod notum est Dei, manifestum est in illis. Ergo multo magis Angeli.

 

[30756] Iª q. 56 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Gli angeli hanno una cognizione più perfetta che gli uomini. Ora, gli uomini con le loro forze naturali possono conoscere Dio, conforme al detto dell'Apostolo: "quel che si può conoscere di Dio è in essi manifesto". Dunque a maggior ragione lo potranno gli angeli.

[30757] Iª q. 56 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod Angeli aliquam cognitionem de Deo habere possunt per sua naturalia. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod aliquid tripliciter cognoscitur. Uno modo, per praesentiam suae essentiae in cognoscente, sicut si lux videatur in oculo, et sic dictum est quod Angelus intelligit seipsum. Alio modo, per praesentiam suae similitudinis in potentia cognoscitiva, sicut lapis videtur ab oculo per hoc quod similitudo eius resultat in oculo. Tertio modo, per hoc quod similitudo rei cognitae non accipitur immediate ab ipsa re cognita, sed a re alia, in qua resultat, sicut cum videmus hominem in speculo. Primae igitur cognitioni assimilatur divina cognitio, qua per essentiam suam videtur. Et haec cognitio Dei non potest adesse creaturae alicui per sua naturalia, ut supra dictum est. Tertiae autem cognitioni assimilatur cognitio qua nos cognoscimus Deum in via, per similitudinem eius in creaturis resultantem; secundum illud Rom. I, invisibilia Dei per ea quae facta sunt, intellecta, conspiciuntur. Unde et dicimur Deum videre in speculo. Cognitio autem qua Angelus per sua naturalia cognoscit Deum, media est inter has duas; et similatur illi cognitioni qua videtur res per speciem ab ea acceptam. Quia enim imago Dei est in ipsa natura Angeli impressa per suam essentiam, Angelus Deum cognoscit, inquantum est similitudo Dei. Non tamen ipsam essentiam Dei videt, quia nulla similitudo creata est sufficiens ad repraesentandam divinam essentiam. Unde magis ista cognitio tenet se cum speculari, quia et ipsa natura angelica est quoddam speculum divinam similitudinem repraesentans.

 

[30757] Iª q. 56 a. 3 co.
RISPONDO: Gli angeli con le loro forze naturali possono avere una certa conoscenza di Dio. Per comprendere ciò bisogna considerare che una cosa può essere conosciuta in tre modi. Primo, per il fatto che la sua essenza si trova nel soggetto conoscente, come la luce è nell'occhio nell'atto della visione: in questo modo, si disse, l'angelo conosce se stesso. Secondo, per il fatto che nella facoltà conoscitiva è presente un'immagine della cosa: in tal modo è veduta dall'occhio la pietra, in quanto si trova nell'occhio un'immagine di essa. Terzo, quando l'immagine della cosa conosciuta non viene presa immediatamente da questa, ma da un'altra cosa in cui essa si trova: come quando vediamo un uomo in uno specchio.
Al primo genere di cognizione corrisponde la conoscenza di Dio ottenuta per mezzo della sua essenza. Ma nessuna creatura, come già si è visto, può avere una tale cognizione con le sue forze naturali. - Corrisponde invece al terzo genere la conoscenza mediante la quale noi, nello stato di viatori, conosciamo Dio dalle vestigia e dalle immagini di lui impresse nelle creature, secondo il detto dell'Apostolo: "Le perfezioni invisibili di Dio, comprendendosi dalle cose l'atte, si rendono visibili". Perciò si dice che vediamo Dio attraverso uno specchio. - La cognizione, di cui si serve l'angelo per conoscere Dio con le sue forze naturali, è qualche cosa di mezzo tra queste due, e corrisponde a quella cognizione che ci fa vedere una cosa per mezzo della specie desunta dalla cosa stessa. Poiché, infatti, 1'immagine di Dio è impressa nella natura dell'angelo proprio mediante l'essenza di quest'ultimo, l'angelo conosce Dio in quanto egli stesso ne è un'immagine. Non vede tuttavia l'essenza stessa di Dio: poiché nessuna immagine creata è in grado di rappresentare pienamente l'essenza divina. Quindi questa cognizione si avvicina piuttosto alla [nostra] conoscenza speculare: poiché la stessa natura angelica è uno specchio che riflette una immagine di Dio.

[30758] Iª q. 56 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Dionysius loquitur de cognitione comprehensionis, ut expresse eius verba ostendunt. Et sic a nullo intellectu creato cognoscitur.

 

[30758] Iª q. 56 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dionigi, come si vede dalle sue parole, parla della cognizione comprensiva. In tale maniera Dio non può essere conosciuto da nessun intelletto creato.

[30759] Iª q. 56 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod propter hoc quod intellectus et essentia Angeli in infinitum distant a Deo, sequitur quod non possit ipsum comprehendere, nec per suam naturam eius essentiam videre. Non tamen sequitur propter hoc, quod nullam eius cognitionem habere possit, quia sicut Deus in infinitum distat ab Angelo, ita cognitio quam Deus habet de seipso, in infinitum distat a cognitione quam Angelus habet de eo.

 

[30759] Iª q. 56 a. 3 ad 2
2. Dal fatto che l'intelletto e l'essenza dell'angelo distano infinitamente da Dio, ne segue che l'angelo non è in grado di comprendere Dio, e di vedere la di lui essenza mediante la propria natura.
Non ne segue però che non possa avere alcuna cognizione di Dio: poiché, come Dio dista infinitamente dall'angelo, così pure la cognizione che Dio ha di se stesso dista infinitamente dalla cognizione che di Dio può avere l'angelo.

[30760] Iª q. 56 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod cognitio quam naturaliter Angelus habet de Deo, est media inter utramque cognitionem, et tamen magis se tenet cum una, ut supra dictum est.

 

[30760] Iª q. 56 a. 3 ad 3
3. La conoscenza che l'angelo ha di Dio con le proprie forze naturali sta in mezzo tra le due [suddette] cognizioni: tuttavia, come si è spiegato, si avvicina di più alla seconda.

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva