I-II, 40

Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Prooemium

[35231] Iª-IIae q. 40 pr.
Consequenter considerandum est de passionibus irascibilis, et primo, de spe et desperatione; secundo, de timore et audacia; tertio, de ira. Circa primum quaeruntur octo.
Primo, utrum spes sit idem quod desiderium vel cupiditas.
Secundo, utrum spes sit in vi apprehensiva, vel in vi appetitiva.
Tertio, utrum spes sit in brutis animalibus.
Quarto, utrum spei contrarietur desperatio.
Quinto, utrum causa spei sit experientia.
Sexto, utrum in iuvenibus et ebriosis spes abundet.
Septimo, de ordine spei ad amorem.
Octavo, utrum spes conferat ad operationem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Proemio

[35231] Iª-IIae q. 40 pr.
Ed eccoci a studiare le passioni dell'irascibile: primo, speranza e disperazione; secondo, timore e audacia; terzo, ira.
Sul primo argomento tratteremo otto problemi:

1. Se la speranza si identifichi col desiderio, o cupidigia;
2. Se la speranza risieda in una facoltà conoscitiva o appetitiva;
3. Se la speranza si trovi anche negli animali bruti;
4. Se la disperazione sia il contrario della speranza;
5. Se l'esperienza sia causa della speranza;
6. Se la speranza abbondi nei giovani e negli ubriachi;
7. Rapporti tra speranza e amore;
8. Se la speranza aiuti nell'operare.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se la speranza s'identifichi col desiderio, o cupidigia


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 1

[35232] Iª-IIae q. 40 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod spes sit idem quod desiderium sive cupiditas. Spes enim ponitur una quatuor principalium passionum. Sed Augustinus, enumerans quatuor principales passiones, ponit cupiditatem loco spei, ut patet in XIV de Civ. Dei. Ergo spes est idem quod cupiditas sive desiderium.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 1

[35232] Iª-IIae q. 40 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la speranza s'identifichi col desiderio, o cupidigia. Infatti:
1. La speranza è una delle quattro passioni principali. Ora, S. Agostino nell'enumerare le quattro passioni principali mette la cupidigia al posto della speranza. Dunque la speranza s'identifica con la cupidigia, o desiderio.

[35233] Iª-IIae q. 40 a. 1 arg. 2
Praeterea, passiones differunt secundum obiecta. Sed idem est obiectum spei, et cupiditatis sive desiderii, scilicet bonum futurum. Ergo spes est idem quod cupiditas sive desiderium.

 

[35233] Iª-IIae q. 40 a. 1 arg. 2
2. Le passioni differiscono secondo i loro oggetti. Ma l'oggetto della speranza, cioè il bene futuro, s'identifica con l'oggetto del desiderio, o concupiscenza. Dunque la speranza s'identifica con la cupidigia o desiderio.

[35234] Iª-IIae q. 40 a. 1 arg. 3
Si dicatur quod spes addit supra desiderium possibilitatem adipiscendi bonum futurum, contra, id quod per accidens se habet ad obiectum, non variat speciem passionis. Sed possibile se habet per accidens ad bonum futurum, quod est obiectum cupiditatis vel desiderii, et spei. Ergo spes non est passio specie differens a desiderio vel cupiditate.

 

[35234] Iª-IIae q. 40 a. 1 arg. 3
3. A chi rispondesse che la speranza aggiunge al desiderio la possibilità di raggiungere il bene futuro, si potrebbe replicare: Ciò che è accidentale per l'oggetto, non basta a distinguere specificamente le passioni. Ora, la raggiungibilità è accidentale per il bene futuro, oggetto della cupidigia o del desiderio. Dunque la speranza non è una passione specificamente distinta dal desiderio, o cupidigia.

[35235] Iª-IIae q. 40 a. 1 s. c.
Sed contra, diversarum potentiarum sunt diversae passiones specie differentes. Sed spes est in irascibili; desiderium autem et cupiditas in concupiscibili. Ergo spes differt specie a desiderio seu cupiditate.

 

[35235] Iª-IIae q. 40 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Passioni che appartengono a potenze diverse sono specificamente diverse. Ora, la speranza è nell'irascibile; mentre il desiderio, o cupidigia è nel concupiscibile. Dunque la speranza è specificamente diversa dal desiderio, o cupidigia.

[35236] Iª-IIae q. 40 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod species passionis ex obiecto consideratur circa obiectum autem spei quatuor conditiones attenduntur. Primo quidem, quod sit bonum, non enim, proprie loquendo, est spes nisi de bono. Et per hoc differt spes a timore, qui est de malo. Secundo, ut sit futurum, non enim spes est de praesenti iam habito. Et per hoc differt spes a gaudio, quod est de bono praesenti. Tertio, requiritur quod sit aliquid arduum cum difficultate adipiscibile, non enim aliquis dicitur aliquid sperare minimum, quod statim est in sua potestate ut habeat. Et per hoc differt spes a desiderio vel cupiditate, quae est de bono futuro absolute, unde pertinet ad concupiscibilem, spes autem ad irascibilem. Quarto, quod illud arduum sit possibile adipisci, non enim aliquis sperat id quod omnino adipisci non potest. Et secundum hoc differt spes a desperatione. Sic ergo patet quod spes differt a desiderio, sicut differunt passiones irascibilis a passionibus concupiscibilis. Et propter hoc, spes praesupponit desiderium, sicut et omnes passiones irascibilis praesupponunt passiones concupiscibilis, ut supra dictum est.

 

[35236] Iª-IIae q. 40 a. 1 co.
RISPONDO: La specie di una passione viene determinata in base all'oggetto. Ora, per l'oggetto della speranza si richiedono quattro condizioni. Primo, che sia un bene: poiché, propriamente parlando, non si può sperare che il bene. E in questo la speranza differisce dal timore, che ha per oggetto il male. - Secondo, che sia futuro: poiché la speranza non riguarda ciò che attualmente si possiede. E in questo la speranza differisce dal godimento, che ha per oggetto il bene presente. - Terzo, si richiede che sia qualche cosa di arduo, raggiungibile con difficoltà: infatti uno non può dire di sperare cose da poco, che subito può ridurre in suo potere. E in questo la speranza si distingue dal desiderio o cupidigia, che riguarda il bene futuro in genere; e quindi appartiene al concupiscibile, mentre la speranza va attribuita all’irascibile. - Quarto, si richiede che codesta cosa ardua sia raggiungibile: infatti uno non può sperare quello che in nessun modo può raggiungere. E in questo la speranza si distingue dalla disperazione.
Da ciò è evidente che la speranza è distinta dal desiderio, come le passioni dell’irascibile sono distinte da quelle del concupiscibile. Per questo motivo la speranza presuppone il desiderio: come tutte le passioni dell'irascibile presuppongono quelle del concupiscibile, secondo le spiegazioni già date.

[35237] Iª-IIae q. 40 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Augustinus ponit cupiditatem loco spei, propter hoc quod utrumque respicit bonum futurum, et quia bonum quod non est arduum, quasi nihil reputatur; ut sic cupiditas maxime videatur tendere in bonum arduum, in quod etiam tendit spes.

 

[35237] Iª-IIae q. 40 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino mette la cupidigia al posto della speranza, perché entrambe riguardano un bene futuro: e poiché il bene che non è arduo quasi non si considera affatto, sembra che la cupidigia non abbia da tendere che verso il bene arduo, verso il quale tende pure la speranza.

[35238] Iª-IIae q. 40 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod obiectum spei non est bonum futurum absolute, sed cum arduitate et difficultate adipiscendi, ut dictum est.

 

[35238] Iª-IIae q. 40 a. 1 ad 2
2. L'oggetto della speranza non è semplicemente il bene futuro; ma il bene futuro arduo e difficile a raggiungersi, come abbiamo già spiegato.

[35239] Iª-IIae q. 40 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod obiectum spei non tantum addit possibilitatem super obiectum desiderii, sed etiam arduitatem, quae ad aliam potentiam facit spem pertinere, scilicet ad irascibilem, quae respicit arduum, ut in primo dictum est. Possibile autem et impossibile non omnino per accidens se habent ad obiectum appetitivae virtutis. Nam appetitus est principium motionis, nihil autem movetur ad aliquid nisi sub ratione possibilis; nullus enim movetur ad id quod existimat impossibile adipisci. Et propter hoc, spes differt a desperatione secundum differentiam possibilis et impossibilis.

 

[35239] Iª-IIae q. 40 a. 1 ad 3
3. L'oggetto della speranza aggiunge all'oggetto del desiderio non soltanto la "possibilità" [o raggiungibilità], ma anche l'arduità: e questa fa sì che la speranza appartenga a un'altra facoltà, cioè all'irascibile, che ha per oggetto l'arduo, come abbiamo visto nella Prima Parte. - Del resto la distinzione tra possibile e impossibile non è del tutto accidentale per l'oggetto delle facoltà appetitive.
Poiché l'appetito è un principio di moto: e ogni moto ha come termine una cosa possibile; infatti nessuno si muove verso ciò che ritiene impossibile raggiungere. E in base a questo la speranza differisce dalla disperazione, cioè in base alla distinzione tra possibile e impossibile.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se la speranza risieda nelle facoltà conoscitive, o in quelle dell'appetito


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 2

[35240] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod spes pertineat ad vim cognitivam. Spes enim videtur esse expectatio quaedam, dicit enim apostolus, Rom. VIII, si autem quod non videmus speramus, per patientiam expectamus. Sed expectatio videtur ad vim cognitivam pertinere, cuius est exspectare. Ergo spes ad cognitivam pertinet.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 2

[35240] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la speranza appartenga a una facoltà conoscitiva. Infatti:
1. La speranza è un'aspettativa, stando alle parole dell'Apostolo: "Ma se speriamo quello che non vediamo, allora aspettiamo con pazienza". Ora, l'aspettativa appartiene alla conoscenza, che ha l'ufficio di exspectare [guardare]. Dunque la speranza risiede nella parte conoscitiva.

[35241] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 2
Praeterea, idem est, ut videtur, spes quod fiducia, unde et sperantes confidentes vocamus, quasi pro eodem utentes eo quod est confidere et sperare. Sed fiducia, sicut et fides, videtur ad vim cognitivam pertinere. Ergo et spes.

 

[35241] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 2
2. La speranza sembra identificarsi con la fiducia: infatti di coloro che sperano diciamo che confidano, usando così promiscuamente confidare e sperare. Ma la fiducia, come la fede, appartiene alla facoltà conoscitiva. Dunque anche la speranza.

[35242] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 3
Praeterea, certitudo est proprietas cognitivae virtutis. Sed certitudo attribuitur spei. Ergo spes ad vim cognitivam pertinet.

 

[35242] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 3
3. La certezza è una proprietà delle facoltà conoscitive. Ma la certezza viene attribuita alla speranza. Dunque la speranza appartiene alle facoltà conoscitive.

[35243] Iª-IIae q. 40 a. 2 s. c.
Sed contra, spes est de bono, sicut dictum est. Bonum autem, inquantum huiusmodi, non est obiectum cognitivae, sed appetitivae virtutis. Ergo spes non pertinet ad cognitivam, sed ad appetitivam virtutem.

 

[35243] Iª-IIae q. 40 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: La speranza, come abbiamo detto, ha per oggetto il bene. Ora, il bene come tale non è oggetto delle facoltà conoscitive, ma di quelle appetitive. Dunque la speranza appartiene a queste ultime.

[35244] Iª-IIae q. 40 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, cum spes importet extensionem quandam appetitus in bonum, manifeste pertinet ad appetitivam virtutem, motus enim ad res pertinet proprie ad appetitum. Actio vero virtutis cognitivae perficitur non secundum motum cognoscentis ad res, sed potius secundum quod res cognitae sunt in cognoscente. Sed quia vis cognitiva movet appetitivam, repraesentando ei suum obiectum; secundum diversas rationes obiecti apprehensi, subsequuntur diversi motus in vi appetitiva. Alius enim motus sequitur in appetitu ex apprehensione boni, et alius ex apprehensione mali, et similiter alius motus ex apprehensione praesentis et futuri, absoluti et ardui, possibilis et impossibilis. Et secundum hoc, spes est motus appetitivae virtutis consequens apprehensionem boni futuri ardui possibilis adipisci, scilicet extensio appetitus in huiusmodi obiectum.

 

[35244] Iª-IIae q. 40 a. 2 co.
RISPONDO: La speranza implica una tendenza dell'appetito verso il bene, perciò appartiene manifestamente a una facoltà appetitiva: infatti il moto verso le cose è proprio dell'appetito. Invece l'atto delle facoltà conoscitive non si compie quale moto del conoscente verso le cose, ma piuttosto come presenza delle cose nel conoscente.
Siccome però le facoltà conoscitive muovono quelle appetitive, presentando loro l'oggetto, secondo le diverse caratteristiche dell'oggetto conosciuto seguono moti diversi nella parte appetitiva. Difatti il moto dell'appetito, che accompagna la percezione del bene, è diverso da quello che accompagna la percezione del male: così pure diverso è il moto dell'appetito in seguito alle varie percezioni del bene presente o futuro, ordinario o arduo, possibile o impossibile. Ecco quindi che la speranza è un moto della facoltà appetitiva, derivante dalla percezione di un bene futuro, arduo e raggiungibile, è cioè la tendenza dell'appetito verso codesto oggetto.

[35245] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, quia spes respicit ad bonum possibile, insurgit dupliciter homini motus spei, sicut dupliciter est ei aliquid possibile, scilicet secundum propriam virtutem, et secundum virtutem alterius. Quod ergo aliquis sperat per propriam virtutem adipisci, non dicitur expectare, sed sperare tantum. Sed proprie dicitur expectare quod sperat ex auxilio virtutis alienae, ut dicatur exspectare quasi ex alio spectare, inquantum scilicet vis apprehensiva praecedens non solum respicit ad bonum quod intendit adipisci, sed etiam ad illud cuius virtute adipisci sperat; secundum illud Eccli. li, respiciens eram ad adiutorium hominum. Motus ergo spei quandoque dicitur expectatio, propter inspectionem virtutis cognitivae praecedentem.

 

[35245] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Essendo oggetto della speranza il bene possibile [o raggiungibile], in due maniere può sorgere il moto della speranza, come in due maniere una cosa può essere raggiungibile: per virtù propria, o in forza di altri. Ora, quando uno spera di raggiungere una cosa con la propria virtù, non si parla di aspettativa bensì di sola speranza. Ma si dice propriamente che si aspetta quello che uno spera dall'aiuto altrui: cosicché exspectare equivale a ex alio spectare [guardare dal lato di un altro]; poiché la facoltà conoscitiva che precede non soltanto guarda al bene che intende raggiungere, ma anche a colui sulla cui virtù fa affidamento, secondo l'espressione dell'Ecclesiastico: "Guardavo verso un soccorso umano". Concludendo, il moto della speranza si chiama talora aspettativa, per il riguardare della facoltà conoscitiva che lo precede.

[35246] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod illud quod homo desiderat, et aestimat se posse adipisci, credit se adepturum, et ex tali fide in cognitiva praecedente, motus sequens in appetitu fiducia nominatur. Denominatur enim motus appetitivus a cognitione praecedente, sicut effectus ex causa magis nota, magis enim cognoscit vis apprehensiva suum actum quam actum appetitivae.

 

[35246] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 2
2. L'uomo crede che potrà conseguire ciò che desidera e pensa di raggiungere: e per tale fede, che lo precede nella facoltà conoscitiva, il moto seguente dell'appetito è chiamato fiducia. Infatti il moto appetitivo viene denominato dalla conoscenza precedente, perché si usa denominare gli effetti dalle loro cause, quando queste sono meglio conosciute: ed è chiaro che la facoltà conoscitiva conosce meglio il proprio atto che quello delle facoltà appetitive.

[35247] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod certitudo attribuitur motui non solum appetitus sensitivi, sed etiam appetitus naturalis, sicut dicitur quod lapis certitudinaliter tendit deorsum. Et hoc propter infallibilitatem quam habet ex certitudine cognitionis quae praecedit motum appetitus sensitivi, vel etiam naturalis.

 

[35247] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 3
3. La certezza non solo è attribuita ai moti dell'appetito sensitivo, ma anche all'appetito naturale: infatti si dice che una pietra con certezza tende al basso. E questo per l'infallibilità annessa alla certezza della conoscenza, la quale precede il moto dell'appetito sensitivo, o di quello naturale.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se la speranza si trovi anche negli animali bruti


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 3

[35248] Iª-IIae q. 40 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod in brutis animalibus non sit spes. Spes enim est de futuro bono, ut Damascenus dicit. Sed cognoscere futurum non pertinet ad animalia bruta, quae habent solum cognitionem sensitivam, quae non est futurorum. Ergo spes non est in brutis animalibus.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 3

[35248] Iª-IIae q. 40 a. 3 arg. 1
SEMBRA che negli ammali bruti non ci sia la speranza. Infatti:
1. La speranza, come dice il Damasceno, ha per oggetto il bene futuro. Ora, gli animali, avendo la sola conoscenza sensitiva che esclude le cose future, non possono conoscere il futuro. Dunque la speranza non si trova negli animali.

[35249] Iª-IIae q. 40 a. 3 arg. 2
Praeterea, obiectum spei est bonum possibile adipisci. Sed possibile et impossibile sunt quaedam differentiae veri et falsi, quae solum sunt in mente, ut philosophus dicit in VI Metaphys. Ergo spes non est in brutis animalibus, in quibus non est mens.

 

[35249] Iª-IIae q. 40 a. 3 arg. 2
2. Oggetto della speranza è il bene possibile a raggiungersi. Ora, possibile e impossibile sono differenze del vero e del falso, i quali non possono trovarsi che nell'intelligenza, come insegna Aristotele. Dunque, la speranza non può essere negli animali, che sono privi dell'intelligenza.

[35250] Iª-IIae q. 40 a. 3 arg. 3
Praeterea, Augustinus dicit, super Gen. ad Litt., quod animalia moventur visis. Sed spes non est de eo quod videtur, nam quod videt quis, quid sperat? Ut dicitur Rom. VIII. Ergo spes non est in brutis animalibus.

 

[35250] Iª-IIae q. 40 a. 3 arg. 3
3. S. Agostino scrive che gli animali "sono mossi da ciò che vedono". Ma la speranza ha per oggetto ciò che non si vede; dice infatti S. Paolo: "...perché chi già vede una cosa, che spera più?". Quindi la speranza non si trova negli animali bruti.

[35251] Iª-IIae q. 40 a. 3 s. c.
Sed contra, spes est passio irascibilis. Sed in brutis animalibus est irascibilis. Ergo et spes.

 

[35251] Iª-IIae q. 40 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: La speranza è una passione dell'irascibile. Ma negli animali bruti c’è l'irascibile. Dunque anche la speranza.

[35252] Iª-IIae q. 40 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod interiores passiones animalium ex exterioribus motibus deprehendi possunt. Ex quibus apparet quod in animalibus brutis est spes. Si enim canis videat leporem, aut accipiter avem, nimis distantem, non movetur ad ipsam, quasi non sperans se eam posse adipisci, si autem sit in propinquo, movetur, quasi sub spe adipiscendi. Ut enim supra dictum est, appetitus sensitivus brutorum animalium, et etiam appetitus naturalis rerum insensibilium, sequuntur apprehensionem alicuius intellectus, sicut et appetitus naturae intellectivae, qui dicitur voluntas. Sed in hoc est differentia, quod voluntas movetur ex apprehensione intellectus coniuncti, sed motus appetitus naturalis sequitur apprehensionem intellectus separati, qui naturam instituit; et similiter appetitus sensitivus brutorum animalium, quae etiam quodam instinctu naturali agunt. Unde in operibus brutorum animalium, et aliarum rerum naturalium, apparet similis processus sicut et in operibus artis. Et per hunc modum in animalibus brutis est spes et desperatio.

 

[35252] Iª-IIae q. 40 a. 3 co.
RISPONDO: Le interne passioni degli animali si possono rilevare dal loro esterno comportamento. Da questo appare evidente che negli animali bruti c’è la speranza. Infatti se il cane vede una lepre, o l'avvoltoio un uccello, troppo distante, non si muove verso la preda, quasi disperando di poterlo raggiungere; si muove invece se è vicina, quasi nella speranza di raggiungerla. Infatti, come abbiamo detto sopra, l'appetito sensitivo dei bruti, e persino l'appetito naturale degli esseri privi di senso, seguono la conoscenza di un intelletto, come fa l'appetito della natura intellettiva, cioè come la volontà. Ma la differenza sta in questo che la volontà si muove in seguito alla conoscenza di un intelletto proprio; mentre il moto dell'appetito naturale segue la conoscenza dell'intelletto separato, che ha creato la natura; questa è pure la condizione dell'appetito sensitivo degli animali portati anch'essi da un istinto naturale. Ecco perché nell'operare degli animali e degli altri esseri corporei si notano dei procedimenti analoghi a quelli della tecnica umana. Ed è in questo senso che negli animali si trovano la speranza e la disperazione.

[35253] Iª-IIae q. 40 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, quamvis bruta animalia non cognoscant futurum, tamen ex instinctu naturali movetur animal ad aliquid in futurum, ac si futurum praevideret. Huiusmodi enim instinctus est eis inditus ab intellectu divino praevidente futura.

 

[35253] Iª-IIae q. 40 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene gli animali non conoscano il futuro, tuttavia, in forza dell'istinto naturale, si muovono verso di esso, come se lo prevedessero. Poiché codesto istinto è stato posto in essi dall'intelletto di Dio, che prevede il futuro.

[35254] Iª-IIae q. 40 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod obiectum spei non est possibile, prout est quaedam differentia veri, sic enim consequitur habitudinem praedicati ad subiectum. Sed obiectum spei est possibile quod dicitur secundum aliquam potentiam. Sic enim distinguitur possibile in V Metaphys., scilicet in duo possibilia praedicta.

 

[35254] Iª-IIae q. 40 a. 3 ad 2
2. Il possibile, che è oggetto della speranza, non è il possibile che suddivide il vero, e che qualifica il rapporto tra oggetto e predicato. Invece l'oggetto della speranza è il possibile che è tale rispetto a una data potenza. Di questa distinzione parla pure Aristotele nel libro 5 della Metafisica.

[35255] Iª-IIae q. 40 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod, licet id quod est futurum, non cadat sub visu; tamen ex his quae videt animal in praesenti, movetur eius appetitus in aliquod futurum vel prosequendum vel vitandum.

 

[35255] Iª-IIae q. 40 a. 3 ad 3
3. Sebbene non si possa vedere il futuro, tuttavia ciò che l'animale vede al presente può sollecitare l'appetito a perseguire o a fuggire una cosa futura.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se la disperazione sia il contrario della speranza


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 4

[35256] Iª-IIae q. 40 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod desperatio non sit contraria spei. Uni enim unum est contrarium, ut dicitur in X Metaphys. Sed spei contrariatur timor. Non ergo contrariatur ei desperatio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 4

[35256] Iª-IIae q. 40 a. 4 arg. 1
SEMBRA che la disperazione non sia contraria alla speranza. Infatti:
1. Scrive Aristotele che "per ciascuna cosa c'è un solo contrario". Ma il timore è il contrario della speranza. Perciò quest'ultima non ha come contrario la disperazione.

[35257] Iª-IIae q. 40 a. 4 arg. 2
Praeterea, contraria videntur esse circa idem. Sed spes et desperatio non sunt circa idem, nam spes respicit bonum, desperatio autem est propter aliquod malum impeditivum adeptionis boni. Ergo spes non contrariatur desperationi.

 

[35257] Iª-IIae q. 40 a. 4 arg. 2
2. I contrari riguardano una stessa cosa. Ora, la speranza e la disperazione non riguardano la stessa cosa: infatti la speranza riguarda il bene, la disperazione, invece, nasce dagli ostacoli che impediscono di raggiungere il bene. Dunque la disperazione non è il contrario della speranza.

[35258] Iª-IIae q. 40 a. 4 arg. 3
Praeterea, motui contrariatur motus, quies vero opponitur motui ut privatio. Sed desperatio magis videtur importare immobilitatem quam motum. Ergo non contrariatur spei, quae importat motum extensionis in bonum speratum.

 

[35258] Iª-IIae q. 40 a. 4 arg. 3
3. Il contrario di un moto è un altro moto: la quiete invece si oppone al moto come privazione. Ora, la disperazione implica più immobilità che movimento. Dunque non è il contrario della speranza, la quale implica una vera tendenza verso il bene sperato.

[35259] Iª-IIae q. 40 a. 4 s. c.
Sed contra est quod desperatio nominatur per contrarium spei.

 

[35259] Iª-IIae q. 40 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: La disperazione per lo stesso suo nome è il contrario della speranza.

[35260] Iª-IIae q. 40 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, in mutationibus invenitur duplex contrarietas. Una secundum accessum ad contrarios terminos, et talis contrarietas sola invenitur in passionibus concupiscibilis, sicut amor et odium contrariantur. Alio modo, per accessum et per recessum respectu eiusdem termini, et talis contrarietas invenitur in passionibus irascibilis, sicut supra dictum est. Obiectum autem spei, quod est bonum arduum, habet quidem rationem attractivi, prout consideratur cum possibilitate adipiscendi, et sic tendit in ipsum spes, quae importat quendam accessum. Sed secundum quod consideratur cum impossibilitate obtinendi, habet rationem repulsivi, quia, ut dicitur in III Ethic., cum ventum fuerit ad aliquid impossibile, tunc homines discedunt. Et sic respicit hoc obiectum desperatio. Unde importat motum cuiusdam recessus. Et propter hoc, contrariatur spei sicut recessus accessui.

 

[35260] Iª-IIae q. 40 a. 4 co.
RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, tra i moti si riscontrano due tipi di contrarietà. Il primo fondato sulla propensione verso termini contrari: ed è questa la sola contrarietà che si riscontra tra le passioni del concupiscibile, quali, p. es., l'amore, e l'odio.
Il secondo fondato sulla propensione e sulla ripulsa rispetto al medesimo termine: tale è la contrarietà che si riscontra nelle passioni dell'irascibile. Ora, l'oggetto della speranza, che è il bene arduo, si presenta attraente in quanto viene considerato raggiungibile: e per questo lato la speranza, che implica una certa propensione, tende verso di esso. Ma in quanto viene considerato irraggiungibile si presenta come ripulsivo: poiché, a dire d'Aristotele, "quando si arriva a qualche cosa di impossibile, gli uomini si ritirano". E da questo lato vede l'oggetto la disperazione. Perciò questa implica un moto di ripulsa. E quindi, quale contrario, sta alla speranza come la ripulsa sta alla propensione.

[35261] Iª-IIae q. 40 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod timor contrariatur spei secundum contrarietatem obiectorum, scilicet boni et mali, haec enim contrarietas invenitur in passionibus irascibilis, secundum quod derivantur a passionibus concupiscibilis. Sed desperatio contrariatur ei solum secundum contrarietatem accessus et recessus.

 

[35261] Iª-IIae q. 40 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il timore è il contrario della speranza in base alla contrarietà dei loro oggetti, cioè del bene e del male: tale contrarietà si riscontra nelle passioni dell'irascibile, per derivazione dalle passioni del concupiscibile. Invece la disperazione è contraria alla speranza solo in base alla contrarietà esistente tra propensione e ripulsa.

[35262] Iª-IIae q. 40 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod desperatio non respicit malum sub ratione mali, sed per accidens quandoque respicit malum, inquantum facit impossibilitatem adipiscendi. Potest autem esse desperatio ex solo superexcessu boni.

 

[35262] Iª-IIae q. 40 a. 4 ad 2
2. La disperazione non riguarda il male in quanto tale: però talora lo riguarda accidentalmente, in quanto esso rende impossibile il conseguimento di una cosa. Ma la disperazione può dipendere dalla sola irraggiungibilità del bene.

[35263] Iª-IIae q. 40 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod desperatio non importat solam privationem spei; sed importat quendam recessum a re desiderata, propter aestimatam impossibilitatem adipiscendi. Unde desperatio praesupponit desiderium, sicut et spes, de eo enim quod sub desiderio nostro non cadit, neque spem neque desperationem habemus. Et propter hoc etiam, utrumque eorum est de bono, quod sub desiderio cadit.

 

[35263] Iª-IIae q. 40 a. 4 ad 3
3. La disperazione non è semplice privazione di speranza; ma implica un recedere dalla cosa desiderata, per la creduta impossibilità di raggiungerla. Difatti la disperazione, come la speranza, presuppone il desiderio: poiché noi non abbiamo né speranza né disperazione per le cose che non desideriamo. Perciò sia l'una che l'altra riguardano il bene, che è oggetto di desiderio.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se l'esperienza possa causare la speranza


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 5

[35264] Iª-IIae q. 40 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod experientia non sit causa spei. Experientia enim ad vim cognitivam pertinet, unde philosophus dicit, in II Ethic., quod virtus intellectualis indiget experimento et tempore. Spes autem non est in vi cognitiva, sed in appetitiva, ut dictum est. Ergo experientia non est causa spei.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 5

[35264] Iª-IIae q. 40 a. 5 arg. 1
SEMBRA che l'esperienza non possa causare la speranza. Infatti:
1. L'esperienza appartiene alle facoltà conoscitive: poiché, come Aristotele insegna, "la virtù intellettuale ha bisogno di esperimento e di tempo". Ma la speranza, come abbiamo visto, risiede non in una facoltà conoscitiva, bensì appetitiva. Dunque l'esperienza non è causa della speranza.

[35265] Iª-IIae q. 40 a. 5 arg. 2
Praeterea, philosophus dicit, in II Rhetoric., quod senes sunt difficilis spei, propter experientiam, ex quo videtur quod experientia sit causa defectus spei. Sed non est idem causa oppositorum. Ergo experientia non est causa spei.

 

[35265] Iª-IIae q. 40 a. 5 arg. 2
2. Il Filosofo scrive, che "i vecchi hanno una speranza stentata a motivo dell'esperienza": dal che si dimostra, che l'esperienza produce un difetto di speranza. Ora, uno stesso principio non può essere causa di cose contrarie. Dunque l'esperienza non è causa di speranza.

[35266] Iª-IIae q. 40 a. 5 arg. 3
Praeterea, philosophus dicit, in II de caelo, quod de omnibus enuntiare aliquid, et nihil praetermittere, quandoque est signum stultitiae. Sed quod homo tentet omnia, ad magnitudinem spei pertinere videtur, stultitia autem provenit ex inexperientia. Ergo inexperientia videtur esse magis causa spei quam experientia.

 

[35266] Iª-IIae q. 40 a. 5 arg. 3
3. Il Filosofo insegna, che "pronunziarsi su tutto senza eccezioni, talora è segno di stoltezza". Ma è proprio di una grande speranza tentare ogni cosa: mentre la stoltezza nasce dall'inesperienza. Perciò è più causa di speranza l'inesperienza che l'esperienza.

[35267] Iª-IIae q. 40 a. 5 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III Ethic., quod aliqui sunt bonae spei, propter multoties et multos vicisse, quod ad experientiam pertinet. Ergo experientia est causa spei.

 

[35267] Iª-IIae q. 40 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: Nota il Filosofo, che "alcuni hanno buona speranza, per aver vinto spesso, e molti avversari": e questo appartiene all'esperienza. Dunque l'esperienza è causa della speranza.

[35268] Iª-IIae q. 40 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, spei obiectum est bonum futurum arduum possibile adipisci. Potest ergo aliquid esse causa spei, vel quia facit homini aliquid esse possibile, vel quia facit eum existimare aliquid esse possibile. Primo modo est causa spei omne illud quod auget potestatem hominis, sicut divitiae, fortitudo, et, inter cetera, etiam experientia, nam per experientiam homo acquirit facultatem aliquid de facili faciendi, et ex hoc sequitur spes. Unde Vegetius dicit, in libro de re militari, nemo facere metuit quod se bene didicisse confidit. Alio modo est causa spei omne illud quod facit alicui existimationem quod aliquid sit sibi possibile. Et hoc modo et doctrina, et persuasio quaelibet potest esse causa spei. Et sic etiam experientia est causa spei, inquantum scilicet per experientiam fit homini existimatio quod aliquid sit sibi possibile, quod impossibile ante experientiam reputabat. Sed per hunc modum experientia potest etiam esse causa defectus spei. Quia sicut per experientiam fit homini existimatio quod aliquid sibi sit possibile, quod reputabat impossibile; ita e converso per experientiam fit homini existimatio quod aliquid non sit sibi possibile, quod possibile existimabat. Sic ergo experientia est causa spei duobus modis, causa autem defectus spei, uno modo. Et propter hoc, magis dicere possumus eam esse causam spei.

 

[35268] Iª-IIae q. 40 a. 5 co.
RISPONDO: Abbiamo già detto che oggetto della speranza è il bene futuro, arduo e raggiungibile. Perciò una cosa può causare la speranza, o perché rende possibile all'uomo una meta da raggiungere; oppure perché gliela fa credere raggiungibile. Causa la speranza nel primo modo quanto accresce il potere umano, vale a dire le ricchezze, la potenza, e tra l'altro anche l'esperienza: infatti mediante l'esperienza l'uomo acquista la capacità di compiere agevolmente una data cosa, e di qui nasce la speranza. Perciò Vegezio ha scritto: "nessuno ha paura di fare quello che crede di aver bene imparato".
Causa la speranza nella seconda maniera quanto serve a far nascere la persuasione che una data cosa è raggiungibile. Può così causare la speranza, sia il sapere, che una qualsiasi esortazione. E anche l'esperienza può causare in questo modo la speranza: poiché mediante l'esperienza si forma in un uomo la persuasione che per lui è possibile una data cosa, ritenuta impossibile prima dell'esperienza. - Ma da questo lato l'esperienza può anche produrre un difetto di speranza. Poiché, come l'esperienza fa nascere in un uomo la persuasione di poter raggiungere una cosa, che prima riteneva irraggiungibile; così può far nascere la convinzione opposta, rispetto a ciò che prima si riteneva raggiungibile.
Perciò l'esperienza in due modi può causare la speranza: mentre in un modo solo può causarne il difetto. E quindi possiamo dire che è piuttosto causa di speranza.

[35269] Iª-IIae q. 40 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod experientia in operabilibus non solum causat scientiam; sed etiam causat quendam habitum, propter consuetudinem, qui facit operationem faciliorem. Sed et ipsa virtus intellectualis facit ad potestatem facile operandi, demonstrat enim aliquid esse possibile. Et sic causat spem.

 

[35269] Iª-IIae q. 40 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In campo operativo l'esperienza non causa solo la scienza, ma anche l'abito, in forza della consuetudine che rende più facile l'operazione. Anzi persino le virtù intellettuali accrescono la capacità di operare facilmente: infatti esse dimostrano che una cosa è possibile. E per questo vanno incluse tra le cause della speranza.

[35270] Iª-IIae q. 40 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod in senibus est defectus spei propter experientiam, inquantum experientia facit existimationem impossibilis. Unde ibidem subditur quod eis multa evenerunt in deterius.

 

[35270] Iª-IIae q. 40 a. 5 ad 2
2. Nei vecchi l'esperienza produce un difetto di speranza, causando la persuasione che molti beni sono irraggiungibili. Perciò Aristotele aggiunge, che ad essi "molte cose sono capitate a rovescio".

[35271] Iª-IIae q. 40 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod stultitia et inexperientia possunt esse causa spei quasi per accidens, removendo scilicet scientiam per quam vere existimatur aliquid esse non possibile. Unde ea ratione inexperientia est causa spei, qua experientia est causa defectus spei.

 

[35271] Iª-IIae q. 40 a. 5 ad 3
3. La stoltezza e l'inesperienza possono esser causa quasi accidentale della speranza, in quanto tolgono la scienza da cui potrebbe nascere la convinzione che una data cosa è impossibile. Perciò l'inesperienza causa la speranza, nella misura in cui l'esperienza ne causa la mancanza.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se la speranza abbondi nei giovani e negli ubriachi


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 6

[35272] Iª-IIae q. 40 a. 6 arg. 1
Ad sextum sic proceditur. Videtur quod iuventus et ebrietas non sint causa spei. Spes enim importat quandam certitudinem et firmitatem, unde ad Heb. VI, spes comparatur ancorae. Sed iuvenes et ebrii deficiunt a firmitate, habent enim animum de facili mutabilem. Ergo iuventus et ebrietas non est causa spei.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 6

[35272] Iª-IIae q. 40 a. 6 arg. 1
SEMBRA che la giovinezza e l'ubriachezza non siano cause della speranza. Infatti:
1. La speranza implica in qualche modo certezza e fermezza: difatti S. Paolo la paragona a un'ancora. Ora, i giovani e gli ubriachi mancano di fermezza: infatti il loro animo è assai mutevole. Dunque la giovinezza e l'ubriachezza non causano la speranza.

[35273] Iª-IIae q. 40 a. 6 arg. 2
Praeterea, ea quae augent potestatem, maxime sunt causa spei, ut supra dictum est. Sed iuventus et ebrietas quandam infirmitatem habent adiunctam. Ergo non sunt causa spei.

 

[35273] Iª-IIae q. 40 a. 6 arg. 2
2. Tra le cause principali della speranza ci sono, come abbiamo detto, le cose che aumentano il potere. Ora, la giovinezza e l'ubriachezza sono accompagnate da una certa debolezza. Dunque non sono tra le cause della speranza.

[35274] Iª-IIae q. 40 a. 6 arg. 3
Praeterea, experientia est causa spei, ut dictum est. Sed iuvenibus experientia deficit. Ergo iuventus non est causa spei.

 

[35274] Iª-IIae q. 40 a. 6 arg. 3
3. Abbiamo visto che l'esperienza causa la speranza. Ora, ai giovani manca l'esperienza. Dunque la giovinezza non è causa della speranza.

[35275] Iª-IIae q. 40 a. 6 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III Ethic., quod inebriati sunt bene sperantes. Et in II Rhetoric. dicitur quod iuvenes sunt bonae spei.

 

[35275] Iª-IIae q. 40 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: Nell'Etica il Filosofo scrive, che "gli ubriachi sono pieni di speranza". E nella Retorica aggiunge, che "i giovani hanno buona speranza".

[35276] Iª-IIae q. 40 a. 6 co.
Respondeo dicendum quod iuventus est causa spei propter tria, ut philosophus dicit in II Rhetoric. Et haec tria possunt accipi secundum tres conditiones boni quod est obiectum spei, quod est futurum, et arduum, et possibile, ut dictum est. Iuvenes enim multum habent de futuro, et parum de praeterito. Et ideo, quia memoria est praeteriti, spes autem futuri; parum habent de memoria, sed multum vivunt in spe. Iuvenes etiam, propter caliditatem naturae, habent multos spiritus, et ita in eis cor ampliatur. Ex amplitudine autem cordis est quod aliquis ad ardua tendat. Et ideo iuvenes sunt animosi et bonae spei. Similiter etiam illi qui non sunt passi repulsam, nec experti impedimenta in suis conatibus, de facili reputant aliquid sibi possibile. Unde et iuvenes, propter inexperientiam impedimentorum et defectuum, de facili reputant aliquid sibi possibile. Et ideo sunt bonae spei. Duo etiam istorum sunt in ebriis, scilicet caliditas et multiplicatio spirituum, propter vinum; et iterum inconsideratio periculorum vel defectuum. Et propter eandem rationem etiam omnes stulti, et deliberatione non utentes, omnia tentant, et sunt bonae spei.

 

[35276] Iª-IIae q. 40 a. 6 co.
RISPONDO: Aristotele insegna che la giovinezza causa la speranza per tre motivi. Tre motivi che possono ridursi alle tre condizioni del bene che è oggetto della speranza: il quale è appunto futuro arduo e raggiungibile, come abbiamo detto. Infatti i giovani hanno molto avvenire e poco passato. Perciò, essendo il passato oggetto di ricordo, e l'avvenire, o futuro, oggetto di speranza, i giovani hanno pochi ricordi, e vivono molto di speranza. - Inoltre i giovani hanno molti spiriti vitali, per il calore naturale: quindi il loro cuore è dilatato. E dalla dilatazione del cuore dipende la tendenza verso le cose ardue. Perciò i giovani sono animosi e hanno buona speranza. - Di più, quelli che non hanno subito rovesci, e non hanno sperimentato ostacoli ai loro sforzi, facilmente si persuadono che una data cosa sia loro possibile. Perciò i giovani, per non aver sperimentato ostacoli e debolezze, sono in codesta disposizione. E quindi hanno buona speranza.
Due di codeste condizioni si riscontrano anche negli ubriachi; cioè il calore con l'abbondanza degli spiriti vitali prodotti dal vino; e l'inconsiderazione dei pericoli, e delle proprie debolezze. - Per lo stesso motivo hanno forte speranza e tentano ogni cosa gli stolti, e tutti coloro che agiscono senza deliberazione.

[35277] Iª-IIae q. 40 a. 6 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod in iuvenibus et in ebriis licet non sit firmitas secundum rei veritatem, est tamen in eis secundum eorum aestimationem, reputant enim se firmiter assecuturos illud quod sperant.

 

[35277] Iª-IIae q. 40 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene nei giovani e negli ubriachi la fermezza non ci sia realmente, c’è però secondo la loro persuasione: infatti essi pensano di poter raggiungere con fermezza quello che sperano.

[35278] Iª-IIae q. 40 a. 6 ad 2
Et similiter dicendum ad secundum, quod iuvenes et ebrii habent quidem infirmitatem secundum rei veritatem, sed secundum eorum existimationem, habent potestatem; quia suos defectus non cognoscunt.

 

[35278] Iª-IIae q. 40 a. 6 ad 2
2. I giovani e gli ubriachi realmente hanno una certa debolezza: ma secondo la loro persuasione, non conoscendo i propri limiti, hanno [solo] delle capacità.

[35279] Iª-IIae q. 40 a. 6 ad 3
Ad tertium dicendum quod non solum experientia, sed etiam inexperientia est quodammodo causa spei, ut dictum est.

 

[35279] Iª-IIae q. 40 a. 6 ad 3
3. Come abbiamo già notato, non solo l'esperienza, ma anche l’inesperienza è in qualche modo causa di speranza.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se la speranza causi l'amore


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 7

[35280] Iª-IIae q. 40 a. 7 arg. 1
Ad septimum sic proceditur. Videtur quod spes non sit causa amoris. Quia secundum Augustinum, XIV de Civ. Dei, prima affectionum animae est amor. Sed spes est quaedam affectio animae. Amor ergo praecedit spem. Non ergo spes causat amorem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 7

[35280] Iª-IIae q. 40 a. 7 arg. 1
SEMBRA che la speranza non causi l'amore. Infatti:
1. S. Agostino insegna che il primo affetto dell'animo è l'amore. Ora, la speranza è un affetto dell'anima. Dunque l'amore precede la speranza. Quindi la speranza non causa l'amore.

[35281] Iª-IIae q. 40 a. 7 arg. 2
Praeterea, desiderium praecedit spem. Sed desiderium causatur ex amore, ut dictum est. Ergo etiam spes sequitur amorem. Non ergo causat ipsum.

 

[35281] Iª-IIae q. 40 a. 7 arg. 2
2. Il desiderio precede la speranza. Ma il desiderio, come abbiamo visto è causato dall'amore. Perciò anche la speranza segue l'amore. Dunque non può causarlo.

[35282] Iª-IIae q. 40 a. 7 arg. 3
Praeterea, spes causat delectationem, ut supra dictum est. Sed delectatio non est nisi de bono amato. Ergo amor praecedit spem.

 

[35282] Iª-IIae q. 40 a. 7 arg. 3
3. La speranza causa il piacere, come abbiamo detto. Ma il piacere ha per oggetto il bene amato. Dunque l'amore precede la speranza.

[35283] Iª-IIae q. 40 a. 7 s. c.
Sed contra est quod Matth. I, super illud, Abraham genuit Isaac, Isaac autem genuit Iacob, dicit Glossa, idest, fides spem, spes caritatem. Caritas autem est amor. Ergo amor causatur a spe.

 

[35283] Iª-IIae q. 40 a. 7 s. c.
IN CONTRARIO: Commentando quel testo evangelico, "Abramo generò Isacco, Isacco poi generò Giacobbe", la Glossa spiega: "cioè la fede generò la speranza e la speranza la carità". Ora, la carità è amore. Dunque l'amore è causato dalla speranza.

[35284] Iª-IIae q. 40 a. 7 co.
Respondeo dicendum quod spes duo respicere potest. Respicit enim sicut obiectum, bonum speratum. Sed quia bonum speratum est arduum possibile; aliquando autem fit aliquod arduum possibile nobis, non per nos, sed per alios; ideo spes etiam respicit illud per quod fit nobis aliquid possibile. Inquantum igitur spes respicit bonum speratum, spes ex amore causatur, non enim est spes nisi de bono desiderato et amato. Inquantum vero spes respicit illum per quem fit aliquid nobis possibile, sic amor causatur ex spe, et non e converso. Ex hoc enim quod per aliquem speramus nobis posse provenire bona, movemur in ipsum sicut in bonum nostrum, et sic incipimus ipsum amare. Ex hoc autem quod amamus aliquem, non speramus de eo, nisi per accidens, inquantum scilicet credimus nos redamari ab ipso. Unde amari ab aliquo facit nos sperare de eo, sed amor eius causatur ex spe quam de eo habemus.

 

[35284] Iª-IIae q. 40 a. 7 co.
RISPONDO: La speranza può aver di mira due cose. Infatti ha di mira come oggetto il bene sperato. Ma poiché il bene sperato è l'arduo raggiungibile, che però qualche volta è raggiungibile da noi non con i nostri mezzi, bensì con quelli altrui, la speranza ha di mira anche colui che ce lo fa raggiungere.
Perciò, in quanto la speranza ha di mira il bene sperato, è causata dall'amore: infatti non si concepisce una speranza che non sia di un bene amato e desiderato. - Ma in quanto la speranza ha di mira colui che ci rende possibile una cosa, la speranza causa l'amore, e non viceversa. Poiché dal fatto che speriamo da qualcuno il conferimento di un bene, ci moviamo verso di lui come verso un nostro bene: e così cominciamo ad amarlo. Invece per il fatto che amiamo qualcuno, da lui non speriamo; semmai speriamo indirettamente, in quanto crediamo di essere riamati da lui. E quindi, essendo amati da lui, speriamo da lui; ma l'amore che nutriamo per lui è stato causato dalla speranza.

[35285] Iª-IIae q. 40 a. 7 ad arg.
Et per haec patet responsio ad obiecta.

 

[35285] Iª-IIae q. 40 a. 7 ad arg.
Così è evidente anche la risposta alle difficoltà.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se la speranza favorisca od ostacoli la nostra attività


Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 8

[35286] Iª-IIae q. 40 a. 8 arg. 1
Ad octavum sic proceditur. Videtur quod spes non adiuvet operationem, sed magis impediat. Ad spem enim securitas pertinet. Sed securitas parit negligentiam, quae impedit operationem. Ergo spes impedit operationem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 8

[35286] Iª-IIae q. 40 a. 8 arg. 1
SEMBRA che la speranza non favorisca, ma ostacoli piuttosto l'attività. Infatti:
1. La speranza implica la sicurezza. Ma la sicurezza produce la negligenza, che ostacola la nostra attività. Dunque la speranza ostacola la nostra attività.

[35287] Iª-IIae q. 40 a. 8 arg. 2
Praeterea, tristitia impedit operationem, ut supra dictum est. Sed spes quandoque causat tristitiam, dicitur enim Prov. XIII, spes quae differtur, affligit animam. Ergo spes impedit operationem.

 

[35287] Iª-IIae q. 40 a. 8 arg. 2
2. La tristezza è di ostacolo nell'operare, come sopra abbiamo detto. Ma talora la speranza causa la tristezza; infatti sta scritto: "La speranza differita affligge l'animo". Dunque la speranza ostacola la nostra attività.

[35288] Iª-IIae q. 40 a. 8 arg. 3
Praeterea, desperatio contrariatur spei, ut dictum est. Sed desperatio, maxime in rebus bellicis, adiuvat operationem, dicitur enim II Reg. II, quod periculosa res est desperatio. Ergo spes facit contrarium effectum, impediendo scilicet operationem.

 

[35288] Iª-IIae q. 40 a. 8 arg. 3
3. La disperazione, come si è visto, è il contrario della speranza. Ma la disperazione, specialmente in guerra, favorisce l'azione: poiché sta scritto in proposito, che "è cosa pericolosa la disperazione". Dunque la speranza produce l'effetto contrario, cioè ostacola l’azione.

[35289] Iª-IIae q. 40 a. 8 s. c.
Sed contra est quod dicitur I ad Cor. IX, quod qui arat, debet arare in spe fructus percipiendi. Et eadem ratio est in omnibus aliis.

 

[35289] Iª-IIae q. 40 a. 8 s. c.
IN CONTRARIO: S. Paolo ha scritto, che "chi ara deve arare per la speranza di raccogliere il frutto". Lo stesso si dica per ogni altra attività.

[35290] Iª-IIae q. 40 a. 8 co.
Respondeo dicendum quod spes per se habet quod adiuvet operationem, intendendo ipsam. Et hoc ex duobus. Primo quidem, ex ratione sui obiecti, quod est bonum arduum possibile. Existimatio enim ardui excitat attentionem, existimatio vero possibilis non retardat conatum. Unde sequitur quod homo intente operetur propter spem. Secundo vero, ex ratione sui effectus. Spes enim, ut supra dictum est, causat delectationem, quae adiuvat operationem, ut supra dictum est. Unde spes operationem adiuvat.

 

[35290] Iª-IIae q. 40 a. 8 co.
RISPONDO: Di suo la speranza ha la proprietà di favorire l'attività, rendendola più intensa. E questo per due motivi. Primo, a motivo del suo oggetto, che è il bene arduo raggiungibile. Infatti il pensiero della sua arduità tiene desta l'attenzione; e il pensiero della sua raggiungibilità non dà tregua allo sforzo. Quindi ne segue che in forza della speranza l'uomo operi con impegno. - Secondo, a motivo del suo effetto. Infatti, come sopra si è visto, la speranza causa il godimento: e questo favorisce l'attività, come abbiamo già dimostrato. Perciò la speranza favorisce il nostro operare.

[35291] Iª-IIae q. 40 a. 8 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod spes respicit bonum consequendum, securitas autem respicit malum vitandum. Unde securitas magis videtur opponi timori, quam ad spem pertinere. Et tamen securitas non causat negligentiam, nisi inquantum diminuit existimationem ardui, in quo etiam diminuitur ratio spei. Illa enim in quibus homo nullum impedimentum timet, quasi iam non reputantur ardua.

 

[35291] Iª-IIae q. 40 a. 8 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La speranza mira all'oggetto da conseguire: invece la sicurezza ha di mira il male da evitare. Perciò la sicurezza più che appartenere alla speranza, si oppone al timore. - Tuttavia la sicurezza causa la negligenza, solo nella misura in cui diminuisce la persuasione dell'arduità di una cosa: ma allora diminuisce anche la speranza come tale. Infatti l'uomo quasi non considera ardue quelle cose, in cui non teme nessun ostacolo.

[35292] Iª-IIae q. 40 a. 8 ad 2
Ad secundum dicendum quod spes per se causat delectationem, sed per accidens est ut causet tristitiam, ut supra dictum est.

 

[35292] Iª-IIae q. 40 a. 8 ad 2
2. Di suo la speranza causa il godimento; e solo per accidens, come abbiamo visto, può causare la tristezza.

[35293] Iª-IIae q. 40 a. 8 ad 3
Ad tertium dicendum quod desperatio in bello fit periculosa, propter aliquam spem adiunctam. Illi enim qui desperant de fuga, debilitantur in fugiendo, sed sperant mortem suam vindicare. Et ideo ex hac spe acrius pugnant, unde periculosi hostibus fiunt.

 

[35293] Iª-IIae q. 40 a. 8 ad 3
3. In genere la disperazione diviene pericolosa perché implica una qualche speranza. Infatti coloro che disperano nella fuga sono impossibilitati a fuggire, ma sperano di vendicare la propria morte.
E per questa speranza combattono con più accanimento: e quindi diventano più pericolosi al nemico.

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