I, 47

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Pluralità e diversità delle cose in generale


Prima pars
Quaestio 47
Prooemium

[30437] Iª q. 47 pr.
Post productionem creaturarum in esse, considerandum est de distinctione earum. Erit autem haec consideratio tripartita. Nam primo considerabimus de distinctione rerum in communi; secundo, de distinctione boni et mali; tertio, de distinctione spiritualis et corporalis creaturae. Circa primum quaeruntur tria.
Primo, de ipsa rerum multitudine seu distinctione.
Secundo, de earum inaequalitate.
Tertio, de unitate mundi.

 
Prima parte
Questione 47
Proemio

[30437] Iª q. 47 pr.
Dopo la produzione delle creature bisogna considerare la loro molteplicità e varietà. E questa nostra considerazione avrà tre parti.
Primo, studieremo la molteplicità delle cose in generale; secondo, la distinzione tra il bene e il male; terzo, la distinzione tra creature spirituali e corporee.
Intorno al primo argomento si pongono tre quesiti:

1. Sulla molteplicità o distinzione delle cose;
2. Sulla loro disuguaglianza;
3. Sulla unicità dell'universo.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Pluralità e diversità delle cose in generale > Se la molteplicità e la distinzione delle cose derivino da Dio


Prima pars
Quaestio 47
Articulus 1

[30438] Iª q. 47 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod rerum multitudo et distinctio non sit a Deo. Unum enim semper natum est unum facere. Sed Deus est maxime unus, ut ex praemissis patet. Ergo non producit nisi unum effectum.

 
Prima parte
Questione 47
Articolo 1

[30438] Iª q. 47 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la molteplicità e la distinzione delle cose non derivino da Dio. Infatti:
1. L'essere uno è fatto per produrre una cosa unica. Ora Dio è massimamente uno, come si è dimostrato di già. Quindi egli non ha prodotto che un unico effetto.

[30439] Iª q. 47 a. 1 arg. 2
Praeterea, exemplatum assimilatur suo exemplari. Sed Deus est causa exemplaris sui effectus, ut supra dictum est. Ergo, cum Deus sit unus, effectus eius est unus tantum, et non distinctus.

 

[30439] Iª q. 47 a. 1 arg. 2
2. Ciò che è stato modellato somiglia al modello. Ora Dio è causa esemplare [cioè modello") dei suoi effetti, come sopra abbiamo spiegato. Perciò, siccome Dio è uno, anche il suo effetto non sarà che unico, non già molteplice ed eterogeneo.

[30440] Iª q. 47 a. 1 arg. 3
Praeterea, ea quae sunt ad finem, proportionantur fini. Sed finis creaturae est unus, scilicet divina bonitas, ut supra ostensum est. Ergo effectus Dei non est nisi unus.

 

[30440] Iª q. 47 a. 1 arg. 3
3. Le cose che tendono a raggiungere un fine sono proporzionate ad esso. Ora il fine del creato è uno solo, cioè la bontà divina, come abbiamo già dimostrato. Dunque di Dio non avremo che un solo effetto.

[30441] Iª q. 47 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur Gen. I, quod Deus distinxit lucem a tenebris, et divisit aquas ab aquis. Ergo distinctio et multitudo rerum est a Deo.

 

[30441] Iª q. 47 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Nel libro della Genesi è detto che Dio"distinse la luce dalle tenebre", e"divise le acque dalle acque". Perciò la distinzione e la molteplicità delle cose vengono da Dio.

[30442] Iª q. 47 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod causam distinctionis rerum multipliciter aliqui assignaverunt. Quidam enim attribuerunt eam materiae, vel soli, vel simul cum agente. Soli quidem materiae, sicut Democritus, et omnes antiqui naturales, ponentes solam causam materialem, secundum quos distinctio rerum provenit a casu, secundum motum materiae. Materiae vero et agenti simul distinctionem et multitudinem rerum attribuit Anaxagoras, qui posuit intellectum distinguentem res, extrahendo quod erat permixtum in materia. Sed hoc non potest stare propter duo. Primo quidem, quia supra ostensum est quod etiam ipsa materia a Deo creata est. Unde oportet et distinctionem, si qua est ex parte materiae, in altiorem causam reducere. Secundo, quia materia est propter formam, et non e converso. Distinctio autem rerum est per formas proprias. Non ergo distinctio est in rebus propter materiam, sed potius e converso in materia creata est difformitas, ut esset diversis formis accommodata. Quidam vero attribuerunt distinctionem rerum secundis agentibus. Sicut Avicenna, qui dixit quod Deus, intelligendo se, produxit intelligentiam primam, in qua, quia non est suum esse, ex necessitate incidit compositio potentiae et actus, ut infra patebit. Sic igitur prima intelligentia, inquantum intelligit causam primam, produxit secundam intelligentiam; inquantum autem intelligit se secundum quod est in potentia, produxit corpus caeli, quod movet; inquantum vero intelligit se secundum illud quod habet de actu, produxit animam caeli. Sed hoc non potest stare propter duo. Primo quidem, quia supra ostensum est quod creare solius Dei est. Unde ea quae non possunt causari nisi per creationem, a solo Deo producuntur, et haec sunt omnia quae non subiacent generationi et corruptioni. Secundo, quia secundum hanc positionem, non proveniret ex intentione primi agentis universitas rerum, sed ex concursu multarum causarum agentium. Tale autem dicimus provenire a casu. Sic igitur complementum universi, quod in diversitate rerum consistit, esset a casu, quod est impossibile. Unde dicendum est quod distinctio rerum et multitudo est ex intentione primi agentis, quod est Deus. Produxit enim res in esse propter suam bonitatem communicandam creaturis, et per eas repraesentandam. Et quia per unam creaturam sufficienter repraesentari non potest, produxit multas creaturas et diversas, ut quod deest uni ad repraesentandam divinam bonitatem, suppleatur ex alia, nam bonitas quae in Deo est simpliciter et uniformiter, in creaturis est multipliciter et divisim. Unde perfectius participat divinam bonitatem, et repraesentat eam, totum universum, quam alia quaecumque creatura. Et quia ex divina sapientia est causa distinctionis rerum, ideo Moyses dicit res esse distinctas verbo Dei, quod est conceptio sapientiae. Et hoc est quod dicitur Gen. I, dixit Deus, fiat lux. Et divisit lucem a tenebris.

 

[30442] Iª q. 47 a. 1 co.
RISPONDO: Nell'assegnare la causa della distinzione delle cose troviamo una molteplicità di opinioni. Alcuni infatti l'attribuirono alla materia soltanto, oppure ad essa in cooperazione con una causa agente. Alla sola materia l'attribuirono Democrito e tutti gli antichi naturalisti, i quali riconoscevano la sola causa materiale: e secondo loro la distinzione delle cose proviene dal caso, in base al movimento della materia. Anassagora
invece attribuì la distinzione e la molteplicità delle cose alla materia e insieme alla causa efficiente, perché egli ammise un'intelligenza che ha la funzione di distinguere tra loro le cose, traendo dalla materia quanto vi si trova in confuso.
Ma tale opinione non può reggere per due motivi. Primo, perché già sopra abbiamo dimostrato che la stessa materia è stata creata da Dio. Perciò, anche se esistesse una distinzione dovuta alla materia, bisognerebbe riportarla a una causa superiore. - Secondo, perché la materia è per la forma e non viceversa. Quindi la distinzione delle cose avviene per mezzo di torme differenziali. Perciò non si ha la distinzione delle cose in forza della, materia: ma viceversa esiste difformità nella materia creata porcile destinata a forme diverse.
Altri poi attribuirono la pluralità delle cose alle cause seconde. Per es. Avicenna, il quale affermò che Dio nell'intendere se stesso produsse la prima intelligenza: e in questa, per il fatto che non è la sua stessa esistenza, necessariamente si ha la composizione di potenza e di atto, come chiariremo in seguito. Allora, la prima intelligenza nell'intendere la causa prima produsse la seconda intelligenza; e nell'intendere se stessa come potenziale produsse il corpo del cielo che essa muove; invece nell'intendere se stessa per quello che ha di attuale, produsse l'anima del cielo.
Ma tutto questo non può reggere per due motivi. Primo, perché, come già abbiamo dimostrato, creare appartiene soltanto a Dio. Perciò quanto viene causato solo per creazione viene prodotto esclusivamente da Dio: e tali sono quegli esseri che non sono soggetti al processo di generazione e corruzione. - Secondo, perché stando a questa opinione la molteplicità delle cose non dipenderebbe da un primo agente, ma solo dalla combinazione di molte cause efficienti. Ora noi diciamo che una cosa di questo genere deriva dal caso. E in tal modo l'ultima perfezione dell'universo, che consiste nella varietà delle cose, verrebbe dal caso: il che è assurdo.
Perciò dobbiamo affermare che la distinzione e la moltiplicità delle cose proviene dal primo agente, che è Dio. Infatti egli ha prodotto le cose nell'essere per comunicare la sua bontà alle creature, e per rappresentarla per mezzo di esse. E poiché questa non può essere sufficientemente rappresentata da una sola creatura, produsse molte e varie creature, perché quello che manca a una per ben rappresentare la divina bontà sia supplito dall'altra; la bontà infatti, che in Dio è allo stato di semplicità e di unità, si trova nelle creature in modo complesso e frammentario. Perciò più perfettamente partecipa e rappresenta la divina bontà tutto l'universo, che qualsiasi particolare creatura. E siccome la causa della distinzione delle cose proviene dalla divina sapienza, perciò Mosè dice che le cose furono tra loro distinte dal Verbo [Parola] di Dio, che è concezione della sapienza. E questo è quanto si dice nella Genesi:" Disse Dio: "Si faccia la luce". E divise la luce dalle tenebre".

[30443] Iª q. 47 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod agens per naturam agit per formam per quam est, quae unius tantum est una, et ideo non agit nisi unum. Agens autem voluntarium, quale est Deus, ut supra ostensum est, agit per formam intellectam. Cum igitur Deum multa intelligere non repugnet unitati et simplicitati ipsius, ut supra ostensum est, relinquitur quod, licet sit unus, possit multa facere.

 

[30443] Iª q. 47 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Una causa naturale agisce in forza della forma che la costituisce, e che per ciascun essere è unica: perciò essa non produce che un solo effetto. Ma un agente dotato di volontà quale è Dio, agisce, come abbiamo già spiegato, in forza di una forma concepita intellettualmente. Siccome dunque, che Dio possa intendere più cose non ripugna alla sua unità e semplicità, e lo abbiamo già dimostrato, rimane che egli, sebbene sia uno, può fare molte cose.

[30444] Iª q. 47 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod ratio illa teneret de exemplato quod perfecte repraesentat exemplar, quod non multiplicatur nisi materialiter. Unde imago increata, quae est perfecta, est una tantum. Sed nulla creatura repraesentat perfecte exemplar primum, quod est divina essentia. Et ideo potest per multa repraesentari. Et tamen secundum quod ideae dicuntur exemplaria, pluralitati rerum correspondet in mente divina pluralitas idearum.

 

[30444] Iª q. 47 a. 1 ad 2
2. Quell'argomento varrebbe se si trattasse di un esemplare il quale perfettamente rappresentasse il modello: allora l'esemplare non potrebbe essere moltiplicato altro che materialmente. Perciò l'immagine increata, che è perfetta, è una soltanto. Ma nessuna creatura rappresenta perfettamente il divino esemplare, che è l'essenza divina. Perciò questa può essere rappresentata da molte cose. - D'altra parte se si considerano le idee stesse come esemplari, troveremo corrispondere alla pluralità delle cose una pluralità di idee nella mente divina.

[30445] Iª q. 47 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod in speculativis medium demonstrationis, quod perfecte demonstrat conclusionem, est unum tantum, sed media probabilia sunt multa. Et similiter in operativis, quando id quod est ad finem adaequat, ut ita dixerim, finem, non requiritur quod sit nisi unum tantum. Sed creatura non sic se habet ad finem qui est Deus. Unde oportuit creaturas multiplicari.

 

[30445] Iª q. 47 a. 1 ad 3
3. Nelle scienze speculative il termine medio della dimostrazione, che perfettamente dimostra la conclusione, è uno soltanto: ma i termini medi solo probabili sono molti. Così sul terreno pratico: quando il mezzo per raggiungere il fine, esaurisce, per così dire, il fine stesso, non se ne richiede che uno solo. Ma la creatura non è in questi rapporti con quel fine che è Dio. Perciò era necessario che le creature fossero molteplici.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Pluralità e diversità delle cose in generale > Se la disuguaglianza delle cose venga da Dio


Prima pars
Quaestio 47
Articulus 2

[30446] Iª q. 47 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod inaequalitas rerum non sit a Deo. Optimi enim est optima adducere. Sed inter optima unum non est maius altero. Ergo Dei, qui est optimus, est omnia aequalia facere.

 
Prima parte
Questione 47
Articolo 2

[30446] Iª q. 47 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la disuguaglianza delle cosa non venga da Dio. Infatti:
1.È proprio dell'ottimo produrre cose ottime. Ma tra cose buone al sommo l'una non è maggiore dell'altra. Perciò appartiene a Dio che è ottimo, fare tutte le cose uguali.

[30447] Iª q. 47 a. 2 arg. 2
Praeterea, aequalitas est effectus unitatis, ut dicitur in V Metaphys. Sed Deus est unus. Ergo fecit omnia aequalia.

 

[30447] Iª q. 47 a. 2 arg. 2
2. L'uguaglianza è effetto dell'unità, come dice Aristotele. Ora, Dio è uno. Quindi ha fatto uguali tutte le cose.

[30448] Iª q. 47 a. 2 arg. 3
Praeterea, iustitiae est inaequalia inaequalibus dare. Sed Deus est iustus in omnibus operibus suis. Cum ergo operationi eius, qua esse rebus communicat, non praesupponatur aliqua inaequalitas rerum, videtur quod fecerit omnia aequalia.

 

[30448] Iª q. 47 a. 2 arg. 3
3. E proprio della giustizia distribuire cose non uguali a esseri disuguali. Ora, Dio è giusto nelle sue opere. E siccome nessuna disuguaglianza è antecedente all'azione con la quale egli comunica l'essere alle cose stesse, è evidente che egli ha fatto uguali tutte le cose.

[30449] Iª q. 47 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur Eccli. XXXIII, quare dies diem superat, et iterum lux lucem, et annus annum, sol solem? A domini scientia separata sunt.

 

[30449] Iª q. 47 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto:"Perché un giorno sopravanza l'altro, e la luce a sua volta supera la luce, e un anno l'altro anno, e il sole il sole stesso? Dalla sapienza del Signore furono distinti ".

[30450] Iª q. 47 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod Origenes, volens excludere positionem ponentium distinctionem in rebus ex contrarietate principiorum boni et mali, posuit a Deo a principio omnia creata esse aequalia. Dicit enim quod Deus primo creavit creaturas rationales tantum, et omnes aequales, in quibus primo exorta est inaequalitas ex libero arbitrio, quibusdam conversis in Deum secundum magis et minus, quibusdam etiam secundum magis et minus a Deo aversis. Illae igitur rationales creaturae quae ad Deum per liberum arbitrium conversae sunt, promotae sunt ad diversos ordines Angelorum, pro diversitate meritorum. Illae autem quae aversae sunt a Deo, sunt corporibus alligatae diversis, secundum diversitatem peccati, et hanc causam dicit esse creationis et diversitatis corporum. Sed secundum hoc, universitas corporalium creaturarum non esset propter bonitatem Dei communicandam creaturis, sed ad puniendum peccatum. Quod est contra illud quod dicitur Gen. I, vidit Deus cuncta quae fecerat, et erant valde bona. Et ut Augustinus dicit, XI de Civ. Dei, quid stultius dici potest, quam istum solem, ut in uno mundo unus esset, non decori pulchritudinis, vel saluti rerum corporalium consuluisse artificem Deum; sed hoc potius evenisse, quia una anima sic peccaverat? Ac per hoc, si centum animae peccassent, centum soles haberet hic mundus. Et ideo dicendum est quod, sicut sapientia Dei est causa distinctionis rerum, ita et inaequalitatis. Quod sic patet. Duplex enim distinctio invenitur in rebus, una formalis, in his quae differunt specie; alia vero materialis, in his quae differunt numero tantum. Cum autem materia sit propter formam, distinctio materialis est propter formalem. Unde videmus quod in rebus incorruptibilibus non est nisi unum individuum unius speciei, quia species sufficienter conservatur in uno, in generabilibus autem et corruptibilibus, sunt multa individua unius speciei, ad conservationem speciei. Ex quo patet quod principalior est distinctio formalis quam materialis. Distinctio autem formalis semper requirit inaequalitatem, quia, ut dicitur in VIII Metaphys., formae rerum sunt sicut numeri, in quibus species variantur per additionem vel subtractionem unitatis. Unde in rebus naturalibus gradatim species ordinatae esse videntur, sicut mixta perfectiora sunt elementis, et plantae corporibus mineralibus, et animalia plantis, et homines aliis animalibus; et in singulis horum una species perfectior aliis invenitur. Sicut ergo divina sapientia causa est distinctionis rerum propter perfectionem universi, ita et inaequalitatis. Non enim esset perfectum universum, si tantum unus gradus bonitatis inveniretur in rebus.

 

[30450] Iª q. 47 a. 2 co.
RISPONDO: Origene volendo combattere l'ipotesi di coloro che affermavano la distinzione delle cose come derivante dall'opposizione tra i due principii del bene e del male, sostenne che inizialmente tutte le cose erano state create uguali da Dio. E così egli dice che Dio da principio creò soltanto le creature intelligenti e le creò tutte uguali: e che in esse si verificò per la prima volta la disuguaglianza a causa del libero, arbitrio, essendosi alcune di esse più o meno fortemente indirizzate a Dio, e altre essendosi da Dio più o meno lontanamente discostate. Allora, quelle creature intelligenti, che liberamente si erano rivolte a Dio, furono promosse ai diversi ordini di angeli secondo la diversità dei loro meriti. Quelle invece che si erano allontanate da Dio furono incatenate a corpi diversi, secondo la gravità del loro peccato: e [Origene] afferma che questa è stata la causa della creazione dei corpi e della loro diversità.
Ora, stando a questa opinione, l'universo delle creature corporee sarebbe esistito non già per comunicare la bontà di Dio alle creature, ma per punire il peccato. E ciò è in contrasto, con quanto si dice nella Genesi:"E vide Dio tutte le sue opere ed erano grandemente buone". D'altra parte, come osserva S. Agostino:"Che si può dire di più stolto di questo, cioè che Dio nello stabilire il nostro sole unico in un unico mondo, non abbia avuto di mira la perfezione della bellezza, e la prosperità delle cose corporee; ma che piuttosto ciò sia, avvenuto perché un'anima aveva peccato in un determinato modo? Ora, stando a questa ragione, se cento anime avessero così peccato, questo mondo avrebbe avuto cento soli ".
È necessario quindi affermare che, come la sapienza di Dio è causa della distinzione delle cose, cosi lo è della loro disuguaglianza. E si dimostra nel modo seguente. Nelle cose si trova una doppia distinzione: formale l'una, tra gli esseri che differiscono specificamente; l'altra materiale, tra quelli che differiscono soltanto numericamente. Essendo la materia in funzione della forma, la distinzione materiale è in funzione di quella formale. Sicchè vediamo che tra gli esseri incorruttibili non vi è che un solo individuo di una data specie, perché la specie è sufficientemente assicurata con un solo individuo: Invece troviamo molti individui di una sola specie tra gli esseri generabili e corruttibili, per la conservazione della specie. Dal che si rileva che la distinzione formale ha una priorità su quella materiale. E la distinzione formale richiede sempre disuguaglianza; perché, come dice Aristotele, le forme delle cose sono come i numeri, tra i quali si ha cambiamento di specie per la semplice addizione o sottrazione di una unità. Perciò si osserva che nella natura le specie sono ordinate secondo una gradazione: e cioè i corpi misti sono più perfetti degli elementi, le piante più dei minerali, gli animali più delle piante, gli uomini più degli altri animali; e in ciascuno di questi gradi si trova una specie sempre più perfetta che nell'altra. Allo stesso modo dunque che la divina sapienza è causa della distinzione delle cose per la perfezione dell'universo, così è causa della loro disuguaglianza. Infatti l'universo non sarebbe perfetto se nelle cose si trovasse un solo grado di bontà.

[30451] Iª q. 47 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod optimi agentis est producere totum effectum suum optimum, non tamen quod quamlibet partem totius faciat optimam simpliciter, sed optimam secundum proportionem ad totum, tolleretur enim bonitas animalis, si quaelibet pars eius oculi haberet dignitatem. Sic igitur et Deus totum universum constituit optimum, secundum modum creaturae, non autem singulas creaturas, sed unam alia meliorem. Et ideo de singulis creaturis dicitur Gen. I, vidit Deus lucem quod esset bona, et similiter de singulis, sed de omnibus simul dicitur, vidit Deus cuncta quae fecerat, et erant valde bona.

 

[30451] Iª q. 47 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Appartiene all'ottima causa produrre ottimo l'intero suo effetto: non già fare ottima per se stessa ogni parte, ma ottima relativamente al tutto; infatti si distruggerebbe la bontà dell'animale, se ciascuna sua parte avesse la nobiltà dell'occhio. Così dunque Dio costituì ottimo l'intero universo, come può esserlo una cosa creata; ma non le singole creature, [che fece] piuttosto una più perfetta dell'altra. Perciò nella Genesi si ripetono delle singole creature quelle parole:" Vide Dio che la luce era buona", e così di ciascuna; di tutte insieme invece si dice: "Vide Dio tutte le opere sue, ed erano sommamente buone".

[30452] Iª q. 47 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod primum quod procedit ab unitate, est aequalitas; et deinde procedit multiplicitas. Et ideo a patre, cui, secundum Augustinum, appropriatur unitas, processit filius, cui appropriatur aequalitas; et deinde creatura, cui competit inaequalitas. Sed tamen etiam a creaturis participatur quaedam aequalitas, scilicet proportionis.

 

[30452] Iª q. 47 a. 2 ad 2
2. La prima cosa che deriva dall'unità è l'uguaglianza; e quindi la disuguaglianza. Perciò dal Padre, al quale, secondo S. Agostino va appropriata l'unità, procedette il Figlio, al quale si attribuisce per appropriazione l'uguaglianza; e infine derivarono le creature, alle quali appartiene la disuguaglianza. Tuttavia anche le creature partecipano di una certa uguaglianza, cioè di proporzionalità.

[30453] Iª q. 47 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod ratio illa est quae movit Origenem, sed non habet locum nisi in retributione praemiorum, quorum inaequalitas debetur inaequalibus meritis. Sed in constitutione rerum non est inaequalitas partium per quamcumque inaequalitatem praecedentem vel meritorum vel etiam dispositionis materiae; sed propter perfectionem totius. Ut patet etiam in operibus artis, non enim propter hoc differt tectum a fundamento, quia habet diversam materiam; sed ut sit domus perfecta ex diversis partibus, quaerit artifex diversam materiam, et faceret eam si posset.

 

[30453] Iª q. 47 a. 2 ad 3
3. Questo è l'argomento che impressionò Origene: ma non si applica che alla sanzione morale, le cui disuguaglianze si devono a meriti disuguali. Ma nella costituzione delle cose la disuguaglianza delle parti non dipende da una qualsiasi disuguaglianza precedente di merito o di disposizione dalla materia; ma dalla perfezione del tutto. Ciò è evidente anche nelle opere dell'uomo. Difatti non differisce il tetto dalle fondamenta perché di materia diversa; ma è l'artefice che cerca, perché la casa sia perfetta nelle sue varie parti, una materia diversa e se potesse la creerebbe.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Pluralità e diversità delle cose in generale > Se esista un mondo soltanto


Prima pars
Quaestio 47
Articulus 3

[30454] Iª q. 47 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod non sit unus mundus tantum, sed plures. Quia, ut Augustinus dicit, in libro octoginta trium quaest., inconveniens est dicere quod Deus sine ratione res creavit. Sed ea ratione qua creavit unum, potuit creare multos, cum eius potentia non sit limitata ad unius mundi creationem, sed est infinita, ut supra ostensum est. Ergo Deus plures mundos produxit.

 
Prima parte
Questione 47
Articolo 3

[30454] Iª q. 47 a. 3 arg. 1
SEMBRA che non esista un mondo soltanto, ma più mondi. Infatti:
1. S. Agostino osserva che è irragionevole dire che Dio ha creato senza motivo. Ora, per lo stesso motivo per cui ha creato un mondo né poté anche creare molti: dal momento che la sua potenza non è limitata alla creazione di un mondo soltanto, ma è infinita, come si disse. Dunque Dio ha prodotto diversi mondi".

[30455] Iª q. 47 a. 3 arg. 2
Praeterea, natura facit quod melius est, et multo magis Deus. Sed melius esset esse plures mundos quam unum, quia plura bona paucioribus meliora sunt. Ergo plures mundi facti sunt a Deo.

 

[30455] Iª q. 47 a. 3 arg. 2
2. La natura [stessa] tende a produrre l'effetto migliore, quindi molto di più Dio. Ora è meglio che esistano più mondi che uno solo: infatti parecchi beni sono meglio che pochi beni. Perciò da Dio sono stati creati più mondi.

[30456] Iª q. 47 a. 3 arg. 3
Praeterea, omne quod habet formam in materia, potest multiplicari secundum numerum, manente eadem specie, quia multiplicatio secundum numerum est ex materia. Sed mundus habet formam in materia, sicut enim cum dico homo, significo formam, cum autem dico hic homo, significo formam in materia; ita, cum dicitur mundus, significatur forma, cum autem dicitur hic mundus, significatur forma in materia. Ergo nihil prohibet esse plures mundos.

 

[30456] Iª q. 47 a. 3 arg. 3
3. Tutto ciò che si concretizza nella materia può essere moltiplicato numericamente pur nell'ambito della medesima specie: poiché la molteplicità numerica dipende [solo] dalla materia. Ora, il mondo attua la sua specie nella materia: come infatti quando dico uomo indico la specie, e quando dico quest'uomo indico quella specie nella materia; così quando si dice mondo si indica la specie, quando invece si dice questo mondo, si indica la specie concreata nella materia. Quindi niente impedisce che ci siano più mondi.

[30457] Iª q. 47 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicitur Ioan. I, mundus per ipsum factus est; ubi singulariter mundum nominavit, quasi uno solo mundo existente.

 

[30457] Iª q. 47 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Nel Vangelo si legge: "Il mondo per Lui fu fatto", dove mondo è nominato al singolare, come per dire che esiste un mondo soltanto.

[30458] Iª q. 47 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod ipse ordo in rebus sic a Deo creatis existens, unitatem mundi manifestat. Mundus enim iste unus dicitur unitate ordinis, secundum quod quaedam ad alia ordinantur. Quaecumque autem sunt a Deo, ordinem habent ad invicem et ad ipsum Deum, ut supra ostensum est. Unde necesse est quod omnia ad unum mundum pertineant. Et ideo illi potuerunt ponere plures mundos, qui causam mundi non posuerunt aliquam sapientiam ordinantem, sed casum; ut Democritus, qui dixit ex concursu atomorum factum esse hunc mundum, et alios infinitos.

 

[30458] Iª q. 47 a. 3 co.
RISPONDO: L'ordine stesso esistente nelle cose create da Dio manifesta l'unità del mondo. Infatti si afferma che questo mondo è unico per l'unità di ordine, data la coordinazione esistente tra gli uni e gli altri esseri. E realmente tutte le cose che derivano da Dio dicono ordine le une alle altre, e a Dio stesso, come più sopra abbiamo spiegato. Perciò è necessario che tutte le cose appartengano a un unico mondo. - E per questo motivo soltanto coloro che non ammisero come causa del mondo una sapienza ordinatrice, ma il caso, hanno potuto ammettere una pluralità di mondi; come Democrito, il quale affermò che dalla combinazione degli atomi erano stati prodotti questo e altri infiniti mondi.

[30459] Iª q. 47 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod haec ratio est quare mundus est unus, quia debent omnia esse ordinata uno ordine, et ad unum. Propter quod Aristoteles, in XII Metaphys., ex unitate ordinis in rebus existentis concludit unitatem Dei gubernantis. Et Plato ex unitate exemplaris probat unitatem mundi, quasi exemplati.

 

[30459] Iª q. 47 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il mondo è uno, perché tutte le cose devono tendere a un unico fine con un ordine unico. Cosicché Aristotele ha potuto dimostrare l'unicità del Dio che governa dalla unità dell'ordine che regna nelle cose. E Platone dalla unicità dell'esemplare ha dedotto l'unicità del mondo che Io rispecchia.

[30460] Iª q. 47 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod nullum agens intendit pluralitatem materialem ut finem, quia materialis multitudo non habet certum terminum, sed de se tendit in infinitum; infinitum autem repugnat rationi finis. Cum autem dicitur plures mundos esse meliores quam unum, hoc dicitur secundum multitudinem materialem. Tale autem melius non est de intentione Dei agentis, quia eadem ratione dici posset quod, si fecisset duos, melius esset quod essent tres; et sic in infinitum.

 

[30460] Iª q. 47 a. 3 ad 2
2. Nessuna causa agente ha di mira come fine la pluralità matriale: perché la pluralità materiale [o numerica] non ha un limite fisso, ma di suo tende all'indefinito; e l'indefinito è incompatibile con la nozione di fine. Dunque quando si dice che più mondi sono. meglio che uno solo, l'affermazione è a favore di una molteplicità materiale. Ma un meglio di questo genere non può essere nell'intenzione di Dio nell'atto di causare: perché per lo stesso motivo, se ne avesse fatti due si sarebbe potuto dire che era meglio che ne avesse creati tre; e così via all'infinito.

[30461] Iª q. 47 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod mundus constat ex sua tota materia. Non enim est possibile esse aliam terram quam istam, quia omnis terra ferretur naturaliter ad hoc medium, ubicumque esset. Et eadem ratio est de aliis corporibus quae sunt partes mundi.

 

[30461] Iª q. 47 a. 3 ad 3
3. Il mondo attuale è costituito dalla totalità della [sua] materia. Infatti non è possibile che esista una terra diversa da questa nostra: perché tutto questo elemento sarebbe naturalmente portato al nostro centro, dovunque si trovasse. E lo stesso motivo vale per gli altri corpi che formano le varie parti del mondo.

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