I, 49

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > La causa del male


Prima pars
Quaestio 49
Prooemium

[30518] Iª q. 49 pr.
Consequenter quaeritur de causa mali. Et circa hoc quaeruntur tria.
Primo, utrum bonum possit esse causa mali.
Secundo, utrum summum bonum, quod est Deus, sit causa mali.
Tertio, utrum sit aliquod summum malum, quod sit prima causa omnium malorum.

 
Prima parte
Questione 49
Proemio

[30518] Iª q. 49 pr.
E ora veniamo a trattare della causa del male.
In proposito si pongono tre quesiti:

1. Se il bene possa essere causa del male;
2. Se il sommo bene, che è Dio, sia causa del male
3. Se esista un sommo male, causa prima di tutti i mali.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > La causa del male > Se il bene possa essere causa del male


Prima pars
Quaestio 49
Articulus 1

[30519] Iª q. 49 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod bonum non possit esse causa mali. Dicitur enim Matth. VII, non potest arbor bona malos fructus facere.

 
Prima parte
Questione 49
Articolo 1

[30519] Iª q. 49 a. 1 arg. 1
SEMBRA che il bene non possa essere causa del male. Infatti:
1. Nel Vangelo è detto: "Non può un albero buono produrre frutti cattivi".

[30520] Iª q. 49 a. 1 arg. 2
Praeterea, unum contrariorum non potest esse causa alterius. Malum autem est contrarium bono. Ergo bonum non potest esse causa mali.

 

[30520] Iª q. 49 a. 1 arg. 2
2. Di due contrari l'uno non può essere causa dell'altro. Ora, il male è contrario al bene. Dunque il bene non può essere causa del male.

[30521] Iª q. 49 a. 1 arg. 3
Praeterea, effectus deficiens non procedit nisi a causa deficiente. Sed malum, si causam habeat, est effectus deficiens. Ergo habet causam deficientem. Sed omne deficiens malum est. Ergo causa mali non est nisi malum.

 

[30521] Iª q. 49 a. 1 arg. 3
3. Un effetto difettoso non deriva che da una causa difettosa. Ora il male, posto che abbia una causa, è però un effetto difettoso. Dunque avrà pure una causa difettosa. Ma ogni essere difettoso è già un male. Perciò causa del male non è che il male.

[30522] Iª q. 49 a. 1 arg. 4
Praeterea, Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom., quod malum non habet causam. Ergo bonum non est causa mali.

 

[30522] Iª q. 49 a. 1 arg. 4
4. Dionigi afferma che il male non ha causa. Dunque il bene non è causa del male.

[30523] Iª q. 49 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, contra Iulianum, non fuit omnino unde oriri posset malum, nisi ex bono.

 

[30523] Iª q. 49 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino scrive: "Non c'è altra sorgente che il bene, da cui possa derivare il male".

[30524] Iª q. 49 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod necesse est dicere quod omne malum aliqualiter causam habeat. Malum enim est defectus boni quod natum est et debet haberi. Quod autem aliquid deficiat a sua naturali et debita dispositione, non potest provenire nisi ex aliqua causa trahente rem extra suam dispositionem, non enim grave movetur sursum nisi ab aliquo impellente, nec agens deficit in sua actione nisi propter aliquod impedimentum. Esse autem causam non potest convenire nisi bono, quia nihil potest esse causa nisi inquantum est ens; omne autem ens, inquantum huiusmodi, bonum est. Et si consideremus speciales rationes causarum, agens et forma et finis perfectionem quandam important, quae pertinet ad rationem boni, sed et materia, inquantum est potentia ad bonum, habet rationem boni. Et quidem quod bonum sit causa mali per modum causae materialis, iam ex praemissis patet, ostensum est enim quod bonum est subiectum mali. Causam autem formalem malum non habet, sed est magis privatio formae. Et similiter nec causam finalem, sed magis est privatio ordinis ad finem debitum; non solum enim finis habet rationem boni, sed etiam utile, quod ordinatur ad finem. Causam autem per modum agentis habet malum, non autem per se, sed per accidens. Ad cuius evidentiam, sciendum est quod aliter causatur malum in actione, et aliter in effectu. In actione quidem causatur malum propter defectum alicuius principiorum actionis, vel principalis agentis, vel instrumentalis, sicut defectus in motu animalis potest contingere vel propter debilitatem virtutis motivae, ut in pueris; vel propter solam ineptitudinem instrumenti, ut in claudis. Malum autem in re aliqua, non tamen in proprio effectu agentis, causatur quandoque ex virtute agentis; quandoque autem ex defectu ipsius, vel materiae. Ex virtute quidem vel perfectione agentis, quando ad formam intentam ab agente sequitur ex necessitate alterius formae privatio; sicut ad formam ignis sequitur privatio formae aeris vel aquae. Sicut ergo, quanto ignis fuerit perfectior in virtute, tanto perfectius imprimit formam suam, ita etiam tanto perfectius corrumpit contrarium, unde malum et corruptio aeris et aquae, est ex perfectione ignis. Sed hoc est per accidens, quia ignis non intendit privare formam aquae, sed inducere formam propriam; sed hoc faciendo, causat et illud per accidens. Sed si sit defectus in effectu proprio ignis, puta quod deficiat a calefaciendo, hoc est vel propter defectum actionis, qui redundat in defectum alicuius principii, ut dictum est; vel ex indispositione materiae, quae non recipit actionem ignis agentis. Sed et hoc ipsum quod est esse deficiens, accidit bono, cui per se competit agere. Unde verum est quod malum secundum nullum modum habet causam nisi per accidens. Sic autem bonum est causa mali.

 

[30524] Iª q. 49 a. 1 co.
RISPONDO: È necessario affermare che ogni male, in mi modo o nell'altro, ha una causa. Difatti il male è la mancanza di un bene, che dovrebbe naturalmente essere posseduto. Ora, che una cosa decada dalla sua debita e naturale disposizione non può provenire che da una causa, la quale trascini quel dato essere fuori della sua disposizione: difatti un corpo grave non si muove verso l'alto se non in forza di un impulso estraneo, e un agente non viene meno nel suo operare se non a causa di un impedimento. Ora, il causare non può attribuirsi che al bene: poiché nessuna cosa può causare se non perché ente; e ogni ente, in quanto tale, è un bene. Se poi consideriamo le singole specie di causalità, si vede che quella efficiente, quella formale e il fine implicano una perfezione; e questa si risolve nel concetto di bene; anche la materia, quale potenza al bene, si presenta come un bene.
Ora, che il bene sia causa del male come sua causa materiale e già dimostrato da quanto precede: difatti abbiamo visto che il bene è il soggetto del male. La causa formale, invece, il male non ce l'ha: essendo esso piuttosto privazione di forma. Così non ha neppure la causa finale: essendo al contrario carenza di ordine al debito fine. Ora [è chiaro che] non soltanto il fine riveste la natura di bene, ma. anche l'utile che dice ordine al fine. Invece il male ha una causa efficiente: non già diretta [per se], ma indiretta [per accidens].
E per capire questo dobbiamo riflettere che il male nell'azione stessa viene causato diversamente che nell'effetto. Si ha il male nell'azione per il difetto di qualche causa dell'azione medesima, e cioè della causa agente principale, o di quella strumentale. Per es., il difetto di un animale nel camminare può succedere o per la debolezza della sua facoltà di locomozione, come nei fanciulli; oppure per la sola insufficienza dello strumento, come negli zoppi. - Invece in un'opera, che non sia però l'effetto proprio dell'agente, il male viene qualche volta causato dall'efficacia dell'agente, e qualche altra volta dal difetto del medesimo o della materia. E cioè: dall'efficacia o perfezione dell'agente, quando alla forma verso la quale esso tende segue necessariamente la privazione di una forma diversa; così, p. es., alla forma del fuoco segue la privazione della forma dell'aria o dell'acqua. Nella misura dunque che il fuoco è più perfetto in efficacia e più perfettamente imprime la sua forma, tanto più perfettamente distrugge il suo contrario; perciò il male, cioè la distruzione dell'aria o dell'acqua, deriva dalla perfezione del fuoco. Questo però avviene indirettamente: poiché il fuoco non tende ad eliminare la forma dell'acqua, bensì a imprimere la propria forma; ma ciò facendo causa indirettamente [per accidens] anche quell'effetto. Invece se riscontriamo una deficienza in quello che è l'effetto proprio del fuoco, come la mancanza di riscaldamento, ciò avviene o per un difetto nell'azione, che deriva da una deficienza di qualche causa, come si è spiegato; oppure per una indisposizione della materia, che non riceve l'azione del fuoco che è in attività. Ma queste deficienze soltanto come accidentalità appartengono al bene, al quale di suo appartiene semplicemente di agire. Perciò rimane vero che il male in nessun modo ha una causa altro che accidentalmente e indirettamente [per accidens]. E proprio così il bene è causa del male.

[30525] Iª q. 49 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut Augustinus dicit, contra Iulian., arborem malam appellat dominus voluntatem malam, et arborem bonam, voluntatem bonam. Ex voluntate autem bona non producitur actus moralis malus, cum ex ipsa voluntate bona iudicetur actus moralis bonus. Sed tamen ipse motus malae voluntatis causatur a creatura rationali, quae bona est. Et sic est causa mali.

 

[30525] Iª q. 49 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino spiega: "Il Signore chiama albero cattivo la volontà cattiva, e albero buono la volontà buona". Difatti da una volontà buona non viene fuori un atto morale cattivo: poiché un atto morale è giudicato buono dalla stessa rettitudine della volontà. Però anche l'atto della cattiva volontà viene causato [in definitiva] dalla creatura ragionevole, che è buona [come entità]. E precisamente così questa è causa del male.

[30526] Iª q. 49 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod bonum non causat illud malum quod est sibi contrarium, sed quoddam aliud, sicut bonitas ignis causat malum aquae; et homo bonus secundum suam naturam, causat malum actum secundum morem. Et hoc ipsum per accidens est, ut dictum est. Invenitur autem quod etiam unum contrariorum causat aliud per accidens, sicut frigidum exterius ambiens calefacit, inquantum calor retrahitur ad interiora.

 

[30526] Iª q. 49 a. 1 ad 2
2. Il bene non causa quel male che è il suo contrario, ma qualche altro male: così la bontà del fuoco causa il male dell'acqua; e l'uomo che è buono per la sua natura causa un atto moralmente cattivo. Questo appunto si verifica indirettamente [per accidens] come si è spiegato. - Ma capita pure che uno dei contrari causi, sempre indirettamente, l'altro: così il freddo che circonda all’esterno [un animale] causa il riscaldamento, in quanto il calore si condensa nelle parti interne.

[30527] Iª q. 49 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod malum habet causam deficientem aliter in rebus voluntariis, et naturalibus. Agens enim naturale producit effectum suum talem quale ipsum est, nisi impediatur ab aliquo extrinseco, et hoc ipsum est quidam defectus eius. Unde nunquam sequitur malum in effectu, nisi praeexistat aliquod aliud malum in agente vel materia, sicut dictum est. Sed in rebus voluntariis, defectus actionis a voluntate actu deficiente procedit, inquantum non subiicit se actu suae regulae. Qui tamen defectus non est culpa, sed sequitur culpa ex hoc quod cum tali defectu operatur.

 

[30527] Iª q. 49 a. 1 ad 3
3. Il male negli esseri dotati di volontà ha una causa deficiente ben diversa che negli esseri naturali. Difatti l'agente naturale produce il suo effetto così come è esso stesso, se non è ostacolato da qualche cosa di estrinseco: e appunto in ciò consiste la sua deficienza. Perciò il male non segue mai nell'effetto, se già non preesiste un male qualsiasi nell'agente o nella materia, come abbiamo spiegato. Ma negli esseri dotati di volontà, il difetto dell'azione viene dalla volontà attualmente difettosa, perché non attualmente sottoposta alla sua regola. E tuttavia questo difetto non è ancora una colpa: ma la colpa segue dal fatto che si opera con tale difetto.

[30528] Iª q. 49 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod malum non habet causam per se, sed per accidens tantum, ut dictum est.

 

[30528] Iª q. 49 a. 1 ad 4
4. Il male non ha una causa diretta, ma soltanto accidentale e indiretta, come si è spiegato.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > La causa del male > Se il sommo bene, che è Dio, sia causa del male


Prima pars
Quaestio 49
Articulus 2

[30529] Iª q. 49 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod summum bonum, quod est Deus, sit causa mali. Dicitur enim Isai. XLV, ego dominus, et non est alter Deus, formans lucem et creans tenebras, faciens pacem et creans malum. Et Amos III, si erit malum in civitate, quod dominus non fecerit.

 
Prima parte
Questione 49
Articolo 2

[30529] Iª q. 49 a. 2 arg. 1
SEMBRA che il sommo bene, che è Dio, sia causa del male. Infatti:
1. Si legge in Isaia: "Io sono il Signore, e non vi è altro Dio; io che formo la luce e creo le tenebre, che faccio la pace e creo il male". E in Amos: "E ci sarà forse nella città sciagura, ove non sia il Signore che operi?".

[30530] Iª q. 49 a. 2 arg. 2
Praeterea, effectus causae secundae reducitur in causam primam. Bonum autem est causa mali, ut dictum est. Cum igitur omnis boni causa sit Deus, ut supra ostensum est, sequitur quod etiam omne malum sit a Deo.

 

[30530] Iª q. 49 a. 2 arg. 2
2. L'effetto della causa seconda si riporta alla causa prima. Ora il bene, come si è detto, è causa del male. Perciò essendo Dio causa di ogni bene, come più sopra abbiamo dimostrato, ne segue pure che da Dio deriva ogni male.

[30531] Iª q. 49 a. 2 arg. 3
Praeterea, sicut dicitur in II Physic., idem est causa salutis navis, et periculi. Sed Deus est causa salutis omnium rerum. Ergo est ipse causa omnis perditionis et mali.

 

[30531] Iª q. 49 a. 2 arg. 3
3. Come dice Aristotele, è identica la causa della salvezza e del pericolo della nave. Ora, Dio è causa della salvezza di tutte le cose. Dunque egli è anche la causa di ogni rovina e di ogni male.

[30532] Iª q. 49 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicit Augustinus, in libro octoginta trium quaest., quod Deus non est auctor mali, quia non est causa tendendi ad non esse.

 

[30532] Iª q. 49 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino afferma che Dio "non è autore del male, perché non è la causa del tendere verso il non essere".

[30533] Iª q. 49 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut ex dictis patet, malum quod in defectu actionis consistit, semper causatur ex defectu agentis. In Deo autem nullus defectus est, sed summa perfectio, ut supra ostensum est. Unde malum quod in defectu actionis consistit, vel quod ex defectu agentis causatur, non reducitur in Deum sicut in causam. Sed malum quod in corruptione rerum aliquarum consistit, reducitur in Deum sicut in causam. Et hoc patet tam in naturalibus quam in voluntariis. Dictum est enim quod aliquod agens, inquantum sua virtute producit aliquam formam ad quam sequitur corruptio et defectus, causat sua virtute illam corruptionem et defectum. Manifestum est autem quod forma quam principaliter Deus intendit in rebus creatis, est bonum ordinis universi. Ordo autem universi requirit, ut supra dictum est, quod quaedam sint quae deficere possint, et interdum deficiant. Et sic Deus, in rebus causando bonum ordinis universi, ex consequenti, et quasi per accidens, causat corruptiones rerum; secundum illud quod dicitur I Reg. II, dominus mortificat et vivificat. Sed quod dicitur Sap. I, quod Deus mortem non fecit, intelligitur quasi per se intentam. Ad ordinem autem universi pertinet etiam ordo iustitiae, qui requirit ut peccatoribus poena inferatur. Et secundum hoc, Deus est auctor mali quod est poena, non autem mali quod est culpa, ratione supra dicta.

 

[30533] Iª q. 49 a. 2 co.
RISPONDO: Come abbiamo già visto, il male che consiste in una deficienza dell'azione, è sempre causato da un difetto dell'agente. Ora in Dio non c’è difetto alcuno, ma somma perfezione, come più sopra abbiamo dimostrato. Perciò il male consistente in una deficienza dell'azione, causata da un difetto dell'agente, non si può riportare a Dio come a sua causa.
Il male invece che consiste nella corruzione o distruzione di qualche cosa, si riallaccia alla causalità di Dio. E ciò è evidente, sia negli esseri naturali, che in quelli dotati di volontà. Difatti abbiamo spiegato che un agente, in quanto produce con la sua efficacia una forma, alla quale tiene dietro una corruzione o una privazione, produce quella corruzione o quella privazione con la sua virtù. Ora, è evidente che la forma voluta da Dio nelle cose create è il bene, consistente nell'ordine dell'universo. E l'ordine dell'universo richiede, come più sopra abbiamo spiegato, che esistano degli esseri che possono fallire, e che via via falliscono. Cosicché Dio quando causa nelle cose quel bene che è l'ordine dell'universo, per concomitanza e indirettamente [quasi per accidens] causa la corruzione delle cose, secondo l'espressione della Scrittura; "Il Signore fa morire e fa vivere". Mentre l'altro passo: "Dio non fece la morte", va spiegato, "come cosa direttamente voluta". - Ora, all'ordine dell'universo appartiene anche l'ordine della giustizia, il quale richiede che venga inflitta la punizione ai peccatori. Per questo motivo Dio è l'autore di quel male che è la pena: non però di quel male che è colpa, per la ragione che si è detto.

[30534] Iª q. 49 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod auctoritates illae loquuntur de malo poenae, non autem de malo culpae.

 

[30534] Iª q. 49 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTA: 1. In quei testi si parla del male colpa.

[30535] Iª q. 49 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod effectus causae secundae deficientis reducitur in causam primam non deficientem, quantum ad id quod habet entitatis et perfectionis, non autem quantum ad id quod habet de defectu. Sicut quidquid est motus in claudicatione, causatur a virtute motiva; sed quod est obliquitatis in ea, non est ex virtute motiva, sed ex curvitate cruris. Et similiter quidquid est entitatis et actionis in actione mala, reducitur in Deum sicut in causam, sed quod est ibi defectus, non causatur a Deo, sed ex causa secunda deficiente.

 

[30535] Iª q. 49 a. 2 ad 2
2. L'effetto della causa seconda difettosa si riporta alla causa prima indefettibile, per quanto esso ha di entità e di perfezione: ma non per quello che ha di difettoso. Come, p. es., quanto c'è di movimento nello zoppicare viene causato dalla potenza motrice; ma quello che e' è di anormale non deriva dalla potenza motrice bensì dalla stortura della gamba. E così quanto vi è di entità e di efficacia nell'azione cattiva si riporta alla causalità di Dio; ma quanto vi si trova di manchevole non è causato da Dio, bensì dalla causa seconda che è difettosa.

[30536] Iª q. 49 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod submersio navis attribuitur nautae ut causae, ex eo quod non agit quod requiritur ad salutem navis. Sed Deus non deficit ab agendo quod est necessarium ad salutem. Unde non est simile.

 

[30536] Iª q. 49 a. 2 ad 3
3. L'affondamento della nave si attribuisce all’influsso del pilota, per il fatto che non compie quello che si richiede per la salvezza della nave stessa. Ma Dio non cessa dal compiere quello che è necessario per la salvezza. Perciò il paragone non regge.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > La causa del male > Se esista un sommo male, che sia la causa di ogni male


Prima pars
Quaestio 49
Articulus 3

[30537] Iª q. 49 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod sit unum summum malum, quod sit causa omnis mali. Contrariorum enim effectuum contrariae sunt causae. Sed in rebus invenitur contrarietas, secundum illud Eccli. XXXIII, contra malum bonum est, et contra vitam mors; sic et contra virum iustum peccator. Ergo sunt contraria principia, unum boni, et aliud mali.

 
Prima parte
Questione 49
Articolo 3

[30537] Iª q. 49 a. 3 arg. 1
SEMBRA che esista un sommo male, che sia la causa di ogni male. Infatti:
1. Effetti contrari hanno cause contrarie. Ora nelle cose riscontriamo la contrarietà, secondo il detto della Scrittura: "Di fronte al male sta il bene e di fronte alla morte la vita; così di fronte al giusto il peccatore". Perciò esistono due principi contrari, uno del bene, l'altro del male.

[30538] Iª q. 49 a. 3 arg. 2
Praeterea, si unum contrariorum est in rerum natura, et reliquum, ut dicitur in II de caelo et mundo. Sed summum bonum est in rerum natura, quod est causa omnis boni, ut supra ostensum est. Ergo est et summum malum ei oppositum, causa omnis mali.

 

[30538] Iª q. 49 a. 3 arg. 2
2. Se nella realtà esiste uno dei contrari, esiste anche l'altro, come afferma Aristotele. Ora, esiste nella realtà il sommo bene, come si è dimostrato a suo tempo. Dunque esiste anche un sommo male, che è il suo opposto e causa di ogni male.

[30539] Iª q. 49 a. 3 arg. 3
Praeterea, sicut in rebus invenitur bonum et melius, ita malum et peius. Sed bonum et melius dicuntur per respectum ad optimum. Ergo malum et peius dicuntur per respectum ad aliquod summum malum.

 

[30539] Iª q. 49 a. 3 arg. 3
3. Nelle cose, come si trova il bene e il meglio, cosi pure si trova il male e il peggio. Ma il bene e il meglio si denominano così in rapporto a un ottimo. Quindi il male e il peggio si denomineranno in rapporto a un sommo male.

[30540] Iª q. 49 a. 3 arg. 4
Praeterea, omne quod est per participationem, reducitur ad illud quod est per essentiam. Sed res quae sunt malae apud nos, non sunt malae per essentiam, sed per participationem. Ergo est invenire aliquod summum malum per essentiam, quod est causa omnis mali.

 

[30540] Iª q. 49 a. 3 arg. 4
4. Tutto ciò che è per partecipazione si riconduce a quello, che è per essenza. Ora, le cose che tra noi sono cattive non sono cattive per essenza, ma per partecipazione. Dunque si deve trovare un sommo male per essenza, che sia la causa di tutti i mali.

[30541] Iª q. 49 a. 3 arg. 5
Praeterea, omne quod est per accidens, reducitur ad illud quod est per se. Sed bonum est causa mali per accidens. Ergo oportet ponere aliquod summum malum, quod sit causa malorum per se. Neque potest dici quod malum non habeat causam per se, sed per accidens tantum, quia sequeretur quod malum non esset ut in pluribus, sed ut in paucioribus.

 

[30541] Iª q. 49 a. 3 arg. 5
5. Tutto ciò che è indirettamente e casualmente [per accidens] si riconduce a quello che è di suo e direttamente [per se]. Ora il bene è causa del male indirettamente e casualmente. Quindi bisogna ammettere un sommo male, che di sua natura sia causa delle cose cattive. - E non si può rispondere che il male non ha una causa diretta, ma soltanto [una causa] occasionale; poiché ne seguirebbe che il male non dovrebbe trovarsi nella maggior parte dei casi [come ora avviene], bensì molto di rado.

[30542] Iª q. 49 a. 3 arg. 6
Praeterea, malum effectus reducitur ad malum causae, quia effectus deficiens est a causa deficiente, sicut supra dictum est. Sed hoc non est procedere in infinitum. Ergo oportet ponere unum primum malum, quod sit causa omnis mali.

 

[30542] Iª q. 49 a. 3 arg. 6
6. Il male di un effetto si riporta al male della causa: poiché l'effetto difettoso deriva da una causa difettosa, come si è già spiegato. Ma in questo risalire non si può andare all’infinito. Quindi bisogna ammettere un primo male, causa di ogni male.

[30543] Iª q. 49 a. 3 s. c.
Sed contra est quod summum bonum est causa omnis entis, ut supra ostensum est. Ergo non potest esse aliquod principium ei oppositum, quod sit causa malorum.

 

[30543] Iª q. 49 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: II sommo bene è causa di ogni entità, come è stato spiegato a suo tempo. Dunque non può esistere un principio opposto che sia causa delle cose cattive.

[30544] Iª q. 49 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod ex praedictis patet non esse unum primum principium malorum, sicut est unum primum principium bonorum. Primo quidem, quia primum principium bonorum est per essentiam bonum, ut supra ostensum est. Nihil autem potest esse per suam essentiam malum, ostensum est enim quod omne ens, inquantum est ens, bonum est; et quod malum non est nisi in bono ut in subiecto. Secundo, quia primum bonorum principium est summum et perfectum bonum, quod praehabet in se omnem bonitatem, ut supra ostensum est. Summum autem malum esse non potest, quia, sicut ostensum est, etsi malum semper diminuat bonum, nunquam tamen illud potest totaliter consumere; et sic, semper remanente bono, non potest esse aliquid integre et perfecte malum. Propter quod philosophus dicit, in IV Ethic., quod si malum integrum sit, seipsum destruet, quia destructo omni bono (quod requiritur ad integritatem mali), subtrahitur etiam ipsum malum, cuius subiectum est bonum. Tertio, quia ratio mali repugnat rationi primi principii. Tum quia omne malum causatur ex bono, ut supra ostensum est. Tum quia malum non potest esse causa nisi per accidens, et sic non potest esse prima causa, quia causa per accidens est posterior ea quae est per se, ut patet in II Physic. Qui autem posuerunt duo prima principia, unum bonum et alterum malum, ex eadem radice in hunc errorem inciderunt, ex qua et aliae extraneae positiones antiquorum ortum habuerunt, quia scilicet non consideraverunt causam universalem totius entis, sed particulares tantum causas particularium effectuum. Propter hoc enim, si aliquid invenerunt esse nocivum alicui rei per virtutem suae naturae, aestimaverunt naturam illius rei esse malam, puta si quis dicat naturam ignis esse malam, quia combussit domum alicuius pauperis. Iudicium autem de bonitate alicuius rei non est accipiendum secundum ordinem ad aliquid particulare; sed secundum seipsum, et secundum ordinem ad totum universum, in quo quaelibet res suum locum ordinatissime tenet, ut ex dictis patet. Similiter etiam, quia invenerunt duorum particularium effectuum contrariorum duas causas particulares contrarias, nesciverunt reducere causas particulares contrarias in causam universalem communem. Et ideo usque ad prima principia contrarietatem in causis esse iudicaverunt. Sed cum omnia contraria conveniant in uno communi, necesse est in eis, supra causas contrarias proprias, inveniri unam causam communem, sicut supra qualitates contrarias elementorum invenitur virtus corporis caelestis. Et similiter supra omnia quae quocumque modo sunt, invenitur unum primum principium essendi, ut supra ostensum est.

 

[30544] Iª q. 49 a. 3 co.
RISPONDO: Come risulta da quello che è stato già detto, non può esserci un primo principio del male, come invece esiste un primo principio del bene. Primo, perché il principio primo del bene è buono per essenza, come fu dimostrato più sopra. Ora, niente può essere cattivo per essenza: infatti fu chiarito che ogni ente, in quanto ente, è buono; e che il male non ha altro soggetto che il bene.
Secondo, perché il primo principio del bene è il bene perfetto, che contiene in sé ogni bontà, come più sopra fu spiegato. Invece non può esistere un sommo male, perché si è visto che il male, per quanto diminuisca il bene, tuttavia non potrà mai totalmente distruggerlo; e dal momento che un bene rimane sempre, non può esserci una cosa integralmente e assolutamente cattiva. Per questo Aristotele afferma che "se il male fosse integrale distruggerebbe se stesso": poiché, distrutto ogni bene (che è richiesto alla consistenza del male), si elimina anche il male stesso, che ha il suo subietto nel bene.
Terzo, perché il concetto stesso di male si oppone all’idea di primo principio. Sia perché ogni male viene causato dal bene, come sopra abbiamo dimostrato. Sia perché il male non può essere che causa accidentale [per accidens]: e quindi non può essere causa prima, poiché la causa accidentale e indiretta [per accidens] è posteriore alla causa necessaria e diretta [per se], come dice Aristotele.
Coloro invece che ammisero due primi principi, l'uno buono e l'altro cattivo, caddero in questo errore per la medesima ragione, per cui ebbero origine altre opinioni stravaganti degli antichi [filosofi]; cioè perché non consideravano la causa universale di tutto l'essere, ma soltanto le cause degli effetti particolari. E per questo, se trovavano che un essere in virtù della sua natura era nocivo a qualche cosa, stimavano che la natura di quello fosse cattiva: come se uno dichiarasse cattiva la natura del fuoco, perché ha bruciato la casa di un povero, - Ora il giudizio sulla bontà di una cosa non si deve desumere dal suo rapporto con un essere particolare; ma dalla cosa stessa e in relazione a tutto l'universo, nel quale ogni cosa occupa il suo posto col massimo ordine, come è evidente da quel che si è detto.
Così pure, poiché trovavano che di due effetti particolari diversi esistevano due cause particolari diverse, non seppero ricondurre le due cause particolari contrarie ad una causa universale comune. Perciò ritennero che la contrarietà fra le cause si estendesse fino alle cause prime. - Siccome invece tutti i contrari coincidono in un unico genere comune, è necessario che in essi, oltre alle contrastanti loro cause proprie, si trovi una causa comune unica: come al disopra delle contrarie qualità degli elementi troviamo la, potenza di un corpo celeste. E così, al disopra di tutte le cose che sono in un modo o in un altro, troviamo un unico principio dell'essere, come già fu dimostrato.

[30545] Iª q. 49 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod contraria conveniunt in genere uno, et etiam conveniunt in ratione essendi. Et ideo, licet habeant causas particulares contrarias, tamen oportet devenire ad unam primam causam communem.

 

[30545] Iª q. 49 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I contrari concordano in un determinato genere e concordano pure nell'essere. Quindi per quanto abbiano cause particolari contrarie, tuttavia è necessario arrivare ad una prima causa comune.

[30546] Iª q. 49 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod privatio et habitus nata sunt fieri circa idem. Subiectum autem privationis est ens in potentia, ut dictum est. Unde, cum malum sit privatio boni, ut ex dictis patet, illi bono opponitur cui adiungitur potentia, non autem summo bono, quod est actus purus.

 

[30546] Iª q. 49 a. 3 ad 2
2. Possesso e privazione sono precisamente [quei contrari nati fatti per succederai in un medesimo soggetto. Ma soggetto della privazione è soltanto l'ente potenziale, come si è già spiegato. Perciò, dal momento che il male è privazione [di bene], come è evidente da quel che si è detto, esso si oppone solo a quel bene, che ha annessa della potenzialità: non già al sommo bene che è atto puro.

[30547] Iª q. 49 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod unumquodque intenditur secundum propriam rationem. Sicut autem forma est perfectio quaedam, ita privatio est quaedam remotio. Unde omnis forma et perfectio et bonum per accessum ad terminum perfectum intenditur, privatio autem et malum per recessum a termino. Unde non dicitur malum et peius per accessum ad summum malum, sicut dicitur bonum et melius per accessum ad summum bonum.

 

[30547] Iª q. 49 a. 3 ad 3
3. Ogni cosa si accresce conformemente alla sua natura. Ora, se la forma è una certa perfezione, la privazione è un certo decadimento. Perciò ogni torma, perfezione o bene si intensifica per un avvicinamento al termine perfetto: la privazione invece e il male si accrescono per un allontanamento da quel termine. Perciò non diciamo male e peggio per un avvicinamento al sommo male, come invece diciamo bene e meglio per un avvicinamento al sommo bene.

[30548] Iª q. 49 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod nullum ens dicitur malum per participationem, sed per privationem participationis. Unde non oportet fieri reductionem ad aliquid quod sit per essentiam malum.

 

[30548] Iª q. 49 a. 3 ad 4
4. Nessun ente è chiamato male per partecipazione, ma per la privazione di una partecipazione. Quindi non si può ricondurre a qualche cosa che sia male per essenza.

[30549] Iª q. 49 a. 3 ad 5
Ad quintum dicendum quod malum non potest habere causam nisi per accidens, ut supra ostensum est. Unde impossibile est fieri reductionem ad aliquid quod sit per se causa mali. Quod autem dicitur, quod malum est ut in pluribus, simpliciter falsum est. Nam generabilia et corruptibilia, in quibus solum contingit esse malum naturae, sunt modica pars totius universi. Et iterum in unaquaque specie defectus naturae accidit ut in paucioribus. In solis autem hominibus malum videtur esse ut in pluribus, quia bonum hominis secundum sensum non est hominis inquantum homo, idest secundum rationem; plures autem sequuntur sensum quam rationem.

 

[30549] Iª q. 49 a. 3 ad 5
5. Il male non può avere che una causa accidentale e indiretta [per accidens], come abbiamo spiegato sopra. Perciò è impossibile risalire a qualche cosa, che sia per natura [per se] causa del male. - L'affermazione poi che il male si trova nella maggior parte dei casi, presa in generale, è falsa. Infatti gli esseri generabili e corruttibili, nei quali soltanto si verifica il male naturale, sono una piccola parte di tutto l'universo. Così pure nell'ambito di ciascuna specie i difetti naturali si verificano in pochi casi. Soltanto tra gli uomini invece il male si trova nella maggior parte dei casi: perché il bene sensibile dell'uomo non appartiene all'uomo in quanto uomo, cioè secondo la ragione; mentre più seguono piuttosto il senso che la ragione.

[30550] Iª q. 49 a. 3 ad 6
Ad sextum dicendum quod in causis mali non est procedere in infinitum, sed est reducere omnia mala in aliquam causam bonam, ex qua sequitur malum per accidens.

 

[30550] Iª q. 49 a. 3 ad 6
6. Nelle cause del male non si può risalire all’infinito: ma si possono ricondurre tutti i mali ad una causa buona, dalla quale indirettamente e accidentalmente [per accidens] il male deriva.

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