I-II, 86

Seconda parte > Gli atti umani in generale > Vizi e peccati > La macchia del peccato


Prima pars secundae partis
Quaestio 86
Prooemium

[37237] Iª-IIae q. 86 pr.
Deinde considerandum est de macula peccati. Et circa hoc quaeruntur duo.
Primo, utrum macula animae sit effectus peccati.
Secundo, utrum remaneat in anima post actum peccati.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 86
Proemio

[37237] Iª-IIae q. 86 pr.
Passiamo a considerare la macchia del peccato.
Sull'argomento si pongono due quesiti:

1. Se il peccato produca una macchia nell'anima;
2. Se questa rimanga nell'anima dopo l'atto peccaminoso.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Vizi e peccati > La macchia del peccato > Se il peccato produca una macchia nell'anima


Prima pars secundae partis
Quaestio 86
Articulus 1

[37238] Iª-IIae q. 86 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod peccatum non causet aliquam maculam in anima. Natura enim superior non potest inquinari ex contactu naturae inferioris, unde radius solaris non inquinatur per tactum corporum fetidorum, ut Augustinus dicit, in libro contra quinque haereses. Sed anima humana est multo superioris naturae quam res commutabiles, ad quas peccando convertitur. Ergo ex eis maculam non contrahit peccando.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 86
Articolo 1

[37238] Iª-IIae q. 86 a. 1 arg. 1
SEMBRA che il peccato non produca una macchia nell'anima. Infatti:
1. Una natura superiore non può sporcarsi col contatto di una natura inferiore: un raggio di sole, come nota S. Agostino, non si sporca a contatto di corpi purolenti. Ora, l'anima umana è di natura molto superiore alle cose transitorie, alle quali si volge peccando. Perciò quando pecca non ne riceve una macchia.

[37239] Iª-IIae q. 86 a. 1 arg. 2
Praeterea, peccatum est principaliter in voluntate, ut supra dictum est. Voluntas autem est in ratione, ut dicitur in III de anima. Sed ratio, sive intellectus, non maculatur ex consideratione quarumcumque rerum, sed magis perficitur. Ergo nec voluntas ex peccato maculatur.

 

[37239] Iª-IIae q. 86 a. 1 arg. 2
2. Il peccato, come sopra abbiamo visto, risiede specialmente nella volontà. E la volontà, a detta di Aristotele, è inclusa nella ragione. Ma la ragione, o intelletto, non viene macchiata dalla considerazione di nessuna cosa, ché anzi ne riceve un perfezionamento. Dunque neppure la volontà viene macchiata dal peccato.

[37240] Iª-IIae q. 86 a. 1 arg. 3
Praeterea, si peccatum maculam causat, aut macula illa est aliquid positive, aut est privatio pura. Si sit aliquid positive, non potest esse nisi dispositio vel habitus, nihil enim aliud videtur ex actu causari. Dispositio autem et habitus non est, contingit enim, remota dispositione vel habitu, adhuc remanere maculam; ut patet in eo qui peccavit mortaliter prodigalitate, et postea transmutatur, mortaliter peccando, in habitum vitii oppositi. Non ergo macula ponit aliquid positive in anima. Similiter etiam nec est privatio pura. Quia omnia peccata conveniunt ex parte aversionis et privationis gratiae. Sequeretur ergo quod omnium peccatorum esset macula una. Ergo macula non est effectus peccati.

 

[37240] Iª-IIae q. 86 a. 1 arg. 3
3. Se il peccato causasse una macchia, questa sarebbe, o qualche cosa di positivo, o pura privazione. Ora, se fosse qualche cosa di positivo, non potrebbe essere che una disposizione, o un abito: infatti da un atto sembra che nient'altro possa essere causato, Ma non è disposizione né abito: perché eliminando abito e disposizione può restare ancora la macchia; com'è evidente nel caso di chi dopo aver peccato mortalmente di prodigalità, passa a commettere un peccato contrario. Dunque la macchia non è qualche cosa di positivo. - E non è neppure semplice privazione. Poiché tutti i peccati si somigliano dal lato dell'aversione e della privazione della grazia. E quindi seguirebbe che identica è la macchia di tutti i peccati. Dunque la macchia non è effetto del peccato.

[37241] Iª-IIae q. 86 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur, Eccli. XLVII, Salomoni, dedisti maculam in gloria tua. Et Ephes. V, ut exhiberet sibi gloriosam Ecclesiam non habentem maculam aut rugam. Et utrobique loquitur de macula peccati. Ergo macula est effectus peccati.

 

[37241] Iª-IIae q. 86 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Imprimesti una macchia alla tua gloria". E altrove: "per far comparire egli stesso davanti a sé gloriosa la Chiesa, senza macchia, o ruga". E nei due casi si parla della macchia del peccato. Perciò il peccato produce una macchia.

[37242] Iª-IIae q. 86 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod macula proprie dicitur in corporalibus, quando aliquod corpus nitidum perdit suum nitorem ex contactu alterius corporis, sicut vestis et aurum et argentum, aut aliud huiusmodi. In rebus autem spiritualibus ad similitudinem huius oportet maculam dici. Habet autem anima hominis duplicem nitorem, unum quidem ex refulgentia luminis naturalis rationis, per quam dirigitur in suis actibus; alium vero ex refulgentia divini luminis, scilicet sapientiae et gratiae, per quam etiam homo perficitur ad bene et decenter agendum. Est autem quasi quidam animae tactus, quando inhaeret aliquibus rebus per amorem. Cum autem peccat, adhaeret rebus aliquibus contra lumen rationis et divinae legis, ut ex supradictis patet. Unde ipsum detrimentum nitoris ex tali contactu proveniens, macula animae metaphorice vocatur.

 

[37242] Iª-IIae q. 86 a. 1 co.
RISPONDO: In senso proprio si parla di macchia per le cose materiali, quando un corpo nitido, p. es., l'oro, l'argento, o una veste, perde la sua lucentezza a contatto con altri corpi. Perciò nelle cose spirituali se ne deve parlare per analogia a codesta macchia. Ora, l'anima umana può avere due tipi di lucentezza: l'una dovuta allo splendore della luce naturale della ragione, che la dirige nei suoi atti; l'altra dovuta allo splendore della luce divina, cioè della sapienza e della grazia, che porta l'uomo a compiere il bene dovuto. Ma quando l'anima aderisce con l'amore a una cosa, si ha come un contatto di essa. E quando pecca aderisce a qualche cosa che è contraria alla luce della ragione e della legge divina, com'è evidente da quanto sopra abbiamo detto. Ebbene, codesta perdita di luminosità metaforicamente è chiamata macchia dell'anima.

[37243] Iª-IIae q. 86 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod anima non inquinatur ex rebus inferioribus virtute earum, quasi agentibus eis in animam, sed magis e converso anima sua actione se inquinat, inordinate eis inhaerendo, contra lumen rationis et divinae legis.

 

[37243] Iª-IIae q. 86 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'anima non viene macchiata dalle cose inferiori per la virtù di esse, come se queste agissero su di essa: al contrario è l'anima che col suo agire si sporca, aderendo ad esse disordinatamente, contro la luce della ragione e della legge divina.

[37244] Iª-IIae q. 86 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod actio intellectus perficitur secundum quod res intelligibiles sunt in intellectu per modum ipsius intellectus, et ideo intellectus ex eis non inficitur, sed magis perficitur. Sed actus voluntatis consistit in motu ad ipsas res, ita quod amor conglutinat animam rei amatae. Et ex hoc anima maculatur, quando in ordinate inhaeret; secundum illud Osee IX, facti sunt abominabiles, sicut ea quae dilexerunt.

 

[37244] Iª-IIae q. 86 a. 1 ad 2
2. L'atto intellettivo si compie con la presenza delle cose intelligibili nell'intelletto; perciò l'intelletto non può esserne macchiato, ma piuttosto ne riceve un perfezionamento. Invece l'atto della volontà consiste in un moto verso le cose, cosicché l'amore unisce l'anima alla cosa amata. Per questo l'anima si macchia quando vi aderisce disordinatamente, secondo il detto di Osea: "Diventarono abominevoli come le cose che amarono".

[37245] Iª-IIae q. 86 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod macula non est aliquid positive in anima, nec significat privationem solam, sed significat privationem quandam nitoris animae in ordine ad suam causam, quae est peccatum. Et ideo diversa peccata diversas maculas inducunt. Et est simile de umbra, quae est privatio luminis ex obiecto alicuius corporis, et secundum diversitatem corporum obiectorum diversificantur umbrae.

 

[37245] Iª-IIae q. 86 a. 1 ad 3
3. La macchia non è qualche cosa di positivo nell'anima, e non indica una semplice privazione: indica invece una privazione della lucentezza dell'anima in rapporto alla sua causa, cioè al peccato. Perciò peccati diversi arrecano macchie diverse. Avviene qualche cosa di simile con l'ombra, privazione della luce dovuta all'interposizione di un corpo: secondo la diversità dei corpi le ombre cambiano.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Vizi e peccati > La macchia del peccato > Se la macchia resti nell'anima dopo l'atto peccaminoso


Prima pars secundae partis
Quaestio 86
Articulus 2

[37246] Iª-IIae q. 86 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod macula non maneat in anima post actum peccati. Nihil enim manet in anima post actum, nisi habitus vel dispositio. Sed macula non est habitus vel dispositio, ut supra habitum est. Ergo macula non manet in anima post actum peccati.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 86
Articolo 2

[37246] Iª-IIae q. 86 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la macchia non resti nell'anima dopo l'atto peccaminoso. Infatti:
1. Passato l'atto non rimane nell'anima che l'abito, o la disposizione. La macchia però non è né abito, né disposizione, come abbiamo dimostrato. Quindi la macchia non rimane nell'anima dopo l'atto del peccato.

[37247] Iª-IIae q. 86 a. 2 arg. 2
Praeterea, hoc modo se habet macula ad peccatum, sicut umbra ad corpus, ut supra dictum est. Sed transeunte corpore, non manet umbra. Ergo, transeunte actu peccati, non manet macula.

 

[37247] Iª-IIae q. 86 a. 2 arg. 2
2. Abbiamo visto che la macchia sta al peccato, come l'ombra sta al corpo. Ora, passato il corpo, l'ombra non rimane. Dunque passato l'atto peccaminoso, non rimane la macchia.

[37248] Iª-IIae q. 86 a. 2 arg. 3
Praeterea, omnis effectus dependet ex sua causa. Causa autem maculae est actus peccati. Ergo, remoto actu peccati, non remanet macula in anima.

 

[37248] Iª-IIae q. 86 a. 2 arg. 3
3. Ogni effetto dipende dalla sua causa. Ma causa della macchia è l'atto peccaminoso. Perciò se cessa l'atto, non può rimanere nell'anima la macchia.

[37249] Iª-IIae q. 86 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur Iosue XXII, an parum vobis est quod peccastis in Beelphegor, et usque in praesentem diem macula huius sceleris in vobis permanet?

 

[37249] Iª-IIae q. 86 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Vi sembra forse poca cosa la colpa commessa in Beelfegor, la cui macchia perdura in voi fino ad oggi?".

[37250] Iª-IIae q. 86 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod macula peccati remanet in anima, etiam transeunte actu peccati. Cuius ratio est quia macula, sicut dictum est, importat quendam defectum nitoris propter recessum a lumine rationis vel divinae legis. Et ideo quandiu homo manet extra huiusmodi lumen, manet in eo macula peccati, sed postquam redit ad lumen divinum et ad lumen rationis, quod fit per gratiam, tunc macula cessat. Licet autem cesset actus peccati, quo homo discessit a lumine rationis vel legis divinae, non tamen statim homo ad illud redit in quo fuerat, sed requiritur aliquis motus voluntatis contrarius primo motui. Sicut si aliquis sit distans alicui per aliquem motum, non statim cessante motu fit ei propinquus, sed oportet quod appropinquet rediens per motum contrarium.

 

[37250] Iª-IIae q. 86 a. 2 co.
RISPONDO: La macchia del peccato resta nell'anima anche dopo l'atto peccaminoso. E la ragione si è che la macchia importa, come si è visto, un difetto di luminosità dovuto a un rifiuto di fronte alla luce della ragione, o della legge divina. Perciò finché uno rimane estraneo a codesta luce, resta in lui la macchia del peccato: questa scompare soltanto col ritorno della luce di Dio e della ragione, mediante la grazia. Infatti, pur cessando l'atto del peccato, col quale si era allontanato dalla luce della ragione e della legge divina, l'uomo non torna immediatamente al punto in cui era; ma si richiede un moto della volontà contrario al precedente. Se uno, p. es., si allontana da una persona con una camminata, non si ritrova subito vicino a lei appena smette di camminare, ma deve riavvicinarsi tornando con un moto contrario.

[37251] Iª-IIae q. 86 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod post actum peccati nihil positive remanet in anima nisi dispositio vel habitus, remanet tamen aliquid privative, scilicet privatio coniunctionis ad divinum lumen.

 

[37251] Iª-IIae q. 86 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dopo l'atto peccaminoso di positivo non rimane nell'anima che la disposizione, o l'abito: rimane però anche qualche cosa nel senso di privazione, e cioè la mancanza di unione con la luce di Dio.

[37252] Iª-IIae q. 86 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod, transeunte obstaculo corporis, remanet corpus diaphanum in aequali propinquitate et habitudine ad corpus illuminans, et ideo statim umbra transit. Sed remoto actu peccati, non remanet anima in eadem habitudine ad Deum. Unde non est similis ratio.

 

[37252] Iª-IIae q. 86 a. 2 ad 2
2. Passato l'ostacolo del corpo, l'aria resta diafana e predisposta come prima rispetto al corpo illuminante: perciò l'ombra passa immediatamente. Invece passato l'atto peccaminoso, l'anima non rimane nel medesimo rapporto rispetto a Dio. Quindi il paragone non regge.

[37253] Iª-IIae q. 86 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod actus peccati facit distantiam a Deo, quam quidem distantiam sequitur defectus nitoris, hoc modo sicut motus localis facit localem distantiam. Unde sicut, cessante motu, non tollitur distantia localis; ita nec, cessante actu peccati, tollitur macula.

 

[37253] Iª-IIae q. 86 a. 2 ad 3
3. L'atto del peccato stabilisce una distanza da Dio, distanza cui è connessa una perdita di nitidezza, come fa un moto locale rispetto alla distanza locale. Perciò, come col cessare del moto locale, non si annulla la distanza raggiunta, così col cessare dell'atto peccaminoso non si elimina la macchia.

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