I-II, 9

Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le cause moventi della volontà


Prima pars secundae partis
Quaestio 9
Prooemium

[33863] Iª-IIae q. 9 pr.
Deinde considerandum est de motivo voluntatis. Et circa hoc quaeruntur sex.
Primo, utrum voluntas moveatur ab intellectu.
Secundo, utrum moveatur ab appetitu sensitivo.
Tertio, utrum voluntas moveat seipsam.
Quarto, utrum moveatur ab aliquo exteriori principio.
Quinto, utrum moveatur a corpore caelesti.
Sexto, utrum voluntas moveatur a solo Deo, sicut ab exteriori principio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 9
Proemio

[33863] Iª-IIae q. 9 pr.
Ed eccoci a considerare le cause moventi della volontà.
Sull'argomento si pongono sei quesiti:

1. Se la volontà sia mossa dall'intelletto;
2. Se sia mossa dall'appetito sensitivo;
3. Se la volontà muova se stessa;
4. Se sia mossa da una causa esterna;
5. Se sia mossa dai corpi celesti;
6. Se la volontà non abbia all'infuori di Dio altro principio esterno di movimento.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le cause moventi della volontà > Se la volontà sia mossa dall'intelletto


Prima pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 1

[33864] Iª-IIae q. 9 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod voluntas non moveatur ab intellectu. Dicit enim Augustinus, super illud Psalmi, concupivit anima mea desiderare iustificationes tuas, praevolat intellectus, sequitur tardus aut nullus affectus, scimus bonum, nec delectat agere. Hoc autem non esset, si voluntas ab intellectu moveretur, quia motus mobilis sequitur motionem moventis. Ergo intellectus non movet voluntatem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 1

[33864] Iª-IIae q. 9 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la volontà non sia mossa dall'intelletto. Infatti:
1. S. Agostino, nel commentare il versetto del Salmo: "L'anima mia si consuma di desiderio per i tuoi giudizi", scrive: "l'intelletto vola avanti, l'affetto lo segue, o lentamente, o per niente: conosciamo il bene ma non ci piace l'operare". Questo non avverrebbe se la volontà fosse mossa dall'intelletto: perché il moto del soggetto mobile deve accompagnare la mozione del movente. Dunque l'intelletto non muove la volontà.

[33865] Iª-IIae q. 9 a. 1 arg. 2
Praeterea, intellectus se habet ad voluntatem ut demonstrans appetibile, sicut imaginatio demonstrat appetibile appetitui sensitivo. Sed imaginatio demonstrans appetibile non movet appetitum sensitivum, immo quandoque ita nos habemus ad ea quae imaginamur, sicut ad ea quae in pictura nobis ostenduntur, ex quibus non movemur, ut dicitur in libro de anima. Ergo neque etiam intellectus movet voluntatem.

 

[33865] Iª-IIae q. 9 a. 1 arg. 2
2. L'intelletto rispetto alla volontà ha la funzione di mostrare l'oggetto appetibile, come l'immaginazione mostra l'appetibile all'appetito sensitivo. Ora, l'immaginazione nel mostrare la cosa appetibile non muove l'appetito sensitivo: anzi talora noi ci comportiamo verso le cose immaginate come verso quelle da noi viste in pittura, secondo l'osservazione di Aristotele. Dunque neppure l'intelletto muove la volontà.

[33866] Iª-IIae q. 9 a. 1 arg. 3
Praeterea, idem respectu eiusdem non est movens et motum. Sed voluntas movet intellectum, intelligimus enim quando volumus. Ergo intellectus non movet voluntatem.

 

[33866] Iª-IIae q. 9 a. 1 arg. 3
3. Una cosa non può essere insieme motore e mobile sotto il medesimo rispetto. Ma la volontà muove l'intelletto: infatti noi esercitiamo l'intelligenza quando vogliamo. Dunque l'intelletto non muove la volontà.

[33867] Iª-IIae q. 9 a. 1 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III de anima, quod appetibile intellectum est movens non motum, voluntas autem est movens motum.

 

[33867] Iª-IIae q. 9 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna, che "l'oggetto appetibile conosciuto dall'intelletto è un motore non mosso, invece la volontà è un motore mosso".

[33868] Iª-IIae q. 9 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod intantum aliquid indiget moveri ab aliquo, inquantum est in potentia ad plura, oportet enim ut id quod est in potentia, reducatur in actum per aliquid quod est actu; et hoc est movere. Dupliciter autem aliqua vis animae invenitur esse in potentia ad diversa, uno modo, quantum ad agere et non agere; alio modo, quantum ad agere hoc vel illud. Sicut visus quandoque videt actu, et quandoque non videt; et quandoque videt album, et quandoque videt nigrum. Indiget igitur movente quantum ad duo, scilicet quantum ad exercitium vel usum actus; et quantum ad determinationem actus. Quorum primum est ex parte subiecti, quod quandoque invenitur agens, quandoque non agens, aliud autem est ex parte obiecti, secundum quod specificatur actus. Motio autem ipsius subiecti est ex agente aliquo. Et cum omne agens agat propter finem, ut supra ostensum est, principium huius motionis est ex fine. Et inde est quod ars ad quam pertinet finis, movet suo imperio artem ad quam pertinet id quod est ad finem, sicut gubernatoria ars imperat navifactivae, ut in II Physic. dicitur. Bonum autem in communi, quod habet rationem finis, est obiectum voluntatis. Et ideo ex hac parte voluntas movet alias potentias animae ad suos actus, utimur enim aliis potentiis cum volumus. Nam fines et perfectiones omnium aliarum potentiarum comprehenduntur sub obiecto voluntatis, sicut quaedam particularia bona, semper autem ars vel potentia ad quam pertinet finis universalis, movet ad agendum artem vel potentiam ad quam pertinet finis particularis sub illo universali comprehensus; sicut dux exercitus, qui intendit bonum commune, scilicet ordinem totius exercitus, movet suo imperio aliquem ex tribunis, qui intendit ordinem unius aciei. Sed obiectum movet, determinando actum, ad modum principii formalis, a quo in rebus naturalibus actio specificatur, sicut calefactio a calore. Primum autem principium formale est ens et verum universale, quod est obiectum intellectus. Et ideo isto modo motionis intellectus movet voluntatem, sicut praesentans ei obiectum suum.

 

[33868] Iª-IIae q. 9 a. 1 co.
RISPONDO: Un essere in tanto esige una mozione da parte di un altro, in quanto è in potenza a più cose: è necessario infatti che enti potenziali siano resi attuali da enti già in atto; e ciò equivale a una mozione. Ora, una facoltà dell'anima può essere in potenza a più enti in due maniere: primo, in rapporto all'agire o al non agire; secondo, in rapporto al compimento di una cosa o di un'altra. La vista, p. es., adesso è nell'atto di vedere, e un altro momento non vede; ora poi vede il bianco, e ora vede il nero. Perciò ha bisogno della mozione per due motivi: per l'esercizio dell'atto; e per la determinazione dell'atto. Rispetto al primo dipende dal soggetto, il quale non sempre è in atto; rispetto al secondo invece dipende dall'oggetto, dal quale appunto viene specificato l'atto.
Ora, la diretta mozione del soggetto deriva da una causa agente. E siccome ogni agente agisce per un fine, come abbiamo già dimostrato, il principio di questa mozione dipende dal fine. Da ciò consegue che l'arte, cui appartiene il fine, muove e dirige le altre arti che hanno per oggetto le cose ordinate al fine: "come l'arte nautica", scrive Aristotele, "dirige l'arte di fabbricare le navi". Ma il bene nella sua universalità, che si presenta come fine, è oggetto della volontà. Perciò sotto questo aspetto la volontà muove le altre potenze dell'anima verso i loro atti: non per nulla ci serviamo delle altre facoltà quando appunto vogliamo. Infatti i fini e le perfezioni di tutte le altre potenze rientrano sotto l'oggetto della volontà, come beni particolari: ora, è sempre l'arte o la facoltà, avente per oggetto il fine universale, che muove ad agire le arti, o le facoltà aventi per oggetto i fini particolari, compresi sotto quel fine più universale; il capitano di un esercito, p. es., che ha di mira un bene più vasto, cioè l'ordine di tutto l'esercito, muove col suo comando questo o quel tribuno, il quale ha di mira l'ordine di una schiera determinata.
L'oggetto invece muove per la specificazione dell'atto come un principio formale, dal quale nella realtà fisica vengono specificate le operazioni; dal calore, p. es., viene specificato il riscaldamento. Ora, il primo principio formale è l'ente e il vero nella sua universalità, oggetto dell'intelligenza. Perciò in questo genere di mozione l'intelletto muove la volontà, in quanto ad essa presenta il proprio oggetto.

[33869] Iª-IIae q. 9 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod ex illa auctoritate non habetur quod intellectus non moveat, sed quod non moveat ex necessitate.

 

[33869] Iª-IIae q. 9 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Da quel passo non si rileva che l'intelletto non muove: ma che non muove in maniera necessitante.

[33870] Iª-IIae q. 9 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut imaginatio formae sine aestimatione convenientis vel nocivi, non movet appetitum sensitivum; ita nec apprehensio veri sine ratione boni et appetibilis. Unde intellectus speculativus non movet, sed intellectus practicus, ut dicitur in III de anima.

 

[33870] Iª-IIae q. 9 a. 1 ad 2
2. Come la presenza di una cosa nella fantasia, senza la percezione del suo aspetto di oggetto conveniente o nocivo, non muove l'appetito sensitivo; così non muove la percezione del vero, prescindendo dalla ragione di bene e di appetibile. Perciò la mozione non viene dall'intelletto speculativo, ma dall'intelletto pratico.

[33871] Iª-IIae q. 9 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod voluntas movet intellectum quantum ad exercitium actus, quia et ipsum verum, quod est perfectio intellectus, continetur sub universali bono ut quoddam bonum particulare. Sed quantum ad determinationem actus, quae est ex parte obiecti, intellectus movet voluntatem, quia et ipsum bonum apprehenditur secundum quandam specialem rationem comprehensam sub universali ratione veri. Et sic patet quod non est idem movens et motum secundum idem.

 

[33871] Iª-IIae q. 9 a. 1 ad 3
3. La volontà muove l'intelletto rispettivamente all'esercizio dell'atto: poiché il vero stesso, perfezione dell'intelligenza, è contenuto nel bene universale, come un bene particolare. Ma rispetto alla specificazione dell'atto, che dipende dall'oggetto, è l'intelletto che muove la volontà: poiché il bene stesso viene appreso come ragione particolare compresa sotto l'universale ragione di vero. Da ciò è evidente che non abbiamo un'unica entità, che sarebbe insieme motore e mobile sotto il medesimo aspetto.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le cause moventi della volontà > Se la volontà sia mossa dall'appetito sensitivo


Prima pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 2

[33872] Iª-IIae q. 9 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod voluntas ab appetitu sensitivo moveri non possit. Movens enim et agens est praestantius patiente, ut Augustinus dicit, XII super Gen. ad Litt. Sed appetitus sensitivus est inferior voluntate, quae est appetitus intellectivus; sicut sensus est inferior intellectu. Ergo appetitus sensitivus non movet voluntatem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 2

[33872] Iª-IIae q. 9 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la volontà non possa essere mossa dall'appetito sensitivo. Infatti:
1. S. Agostino scrive: "Il movente, o agente, è superiore al paziente". Ora, l'appetito sensitivo è inferiore alla volontà, che è un appetito intellettivo; come il senso è inferiore all'intelletto. Dunque l'appetito sensitivo non muove la volontà.

[33873] Iª-IIae q. 9 a. 2 arg. 2
Praeterea, nulla virtus particularis potest facere effectum universalem. Sed appetitus sensitivus est virtus particularis, consequitur enim particularem sensus apprehensionem. Ergo non potest causare motum voluntatis, qui est universalis, velut consequens apprehensionem universalem intellectus.

 

[33873] Iª-IIae q. 9 a. 2 arg. 2
2. Nessuna potenza particolare può causare un effetto universale Ma l'appetito sensitivo è una potenza particolare: infatti accompagna l'apprensione dei singolari. Perciò non può causare il moto della volontà, che è universale, derivando esso dall'apprensione intellettiva degli universali.

[33874] Iª-IIae q. 9 a. 2 arg. 3
Praeterea, ut probatur in VIII Physic., movens non movetur ab eo quod movet, ut sit motio reciproca. Sed voluntas movet appetitum sensitivum, inquantum appetitus sensitivus obedit rationi. Ergo appetitus sensitivus non movet voluntatem.

 

[33874] Iª-IIae q. 9 a. 2 arg. 3
3. Come Aristotele dimostra, chi muove non può esser mosso dalla cosa che esso muove, determinando cosi una mozione reciproca. Ora, la volontà muove l'appetito sensitivo, poiché l'appetito sensitivo obbedisce alla ragione. Dunque l'appetito sensitivo non muove la volontà.

[33875] Iª-IIae q. 9 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur Iac. I, unusquisque tentatur a concupiscentia sua abstractus et illectus. Non autem abstraheretur quis a concupiscentia, nisi voluntas eius moveretur ab appetitu sensitivo, in quo est concupiscentia. Ergo appetitus sensitivus movet voluntatem.

 

[33875] Iª-IIae q. 9 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Giacomo scrive: "Ciascuno di noi viene tentato, attratto e lusingato dalla propria concupiscenza". Ma nessuno sarebbe attratto dalla concupiscenza, se la sua volontà non fosse mossa dall'appetito sensitivo, in cui la concupiscenza risiede.
Dunque l'appetito sensitivo muove la volontà.

[33876] Iª-IIae q. 9 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, id quod apprehenditur sub ratione boni et convenientis, movet voluntatem per modum obiecti. Quod autem aliquid videatur bonum et conveniens, ex duobus contingit, scilicet ex conditione eius quod proponitur, et eius cui proponitur. Conveniens enim secundum relationem dicitur, unde ex utroque extremorum dependet. Et inde est quod gustus diversimode dispositus, non eodem modo accipit aliquid ut conveniens et ut non conveniens. Unde, ut philosophus dicit in III Ethic., qualis unusquisque est, talis finis videtur ei. Manifestum est autem quod secundum passionem appetitus sensitivi, immutatur homo ad aliquam dispositionem. Unde secundum quod homo est in passione aliqua, videtur sibi aliquid conveniens, quod non videtur extra passionem existenti, sicut irato videtur bonum, quod non videtur quieto. Et per hunc modum, ex parte obiecti, appetitus sensitivus movet voluntatem.

 

[33876] Iª-IIae q. 9 a. 2 co.
RISPONDO: Come abbiamo detto nell'articolo precedente, quanto viene appreso sotto la ragione di cosa buona e conveniente muove la volontà come suo oggetto. Ora, codesta bontà e convenienza può dipendere da due cose: dalla disposizione dell'oggetto, e da quella del soggetto cui viene presentato. Infatti il termine conveniente sta a indicare una relazione: cosicché dipende dai due termini correlativi. Da ciò deriva che il gusto, in situazioni diverse, non apprende allo stesso modo una cosa come conveniente, o non conveniente. Perciò, come il Filosofo afferma, "quale ciascuno è, tale è il fine che a lui si presenta".
Ora, è chiaro che l'uomo viene a subire un cambiamento nelle sue disposizioni secondo l'alterazione dell'appetito sensitivo. Infatti, un uomo sotto l'influsso di una data passione considera conveniente, quello che mai considererebbe tale libero dalla passione; quando uno, p. es., è adirato, gli sembra conveniente, quello che quando è calmo gli ripugna. Ed è precisamente così, rispettivamente all'oggetto, che l'appetito sensitivo muove la volontà.

[33877] Iª-IIae q. 9 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod nihil prohibet id quod est simpliciter et secundum se praestantius, quoad aliquid esse debilius. Voluntas igitur simpliciter praestantior est quam appetitus sensitivus, sed quoad istum in quo passio dominatur, inquantum subiacet passioni, praeeminet appetitus sensitivus.

 

[33877] Iª-IIae q. 9 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Niente impedisce che una cosa la quale assolutamente parlando è superiore, sia dipendente sotto un certo aspetto. E così la volontà assolutamente parlando è superiore all'appetito sensitivo; ma per quel tanto che in un dato soggetto viene a dominare la passione, l'appetito sensitivo ottiene una certa preminenza su di essa.

[33878] Iª-IIae q. 9 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod actus et electiones hominum sunt circa singularia. Unde ex hoc ipso quod appetitus sensitivus est virtus particularis, habet magnam virtutem ad hoc quod per ipsum sic disponatur homo, ut ei aliquid videatur sic vel aliter, circa singularia.

 

[33878] Iª-IIae q. 9 a. 2 ad 2
2. Gli atti e le deliberazioni degli uomini riguardano i singolari. Perciò, per il fatto che l'appetito sensitivo è una potenza particolare, esso ottiene una grande efficacia nel predisporre l'uomo a giudicare in una maniera o in un'altra intorno ai singolari.

[33879] Iª-IIae q. 9 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut philosophus dicit in I Polit., ratio, in qua est voluntas, movet suo imperio irascibilem et concupiscibilem, non quidem despotico principatu, sicut movetur servus a domino; sed principatu regali seu politico, sicut liberi homines reguntur a gubernante, qui tamen possunt contra movere. Unde et irascibilis et concupiscibilis possunt in contrarium movere ad voluntatem. Et sic nihil prohibet voluntatem aliquando ab eis moveri.

 

[33879] Iª-IIae q. 9 a. 2 ad 3
3. Il Filosofo fa osservare che la ragione, in cui è inclusa la volontà, muove col suo comando l'irascibile e il concupiscibile, non " con un dominio dispotico", come il padrone fa con lo schiavo; ma "con un dominio regale e politico", cioè simile al governo di uomini liberi, che conservano la facoltà di muoversi in senso contrario. Perciò l'irascibile e il concupiscibile possono muovere in senso contrario la volontà. E quindi niente impedisce che talora la volontà sia mossa da cedesti appetiti.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le cause moventi della volontà > Se la volontà possa muovere se stessa


Prima pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 3

[33880] Iª-IIae q. 9 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod voluntas non moveat seipsam. Omne enim movens, inquantum huiusmodi, est in actu, quod autem movetur, est in potentia, nam motus est actus existentis in potentia, inquantum huiusmodi. Sed non est idem in potentia et in actu respectu eiusdem. Ergo nihil movet seipsum. Neque ergo voluntas seipsam movere potest.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 3

[33880] Iª-IIae q. 9 a. 3 arg. 1
SEMBRA che la volontà non possa muovere se stessa. Infatti:
1. Chi muove, in quanto movente è in atto: ciò che invece viene mosso è in potenza, poiché "il moto è l'atto di una cosa potenziale in quanto è in potenza". Ma la stessa cosa non può essere sotto lo stesso aspetto in potenza e in atto. Dunque nessuna cosa muove se stessa. Perciò neppure la volontà può muovere se stessa.

[33881] Iª-IIae q. 9 a. 3 arg. 2
Praeterea, mobile movetur ad praesentiam moventis. Sed voluntas semper sibi est praesens. Si ergo ipsa seipsam moveret, semper moveretur. Quod patet esse falsum.

 

[33881] Iª-IIae q. 9 a. 3 arg. 2
2. Il soggetto mobile si muove alla presenza del suo motore. Ora, se la volontà, che è a se stessa sempre presente, potesse muovere se stessa, si muoverebbe sempre. Cosa evidentemente falsa.

[33882] Iª-IIae q. 9 a. 3 arg. 3
Praeterea, voluntas movetur ab intellectu, ut dictum est. Si igitur voluntas movet seipsam, sequitur quod idem simul moveatur a duobus motoribus immediate, quod videtur inconveniens. Non ergo voluntas movet seipsam.

 

[33882] Iª-IIae q. 9 a. 3 arg. 3
3. La volontà viene mossa dall'intelletto, come abbiamo dimostrato. Se dunque la volontà movesse se stessa, ne seguirebbe che la medesima cosa sarebbe mossa immediatamente da due motori: il che è inammissibile. Dunque la volontà non muove se stessa.

[33883] Iª-IIae q. 9 a. 3 s. c.
Sed contra est quia voluntas domina est sui actus, et in ipsa est velle et non velle. Quod non esset, si non haberet in potestate movere seipsam ad volendum. Ergo ipsa movet seipsam.

 

[33883] Iª-IIae q. 9 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: La volontà ha il dominio dei suoi atti, ed ha la facoltà di volere e di non volere. Ciò non potrebbe essere, se non avesse la capacità di muovere se stessa a volere. Dunque essa muove se stessa.

[33884] Iª-IIae q. 9 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, ad voluntatem pertinet movere alias potentias ex ratione finis, qui est voluntatis obiectum. Sed sicut dictum est, hoc modo se habet finis in appetibilibus, sicut principium in intelligibilibus. Manifestum est autem quod intellectus per hoc quod cognoscit principium, reducit seipsum de potentia in actum, quantum ad cognitionem conclusionum, et hoc modo movet seipsum. Et similiter voluntas per hoc quod vult finem, movet seipsam ad volendum ea quae sunt ad finem.

 

[33884] Iª-IIae q. 9 a. 3 co.
RISPONDO: Come abbiamo già detto, spetta alla volontà la mozione delle altre potenze in vista del fine, che è il suo oggetto. Ma abbiamo anche dimostrato che il fine sta alle cose appetibili, come i principii a quelle intelligibili. Ora è evidente che l'intelletto, conosciuti i principii, riduce se stesso dalla potenza all'atto, nella conoscenza delle conclusioni: e in questo modo muove se stesso. Parimente, la volontà, una volta che voglia il fine, muove se stessa a volere le cose ordinate al fine.

[33885] Iª-IIae q. 9 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod voluntas non secundum idem movet et movetur. Unde nec secundum idem est in actu et in potentia. Sed inquantum actu vult finem, reducit se de potentia in actum respectu eorum quae sunt ad finem, ut scilicet actu ea velit.

 

[33885] Iª-IIae q. 9 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La volontà muove ed è mossa non sotto il medesimo aspetto. Perciò non è in atto e in potenza dallo stesso punto di vista. Ma volendo il fine, riduce se stessa dalla potenza all'atto rispettivamente ai mezzi ordinati al fine, cioè col volerli attualmente.

[33886] Iª-IIae q. 9 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod potentia voluntatis semper actu est sibi praesens, sed actus voluntatis, quo vult finem aliquem, non semper est in ipsa voluntate. Per hunc autem movet seipsam. Unde non sequitur quod semper seipsam moveat.

 

[33886] Iª-IIae q. 9 a. 3 ad 2
2. La facoltà del volere è sempre presente attualmente a se stessa: ma non sempre possiede l'atto, con cui vuole un determinato fine. E siccome la volontà muove se stessa sempre in vista del fine; non ne segue che debba sempre muovere se stessa.

[33887] Iª-IIae q. 9 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod non eodem modo voluntas movetur ab intellectu, et a seipsa. Sed ab intellectu quidem movetur secundum rationem obiecti, a seipsa vero, quantum ad exercitium actus, secundum rationem finis.

 

[33887] Iª-IIae q. 9 a. 3 ad 3
3. La volontà non è mossa alla stessa maniera dall'intelletto e da se medesima. E mossa infatti dall'intelligenza in ordine all'oggetto: è mossa invece da se medesima in ordine all'esercizio dell'atto, cioè in ordine al fine.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le cause moventi della volontà > Se la volontà possa essere mossa da una causa esterna


Prima pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 4

[33888] Iª-IIae q. 9 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod voluntas non moveatur ab aliquo exteriori. Motus enim voluntatis est voluntarius. Sed de ratione voluntarii est quod sit a principio intrinseco, sicut et de ratione naturalis. Non ergo motus voluntatis est ab aliquo extrinseco.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 4

[33888] Iª-IIae q. 9 a. 4 arg. 1
SEMBRA che la volontà non possa essere mossa da cause esterne. Infatti:
1. Il moto della volontà è un moto volontario. Ora, è nella natura delle cose volontarie, come di quelle naturali, derivare da un principio intrinseco. Dunque il moto della volontà non deriva da un principio estrinseco.

[33889] Iª-IIae q. 9 a. 4 arg. 2
Praeterea, voluntas violentiam pati non potest, ut supra ostensum est. Sed violentum est cuius principium est extra. Ergo voluntas non potest ab aliquo exteriori moveri.

 

[33889] Iª-IIae q. 9 a. 4 arg. 2
2. La volontà è incompatibile con la violenza, come abbiamo dimostrato. Ora, il fatto violento si definisce, "ciò che ha al di fuori il suo principio". Dunque la volontà non può subire una mozione da una cosa esterna.

[33890] Iª-IIae q. 9 a. 4 arg. 3
Praeterea, quod sufficienter movetur ab uno motore, non indiget moveri ab alio. Sed voluntas sufficienter movet seipsam. Non ergo movetur ab aliquo exteriori.

 

[33890] Iª-IIae q. 9 a. 4 arg. 3
3. Ciò che è già mosso efficacemente da un motore, non ha bisogno di altre mozioni. Ora la volontà muove già efficacemente se stessa. Dunque non è mossa da un principio esterno.

[33891] Iª-IIae q. 9 a. 4 s. c.
Sed contra, voluntas movetur ab obiecto, ut dictum est. Sed obiectum voluntatis potest esse aliqua exterior res sensui proposita. Ergo voluntas potest ab aliquo exteriori moveri.

 

[33891] Iª-IIae q. 9 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: La volontà, si è visto, viene mossa dall'oggetto. Ma l'oggetto della volontà può essere una cosa esterna presentata ai sensi. Dunque la volontà può essere mossa da qualche cosa di esterno.

[33892] Iª-IIae q. 9 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, secundum quod voluntas movetur ab obiecto, manifestum est quod moveri potest ab aliquo exteriori. Sed eo modo quo movetur quantum ad exercitium actus, adhuc necesse est ponere voluntatem ab aliquo principio exteriori moveri. Omne enim quod quandoque est agens in actu et quandoque in potentia, indiget moveri ab aliquo movente. Manifestum est autem quod voluntas incipit velle aliquid, cum hoc prius non vellet. Necesse est ergo quod ab aliquo moveatur ad volendum. Et quidem, sicut dictum est, ipsa movet seipsam, inquantum per hoc quod vult finem, reducit seipsam ad volendum ea quae sunt ad finem. Hoc autem non potest facere nisi consilio mediante, cum enim aliquis vult sanari, incipit cogitare quomodo hoc consequi possit, et per talem cogitationem pervenit ad hoc quod potest sanari per medicum, et hoc vult. Sed quia non semper sanitatem actu voluit, necesse est quod inciperet velle sanari, aliquo movente. Et si quidem ipsa moveret seipsam ad volendum, oportuisset quod mediante consilio hoc ageret, ex aliqua voluntate praesupposita. Hoc autem non est procedere in infinitum. Unde necesse est ponere quod in primum motum voluntatis voluntas prodeat ex instinctu alicuius exterioris moventis, ut Aristoteles concludit in quodam capitulo Ethicae Eudemicae.

 

[33892] Iª-IIae q. 9 a. 4 co.
RISPONDO: E'evidente che la volontà può esser mossa da qualche cosa di esterno, rispettivamente alla sua mozione da parte dell'oggetto. Ma anche rispetto all'esercizio dell'atto, è necessario affermare l'intervento di una causa esterna nella sua mozione. Infatti ogni agente che ora è in atto ed ora è in potenza ha bisogno di una mozione. Ora, è evidente che la volontà comincia a volere qualche cosa che prima non voleva. E perciò necessario che sia mossa a volere da qualcuno. E difatti, come abbiamo detto, la volontà muove se stessa in quanto, volendo il fine, porta se stessa a volere le cose ordinate al fine. Ma non può far questo senza una deliberazione: quando infatti uno desidera la guarigione, comincia a pensare come conseguire lo scopo, e mediante codesto pensiero arriva a comprendere che può essere sanato dal medico, e allora vuole il medico. Ma poiché non ha sempre voluto in modo attuale la guarigione, è pur necessario che abbia incominciato a desiderarla sotto la spinta di un altro movente. E se la volontà si fosse mossa da se stessa a voler questo, allora bisognerebbe che lo avesse fatto con un'altra deliberazione, presupponendo un'altra volizione. Ma in questo non si può retrocedere all'infinito. Perciò è necessario affermare che la volontà emette il suo primo moto volitivo sotto l'influsso di un motore estrinseco, come conclude Aristotele in un capitolo dell'Etica Eudemica.

[33893] Iª-IIae q. 9 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod de ratione voluntarii est quod principium eius sit intra, sed non oportet quod hoc principium intrinsecum sit primum principium non motum ab alio. Unde motus voluntarius etsi habeat principium proximum intrinsecum, tamen principium primum est ab extra. Sicut et primum principium motus naturalis est ab extra, quod scilicet movet naturam.

 

[33893] Iª-IIae q. 9 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. E'nella natura dell'atto volontario di avere il suo principio dall'interno: ma non è necessario che codesto principio intrinseco sia il primo principio che esclude la mozione di altri. Perciò, sebbene il moto volontario abbia il suo principio prossimo interiormente, il suo primo principio è al di fuori. Come del resto è al di fuori il primo principio del moto naturale, il quale appunto muove la natura.

[33894] Iª-IIae q. 9 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod hoc non sufficit ad rationem violenti, quod principium sit extra, sed oportet addere quod nil conferat vim patiens. Quod non contingit, dum voluntas ab exteriori movetur, nam ipsa est quae vult, ab alio tamen mota. Esset autem motus iste violentus, si esset contrarius motui voluntatis. Quod in proposito esse non potest, quia sic idem vellet et non vellet.

 

[33894] Iª-IIae q. 9 a. 4 ad 2
2. Per la nozione di violenza non basta che la causa di essa sia esterna; ma è necessario aggiungere: "senza che il paziente vi apporti nessun contributo". Ora, questo non avviene quando la volontà è mossa da un principio estrinseco: poiché è essa che vuole, pur essendo mossa da altri. Invece questa mozione sarebbe una violenza, se fosse contraria al moto della volontà. Ma ciò nel caso nostro è assurdo: poiché nel caso la volontà dovrebbe volere e non volere una medesima cosa.

[33895] Iª-IIae q. 9 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod voluntas quantum ad aliquid sufficienter se movet, et in suo ordine, scilicet sicut agens proximum, sed non potest seipsam movere quantum ad omnia, ut ostensum est. Unde indiget moveri ab alio sicut a primo movente.

 

[33895] Iª-IIae q. 9 a. 4 ad 3
3. La volontà per certe cose e nel proprio ambito, cioè come agente immediato, muove efficacemente se stessa: ma non può muovere se stessa in tutto, come abbiamo dimostrato. Perciò ha bisogno della mozione di un altro, quale motore supremo.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le cause moventi della volontà > Se la volontà sia mossa dai corpi celesti


Prima pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 5

[33896] Iª-IIae q. 9 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod voluntas humana a corpore caelesti moveatur. Omnes enim motus varii et multiformes reducuntur, sicut in causam, in motum uniformem, qui est motus caeli ut probatur VIII Physic. Sed motus humani sunt varii et multiformes, incipientes postquam prius non fuerant. Ergo reducuntur in motum caeli sicut in causam, qui est uniformis secundum naturam.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 5

[33896] Iª-IIae q. 9 a. 5 arg. 1
SEMBRA che la volontà umana sia mossa dai corpi celesti. Infatti:
1. Tutti i moti vari e multiformi si riportano alla causalità di quel moto uniforme, che è il moto del cielo, come Aristotele dimostra. Ora, i moti dell'uomo sono vari e multiformi, producendosi a intermittenza. Dunque essi si riducono alla causalità del moto dei cieli, che è per natura uniforme.

[33897] Iª-IIae q. 9 a. 5 arg. 2
Praeterea, secundum Augustinum, in III de Trin., corpora inferiora moventur per corpora superiora. Sed motus humani corporis, qui causantur a voluntate, non possent reduci in motum caeli sicut in causam, nisi etiam voluntas a caelo moveretur. Ergo caelum movet voluntatem humanam.

 

[33897] Iª-IIae q. 9 a. 5 arg. 2
2. Secondo S. Agostino, n i corpi inferiori sono mossi dai corpi superiori". Ma i moti del corpo umano, causati dalla volontà, non si possono ricondurre al moto dei cieli, se la volontà stessa non è mossa dai cieli. Dunque i cieli muovono la volontà umana.

[33898] Iª-IIae q. 9 a. 5 arg. 3
Praeterea, per observationem caelestium corporum astrologi quaedam vera praenuntiant de humanis actibus futuris, qui sunt a voluntate. Quod non esset, si corpora caelestia voluntatem hominis movere non possent. Movetur ergo voluntas humana a caelesti corpore.

 

[33898] Iª-IIae q. 9 a. 5 arg. 3
3. Gli astrologi mediante l'osservazione dei corpi celesti fanno delle predizioni vere sugli atti umani futuri, che dipendono dalla volontà. Ma questo non avverrebbe, se i corpi celesti non potessero esercitare una mozione sulla volontà dell'uomo. Dunque la volontà umana viene mossa dai corpi celesti.

[33899] Iª-IIae q. 9 a. 5 s. c.
Sed contra est quod Damascenus dicit, in II libro, quod corpora caelestia non sunt causae nostrorum actuum. Essent autem, si voluntas, quae est humanorum actuum principium, a corporibus caelestibus moveretur. Non ergo movetur voluntas a corporibus caelestibus.

 

[33899] Iª-IIae q. 9 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive il Damasceno, che "i corpi celesti non sono causa dei nostri atti". Ora invece essi lo sarebbero, se la volontà, che è il principio degli atti umani, ricevesse una mozione dai corpi celesti. Dunque la volontà non è mossa dai corpi celesti.

[33900] Iª-IIae q. 9 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod eo modo quo voluntas movetur ab exteriori obiecto, manifestum est quod voluntas potest moveri a corporibus caelestibus, inquantum scilicet corpora exteriora, quae sensui proposita movent voluntatem, et etiam ipsa organa potentiarum sensitivarum, subiacent motibus caelestium corporum. Sed eo modo quo voluntas movetur, quantum ad exercitium actus, ab aliquo exteriori agente, adhuc quidam posuerunt corpora caelestia directe imprimere in voluntatem humanam. Sed hoc est impossibile. Voluntas enim, ut dicitur in III de anima, est in ratione. Ratio autem est potentia animae non alligata organo corporali. Unde relinquitur quod voluntas sit potentia omnino immaterialis et incorporea. Manifestum est autem quod nullum corpus agere potest in rem incorpoream, sed potius e converso, eo quod res incorporeae et immateriales sunt formalioris et universalioris virtutis quam quaecumque res corporales. Unde impossibile est quod corpus caeleste imprimat directe in intellectum aut voluntatem. Et propter hoc Aristoteles, in libro de anima, opinionem dicentium quod talis est voluntas in hominibus, qualem in diem ducit pater deorum virorumque (scilicet Iupiter, per quem totum caelum intelligunt), attribuit eis qui ponebant intellectum non differre a sensu. Omnes enim vires sensitivae, cum sint actus organorum corporalium, per accidens moveri possunt a caelestibus corporibus, motis scilicet corporibus quorum sunt actus. Sed quia dictum est quod appetitus intellectivus quodammodo movetur ab appetitu sensitivo, indirecte redundat motus caelestium corporum in voluntatem, inquantum scilicet per passiones appetitus sensitivi voluntatem moveri contingit.

 

[33900] Iª-IIae q. 9 a. 5 co.
RISPONDO: La volontà può subire la mozione dei corpi celesti, nei limiti in cui subisce l'influsso degli oggetti esterni: poiché i corpi esterni, presentati dai sensi alla volontà, e gli organi stessi delle potenze sensitive, sono soggetti ai moti dei corpi celesti.
Ma alcuni hanno affermato che i corpi celesti avrebbero un influsso diretto sulla volontà umana, in quanto la volontà, nell'esercizio del suo atto, è mossa da un agente estrinseco. - Ma questo è impossibile. Infatti, come dice Aristotele, "la volontà è nella ragione". E la ragione è una facoltà dell'anima indipendente da qualsiasi organo corporeo. Da ciò segue che la volontà è una potenza del tutto immateriale e incorporea. Ora, è evidente che nessun corpo può agire su di una cosa incorporea, ma potrebbe piuttosto avvenire il contrario: per il fatto che gli esseri incorporei e immateriali hanno una virtù più formale e più universale di qualsiasi essere corporeo. Perciò è impossibile che un corpo celeste possa influire direttamente sull'intelletto o sulla, volontà. – Per questo Aristotele, nel riferire l'opinione di chi sosteneva che "tale è la volontà negli uomini, quale la dona di giorno in giorno il Padre degli dèi e degli uomini " (cioè Giove, per il quale intendevano il cielo nel suo complesso), l'attribuisce ai sostenitori dell'identificazione dell'intelletto con i sensi. Infatti tutte le potenze sensitive, essendo perfezioni di organi corporei, possono subire l'influsso dei corpi celesti, e cioè attraverso la mozione di quei corpi di cui essi sono le perfezioni.
E poiché l'appetito intellettivo subisce in qualche modo la mozione dell'appetito sensitivo, indirettamente i moti dei corpi celesti ridondano sulla volizione; cioè nella misura che le passioni dell'appetito sensitivo muovono la volontà.

[33901] Iª-IIae q. 9 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod multiformes motus voluntatis humanae reducuntur in aliquam causam uniformem, quae tamen est intellectu et voluntate superior. Quod non potest dici de aliquo corpore, sed de aliqua superiori substantia immateriali. Unde non oportet quod motus voluntatis in motum caeli reducatur sicut in causam.

 

[33901] Iª-IIae q. 9 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I multiformi moti della volontà umana si riportano a una causa uniforme, ma che sia superiore all'intelletto e alla volontà. Il che non può attribuirsi a nessun corpo, ma solo ad una sostanza immateriale più alta. Perciò non è necessario che il moto della volontà faccia capo alla causalità dei moti celesti.

[33902] Iª-IIae q. 9 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod motus corporales humani reducuntur in motum caelestis corporis sicut in causam, inquantum ipsa dispositio organorum congrua ad motum, est aliqualiter ex impressione caelestium corporum; et inquantum etiam appetitus sensitivus commovetur ex impressione caelestium corporum; et ulterius inquantum corpora exteriora moventur secundum motum caelestium corporum, ex quorum occursu voluntas incipit aliquid velle vel non velle, sicut adveniente frigore incipit aliquis velle facere ignem. Sed ista motio voluntatis est ex parte obiecti exterius praesentati, non ex parte interioris instinctus.

 

[33902] Iª-IIae q. 9 a. 5 ad 2
2. I movimenti del corpo umano dipendono dal moto dei corpi celesti, per il fatto che la stessa disposizione degli organi al loro movimento deriva in qualche modo dall'influsso dei corpi celesti; e anche perché l'appetito sensitivo viene alterato dall'azione di quei corpi; e finalmente perché subiscono il movimento dei corpi celesti quei corpi esterni alla presenza dei quali la volontà comincia a volere o a non volere qualche cosa; alla venuta del freddo, p. es., uno comincia a voler accendere il fuoco. Ma codesta mozione della volontà interessa l'oggetto presentato dall'esterno: e non riguarda l'impulso interiore.

[33903] Iª-IIae q. 9 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut dictum est, appetitus sensitivus est actus organi corporalis. Unde nihil prohibet ex impressione corporum caelestium aliquos esse habiles ad irascendum vel concupiscendum, vel aliquam huiusmodi passionem, sicut et ex complexione naturali. Plures autem hominum sequuntur passiones, quibus soli sapientes resistunt. Et ideo ut in pluribus verificantur ea quae praenuntiantur de actibus hominum secundum considerationem caelestium corporum. Sed tamen, ut Ptolomaeus dicit in Centiloquio, sapiens dominatur astris, scilicet quia, resistens passionibus, impedit per voluntatem liberam, et nequaquam motui caelesti subiectam, huiusmodi corporum caelestium effectus. Vel, ut Augustinus dicit II super Gen. ad Litt., fatendum est, quando ab astrologis vera dicuntur, instinctu quodam occultissimo dici, quem nescientes humanae mentes patiuntur. Quod cum ad decipiendum homines fit, spirituum seductorum operatio est.

 

[33903] Iª-IIae q. 9 a. 5 ad 3
3. Come abbiamo già detto, l'appetito sensitivo è una perfezione di organi corporei. Perciò niente impedisce che alcuni siano più pronti all'ira, alla concupiscenza, o a qualsiasi altra passione, per influsso dei corpi celesti come per complessione naturale. D'altra parte la maggioranza degli uomini segue le passioni, alle quali soltanto i più saggi resistono. Perciò d'ordinario si verificano nelle azioni umane quei fatti che sono predetti in base alla considerazione dei corpi celesti. Tuttavia, come dice Tolomeo nel Centiloquio, "il sapiente sa dominare gli altri": egli, cioè, resistendo alle passioni, impedisce con la volontà libera e non soggetta al moto dei cieli, gli effetti di codesti corpi celesti.
Oppure, come fa S. Agostino, "bisognerà ritenere che, quando gli astrologi predicono il vero, lo fanno mediante un istinto misterioso, che le menti umane subiscono senza saperlo. E se questo avviene per ingannare gli uomini è opera degli spiriti maligni".




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le cause moventi della volontà > Se la volontà non abbia all'infuori di Dio altro principio esterno del suo movimento


Prima pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 6

[33904] Iª-IIae q. 9 a. 6 arg. 1
Ad sextum sic proceditur. Videtur quod voluntas non a solo Deo moveatur sicut ab exteriori principio. Inferius enim natum est moveri a suo superiori, sicut corpora inferiora a corporibus caelestibus. Sed voluntas hominis habet aliquid superius post Deum; scilicet Angelum. Ergo voluntas hominis potest moveri, sicut ab exteriori principio, etiam ab Angelo.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 6

[33904] Iª-IIae q. 9 a. 6 arg. 1
SEMBRA che la volontà oltre Dio abbia altri principii esterni del suo movimento. Infatti:
1. L'inferiore è fatto per subire una mozione da parte del suo superiore; come i corpi inferiori dai corpi celesti. Ma la volontà umana oltre Dio ha come superiore l'angelo. Dunque la volontà umana può avere anche gli angeli come principii esterni del suo movimento.

[33905] Iª-IIae q. 9 a. 6 arg. 2
Praeterea, actus voluntatis sequitur actum intellectus. Sed intellectus hominis reducitur in suum actum non solum a Deo, sed etiam ab Angelo per illuminationes, ut Dionysius dicit. Ergo eadem ratione et voluntas.

 

[33905] Iª-IIae q. 9 a. 6 arg. 2
2. L'atto della volontà segue l'atto dell'intelletto. Ora l'intelletto umano nel suo atto non dipende soltanto da Dio, ma anche dagli angeli in forza delle illuminazioni, come spiega Dionigi. Lo stesso, dunque, vale per la volontà.

[33906] Iª-IIae q. 9 a. 6 arg. 3
Praeterea, Deus non est causa nisi bonorum; secundum illud Gen. I, vidit Deus cuncta quae fecerat, et erant valde bona. Si ergo a solo Deo voluntas hominis moveretur, nunquam moveretur ad malum, cum tamen voluntas sit qua peccatur et recte vivitur, ut Augustinus dicit.

 

[33906] Iª-IIae q. 9 a. 6 arg. 3
3. Dio è causa del bene solamente; poiché sta scritto: "Vide Dio tutte le opere sue, ed erano grandemente buone". Se dunque la volontà dell'uomo fosse mossa soltanto da Dio, non sarebbe mai mossa verso il male: purtroppo invece la volontà è lo strumento "col quale si pecca e si vive rettamente", come scrive S. Agostino.

[33907] Iª-IIae q. 9 a. 6 s. c.
Sed contra est quod apostolus dicit, ad Philipp. II, Deus est qui operatur in nobis velle et perficere.

 

[33907] Iª-IIae q. 9 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: L'Apostolo insegna: "Dio è che produce in noi e il volere e l'agire".

[33908] Iª-IIae q. 9 a. 6 co.
Respondeo dicendum quod motus voluntatis est ab intrinseco, sicut et motus naturalis. Quamvis autem rem naturalem possit aliquid movere quod non est causa naturae rei motae, tamen motum naturalem causare non potest nisi quod est aliqualiter causa naturae. Movetur enim lapis sursum ab homine, qui naturam lapidis non causat, sed hic motus non est lapidi naturalis, naturalis autem motus eius non causatur nisi ab eo quod causat naturam. Unde dicitur in VIII Physic. quod generans movet secundum locum gravia et levia. Sic ergo hominem, voluntatem habentem, contingit moveri ab aliquo qui non est causa eius, sed quod motus voluntarius eius sit ab aliquo principio extrinseco quod non est causa voluntatis, est impossibile. Voluntatis autem causa nihil aliud esse potest quam Deus. Et hoc patet dupliciter. Primo quidem, ex hoc quod voluntas est potentia animae rationalis, quae a solo Deo causatur per creationem, ut in primo dictum est. Secundo vero ex hoc patet, quod voluntas habet ordinem ad universale bonum. Unde nihil aliud potest esse voluntatis causa, nisi ipse Deus, qui est universale bonum. Omne autem aliud bonum per participationem dicitur, et est quoddam particulare bonum, particularis autem causa non dat inclinationem universalem. Unde nec materia prima, quae est in potentia ad omnes formas, potest causari ab aliquo particulari agente.

 

[33908] Iª-IIae q. 9 a. 6 co.
RISPONDO: Il moto della volontà viene dall'interno, come il moto fisico naturale. Ora, sebbene possa muovere un essere naturale anche, ciò che non è causa della natura di codesto essere, tuttavia soltanto chi in qualche maniera è causa della natura può produrre un moto naturale. Infatti anche l'uomo, che non può causare la natura del sasso, può muovere un sasso verso l'alto, però codesto moto per il sasso non è naturale: ma il suo moto naturale non viene prodotto che dall'artefice della sua natura. Perciò Aristotele insegna che il generante si. limita a muovere localmente i corpi gravi e leggeri. Allo stesso modo può darsi, che l'uomo, dotato di volontà, sia mosso da qualche cosa che non è la causa della volontà stessa; ma è impossibile che il suo moto volontario provenga da un principio estrinseco diverso da codesta causa.
Ora, all'infuori di Dio niente può esser causa della volontà. E ciò è evidente per due ragioni. Primo, perché la volontà è una potenza dell'anima razionale, che viene prodotta da Dio soltanto, per creazione, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. - Secondo, perché la volontà e ordinata al bene nella sua universalità. Perciò
niente all'infuori di Dio, che è il bene universale, può esser causa del volere. Mentre ogni altro bene è bene per partecipazione, ed e un bene particolare: e una causa particolare non può produrre una inclinazione universale. Tanto è vero che neppure la materia prima, la quale è in potenza a tutte le forme, può essere prodotta da una causa particolare.

[33909] Iª-IIae q. 9 a. 6 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Angelus non sic est supra hominem, quod sit causa voluntatis eius; sicut corpora caelestia sunt causa formarum naturalium, ad quas consequuntur naturales motus corporum naturalium.

 

[33909] Iª-IIae q. 9 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'angelo è superiore all'uomo, ma non in quanto causa della volontà di lui; invece i corpi celesti producono quelle forme naturali, da cui derivano i moti naturali dei corpi.

[33910] Iª-IIae q. 9 a. 6 ad 2
Ad secundum dicendum quod intellectus hominis movetur ab Angelo ex parte obiecti, quod sibi proponitur virtute angelici luminis ad cognoscendum. Et sic etiam voluntas ab exteriori creatura potest moveri, ut dictum est.

 

[33910] Iª-IIae q. 9 a. 6 ad 2
2. L'intelletto umano subisce la mozione dell'angelo rispettivamente all'oggetto, che viene presentato alla conoscenza dell'uomo dalla illuminazione angelica. Ma. in questo modo, si è detto, anche la volontà può subire mozioni da altre creature.

[33911] Iª-IIae q. 9 a. 6 ad 3
Ad tertium dicendum quod Deus movet voluntatem hominis, sicut universalis motor, ad universale obiectum voluntatis, quod est bonum. Et sine hac universali motione homo non potest aliquid velle. Sed homo per rationem determinat se ad volendum hoc vel illud, quod est vere bonum vel apparens bonum. Sed tamen interdum specialiter Deus movet aliquos ad aliquid determinate volendum, quod est bonum, sicut in his quos movet per gratiam, ut infra dicetur.

 

[33911] Iª-IIae q. 9 a. 6 ad 3
3. Dio, quale motore universale, muove la volontà dell'uomo verso l'oggetto universale della volontà, che è il bene. E l'uomo non può volere nulla senza codesta mozione universale. Ma l'uomo mediante la ragione si determina poi a volere questa cosa o quell'altra, che sarà un bene vero o apparente. - Tuttavia alcuni Dio li muove in maniera speciale a volere dei beni determinati; così fa con coloro che muove mediante la grazia, come diremo in seguito.

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