I-II, 26

Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > L'amore


Prima pars secundae partis
Quaestio 26
Prooemium

[34633] Iª-IIae q. 26 pr.
Consequenter considerandum est de passionibus animae in speciali. Et primo, de passionibus concupiscibilis; secundo, de passionibus irascibilis. Prima consideratio erit tripartita, nam primo considerabimus de amore et odio; secundo, de concupiscentia et fuga tertio, de delectatione et tristitia. Circa amorem consideranda sunt tria, primo, de ipso amore; secundo, de causa amoris; tertio, de effectibus eius. Circa primum quaeruntur quatuor.
Primo, utrum amor sit in concupiscibili.
Secundo, utrum amor sit passio.
Tertio, utrum amor sit idem quod dilectio.
Quarto, utrum amor convenienter dividatur in amorem amicitiae et amorem concupiscentiae.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 26
Proemio

[34633] Iª-IIae q. 26 pr.
Passiamo ora a studiare in particolare le passioni dell'anima: prima le passioni del concupiscibile; e quindi quelle dell'irascibile.
Il primo tema è suddiviso in tre parti: primo, studieremo l'amore e l'odio; secondo, la concupiscenza e la ripugnanza; terzo, il piacere e la tristezza.
Sull'amore tratteremo tre argomenti: primo, l'amore in se stesso; secondo, la sua causa; terzo, i suoi effetti.
Sul primo argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se l'amore sia nel concupiscibile;
2. Se l'amore sia una passione;
3. Se si identifichi con la dilezione;
4. Se sia ben diviso in amore di amicizia e amore di concupiscenza.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > L'amore > Se l'amore sia nel concupiscibile


Prima pars secundae partis
Quaestio 26
Articulus 1

[34634] Iª-IIae q. 26 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod amor non sit in concupiscibili. Dicitur enim Sap. VIII, hanc, scilicet sapientiam, amavi et exquisivi a iuventute mea. Sed concupiscibilis, cum sit pars appetitus sensitivi, non potest tendere in sapientiam, quae non comprehenditur sensu. Ergo amor non est in concupiscibili.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 26
Articolo 1

[34634] Iª-IIae q. 26 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'amore non sia nel concupiscibile. Infatti:
1. Sta scritto: "Questa ho amato", cioè la sapienza, "e ricercato fin dalla gioventù". Ma il concupiscibile, facendo parte dell'appetito sensitivo, non può tendere verso la sapienza, che è superiore al senso. Dunque l'amore non è nel concupiscibile.

[34635] Iª-IIae q. 26 a. 1 arg. 2
Praeterea, amor videtur esse idem cuilibet passioni, dicit enim Augustinus, in XIV de Civ. Dei, amor inhians habere quod amatur, cupiditas est; id autem habens, eoque fruens, laetitia; fugiens quod ei adversatur, timor est; idque si acciderit sentiens, tristitia est. Sed non omnis passio est in concupiscibili; sed timor, etiam hic enumeratus, est in irascibili. Ergo non est simpliciter dicendum quod amor sit in concupiscibili.

 

[34635] Iª-IIae q. 26 a. 1 arg. 2
2. L'amore sembra identificarsi con qualsiasi altra passione; scrive infatti S. Agostino: "L'amore, desiderando possedere ciò che ama, è concupiscenza; possedendolo e godendone, è gioia; fuggendo ciò che lo contraria, è timore; e soffrendolo quando capita, è tristezza". Ora, non tutte le passioni sono nel concupiscibile; il timore, p, es., che è qui ricordato, è nell'irascibile. Perciò non si può affermare senz'altro che l'amore è nel concupiscibile.

[34636] Iª-IIae q. 26 a. 1 arg. 3
Praeterea, Dionysius, in IV cap. de Div. Nom., ponit quendam amorem naturalem. Sed amor naturalis magis videtur pertinere ad vires naturales, quae sunt animae vegetabilis. Ergo amor non simpliciter est in concupiscibili.

 

[34636] Iª-IIae q. 26 a. 1 arg. 3
3. Dionigi parla di un amore naturale (o fisico). Ma l'amore naturale sembra appartenere piuttosto alle facoltà naturali, proprie dell'anima vegetativa. Dunque l'amore, assolutamente parlando, non è nel concupiscibile.

[34637] Iª-IIae q. 26 a. 1 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in II Topic., quod amor est in concupiscibili.

 

[34637] Iª-IIae q. 26 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo afferma che "l'amore è nel concupiscibile".

[34638] Iª-IIae q. 26 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod amor est aliquid ad appetitum pertinens, cum utriusque obiectum sit bonum. Unde secundum differentiam appetitus est differentia amoris. Est enim quidam appetitus non consequens apprehensionem ipsius appetentis, sed alterius, et huiusmodi dicitur appetitus naturalis. Res enim naturales appetunt quod eis convenit secundum suam naturam, non per apprehensionem propriam, sed per apprehensionem instituentis naturam, ut in I libro dictum est. Alius autem est appetitus consequens apprehensionem ipsius appetentis, sed ex necessitate, non ex iudicio libero. Et talis est appetitus sensitivus in brutis, qui tamen in hominibus aliquid libertatis participat, inquantum obedit rationi. Alius autem est appetitus consequens apprehensionem appetentis secundum liberum iudicium. Et talis est appetitus rationalis sive intellectivus, qui dicitur voluntas. In unoquoque autem horum appetituum, amor dicitur illud quod est principium motus tendentis in finem amatum. In appetitu autem naturali, principium huiusmodi motus est connaturalitas appetentis ad id in quod tendit, quae dici potest amor naturalis, sicut ipsa connaturalitas corporis gravis ad locum medium est per gravitatem, et potest dici amor naturalis. Et similiter coaptatio appetitus sensitivi, vel voluntatis, ad aliquod bonum, idest ipsa complacentia boni, dicitur amor sensitivus, vel intellectivus seu rationalis. Amor igitur sensitivus est in appetitu sensitivo, sicut amor intellectivus in appetitu intellectivo. Et pertinet ad concupiscibilem, quia dicitur per respectum ad bonum absolute, non per respectum ad arduum, quod est obiectum irascibilis.

 

[34638] Iª-IIae q. 26 a. 1 co.
RISPONDO: L'amore è cosa che interessa la facoltà appetitiva; poiché il bene è oggetto e dell'uno e dell'altra. Perciò, secondo le differenti tendenze appetitive, abbiamo differenti amori. C'è infatti un appetito che non deriva dalla conoscenza del soggetto appetente, ma da quella di un altro: ed esso si denomina appetito naturale. Infatti gli esseri naturali (o fisici) tendono alle cose conformi alla loro natura, non mediante la propria conoscenza, ma in forza di quella di colui che ha istituito la natura, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. Ma c'è un altro appetito che segue la conoscenza dello stesso soggetto appetente, però la segue per necessità e non in forza di un libero giudizio. È l'appetito sensitivo dell'animale; che però nell'uomo partecipa un riflesso di libertà, in quanto obbedisce alla ragione. C'è poi un terzo appetito che segue la conoscenza del soggetto appetente, dietro un libero giudizio. Ed esso è l'appetito razionale o intellettivo, denominato volontà.
Ora, in ciascuno di codesti appetiti l'amore sta a indicare il principio del moto tendente al fine amato. Ma nell'appetito, naturale codesto principio è la connaturalità del soggetto appetente con la cosa cui tende, e può chiamarsi amore naturale: p. es., la connaturalità del corpo grave col centro (di gravitazione) è dato dalla gravità, e può chiamarsi amore naturale. Allo stesso modo l'armonizzarsi dell'appetito sensitivo, o della volontà, con un dato bene, cioè la compiacenza stessa nel bene, si denomina amore sensitivo, oppure intellettivo o razionale. Dunque l'amore sensitivo risiede nell'appetito sensitivo, come quello intellettivo nell'appetito intellettivo. E appartiene al concupiscibile: perché si definisce in rapporto al bene in assoluto, e non in rapporto al bene arduo, oggetto dell'irascibile.

[34639] Iª-IIae q. 26 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod auctoritas illa loquitur de amore intellectivo vel rationali.

 

[34639] Iª-IIae q. 26 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quel testo parla dell'amore intellettivo o razionale.

[34640] Iª-IIae q. 26 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod amor dicitur esse timor, gaudium, cupiditas et tristitia, non quidem essentialiter, sed causaliter.

 

[34640] Iª-IIae q. 26 a. 1 ad 2
2. Si dice che l'amore è timore, gioia, concupiscenza e tristezza, non già essenzialmente, ma causalmente.

[34641] Iª-IIae q. 26 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod amor naturalis non solum est in viribus animae vegetativae, sed in omnibus potentiis animae, et etiam in omnibus partibus corporis, et universaliter in omnibus rebus, quia, ut Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom., omnibus est pulchrum et bonum amabile; cum unaquaeque res habeat connaturalitatem ad id quod est sibi conveniens secundum suam naturam.

 

[34641] Iª-IIae q. 26 a. 1 ad 3
3. L'amore naturale non è soltanto nelle facoltà dell'anima vegetativa, ma in tutte le potenze dell'anima, e persino in tutte le parti del corpo, e universalmente in tutte le cose; poiché, come Dionigi insegna: "Il bello e il bene sono amabili per tutti gli esseri; poiché ogni cosa ha una connaturalità con tutto ciò che le conviene secondo la sua natura".




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > L'amore > Se l'amore sia una passione


Prima pars secundae partis
Quaestio 26
Articulus 2

[34642] Iª-IIae q. 26 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod amor non sit passio. Nulla enim virtus passio est. Sed omnis amor est virtus quaedam, ut dicit Dionysius, IV cap. de Div. Nom. Ergo amor non est passio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 26
Articolo 2

[34642] Iª-IIae q. 26 a. 2 arg. 1
1. Nessuna virtù è una passione. Ora, a dire di Dionigi, l'amore "è una virtù". Quindi non è una passione.

[34643] Iª-IIae q. 26 a. 2 arg. 2
Praeterea, amor est unio quaedam vel nexus, secundum Augustinum, in libro de Trin. Sed unio vel nexus non est passio, sed magis relatio. Ergo amor non est passio.

 

[34643] Iª-IIae q. 26 a. 2 arg. 2
2. Per S. Agostino l'amore è una certa unione, ovvero nesso. Ma l'unione, o nesso non dice passione, bensì relazione. Dunque l'amore non è una passione.

[34644] Iª-IIae q. 26 a. 2 arg. 3
Praeterea, Damascenus dicit, in II libro, quod passio est motus quidam. Amor autem non importat motum appetitus, qui est desiderium; sed principium huiusmodi motus. Ergo amor non est passio.

 

[34644] Iª-IIae q. 26 a. 2 arg. 3
3. Per il Damasceno la passione "è un moto". L'amore invece non è un moto dell'appetito, come il desiderio; ma ne è la causa. Perciò non è una passione.

[34645] Iª-IIae q. 26 a. 2 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in VIII Ethic., quod amor est passio.

 

[34645] Iª-IIae q. 26 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna, che "l'amore è una passione".

[34646] Iª-IIae q. 26 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod passio est effectus agentis in patiente. Agens autem naturale duplicem effectum inducit in patiens, nam primo quidem dat formam, secundo autem dat motum consequentem formam; sicut generans dat corpori gravitatem, et motum consequentem ipsam. Et ipsa gravitas, quae est principium motus ad locum connaturalem propter gravitatem, potest quodammodo dici amor naturalis. Sic etiam ipsum appetibile dat appetitui, primo quidem, quandam coaptationem ad ipsum, quae est complacentia appetibilis; ex qua sequitur motus ad appetibile. Nam appetitivus motus circulo agitur, ut dicitur in III de anima, appetibile enim movet appetitum, faciens se quodammodo in eius intentione; et appetitus tendit in appetibile realiter consequendum, ut sit ibi finis motus, ubi fuit principium. Prima ergo immutatio appetitus ab appetibili vocatur amor, qui nihil est aliud quam complacentia appetibilis; et ex hac complacentia sequitur motus in appetibile, qui est desiderium; et ultimo quies, quae est gaudium. Sic ergo, cum amor consistat in quadam immutatione appetitus ab appetibili, manifestum est quod amor et passio, proprie quidem, secundum quod est in concupiscibili; communiter autem, et extenso nomine, secundum quod est in voluntate.

 

[34646] Iª-IIae q. 26 a. 2 co.
RISPONDO: La passione (in genere) è l'effetto prodotto dall'agente nel paziente. Ora, l'agente fisico, o naturale, produce due effetti nel paziente: prima di tutto produce la forma, e in secondo luogo il moto che da essa deriva; un corpo, p. es., dalla causa che lo produce riceve la gravità e il moto che l'accompagna. E la gravità stessa, principio del moto verso il luogo connaturale del corpo, in qualche modo si può denominare amore naturale. Allo stesso modo anche l'oggetto appetibile prima dà all'appetito una certa conformazione con esso, e cioè la compiacenza verso l'appetibile; e da quella segue il moto verso di esso. Infatti, come Aristotele fa osservare, "il moto appetitivo si sviluppa in cerchio": poiché l'oggetto muove l'appetito, mettendosi in qualche modo nell'intenzione di esso; e l'appetito tende a conseguire l'oggetto nella realtà, in maniera che il moto finisca là, dove è incominciato. Concludendo, la prima trasformazione prodotta dall'oggetto nell'appetito si chiama amore, e si riduce alla semplice compiacenza per l'oggetto appetibile: e da questa compiacenza segue un moto verso di esso, cioè il desiderio e finalmente la quiete, cioè il gaudio. Consistendo, perciò, l'amore in una trasformazione dell'appetito da parte dell'oggetto, è chiaro che l'amore è una passione: passione in senso stretto, in quanto si trova nel concupiscibile; in senso lato, in quanto ha sede nella volontà.

[34647] Iª-IIae q. 26 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, quia virtus significat principium motus vel actionis, ideo amor, inquantum est principium appetitivi motus, a Dionysio vocatur virtus.

 

[34647] Iª-IIae q. 26 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'amore è chiamato virtù da Dionigi, perché principio o causa del moto e dell'appetito; infatti virtù indica il principio di un moto, o di un'azione.

[34648] Iª-IIae q. 26 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod unio pertinet ad amorem, inquantum per complacentiam appetitus amans se habet ad id quod amat, sicut ad seipsum, vel ad aliquid sui. Et sic patet quod amor non est ipsa relatio unionis, sed unio est consequens amorem. Unde et Dionysius dicit quod amor est virtus unitiva, et philosophus dicit, in II Polit., quod unio est opus amoris.

 

[34648] Iª-IIae q. 26 a. 2 ad 2
2. L'unione è propria dell'amore, per il fatto che l'appetito, mediante la compiacenza, fa sì che colui che ama stia all'oggetto amato come sta a se stesso, o ad una sua parte. Perciò è evidente che l'amore non è la stessa relazione d'unione, essendo l'unione un effetto dell'amore. Per questo Dionigi può dire, che l'amore è "una virtù unitiva"; e il Filosofo, che l'unione è opera dell'amore.

[34649] Iª-IIae q. 26 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod amor, etsi non nominet motum appetitus tendentem in appetibile, nominat tamen motum appetitus quo immutatur ab appetibili, ut ei appetibile complaceat.

 

[34649] Iª-IIae q. 26 a. 2 ad 3
3. Sebbene l'amore non indichi un moto dell'appetito verso l'oggetto appetibile, tuttavia la modificazione dell'appetito da parte dell'appetibile consiste in una compiacenza verso di esso.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > L'amore > Se l'amore si identifichi con la dilezione


Prima pars secundae partis
Quaestio 26
Articulus 3

[34650] Iª-IIae q. 26 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod amor sit idem quod dilectio. Dionysius enim, IV cap. de Div. Nom., dicit quod hoc modo se habent amor et dilectio, sicut quatuor et bis duo, rectilineum et habens rectas lineas. Sed ista significant idem. Ergo amor et dilectio significant idem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 26
Articolo 3

[34650] Iª-IIae q. 26 a. 3 arg. 1
SEMBRA che l'amore si identifichi con la dilezione. Infatti:
1. Dionigi afferma che l'amore sta alla dilezione, "come quattro sta a due volte due, e il rettilineo sta a ciò che ha le linee diritte". Ma codeste espressioni sono equivalenti. Dunque l'amore e la dilezione sono equivalenti.

[34651] Iª-IIae q. 26 a. 3 arg. 2
Praeterea, appetitivi motus secundum obiecta differunt. Sed idem est obiectum dilectionis et amoris. Ergo sunt idem.

 

[34651] Iª-IIae q. 26 a. 3 arg. 2
2. I moti d'ordine appetitivo sono distinti per l'oggetto. Ora, l'oggetto della dilezione e dell'amore è identico. Quindi anch'essi sono identici.

[34652] Iª-IIae q. 26 a. 3 arg. 3
Praeterea, si dilectio et amor in aliquo differunt, maxime in hoc differre videntur, quod dilectio sit in bono accipienda, amor autem in malo, ut quidam dixerunt, secundum quod Augustinus narrat, in XIV de Civ. Dei. Sed hoc modo non differunt, quia, ut ibidem Augustinus dicit, in sacris Scripturis utrumque accipitur in bono et in malo. Ergo amor et dilectio non differunt; sicut ipse Augustinus ibidem concludit quod non est aliud amorem dicere, et aliud dilectionem dicere.

 

[34652] Iª-IIae q. 26 a. 3 arg. 3
3. Se tra dilezione e amore c'è qualche differenza, sembra che debba essere soprattutto in questo, che "la dilezione, come alcuni dicevano, è da prendersi in senso buono, e l'amore in senso cattivo". Ma in questo non c'è differenza; poiché, come S. Agostino aggiunge, nelle Sacre Scritture i due termini sono usati entrambi per il bene e per il male. Dunque l'amore non si distingue dalla dilezione; ed egli può concludere, che "parlare di amore equivale a parlare di dilezione".

[34653] Iª-IIae q. 26 a. 3 s. c.
Sed contra est quod Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom., quod quibusdam sanctorum visum est divinius esse nomen amoris quam nomen dilectionis.

 

[34653] Iª-IIae q. 26 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi scrive che "ad alcuni Santi (Padri) è sembrato che il nome di amore sia più divino di quello di dilezione".

[34654] Iª-IIae q. 26 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod quatuor nomina inveniuntur ad idem quodammodo pertinentia, scilicet amor, dilectio, caritas et amicitia. Differunt tamen in hoc, quod amicitia, secundum philosophum in VIII Ethic., est quasi habitus; amor autem et dilectio significantur per modum actus vel passionis; caritas autem utroque modo accipi potest. Differenter tamen significatur actus per ista tria. Nam amor communius est inter ea, omnis enim dilectio vel caritas est amor, sed non e converso. Addit enim dilectio supra amorem, electionem praecedentem, ut ipsum nomen sonat. Unde dilectio non est in concupiscibili, sed in voluntate tantum, et est in sola rationali natura. Caritas autem addit supra amorem, perfectionem quandam amoris, inquantum id quod amatur magni pretii aestimatur, ut ipsum nomen designat.

 

[34654] Iª-IIae q. 26 a. 3 co.
RISPONDO: Ci sono quattro termini che in qualche modo si riferiscono alla stessa cosa: amore, dilezione, carità, amicizia. Differiscono però in questo, che l'amicizia, secondo il Filosofo, "è piuttosto un abito", invece l'amore e la dilezione indicano l'atto, o la passione; la carità si può prendere nell'un senso e nell'altro.
Tuttavia l'atto viene indicato in maniera differente da queste tre ultime voci. Amore è più generico: infatti ogni dilezione o carità è amore, ma non viceversa. Poiché la dilezione come dice il nome stesso, aggiunge al concetto di amore l'elezione che lo precede. Perciò la dilezione non è nel concupiscibile, ma soltanto nella volontà, e nel solo essere ragionevole. La carità aggiunge una perfezione nell'amore, in quanto l'oggetto amato si considera cosa di grande valore, come il nome stesso (carità, da caro) sembra indicare.

[34655] Iª-IIae q. 26 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Dionysius loquitur de amore et dilectione, secundum quod sunt in appetitu intellectivo, sic enim amor idem est quod dilectio.

 

[34655] Iª-IIae q. 26 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dionigi parla dell'amore e della dilezione in quanto si trovano nell'appetito intellettivo: infatti in questo caso, l'amore si identifica con la dilezione.

[34656] Iª-IIae q. 26 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod obiectum amoris est communius quam obiectum dilectionis, quia ad plura se extendit amor quam dilectio, sicut dictum est.

 

[34656] Iª-IIae q. 26 a. 3 ad 2
2. L'oggetto dell'amore è più vasto dell'oggetto della dilezione: poiché l'amore, come abbiamo spiegato, è più esteso della dilezione.

[34657] Iª-IIae q. 26 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod non differunt amor et dilectio secundum differentiam boni et mali, sed sicut dictum est. In parte tamen intellectiva idem est amor et dilectio. Et sic loquitur ibi Augustinus de amore, unde parum post subdit quod recta voluntas est bonus amor, et perversa voluntas est malus amor. Quia tamen amor, qui est passio concupiscibilis, plurimos inclinat ad malum, inde habuerunt occasionem qui praedictam differentiam assignaverunt.

 

[34657] Iª-IIae q. 26 a. 3 ad 3
3. Amore e dilezione non differiscono in base alla differenza tra bene e male, ma nel modo indicato. Tuttavia nella parte intellettiva essi s'identificano. E S. Agostino in quel testo parla dell'amore in questo senso: difatti poco dopo aggiunge, che "l'amore buono è il retto volere, e l'amore cattivo è un volere perverso". Però, siccome l'amore quale passione del concupiscibile inclina molti al male, di qui presero l'occasione quelli che escogitarono la distinzione riferita.

[34658] Iª-IIae q. 26 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod ideo aliqui posuerunt, etiam in ipsa voluntate, nomen amoris esse divinius nomine dilectionis, quia amor importat quandam passionem, praecipue secundum quod est in appetitu sensitivo; dilectio autem praesupponit iudicium rationis. Magis autem homo in Deum tendere potest per amorem, passive quodammodo ab ipso Deo attractus, quam ad hoc eum propria ratio ducere possit, quod pertinet ad rationem dilectionis, ut dictum est. Et propter hoc, divinius est amor quam dilectio.

 

[34658] Iª-IIae q. 26 a. 3 ad 4
4. Alcuni pensarono che nella volontà stessa il termine amore fosse più divino del termine dilezione, poiché l'amore importa una certa passività, specialmente nell'appetito sensitivo; invece dilezione presuppone un giudizio dell'intelletto. Ora, l'uomo può tendere meglio verso Dio mediante l'amore, lasciandosi attrarre passivamente da Dio stesso, più di quanto possa condurlo a ciò la propria intelligenza, inclusa nel concetto di dilezione, come abbiamo visto. Perciò l'amore è cosa più divina della dilezione.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > L'amore > Se l'amore sia ben diviso in amore di amicizia e amore di concupiscenza


Prima pars secundae partis
Quaestio 26
Articulus 4

[34659] Iª-IIae q. 26 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod amor inconvenienter dividatur in amorem amicitiae et concupiscentiae. Amor enim est passio, amicitia vero est habitus, ut dicit philosophus, in VIII Ethic. Sed habitus non potest esse pars divisiva passionis. Ergo amor non convenienter dividitur per amorem concupiscentiae et amorem amicitiae.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 26
Articolo 4

[34659] Iª-IIae q. 26 a. 4 arg. 1
SEMBRA che l'amore non sia ben diviso in amore di amicizia e amore di concupiscenza. Infatti:
1. Come insegna il Filosofo, "l'amore è una passione, l'amicizia un abito". Ma l'abito non può essere una suddivisione di una passione. Dunque l'amore non è ben diviso in amore di concupiscenza e di amicizia.

[34660] Iª-IIae q. 26 a. 4 arg. 2
Praeterea, nihil dividitur per id quod ei connumeratur, non enim homo connumeratur animali. Sed concupiscentia connumeratur amori, sicut alia passio ab amore. Ergo amor non potest dividi per concupiscentiam.

 

[34660] Iª-IIae q. 26 a. 4 arg. 2
2. Una cosa non può essere divisa mediante gli appartenenti alla sua specie: uomo p. es., (che è una specie del genere animale), non è membro di una stessa suddivisione con animale. Ora, la concupiscenza è con l'amore in una stessa suddivisione, come passione distinta dall'amore. Quindi l'amore non si può dividere mediante la concupiscenza.

[34661] Iª-IIae q. 26 a. 4 arg. 3
Praeterea, secundum philosophum, in VIII Ethic., triplex est amicitia, utilis, delectabilis et honesta. Sed amicitia utilis et delectabilis habet concupiscentiam. Ergo concupiscentia non debet dividi contra amicitiam.

 

[34661] Iª-IIae q. 26 a. 4 arg. 3
3. Per il Filosofo ci sono tre tipi di amicizia: utile, dilettevole e onesta. Ma l'amicizia utile e dilettevole non escludono la concupiscenza. Dunque la concupiscenza non si può dividere come contrapposto dell'amicizia.

[34662] Iª-IIae q. 26 a. 4 s. c.
Sed contra, quaedam dicimur amare quia ea concupiscimus, sicut dicitur aliquis amare vinum propter dulce quod in eo concupiscit, ut dicitur in II Topic. Sed ad vinum, et ad huiusmodi, non habemus amicitiam, ut dicitur in VIII Ethic. Ergo alius est amor concupiscentiae, et alius est amor amicitiae.

 

[34662] Iª-IIae q. 26 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Noi diciamo di amare le cose di cui abbiamo brama o concupiscenza: per dirla con Aristotele, "si dice che uno ama il vino, per il dolce che in esso brama". Ora, verso il vino, o verso cose consimili, osserva il medesimo autore, non abbiamo amicizia. Perciò l'amore di concupiscenza è distinto da quello di amicizia.

[34663] Iª-IIae q. 26 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, sicut philosophus dicit in II Rhetoric., amare est velle alicui bonum. Sic ergo motus amoris in duo tendit, scilicet in bonum quod quis vult alicui, vel sibi vel alii; et in illud cui vult bonum. Ad illud ergo bonum quod quis vult alteri, habetur amor concupiscentiae, ad illud autem cui aliquis vult bonum, habetur amor amicitiae. Haec autem divisio est secundum prius et posterius. Nam id quod amatur amore amicitiae, simpliciter et per se amatur, quod autem amatur amore concupiscentiae, non simpliciter et secundum se amatur, sed amatur alteri. Sicut enim ens simpliciter est quod habet esse, ens autem secundum quid quod est in alio; ita bonum, quod convertitur cum ente, simpliciter quidem est quod ipsum habet bonitatem; quod autem est bonum alterius, est bonum secundum quid. Et per consequens amor quo amatur aliquid ut ei sit bonum, est amor simpliciter, amor autem quo amatur aliquid ut sit bonum alterius, est amor secundum quid.

 

[34663] Iª-IIae q. 26 a. 4 co.
RISPONDO: Il Filosofo insegna, che "amare è volere del bene a qualcuno". Perciò il moto dell'amore ha due oggetti: il bene che uno vuole a qualcuno, a se stesso, o ad altri; e il soggetto cui vuole quel bene. E quindi rispetto al bene voluto si ha l'amore di concupiscenza, rispetto invece al soggetto cui detto bene si vuole, si ha l'amore di amicizia. Questa divisione è impostata su un rapporto di priorità e di dipendenza. Infatti ciò che si ama di amore d'amicizia è amato direttamente e per se stesso; invece ciò che è amato per amore di concupiscenza non è amato in tal modo, ma è amato per un altro. Infatti, come l'ens simpliciter (o sostanza) ha in sé il proprio essere, mentre l'ens secundum quid (o accidente) ha il suo essere in un altro; così il bene, e si ricordi che è convertibile con l'ente, è bene in modo assoluto quando è considerato bene per se stesso; se invece è considerato bene per un altro, è un bene secundum quid. Perciò l'amore col quale si ama un essere, volendo ad esso il bene, è un amore in senso pieno e assoluto; invece l'amore col quale si ama una cosa per farne il bene di altri è un amore secundum quid.

[34664] Iª-IIae q. 26 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod amor non dividitur per amicitiam et concupiscentiam, sed per amorem amicitiae et concupiscentiae. Nam ille proprie dicitur amicus, cui aliquod bonum volumus, illud autem dicimur concupiscere, quod volumus nobis.

 

[34664] Iª-IIae q. 26 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'amore non si suddivide in amicizia e concupiscenza, ma in amore di amicizia e di concupiscenza. Infatti si chiama amico in senso proprio colui al quale vogliamo il bene: si ha invece soltanto concupiscenza verso ciò che si vuole per noi.

[34665] Iª-IIae q. 26 a. 4 ad 2
Et per hoc patet solutio ad secundum.

 

[34665] Iª-IIae q. 26 a. 4 ad 2
2. Così è risolta anche la seconda difficoltà.

[34666] Iª-IIae q. 26 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod in amicitia utilis et delectabilis, vult quidem aliquis aliquod bonum amico, et quantum ad hoc salvatur ibi ratio amicitiae. Sed quia illud bonum refert ulterius ad suam delectationem vel utilitatem, inde est quod amicitia utilis et delectabilis, inquantum trahitur ad amorem concupiscentiae, deficit a ratione verae amicitiae.

 

[34666] Iª-IIae q. 26 a. 4 ad 3
3. Nell'amicizia utile, o in quella dilettevole, si vuole il bene dell'amico: e così si salva la ragione di amicizia. Ma per il fatto che in definitiva il bene viene indirizzato al proprio piacere o alla propria utilità, l'amicizia utile, o dilettevole, perde la natura di vera amicizia, poiché si riduce a un amore di concupiscenza.

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