I, 50

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La sostanza degli angeli considerata in se stessa


Prima pars
Quaestio 50
Prooemium

[30551] Iª q. 50 pr.
Post haec considerandum est de distinctione corporalis et spiritualis creaturae. Et primo, de creatura pure spirituali, quae in Scriptura sacra Angelus nominatur; secundo, de creatura pure corporali; tertio, de creatura composita ex corporali et spirituali, quae est homo. Circa vero Angelos, considerandum est primo de his quae pertinent ad eorum substantiam; secundo, de his quae pertinent ad eorum intellectum; tertio, de his quae pertinent ad eorum voluntatem; quarto, de his quae pertinent ad eorum creationem. De substantia autem eorum considerandum est et absolute, et per comparationem ad corporalia. Circa substantiam vero eorum absolute, quinque quaeruntur.
Primo, utrum sit aliqua creatura omnino spiritualis, et penitus incorporea.
Secundo, supposito quod Angelus sit talis, quaeritur utrum Angelus sit compositus ex materia et forma.
Tertio, quaeritur de multitudine eorum.
Quarto, de differentia ipsorum ab invicem. Quinto, de immortalitate, seu incorruptibilitate ipsorum.

 
Prima parte
Questione 50
Proemio

[30551] Iª q. 50 pr.
Rimane ora da trattare distintamente delle creature spirituali e corporali. Studieremo quindi: primo, la creatura che è puro spirito, denominata angelo dalla sacra Scrittura; secondo, la creatura puramente corporea; terzo, la creatura composta di spirito e di corpo ossia l'uomo. Riguardo agli angeli dobbiamo trattare le questioni relative: primo, alla loro natura; secondo, al loro intelletto; terzo, (quelle relative) alla loro volontà; quarto, (quelle relative) alla loro creazione. La sostanza degli angeli dev'essere studiata sia in se stessa, sia nei suoi rapporti con le cose corporee. Intorno alla sostanza o natura degli angeli considerata in se stessa si pongono cinque quesiti:
1. Se esista una creatura del tutto spirituale e incorporea;
2. Supposto che l'angelo sia del tutto incorporeo e spirituale, si domanda se sia composto di materia e di forma;
3. Se ci siano molti angeli;
4. Come si differenzino tra di loro;
5. Se siano immortali ossia incorruttibili.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La sostanza degli angeli considerata in se stessa > Se l'angelo sia del tutto incorporeo


Prima pars
Quaestio 50
Articulus 1

[30552] Iª q. 50 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod Angelus non sit omnino incorporeus. Illud enim quod est incorporeum solum quoad nos, et non quoad Deum, non est incorporeum simpliciter. Sed Damascenus dicit, in libro II, quod Angelus incorporeus et immaterialis dicitur quantum ad nos, sed comparatus ad Deum, corporeus et materialis invenitur. Non ergo est incorporeus simpliciter.

 
Prima parte
Questione 50
Articolo 1

[30552] Iª q. 50 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'angelo non sia del tutto incorporeo. Infatti:
1. Ciò che è incorporeo relativamente a noi, ma non relativamente a Dio, non è incorporeo assolutamente parlando. Ora, come osserva il Damasceno, l'angelo "si dice incorporeo relativamente a noi, ma paragonato a Dio è corporeo e materiale". Dunque l'angelo non è, assolutamente parlando, incorporeo.

[30553] Iª q. 50 a. 1 arg. 2
Praeterea, nihil movetur nisi corpus, ut probatur in VI Physic. Sed Damascenus dicit ibidem quod Angelus est substantia intellectualis semper mobilis. Angelus ergo est substantia corporea.

 

[30553] Iª q. 50 a. 1 arg. 2
2. Come Aristotele dimostra, nulla si muove all'infuori del corpo. Ma l'angelo, al dire del Damasceno, è "una sostanza intellettuale sempre mobile". Dunque l'angelo è una sostanza corporea.

[30554] Iª q. 50 a. 1 arg. 3
Praeterea, Ambrosius dicit, in libro de spiritu sancto, omnis creatura certis suae naturae circumscripta est limitibus. Circumscribi autem proprium est corporum. Ergo omnis creatura est corporea. Angeli autem sunt Dei creaturae, ut patet in Psalmo CXLVIII, laudate dominum, omnes Angeli eius; et postea subditur, quoniam ipse dixit, et facta sunt, ipse mandavit, et creata sunt. Ergo Angeli sunt corporei.

 

[30554] Iª q. 50 a. 1 arg. 3
3. Dice S. Ambrogio: "Ogni creatura è circoscritta dai limiti ben definiti della sua natura". Ora, l'essere circoscritto è proprio dei corpi. Dunque ogni creatura è corporea. Ma gli angeli sono creature di Dio, come è chiaramente affermato dai Salmi: "Lodate il Signore, o voi tutti angeli suoi", e poco dopo: "Poiché egli parlò e furono fatte (queste cose); comandò e furono create". Dunque gli angeli sono corporei.

[30555] Iª q. 50 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur in Psalmo CIII, qui facit Angelos suos spiritus.

 

[30555] Iª q. 50 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto nei Salmi: "Colui che fa suoi messaggeri gli spiriti".

[30556] Iª q. 50 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod necesse est ponere aliquas creaturas incorporeas. Id enim quod praecipue in rebus creatis Deus intendit est bonum quod consistit in assimilatione ad Deum. Perfecta autem assimilatio effectus ad causam attenditur, quando effectus imitatur causam secundum illud per quod causa producit effectum; sicut calidum facit calidum. Deus autem creaturam producit per intellectum et voluntatem, ut supra ostensum est. Unde ad perfectionem universi requiritur quod sint aliquae creaturae intellectuales. Intelligere autem non potest esse actus corporis, nec alicuius virtutis corporeae, quia omne corpus determinatur ad hic et nunc. Unde necesse est ponere, ad hoc quod universum sit perfectum, quod sit aliqua incorporea creatura. Antiqui autem, ignorantes vim intelligendi, et non distinguentes inter sensum et intellectum, nihil esse existimaverunt in mundo, nisi quod sensu et imaginatione apprehendi potest. Et quia sub imaginatione non cadit nisi corpus, existimaverunt quod nullum ens esset nisi corpus; ut philosophus dicit in IV Physic. Et ex his processit Sadducaeorum error, dicentium non esse spiritum. Sed hoc ipsum quod intellectus est altior sensu, rationabiliter ostendit esse aliquas res incorporeas, a solo intellectu comprehensibiles.

 

[30556] Iª q. 50 a. 1 co.
RISPONDO: È necessario ammettere delle creature incorporee. Infatti, ciò a cui mira principalmente Dio nella creazione è il bene, che consiste in una rassomiglianza con lui. Ora l'effetto somiglia perfettamente alla causa quando la imita proprio in quello che serve ad essa per produrre l'effetto; come quando un corpo caldo rende caldo un altro corpo. Orbene, Dio produce la creatura per mezzo dell'intelletto e della volontà, come fu spiegato a suo tempo. Dunque la perfezione dell'universo richiede che vi siano delle creature intellettuali. Ma l'intellezione non può essere atto di un corpo né di alcuna facoltà corporea: ogni corpo infatti è limitato nello spazio e nel tempo. Ne segue che per avere la perfezione dell'universo è necessario ammettere l'esistenza di qualche creatura incorporea.
Gli antichi (filosofi), ignorando la portata della cognizione della potenza intellettiva, e non sapendo distinguere l'intelletto dal senso, credettero non esservi al mondo nient'altro all'infuori di ciò che cade sotto il dominio dei sensi e dell'immaginazione. E siccome sotto l'immaginazione non cade che il corpo, opinarono che non vi fosse altra realtà che il corpo, come riferisce appunto il Filosofo. Da questi stessi motivi ebbe origine l'errore dei Sadducei, che "negavano l'esistenza degli spiriti". - Ma per il fatto stesso che l'intelletto è superiore al senso, si deve ragionevolmente concludere che esistono delle sostanze incorporee oggetto esclusivo dell'intelligenza.

[30557] Iª q. 50 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod substantiae incorporeae medium sunt inter Deum et creaturas corporeas. Medium autem comparatum ad unum extremum, videtur alterum extremum; sicut tepidum comparatum calido, videtur frigidum. Et hac ratione dicitur quod Angeli, Deo comparati, sunt materiales et corporei, non quod in eis sit aliquid de natura corporea.

 

[30557] Iª q. 50 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le sostanze incorporee occupano un posto intermedio tra Dio e le creature corporali. Ora, un essere intermedio se viene paragonato ad un estremo sembra l'estremo opposto: così un oggetto tiepido paragonato a uno caldo sembra freddo. Per questo si dice che gli angeli, paragonati a Dio, sono materiali e corporei: ma ciò non significa che in essi vi sia qualche cosa di corporeo.

[30558] Iª q. 50 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod motus ibi accipitur prout intelligere et velle motus quidam dicuntur. Dicitur ergo Angelus substantia semper mobilis, quia semper est actu intelligens, non quandoque actu et quandoque potentia, sicut nos. Unde patet quod ratio procedit ex aequivoco.

 

[30558] Iª q. 50 a. 1 ad 2
2. Il termine moto in quel testo deve prendersi nel senso in cui si dice moto persino l'intendere e il volere. Si dice dunque che l'angelo è una sostanza sempre mobile, perché ha sempre l'atto di intendere: ossia non è come noi, che nell'intellezione ora siamo in atto ed ora in potenza. È chiaro perciò che la difficoltà gioca sull'equivoco.

[30559] Iª q. 50 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod circumscribi terminis localibus est proprium corporum, sed circumscribi terminis essentialibus est commune cuilibet creaturae, tam corporali quam spirituali. Unde dicit Ambrosius, in libro de Spir. Sanct., quod licet quaedam locis corporalibus non contineantur, circumscriptione tamen substantiae non carent.

 

[30559] Iª q. 50 a. 1 ad 3
3. L'essere circoscritti da limiti spaziali è proprio dei corpi: ma essere circoscritti da limiti essenziali è cosa comune a tutte le creature, siano esse corporee o spirituali. Dice perciò S. Ambrogio che per quanto alcune creature non siano circoscritte entro termini corporali, sono tuttavia circoscritte dai limiti propri della loro natura.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La sostanza degli angeli considerata in se stessa > Se l'angelo sia composto di materia e di forma


Prima pars
Quaestio 50
Articulus 2

[30560] Iª q. 50 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod Angelus sit compositus ex materia et forma. Omne enim quod continetur sub aliquo genere, est compositum ex genere et differentia, quae, adveniens generi, constituit speciem. Sed genus sumitur ex materia, differentia vero ex forma, ut patet in VIII Metaphys. Ergo omne quod est in genere, est compositum ex materia et forma. Sed Angelus est in genere substantiae. Ergo est compositus ex materia et forma.

 
Prima parte
Questione 50
Articolo 2

[30560] Iª q. 50 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'angelo sia composto di materia e di forma. Infatti:
1. Tutte le cose che rientrano in un dato genere sono composte di genere e differenza, la quale ultima, aggiungendosi al genere, costituisce la specie. Ora, come insegna Aristotele, il genere si desume dalla materia, la differenza invece dalla forma. Dunque tutto ciò che rientra in un dato genere è composto di materia e di forma. Ma l'angelo si trova nel genere di sostanza. Dunque è composto di materia e di forma.

[30561] Iª q. 50 a. 2 arg. 2
Praeterea, in quocumque inveniuntur proprietates materiae, ibi invenitur materia. Proprietates autem materiae sunt recipere et substare; unde dicit Boetius, in libro de Trin., quod forma simplex subiectum esse non potest. Haec autem inveniuntur in Angelo. Ergo Angelus est compositus ex materia et forma.

 

[30561] Iª q. 50 a. 2 arg. 2
2. Ovunque si trovano le proprietà della materia deve trovarsi anche la materia. Ora, le proprietà della materia consistono nel ricevere e nel compiere le funzioni di soggetto: non per nulla Boezio dice che "una forma semplice non può fare da soggetto". Ma nell'angelo si trovano queste proprietà. Dunque l'angelo è composto di materia e forma.

[30562] Iª q. 50 a. 2 arg. 3
Praeterea, forma est actus. Quod ergo est forma tantum, est actus purus. Sed Angelus non est actus purus, hoc enim solius Dei est. Ergo non est forma tantum, sed habet formam in materia.

 

[30562] Iª q. 50 a. 2 arg. 3
3. La forma è un atto. Quindi ciò che è soltanto forma è atto puro. Ma l'angelo non può essere atto puro: poiché ciò appartiene a Dio solo. Dunque l'angelo non è soltanto forma, ma ha la forma unita alla materia.

[30563] Iª q. 50 a. 2 arg. 4
Praeterea, forma proprie limitatur et finitur per materiam. Forma ergo quae non est in materia, est forma infinita. Sed forma Angeli non est infinita, quia omnis creatura finita est. Ergo forma Angeli est in materia.

 

[30563] Iª q. 50 a. 2 arg. 4
4. La forma non è propriamente delimitata e terminata che dalla materia. Perciò una forma che non si trovi nella materia sarà infinita. Ora, la forma dell'angelo non è infinita: perché ogni creatura è finita. Dunque la forma dell'angelo si trova nella materia.

[30564] Iª q. 50 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom., quod primae creaturae sicut incorporales et immateriales intelliguntur.

 

[30564] Iª q. 50 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi afferma che le prime creature "debbono ritenersi incorporee e immateriali".

[30565] Iª q. 50 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod quidam ponunt Angelos esse compositos ex materia et forma. Et hanc opinionem astruere nititur Avicebron in libro fontis vitae. Supponit enim quod quaecumque distinguuntur secundum intellectum, sint etiam in rebus distincta. In substantia autem incorporea intellectus apprehendit aliquid per quod distinguitur a substantia corporea, et aliquid per quod cum ea convenit. Unde ex hoc vult concludere quod illud per quod differt substantia incorporea a corporea, sit ei quasi forma, et illud quod subiicitur huic formae distinguenti quasi commune, sit materia eius. Et propter hoc ponit quod eadem est materia universalis spiritualium et corporalium, ut intelligatur quod forma incorporeae substantiae sic sit impressa in materia spiritualium, sicut forma quantitatis est impressa in materia corporalium. Sed primo aspectu apparet esse impossibile unam esse materiam spiritualium et corporalium. Non enim est possibile quod forma spiritualis et corporalis recipiatur in una parte materiae, quia sic una et eadem res numero esset corporalis et spiritualis. Unde relinquitur quod alia pars materiae sit quae recipit formam corporalem, et alia quae recipit formam spiritualem. Materiam autem dividi in partes non contingit nisi secundum quod intelligitur sub quantitate, qua remota, remanet substantia indivisibilis, ut dicitur in I Physic. Sic igitur relinquitur quod materia spiritualium sit subiecta quantitati, quod est impossibile. Impossibile est ergo quod una sit materia corporalium et spiritualium. Sed adhuc ulterius impossibile est quod substantia intellectualis habeat qualemcumque materiam. Operatio enim cuiuslibet rei est secundum modum substantiae eius. Intelligere autem est operatio penitus immaterialis. Quod ex eius obiecto apparet, a quo actus quilibet recipit speciem et rationem, sic enim unumquodque intelligitur, inquantum a materia abstrahitur; quia formae in materia sunt individuales formae, quas intellectus non apprehendit secundum quod huiusmodi. Unde relinquitur quod omnis substantia intellectualis est omnino immaterialis. Non est autem necessarium quod ea quae distinguuntur secundum intellectum, sint distincta in rebus, quia intellectus non apprehendit res secundum modum rerum, sed secundum modum suum. Unde res materiales, quae sunt infra intellectum nostrum, simpliciori modo sunt in intellectu nostro, quam sint in seipsis. Substantiae autem angelicae sunt supra intellectum nostrum. Unde intellectus noster non potest attingere ad apprehendendum eas secundum quod sunt in seipsis; sed per modum suum, secundum quod apprehendit res compositas. Et sic etiam apprehendit Deum, ut supra dictum est.

 

[30565] Iª q. 50 a. 2 co.
RISPONDO: Alcuni ritengono che gli angeli siano composti di materia e di forma. Avicebron si è sforzato d'impiantare questa opinione nel suo libro Fons vitae. Egli parte dal presupposto che siano realmente distinte tutte quelle cose che figurano distinte all'apprensione del nostro intelletto. Ora nella sostanza incorporea l'intelletto coglie un aspetto (la differenza specifica) per cui essa si distingue dalla sostanza corporea, e un altro aspetto (il genere) che è comune alle due sostanze. Egli allora ne conclude che quanto serve a differenziare la sostanza incorporea da quella corporea, costituisce la forma di quella sostanza; quanto invece, come elemento comune, viene a ricevere questa forma distintiva, costituisce la materia di tale sostanza. Afferma perciò che identica è la materia universale degli esseri spirituali e di quelli corporei: egli cioè intende asserire che, come la forma della quantità è impressa nella materia degli esseri corporei, così la forma delle sostanze incorporee è impressa nella materia degli esseri spirituali.
Si vede però di primo acchito l'impossibilità di una identica materia per le cose spirituali e corporee. Difatti è impossibile che la forma spirituale e quella materiale siano ricevute nella stessa porzione di materia: poiché in tal caso una stessa cosa numericamente identica sarebbe insieme corporea e spirituale. Si dovrà perciò ammettere che la porzione di materia che riceve la forma corporea è distinta da quella porzione di materia che riceve la forma spirituale. Ora, non si può ammettere che la materia si divida in più parti se non si concepisce come informata dalla quantità: senza di questa, infatti, come insegna Aristotele, avremmo una sostanza indivisibile. Si dovrebbe quindi ammettere che la materia delle sostanze spirituali è soggetta alla quantità; il che è impossibile. Ed è quindi impossibile che vi sia un'unica materia per le creature corporee e per quelle spirituali.
Anzi, è impossibile che le sostanze spirituali abbiano una materia qualsiasi. Infatti, l'operare di ogni essere è conforme alla di lui natura. Ora, l'intendere è un'operazione del tutto immateriale. Lo si vede chiaramente dall'oggetto, da cui dipende la specie e la natura di ogni atto. Nessuna cosa infatti può essere colta dall'intelletto se non in quanto viene astratta dalla materia; poiché le forme che si trovano nella materia sono forme individuali, che, in quanto tali, non sono conosciute dall'intelletto. Si deve perciò concludere che ogni sostanza intellettiva è assolutamente immateriale.
Del resto non è necessario che le cose che si presentano come distinte all'apprensione dell'intelletto siano pure distinte nella realtà; poiché l'intelletto non conosce le cose uniformandosi al loro modo di essere, ma uniformandole al suo. Quindi le cose materiali, che sono inferiori al nostro intelletto, ricevono nella nostra mente un modo di essere più semplice di quello che hanno in se stesse. Ma le sostanze angeliche sono superiori al nostro intelletto. Questo perciò non è capace di apprenderle come sono in se stesse; ma (le apprenderà) alla sua maniera, cioè come apprende le cose composte. In questo modo, come si è già visto, conosce anche Dio.

[30566] Iª q. 50 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod differentia est quae constituit speciem. Unumquodque autem constituitur in specie, secundum quod determinatur ad aliquem specialem gradum in entibus, quia species rerum sunt sicut numeri, qui differunt per additionem et subtractionem unitatis, ut dicitur in VIII Metaphys. In rebus autem materialibus aliud est quod determinat ad specialem gradum, scilicet forma, et aliud quod determinatur, scilicet materia, unde ab alio sumitur genus, et ab alio differentia. Sed in rebus immaterialibus non est aliud determinans et determinatum, sed unaquaeque earum secundum seipsam tenet determinatum gradum in entibus. Et ideo genus et differentia in eis non accipitur secundum aliud et aliud, sed secundum unum et idem. Quod tamen differt secundum considerationem nostram, inquantum enim intellectus noster considerat illam rem ut indeterminate, accipitur in eis ratio generis; inquantum vero considerat ut determinate, accipitur ratio differentiae.

 

[30566] Iª q. 50 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La specie è costituita dalla differenza. E ogni cosa è posta nella sua specie in quanto viene determinata ad un grado speciale nella scala degli esseri: poiché le specie delle cose sono come i numeri, i quali, al dire di Aristotele, differiscono per la semplice addizione o sottrazione di un'unità. Ora, nelle cose materiali altro è quello che determina un essere a un dato grado, vale a dire la forma, ed altro è quello che viene determinato, cioè la materia; cosicché il genere si desume dal secondo elemento e la differenza dal primo. Ma nelle sostanze immateriali non si dà un elemento determinante distinto da quello che viene determinato: ma ognuna di esse, in forza di tutta la sua natura, occupa già un grado particolare nella scala degli esseri. Perciò il genere e la differenza delle sostanze spirituali non si desumono da elementi realmente distinti, bensì da un'identica realtà. In tal caso il genere e la differenza si distinguono quanto al nostro modo di intendere: cioè si ha il genere quando il nostro intelletto considera la sostanza spirituale sotto un aspetto indeterminato; si ha invece la specie quando la considera nella sua determinatezza.

[30567] Iª q. 50 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod ratio illa ponitur in libro fontis vitae. Et esset necessaria, si idem esset modus quo recipit intellectus, et quo recipit materia. Sed hoc patet esse falsum. Materia enim recipit formam, ut secundum ipsam constituatur in esse alicuius speciei, vel aeris, vel ignis, vel cuiuscumque alterius. Sic autem intellectus non recipit formam, alioquin verificaretur opinio Empedoclis, qui posuit quod terram terra cognoscimus, et ignem igne. Sed forma intelligibilis est in intellectu secundum ipsam rationem formae, sic enim cognoscitur ab intellectu. Unde talis receptio non est receptio materiae, sed est receptio substantiae immaterialis.

 

[30567] Iª q. 50 a. 2 ad 2
2. La difficoltà si trova nel Fons Vitae (di Avicebron). L'argomento varrebbe se non esistesse una maniera intellettiva di ricevere la specie, ben diversa da quella della materia. Ma è evidente che non è così. La materia infatti riceve la forma per divenire, per mezzo di essa, una concreta realtà di una determinata specie, p. es., di aria, di fuoco o di qualsiasi altra cosa. L'intelletto invece non in questo modo riceve la forma: altrimenti sarebbe vera l'opinione di Empedocle il quale diceva che noi "conosciamo la terra per mezzo della terra, e il fuoco per mezzo del fuoco". Ma la forma intelligibile si trova nell'intelletto proprio in quanto forma: poiché in tal modo è conosciuta dall'intelletto. Ora, questo modo di ricevere la forma non è il modo proprio della materia, bensì quello che si addice alle sostanze immateriali.

[30568] Iª q. 50 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, licet in Angelo non sit compositio formae et materiae, est tamen in eo actus et potentia. Quod quidem manifestum potest esse ex consideratione rerum materialium, in quibus invenitur duplex compositio. Prima quidem formae et materiae, ex quibus constituitur natura aliqua. Natura autem sic composita non est suum esse, sed esse est actus eius. Unde ipsa natura comparatur ad suum esse sicut potentia ad actum. Subtracta ergo materia, et posito quod ipsa forma subsistat non in materia, adhuc remanet comparatio formae ad ipsum esse ut potentiae ad actum. Et talis compositio intelligenda est in Angelis. Et hoc est quod a quibusdam dicitur, quod Angelus est compositus ex quo est et quod est, vel ex esse et quod est, ut Boetius dicit, nam quod est est ipsa forma subsistens; ipsum autem esse est quo substantia est, sicut cursus est quo currens currit. Sed in Deo non est aliud esse et quod est, ut supra ostensum est. Unde solus Deus est actus purus.

 

[30568] Iª q. 50 a. 2 ad 3
3. Quantunque nell'angelo non vi sia composizione di materia e di forma, tuttavia vi sono in lui atto e potenza. E si può averne l'evidenza osservando che nelle cose materiali si riscontra una doppia composizione. La prima è la composizione di materia e di forma, che costituisce una natura determinata. Questa natura, così composta, non è però il suo proprio essere, ma l'essere ne è l'atto. Perciò la natura sta al suo essere come la potenza sta all'atto. Se quindi togliamo la materia, e supponiamo che una forma sussista senza di essa, tra la forma e l'essere rimane ancora il rapporto che esiste tra la potenza e l'atto. In questo senso dobbiamo intendere la composizione propria degli angeli. Per questo alcuni dicono che l'angelo è composto di quo est (ciò per cui egli è) e di quod est (ciò che è), oppure come dice Boezio, di essere e di ciò che è. Infatti il quod est, è la stessa forma sussistente; mentre l'essere è ciò per cui la sostanza è; come il correre è ciò per cui il corridore corre. Ma in Dio, come si è dimostrato sopra, non c'è distinzione tra l'essere ed il soggetto che è. Soltanto Dio quindi è atto puro.

[30569] Iª q. 50 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod omnis creatura est finita simpliciter, inquantum esse eius non est absolutum subsistens, sed limitatur ad naturam aliquam cui advenit. Sed nihil prohibet aliquam creaturam esse secundum quid infinitam. Creaturae autem materiales habent infinitatem ex parte materiae, sed finitatem ex parte formae, quae limitatur per materiam in qua recipitur. Substantiae autem immateriales creatae sunt finitae secundum suum esse, sed infinitae secundum quod eorum formae non sunt receptae in alio. Sicut si diceremus albedinem separatam existentem esse infinitam quantum ad rationem albedinis, quia non contrahitur ad aliquod subiectum; esse tamen eius esset finitum, quia determinatur ad aliquam naturam specialem. Et propter hoc dicitur in libro de causis, quod intelligentia est finita superius, inquantum scilicet recipit esse a suo superiori; sed est infinita inferius, inquantum non recipitur in aliqua materia.

 

[30569] Iª q. 50 a. 2 ad 4
4. Ogni creatura è, assolutamente parlando, finita, in quanto il suo essere non è senz'altro sussistente in se medesimo, ma è limitato a quella natura che lo riceve. Nulla però impedisce che una creatura possa essere infinita sotto un certo rispetto. Le creature materiali presentano una certa infinità per la loro materia, ma sono finite per le loro forme che sono limitate dalla materia in cui vengono ricevute. Le sostanze immateriali create sono invece finite quanto al loro essere, e infinite quanto alle loro forme, che non sono ricevute in un soggetto. Sarebbe come dire che se la bianchezza esistesse separata dai corpi, dovrebbe essere infinita quanto alla ragione di bianchezza, poiché non verrebbe limitata da alcun soggetto; ma il suo essere sarebbe finito, perché limitato ad una natura particolare. Per questo è detto nel libro De Causis, che la sostanza intellettiva è "finita in rapporto a ciò che sta al di sopra di essa", in quanto cioè riceve l'essere da chi le è superiore; ma è "infinita rispetto a ciò che le è al di sotto", in quanto non è ricevuta nella materia.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La sostanza degli angeli considerata in se stessa > Se vi sia un gran numero di angeli


Prima pars
Quaestio 50
Articulus 3

[30570] Iª q. 50 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod Angeli non sint in aliquo magno numero. Numerus enim species quantitatis est, et sequitur divisionem continui. Hoc autem non potest esse in Angelis cum sint incorporei, ut supra ostensum est. Ergo Angeli non possunt esse in aliquo magno numero.

 
Prima parte
Questione 50
Articolo 3

[30570] Iª q. 50 a. 3 arg. 1
SEMBRA che non vi sia un gran numero di angeli. Infatti:
1. Il numero è una specie di quantità e risulta dalla divisione di ciò che ha estensione. Ora, l'estensione non può avere luogo negli angeli, poiché come si è dimostrato sopra, essi sono incorporei. Dunque non vi può essere un gran numero di angeli.

[30571] Iª q. 50 a. 3 arg. 2
Praeterea, quanto aliquid est magis propinquum uni, tanto minus est multiplicatum, ut in numeris apparet. Natura autem angelica inter alias naturas creatas est Deo propinquior. Cum ergo Deus sit maxime unus, videtur quod in natura angelica inveniatur minimum de multitudine.

 

[30571] Iª q. 50 a. 3 arg. 2
2. Quanto più una realtà è vicina all'unità, tanto meno viene moltiplicata, come appare manifestamente nella serie dei numeri. Ora, fra tutte le altre nature create, la natura angelica è la più vicina a Dio. Essendo quindi Dio sommamente uno, sembra che nella natura angelica la pluralità debba essere ridotta al minimo.

[30572] Iª q. 50 a. 3 arg. 3
Praeterea, proprius effectus separatarum substantiarum videtur esse motus corporum caelestium. Sed motus corporum caelestium sunt secundum aliquem determinatum numerum paucum, qui a nobis comprehendi potest. Ergo Angeli non sunt in maiori multitudine, quam motus corporum caelestium.

 

[30572] Iª q. 50 a. 3 arg. 3
3. Sembra che l'effetto proprio delle sostanze angeliche sia il moto dei corpi celesti. Ma i movimenti dei corpi celesti si riducono ad un piccolo numero ben determinato, che noi possiamo conoscere. Dunque il numero degli angeli non è superiore a quello dei moti dei corpi celesti.

[30573] Iª q. 50 a. 3 arg. 4
Praeterea, Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom., quod propter radios divinae bonitatis subsistunt intelligibiles et intellectuales omnes substantiae. Sed radius non multiplicatur nisi secundum diversitatem recipientium. Non autem potest dici quod materia sit receptiva intelligibilis radii, cum substantiae intellectuales sint immateriales, ut supra ostensum est. Ergo videtur quod multiplicatio substantiarum intellectualium non possit esse nisi secundum exigentiam primorum corporum, scilicet caelestium, ut ad ea quodammodo processus praedictorum radiorum terminetur. Et sic idem quod prius.

 

[30573] Iª q. 50 a. 3 arg. 4
4. Dice Dionigi che "tutte le sostanze intelligibili e intellettuali devono la sussistenza ai raggi della bontà divina". Ma il raggio si moltiplica in ragione della diversità dei soggetti che lo ricevono. D'altra parte non si può dire che la materia sia un soggetto recettivo del raggio intelligibile, poiché si è dimostrato che le sostanze intellettuali sono immateriali. Sembra quindi che la moltiplicazione delle sostanze intellettuali dipenda unicamente dalle esigenze dei primi corpi, cioè di quelli celesti, di modo che ad essi termina, indirettamente, l'emanazione dei suddetti raggi. Perciò abbiamo la conclusione precedente.

[30574] Iª q. 50 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicitur Dan. VII, millia millium ministrabant ei, et decies millies centena millia assistebant ei.

 

[30574] Iª q. 50 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Si legge nella Scrittura: "Mille migliaia lo servivano e miriadi di miriadi stavano davanti a lui".

[30575] Iª q. 50 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod circa numerum substantiarum separatarum, diversi diversis viis processerunt. Plato enim posuit substantias separatas esse species rerum sensibilium, utpote si poneremus ipsam naturam humanam esse separatam. Et secundum hoc oportebat dicere quod substantiae separatae sint secundum numerum specierum sensibilium. Sed hanc positionem improbat Aristoteles, ex eo quod materia est de ratione speciei horum sensibilium. Unde substantiae separatae non possunt esse species exemplares horum sensibilium, sed habent quasdam naturas altiores naturis rerum sensibilium. Posuit tamen Aristoteles quod illae naturae perfectiores habent ordinem ad sensibilia ista, secundum rationem moventis et finis. Et ideo secundum numerum primorum motuum, conatus est adinvenire numerum substantiarum separatarum. Sed quia hoc videtur repugnare documentis sacrae Scripturae, Rabbi Moyses, Iudaeus, volens utrumque concordare, posuit quod Angeli, secundum quod dicuntur substantiae immateriales, multiplicantur secundum numerum motuum vel corporum caelestium, secundum Aristotelem. Sed posuit quod Angeli in Scriptura dicuntur etiam homines divina annuntiantes; et iterum virtutes rerum naturalium, quae Dei omnipotentiam manifestant. Sed hoc est alienum a consuetudine Scripturae, quod virtutes rerum irrationabilium Angeli nominentur. Unde dicendum est quod etiam Angeli secundum quod sunt immateriales substantiae, in quadam multitudine maxima sunt, omnem materialem multitudinem excedentes. Et hoc est quod dicit Dionysius, XIV cap. Caelest. Hierarch., multi sunt beati exercitus supernarum mentium, infirmam et constrictam excedentes nostrorum materialium numerorum commensurationem. Et huius ratio est quia, cum perfectio universi sit illud quod praecipue Deus intendit in creatione rerum, quanto aliqua sunt magis perfecta tanto in maiori excessu sunt creata a Deo. Sicut autem in corporibus attenditur excessus secundum magnitudinem, ita in rebus incorporeis potest attendi excessus secundum multitudinem. Videmus autem quod corpora incorruptibilia, quae sunt perfectiora inter corpora, excedunt quasi incomparabiliter secundum magnitudinem corpora corruptibilia, nam tota sphaera activorum et passivorum est aliquid modicum respectu corporum caelestium. Unde rationabile est quod substantiae immateriales excedant secundum multitudinem substantias materiales, quasi incomparabiliter.

 

[30575] Iª q. 50 a. 3 co.
RISPONDO: Nello stabilire il numero delle sostanze separate i vari autori procedettero per vie diverse. Secondo Platone le sostanze separate sono le specie delle cose sensibili: come se dicessimo che la natura umana esiste allo stato separato. Stando a questa sentenza bisognerebbe concludere che il numero delle sostanze separate corrisponde al numero delle specie delle cose sensibili. - Aristotele rigetta tale sentenza, per la ragione che la materia è parte essenziale delle specie sensibili. Le sostanze separate non possono quindi essere le specie prototipe delle cose materiali, essendo dotate di natura superiore a quella delle realtà sensibili.
Ritiene tuttavia Aristotele che quelle nature più perfette sono ordinate alle cose visibili, come loro cause motrici e finali. Cerca quindi di stabilire il numero delle sostanze separate dal numero dei primi moti.
Ma poiché tale sentenza è in contrasto con la sacra Scrittura, l'ebreo Rabbi Mosè, volendo trovare un accordo tra loro, affermò che il numero degli angeli, se si intendono con questo nome le sostanze immateriali, corrisponde al numero dei corpi celesti, come insegna Aristotele. Ma d'altra parte, per salvare la sacra Scrittura, sostenne che nei libri sacri sono chiamati angeli tanto gli uomini che annunziano divini messaggi, quanto le forze della natura che manifestano l'onnipotenza di Dio. - Ma in realtà la Scrittura non suole affatto dare il nome di angeli alle forze cieche della natura.
Si deve quindi affermare che anche gli angeli propriamente detti ossia le sostanze immateriali superano per il loro numero ingentissimo qualunque moltitudine materiale. È questa la sentenza di Dionigi, il quale afferma: "Gli eserciti beati delle menti celesti sono numerosi e trascendono la debole e ristretta misura dei nostri numeri materiali". La ragione di questo fatto sta in ciò, che Dio nella creazione delle cose ha di mira principalmente la perfezione dell'universo, di modo che quanto più gli esseri sono perfetti, tanto più grande è il numero in cui furono creati da Dio. Ora, come nei corpi si misura la preminenza degli uni rispetto agli altri in ragione della grandezza, così nelle cose incorporee si può valutare la superiorità reciproca in rapporto al numero. Noi vediamo infatti che i corpi incorruttibili, che sono tra tutti i corpi i più perfetti, sorpassano quasi incomparabilmente per la loro grandezza i corpi corruttibili, poiché la sfera dei corpi corruttibili è ben poca cosa a confronto dei corpi celesti. È dunque ragionevole che le sostanze immateriali superino quasi incomparabilmente, per il loro numero, le sostanze materiali.

[30576] Iª q. 50 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod in Angelis non est numerus qui est quantitas discreta, causatus ex divisione continui, sed causatus ex distinctione formarum, prout multitudo est de transcendentibus, ut supra dictum est.

 

[30576] Iª q. 50 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Negli angeli non esiste quella specie del numero che è causata dalla divisione del continuo, ossia la quantità aritmetica; vi è al contrario il numero causato dalla distinzione delle forme da cui risulta la molteplicità propria dei trascendentali, come si è detto sopra.

[30577] Iª q. 50 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod ex hoc quod natura angelica est Deo propinqua, oportet quod habeat minimum de multitudine in sui compositione, non autem ita quod in paucis salvetur.

 

[30577] Iª q. 50 a. 3 ad 2
2. La natura angelica, a motivo della sua vicinanza con Dio, deve avere il minimo di complessità nella sua costituzione, ma non richiede affatto di trovarsi in pochi individui.

[30578] Iª q. 50 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod ratio illa est Aristotelis in XII Metaphys. Et ex necessitate concluderet, si substantiae separatae essent propter substantias corporales, sic enim frustra essent immateriales substantiae, nisi ex eis aliquis motus in rebus corporalibus appareret. Non est autem hoc verum, quod substantiae immateriales sint propter corporales, quia finis nobilior est his quae sunt ad finem. Unde etiam Aristoteles dicit ibidem quod haec ratio non est necessaria, sed probabilis. Coactus autem fuit hac ratione uti, quia ad cognoscendum intelligibilia non possumus pervenire nisi per sensibilia.

 

[30578] Iª q. 50 a. 3 ad 3
3. L'argomento è di Aristotele. La conclusione a cui esso giunge sarebbe necessaria, se le sostanze separate esistessero solo in funzione delle sostanze corporee. In tal caso sarebbero inutili quelle sostanze immateriali, da cui non fosse causato alcun movimento nelle cose corporee. Ora, non è affatto vero che le sostanze immateriali esistono in funzione di quelle corporee. Il fine è infatti sempre più nobile di ciò che ad esso è ordinato come mezzo. Appunto per questo Aristotele osserva che l'argomento non è apodittico, ma soltanto probabile. D'altra parte egli dovette forzatamente servirsi di tale argomento, non potendo noi giungere a conoscere le cose intelligibili se non attraverso quelle sensibili.

[30579] Iª q. 50 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod ratio illa procedit secundum opinionem eorum qui causam distinctionis rerum ponebant esse materiam. Hoc autem improbatum est. Unde multiplicatio Angelorum neque secundum materiam, neque secundum corpora est accipienda, sed secundum divinam sapientiam, diversos ordines immaterialium substantiarum excogitantem.

 

[30579] Iª q. 50 a. 3 ad 4
4. L'argomento si fonda sulla sentenza di coloro che assegnavano la materia come unica causa della distinzione delle cose. Tale sentenza l'abbiamo già confutata. Ma la moltitudine degli angeli non è fondata né sulla materia né sui corpi, ma è originata dalla sapienza divina, che ha ideato più ordini di sostanze immateriali.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La sostanza degli angeli considerata in se stessa > Se gli angeli siano tra loro specificamente differenti


Prima pars
Quaestio 50
Articulus 4

[30580] Iª q. 50 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod Angeli non differant specie. Cum enim differentia sit nobilior genere, quaecumque conveniunt secundum id quod est nobilissimum in eis, conveniunt in ultima differentia constitutiva; et ita sunt eadem secundum speciem. Sed omnes Angeli conveniunt in eo quod est nobilissimum in eis, scilicet in intellectualitate. Ergo omnes Angeli sunt unius speciei.

 
Prima parte
Questione 50
Articolo 4

[30580] Iª q. 50 a. 4 arg. 1
SEMBRA che gli angeli non siano tra loro specificamente differenti. Infatti:
1. La differenza è più nobile del genere, perciò tutte le cose che hanno in comune ciò che in esse vi è di più nobile, devono avere in comune l'ultima differenza costitutiva, e quindi convengono tutte nella medesima specie. Ora, tutti gli angeli convengono in quello che vi è di più nobile nella loro natura, cioè nell'intellettualità. Quindi tutti gli angeli appartengono ad un'unica specie.

[30581] Iª q. 50 a. 4 arg. 2
Praeterea, magis et minus non diversificant speciem. Sed Angeli non videntur differre ad invicem nisi secundum magis et minus; prout scilicet unus alio est simplicior, et perspicacioris intellectus. Ergo Angeli non differunt specie.

 

[30581] Iª q. 50 a. 4 arg. 2
2. Il più e il meno non mutano la specie. Ma gli angeli non sembra che differiscano tra loro se non in ragione del più e del meno; nel senso cioè che l'uno è più semplice dell'altro, ed è dotato di un intelletto più perspicace. Dunque gli angeli non sono tra loro specificamente diversi.

[30582] Iª q. 50 a. 4 arg. 3
Praeterea, anima et Angelus ex opposito dividuntur. Sed omnes animae sunt unius speciei. Ergo et Angeli.

 

[30582] Iª q. 50 a. 4 arg. 3
3. L'angelo e l'anima sono insieme gli estremi opposti di una stessa divisione. Ma tutte le anime appartengono ad un'unica specie. Dunque lo stesso deve dirsi per gli angeli.

[30583] Iª q. 50 a. 4 arg. 4
Praeterea, quanto aliquid est perfectius in natura, tanto magis debet multiplicari. Hoc autem non esset, si in una specie esset unum tantum individuum. Ergo multi Angeli sunt unius speciei.

 

[30583] Iª q. 50 a. 4 arg. 4
4. Quanto più delle creature sono perfette, tanto più devono essere numerose. Ora, ciò non avverrebbe se ci fosse un solo individuo per ogni specie (di angeli). Dunque ci sono molti angeli di un'unica specie.

[30584] Iª q. 50 a. 4 s. c.
Sed contra est quod in his quae sunt unius speciei, non est invenire prius et posterius, ut dicitur in III Metaphys. Sed in Angelis, etiam unius ordinis, sunt primi et medii et ultimi, ut dicit Dionysius, X cap. Ang. Hier. Ergo Angeli non sunt eiusdem speciei.

 

[30584] Iª q. 50 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Come insegna Aristotele, nelle cose che appartengono alla stessa specie non esiste un ordine di priorità e posteriorità. Invece negli angeli, anche di uno stesso ordine, ci sono i primi, gli intermedi e gli ultimi, come dice Dionigi. Quindi gli angeli non appartengono ad un'unica specie.

[30585] Iª q. 50 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod quidam dixerunt omnes substantias spirituales esse unius speciei, etiam animas. Alii vero quod omnes Angeli sunt unius speciei, sed non animae. Quidam vero quod omnes Angeli unius hierarchiae, aut etiam unius ordinis. Sed hoc est impossibile. Ea enim quae conveniunt specie et differunt numero, conveniunt in forma, et distinguuntur materialiter. Si ergo Angeli non sunt compositi ex materia et forma, ut dictum est supra, sequitur quod impossibile sit esse duos Angelos unius speciei. Sicut etiam impossibile esset dicere quod essent plures albedines separatae, aut plures humanitates; cum albedines non sint plures nisi secundum quod sunt in pluribus substantiis. Si tamen Angeli haberent materiam, nec sic possent esse plures Angeli unius speciei. Sic enim oporteret quod principium distinctionis unius ab alio esset materia, non quidem secundum divisionem quantitatis, cum sint incorporei, sed secundum diversitatem potentiarum. Quae quidem diversitas materiae causat diversitatem non solum speciei, sed generis.

 

[30585] Iª q. 50 a. 4 co.
RISPONDO: Secondo alcuni, tutte le sostanze spirituali, comprese le anime, appartengono ad un'unica specie. Secondo altri sarebbero di un'unica specie tutti gli angeli, mentre diversa sarebbe la specie delle anime. E finalmente, secondo altri, apparterrebbero a un'unica specie tutti gli angeli di una stessa gerarchia o di uno stesso ordine.
Ora, queste tesi sono insostenibili. Quelle cose, infatti, che convengono quanto alla specie e differiscono quanto al numero, hanno una stessa forma, e si distinguono per la materia. Se gli angeli perciò non sono composti di materia e di forma, come abbiamo già spiegato, è logicamente impossibile che vi siano due angeli di un'unica specie. Ciò è assurdo come affermare che possono esistere diverse bianchezze separate, o più umanità: non si danno, infatti, diverse bianchezze se non in quanto si trovano in più sostanze.
Ma anche nel caso che gli angeli avessero una materia, non potrebbero esserci più angeli di una medesima specie. Poiché in tal caso il principio che servirebbe a distinguere un angelo dall'altro sarebbe la materia, ma non già in forza della divisione cui può venir sottoposta la quantità, essendo gli angeli incorporei, bensì in forza di una diversità nella ragione stessa di potenza. Ora, tale diversità della materia causerebbe una differenza non solo di specie, ma altresì di genere.

[30586] Iª q. 50 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod differentia est nobilior genere, sicut determinatum indeterminato et proprium communi; non autem sicut alia et alia natura. Alioquin oporteret quod omnia animalia irrationalia essent unius speciei; vel quod esset in eis aliqua alia perfectior forma quam anima sensibilis. Differunt ergo specie animalia irrationalia secundum diversos gradus determinatos naturae sensitivae. Et similiter omnes Angeli differunt specie secundum diversos gradus naturae intellectivae.

 

[30586] Iª q. 50 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La differenza è più nobile del genere, non già nel senso che siano cose diverse tra loro per natura, ma come il determinato è più nobile dell'indeterminato, e il proprio è più nobile di ciò che è comune. Altrimenti tutti gli animali irragionevoli dovrebbero essere di una stessa specie, oppure dovrebbe esserci in essi qualche altra forma più perfetta dell'anima sensitiva. Perciò gli animali irragionevoli differiscono nella specie secondo i diversi gradi della natura sensitiva. Parimenti tutti gli angeli differiscono tra di loro secondo i vari gradi della natura intellettiva.

[30587] Iª q. 50 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod magis et minus, secundum quod causantur ex intensione et remissione unius formae, non diversificant speciem. Sed secundum quod causantur ex formis diversorum graduum, sic diversificant speciem, sicut si dicamus quod ignis est perfectior aere. Et hoc modo Angeli diversificantur secundum magis et minus.

 

[30587] Iª q. 50 a. 4 ad 2
2. Se il più e il meno sono causati dall'intensità o dalla debilità di una forma unica, non si ha diversità di specie. Ma se provengono da una diversa gradazione di forme, così come il fuoco si dice più perfetto dell'aria, allora si ha una diversità di specie. E in questo modo gli angeli differiscono secondo il più e il meno.

[30588] Iª q. 50 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod bonum speciei praeponderat bono individui. Unde multo melius est quod multiplicentur species in Angelis, quam quod multiplicentur individua in una specie.

 

[30588] Iª q. 50 a. 4 ad 3
3. Il bene della specie è superiore a quello dell'individuo. È quindi assai meglio che negli angeli siano numerose le specie anziché gli individui di un'unica specie.

[30589] Iª q. 50 a. 4 ad 4
Ad quartum dicendum quod multiplicatio secundum numerum, cum in infinitum protendi possit, non intenditur ab agente, sed sola multiplicatio secundum speciem, ut supra dictum est. Unde perfectio naturae angelicae requirit multiplicationem specierum, non autem multiplicationem individuorum in una specie.

 

[30589] Iª q. 50 a. 4 ad 4
4. La causa agente non ha di mira la molteplicità numerica, potendosi questa estendere all'indefinito; ha di mira invece la molteplicità della specie, come più sopra si disse. La perfezione della natura angelica richiede quindi la molteplicità delle specie, non già quella degli individui.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La sostanza degli angeli considerata in se stessa > Se gli angeli siano incorruttibili


Prima pars
Quaestio 50
Articulus 5

[30590] Iª q. 50 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod Angeli non sint incorruptibiles. Dicit enim Damascenus de Angelo, quod est substantia intellectualis, gratia et non natura immortalitatem suscipiens.

 
Prima parte
Questione 50
Articolo 5

[30590] Iª q. 50 a. 5 arg. 1
SEMBRA che gli angeli non siano incorruttibili. Infatti:
1. Dice il Damasceno che l'angelo è "una sostanza intellettuale immortale per grazia e non per natura".

[30591] Iª q. 50 a. 5 arg. 2
Praeterea, Plato dicit, in Timaeo, o dii deorum, quorum opifex idem paterque ego, opera siquidem vos mea, dissolubilia natura, me tamen ita volente indissolubilia. Hos autem deos non aliud quam Angelos intelligere potest. Ergo Angeli natura sua sunt corruptibiles.

 

[30591] Iª q. 50 a. 5 arg. 2
2. Platone così scrive nel Timeo: "O dei, figli di dei, io sono ad un tempo vostro artefice e padre. Voi siete opera mia, naturalmente dissolubili, ma indissolubili per mia volontà". Ma qui il termine dei non può designare che gli angeli. Dunque gli angeli sono per natura corruttibili.

[30592] Iª q. 50 a. 5 arg. 3
Praeterea, secundum Gregorium, omnia in nihilum deciderent, nisi ea manus omnipotentis conservaret. Sed quod in nihilum redigi potest, est corruptibile. Ergo, cum Angeli sint a Deo facti, videtur quod sint corruptibiles secundum suam naturam.

 

[30592] Iª q. 50 a. 5 arg. 3
3. Secondo S. Gregorio "tutte le cose cadrebbero nel nulla, se la mano dell'Onnipotente non le conservasse". Ma tutto quello che può cadere nel nulla è corruttibile. Dunque gli angeli, che sono opera di Dio, hanno una natura corruttibile.

[30593] Iª q. 50 a. 5 s. c.
Sed contra est quod Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom., quod intellectuales substantiae vitam habent indeficientem, ab universa corruptione, morte et materia et generatione mundae existentes.

 

[30593] Iª q. 50 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi insegna che le sostanze intellettuali "hanno una vita indefettibile, essendo immuni dalla corruzione universale, dalla morte, dalla materia e dalla generazione".

[30594] Iª q. 50 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod necesse est dicere Angelos secundum suam naturam esse incorruptibiles. Cuius ratio est, quia nihil corrumpitur nisi per hoc, quod forma eius a materia separatur, unde, cum Angelus sit ipsa forma subsistens, ut ex dictis patet, impossibile est quod eius substantia sit corruptibilis. Quod enim convenit alicui secundum se, nunquam ab eo separari potest, ab eo autem cui convenit per aliud, potest separari, separato eo secundum quod ei conveniebat. Rotunditas enim a circulo separari non potest, quia convenit ei secundum seipsum, sed aeneus circulus potest amittere rotunditatem per hoc, quod circularis figura separatur ab aere. Esse autem secundum se competit formae, unumquodque enim est ens actu secundum quod habet formam. Materia vero est ens actu per formam. Compositum igitur ex materia et forma desinit esse actu per hoc, quod forma separatur a materia. Sed si ipsa forma subsistat in suo esse, sicut est in Angelis, ut dictum est, non potest amittere esse. Ipsa igitur immaterialitas Angeli est ratio quare Angelus est incorruptibilis secundum suam naturam. Et huius incorruptibilitatis signum accipi potest ex eius intellectuali operatione, quia enim unumquodque operatur secundum quod est actu, operatio rei indicat modum esse ipsius. Species autem et ratio operationis ex obiecto comprehenditur. Obiectum autem intelligibile, cum sit supra tempus, est sempiternum. Unde omnis substantia intellectualis est incorruptibilis secundum suam naturam.

 

[30594] Iª q. 50 a. 5 co.
RISPONDO: Si deve necessariamente affermare che gli angeli sono per natura incorruttibili. La ragione è questa: una cosa si può corrompere solo per il fatto che la sua forma viene separata dalla materia; essendo quindi l'angelo la stessa forma sussistente, come abbiamo già dimostrato, è impossibile che la sua sostanza sia corruttibile. Quello infatti che conviene per essenza ad una cosa non può mai esserne separato; mentre se le conviene in forza di altri motivi può esserne separato togliendo la causa per cui era richiesto. La rotondità, p. es., non si potrà mai separare dal circolo, perché gli appartiene per essenza; ma un cerchio di bronzo può perdere la rotondità togliendo al bronzo la forma circolare. Ora, l'essere appartiene alla forma proprio per essenza: ogni essere, infatti, esiste attualmente in quanto ha una forma. La materia invece non esiste attualmente se non in forza della forma. Quindi ciò che è composto di materia e di forma cessa di esistere attualmente quando si separa la forma dalla materia. Se invece la forma sussiste nel proprio essere, come avviene per gli angeli nel modo che si è già detto, essa non può perdere l'essere. Perciò la stessa immaterialità dell'angelo è la ragione per cui il medesimo è naturalmente incorruttibile.
Possiamo trovare un segno di questa incorruttibilità nell'operazione intellettiva dell'angelo. Ogni cosa infatti agisce nella misura della propria attualità: quindi l'operazione manifesta il modo di essere dell'agente. Ora, la specie e la natura di un'operazione si desumono dal suo oggetto. Ma l'oggetto proprio dell'operazione intellettiva è sempiterno, perché al di sopra del tempo. Quindi ogni sostanza intellettuale è per natura incorruttibile.

[30595] Iª q. 50 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Damascenus accipit immortalitatem perfectam, quae includit omnimodam immutabilitatem, quia omnis mutatio est quaedam mors, ut Augustinus dicit. Perfectam autem immutabilitatem Angeli non nisi per gratiam assequuntur, ut infra patebit.

 

[30595] Iª q. 50 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Damasceno parla dell'immortalità perfetta, la quale include l'immutabilità nel senso più assoluto; infatti, al dire di S. Agostino, "ogni mutamento è una specie di morte". Ora, gli angeli, come vedremo in seguito, possono raggiungere tale immutabilità solo per mezzo della grazia.

[30596] Iª q. 50 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod Plato per deos intelligit corpora caelestia, quae existimabat esse ex elementis composita, et ideo secundum suam naturam dissolubilia, sed voluntate divina semper conservantur in esse.

 

[30596] Iª q. 50 a. 5 ad 2
2. Platone chiama dei i corpi celesti, che egli riteneva fossero composti di elementi: perciò sarebbero stati essenzialmente corruttibili, sebbene fossero conservati sempre nell'essere dalla volontà divina.

[30597] Iª q. 50 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut supra dictum est, quoddam necessarium est quod habet causam suae necessitatis. Unde non repugnat necessario nec incorruptibili, quod esse eius dependeat ab alio sicut a causa. Per hoc ergo quod dicitur quod omnia deciderent in nihilum nisi continerentur a Deo, et etiam Angeli, non datur intelligi quod in Angelis sit aliquod corruptionis principium, sed quod esse Angeli dependeat a Deo sicut a causa. Non autem dicitur aliquid esse corruptibile, per hoc quod Deus possit illud in non esse redigere, subtrahendo suam conservationem, sed per hoc quod in seipso aliquod principium corruptionis habet, vel contrarietatem vel saltem potentiam materiae.

 

[30597] Iª q. 50 a. 5 ad 3
3. Come si è visto in precedenza, vi sono delle cose necessarie la cui necessità ha una causa. Non ripugna quindi né alle cose necessarie né a quelle incorruttibili che il loro essere dipenda dalla causalità di un altro. Perciò dall'affermazione che tutte le cose e gli stessi angeli cadrebbero nel nulla se non fossero conservati da Dio, non segue che negli angeli ci debba essere un principio di corruzione: ma soltanto che l'essere degli angeli dipende dalla causalità di Dio. Ora, una cosa si dice corruttibile non già perché Dio potrebbe annientarla sottraendole la sua conservazione; ma perché ha in se stessa un principio di corruzione, come sarebbe la contrarietà degli elementi, o anche solo la potenzialità della materia.

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva