I-II, 14

Seconda parte > Gli atti umani in generale > Il consiglio, o deliberazione, che precede l'elezione


Prima pars secundae partis
Quaestio 14
Prooemium

[34069] Iª-IIae q. 14 pr.
Deinde considerandum est de consilio. Et circa hoc quaeruntur sex.
Primo, utrum consilium sit inquisitio.
Secundo, utrum consilium sit de fine, vel solum de his quae sunt ad finem.
Tertio, utrum consilium sit solum de his quae a nobis aguntur.
Quarto, utrum consilium sit de omnibus quae a nobis aguntur.
Quinto, utrum consilium procedat ordine resolutorio.
Sexto, utrum consilium procedat in infinitum.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 14
Proemio

[34069] Iª-IIae q. 14 pr.
Prendiamo ora a esaminare il consiglio.
Sull'argomento si pongono sei quesiti:

1. Se il consiglio sia una ricerca;
2. Se abbia per oggetto il fine, o soltanto i mezzi;
3. Se riguardi soltanto le nostre azioni;
4. Se riguardi tutte le nostre azioni;
5. Se il consiglio proceda in ordine risolutivo;
6. Se abbia un processo all'infinito.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Il consiglio, o deliberazione, che precede l'elezione > Se il consiglio, o deliberazione, sia una ricerca


Prima pars secundae partis
Quaestio 14
Articulus 1

[34070] Iª-IIae q. 14 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod consilium non sit inquisitio. Dicit enim Damascenus quod consilium est appetitus. Sed ad appetitum non pertinet inquirere. Ergo consilium non est inquisitio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 14
Articolo 1

[34070] Iª-IIae q. 14 a. 1 arg. 1
SEMBRA che il consiglio, o deliberazione, non sia una ricerca. Infatti:
1. Il Damasceno scrive che "il consiglio è un appetito". Ora, la ricerca non è compito dell'appetito. Dunque il consiglio, o deliberazione, non è una ricerca.

[34071] Iª-IIae q. 14 a. 1 arg. 2
Praeterea, inquirere intellectus discurrentis est; et sic Deo non convenit, cuius cognitio non est discursiva, ut in primo habitum est. Sed consilium Deo attribuitur, dicitur enim ad Ephes. I, quod operatur omnia secundum consilium voluntatis suae. Ergo consilium non est inquisitio.

 

[34071] Iª-IIae q. 14 a. 1 arg. 2
2. Investigare appartiene all'intelletto discorsivo; e quindi non può attribuirsi a Dio, il quale non ha una conoscenza discorsiva, come abbiamo visto nella Prima Parte. Invece a Dio viene attribuito il consiglio, o deliberazione: infatti sta scritto che egli "agisce secondo il consiglio della sua volontà". Dunque il consiglio non è una ricerca.

[34072] Iª-IIae q. 14 a. 1 arg. 3
Praeterea, inquisitio est de rebus dubiis. Sed consilium datur de his quae sunt certa bona; secundum illud apostoli, I ad Cor. VII, de virginibus autem praeceptum domini non habeo, consilium autem do. Ergo consilium non est inquisitio.

 

[34072] Iª-IIae q. 14 a. 1 arg. 3
3. La ricerca ha per oggetto le cose dubbie. Invece si può dare un consiglio su cose certamente buone; come quando l'Apostolo scrive: "Rispetto alle persone vergini non ho nessun ordine del Signore, ma do solo un consiglio". Dunque il consiglio non è una ricerca.

[34073] Iª-IIae q. 14 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Gregorius Nyssenus dicit, omne quidem consilium quaestio est; non autem omnis quaestio consilium.

 

[34073] Iª-IIae q. 14 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio Nisseno [leggi Nemesio] scrive: "Ogni consiglio è una ricerca; ma non ogni ricerca è un consiglio".

[34074] Iª-IIae q. 14 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod electio, sicut dictum est, consequitur iudicium rationis de rebus agendis. In rebus autem agendis multa incertitudo invenitur, quia actiones sunt circa singularia contingentia, quae propter sui variabilitatem incerta sunt. In rebus autem dubiis et incertis ratio non profert iudicium absque inquisitione praecedente. Et ideo necessaria est inquisitio rationis ante iudicium de eligendis, et haec inquisitio consilium vocatur. Propter quod philosophus dicit, in III Ethic., quod electio est appetitus praeconsiliati.

 

[34074] Iª-IIae q. 14 a. 1 co.
RISPONDO: L'elezione, come abbiamo spiegato, segue il giudizio della ragione sulle azioni da compiere. Ora, nelle azioni da compiere si riscontra molta incertezza: poiché le azioni riguardano cose singolari contingenti, che per la loro variabilità sono incerte. Ma nelle cose dubbie e incerte la ragione non proferisce il suo giudizio senza una previa ricerca. Perciò è necessaria una ricerca della ragione prima del giudizio sulle azioni da compiere; e questa ricerca viene chiamata consiglio, o deliberazione. Perciò il Filosofo scrive che l'elezione è "il desiderio di cose predeliberate mediante il consiglio".

[34075] Iª-IIae q. 14 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, quando actus duarum potentiarum ad invicem ordinantur, in utroque est aliquid quod est alterius potentiae, et ideo uterque actus ab utraque potentia denominari potest. Manifestum est autem quod actus rationis dirigentis in his quae sunt ad finem, et actus voluntatis secundum regimen rationis in ea tendentis, ad se invicem ordinantur. Unde et in actu voluntatis, quae est electio, apparet aliquid rationis, scilicet ordo, et in consilio, quod est actus rationis, apparet aliquid voluntatis sicut materia, quia consilium est de his quae homo vult facere; et etiam sicut motivum, quia ex hoc quod homo vult finem, movetur ad consiliandum de his quae sunt ad finem. Et ideo sicut philosophus dicit, in VI Ethic., quod electio est intellectus appetitivus, ut ad electionem utrumque concurrere ostendat; ita Damascenus dicit quod consilium est appetitus inquisitivus, ut consilium aliquo modo pertinere ostendat et ad voluntatem, circa quam et ex qua fit inquisitio, et ad rationem inquirentem.

 

[34075] Iª-IIae q. 14 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quando gli atti di due facoltà sono tra loro subordinati, in ciascuno di essi si trova qualche elemento appartenente alla facoltà dell'altro: cosicché cedesti atti possono essere denominati dall'una e dall'altra facoltà. Ora è acquisito che l'atto della ragione, che guida nella scelta dei mezzi, e l'atto della volontà che tende, seguendo la ragione, ai medesimi, sono tra loro subordinati. Perciò nell'atto della volontà, cioè nell'elezione, troviamo un elemento razionale, che è l'ordine [dei mezzi al fine]; e nella deliberazione o consiglio, atto della ragione, troviamo come elementi volitivi, e la materia, poiché la deliberazione ha per oggetto le azioni che l'uomo vuol compiere; e l'impulso all'operazione, poiché un uomo viene spinto a deliberare circa i mezzi per il fatto che vuole il fine. Perciò, mentre il Filosofo dice che "reiezione è un'intellezione appetitiva", per sottolineare che all'elezione concorrono tutti e due gli elementi; il Damasceno afferma che "il consiglio è un appetito investigativo", per sottolineare che il consiglio spetta in qualche modo, sia alla volontà, la quale offre materia e incentivo per la ricerca, sia alla ragione che compie la ricerca.

[34076] Iª-IIae q. 14 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod ea quae dicuntur de Deo, accipienda sunt absque omni defectu qui invenitur in nobis, sicut in nobis scientia est conclusionum per discursum a causis in effectus; sed scientia dicta de Deo, significat certitudinem de omnibus effectibus in prima causa, absque omni discursu. Et similiter consilium attribuitur Deo quantum ad certitudinem sententiae vel iudicii, quae in nobis provenit ex inquisitione consilii. Sed huiusmodi inquisitio in Deo locum non habet, et ideo consilium secundum hoc Deo non attribuitur. Et secundum hoc Damascenus dicit quod Deus non consiliatur, ignorantis enim est consiliari.

 

[34076] Iª-IIae q. 14 a. 1 ad 2
2. Le doti che si attribuiscono a Dio vanno interpretate prescindendo da tutti quei difetti che presentano in noi: in noi, p. es., la scienza è fatta di deduzioni dalle cause agli effetti mediante il raziocinio; invece la scienza attribuita a Dio sta a indicare la certezza con cui gli effetti si trovano nella causa prima, senza deduzione alcuna. Così .viene attribuito a Dio il consiglio per la certezza della decisione e del giudizio, che in noi deriva dalla ricerca della deliberazione, o consiglio. Ma codesta ricerca non può trovarsi in Dio: perciò in codesto senso non è possibile attribuire a Dio il consiglio. Ecco perché il Damasceno scrive che "Dio non si consiglia: infatti il consigliarsi è da persona ignara".

[34077] Iª-IIae q. 14 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod nihil prohibet aliqua esse certissima bona secundum sententiam sapientum et spiritualium virorum, quae tamen non sunt certa bona secundum sententiam plurium, vel carnalium hominum. Et ideo de talibus consilia dantur.

 

[34077] Iª-IIae q. 14 a. 1 ad 3
3. Niente impedisce che ci siano delle cose che sono beni certissimi secondo il giudizio delle persone sapienti e spirituali, e che tuttavia non sono beni sicuri secondo il giudizio della maggioranza, fatta di uomini carnali. Perciò su di esse possono darsi dei consigli.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Il consiglio, o deliberazione, che precede l'elezione > Se il consiglio, abbia per oggetto il fine, o soltanto i mezzi


Prima pars secundae partis
Quaestio 14
Articulus 2

[34078] Iª-IIae q. 14 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod consilium non solum sit de his quae sunt ad finem, sed etiam de fine. Quaecumque enim dubitationem habent, de his potest inquiri. Sed circa operabilia humana contingit esse dubitationem de fine, et non solum de his quae sunt ad finem. Cum igitur inquisitio circa operabilia sit consilium, videtur quod consilium possit esse de fine.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 14
Articolo 2

[34078] Iª-IIae q. 14 a. 2 arg. 1
SEMBRA che il consiglio non abbia per oggetto soltanto i mezzi, ma anche il fine. Infatti:
1. Si può fare una ricerca sulle cose che sono dubbie. Ma nell'agire umano può presentarsi il dubbio non solo sui mezzi, ma anche sul fine. Perciò, essendo il consiglio una ricerca sull'agire umano, è evidente che il consiglio può avere per oggetto il fine.

[34079] Iª-IIae q. 14 a. 2 arg. 2
Praeterea, materia consilii sunt operationes humanae. Sed quaedam operationes humanae sunt fines, ut dicitur in I Ethic. ergo consilium potest esse de fine.

 

[34079] Iª-IIae q. 14 a. 2 arg. 2
2. Materia del consiglio sono le azioni umane. Ma alcune di queste azioni, come insegna Aristotele, sono dei fini. Dunque il consiglio può riguardare il fine.

[34080] Iª-IIae q. 14 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Gregorius Nyssenus dicit, quod non de fine, sed de his quae sunt ad finem, est consilium.

 

[34080] Iª-IIae q. 14 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio Nisseno [ossia Nemesio] scrive, che "il consiglio non ha per oggetto il fine, ma i mezzi".

[34081] Iª-IIae q. 14 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod finis in operabilibus habet rationem principii, eo quod rationes eorum quae sunt ad finem, ex fine sumuntur. Principium autem non cadit sub quaestione, sed principia oportet supponere in omni inquisitione. Unde cum consilium sit quaestio, de fine non est consilium, sed solum de his quae sunt ad finem. Tamen contingit id quod est finis respectu quorundam, ordinari ad alium finem, sicut etiam id quod est principium unius demonstrationis, est conclusio alterius. Et ideo id quod accipitur ut finis in una inquisitione, potest accipi ut ad finem in alia inquisitione. Et sic de eo erit consilium.

 

[34081] Iª-IIae q. 14 a. 2 co.
RISPONDO: In campo pratico il fine ha funzione di principio: e questo perché dal fine derivano i motivi per la scelta dei mezzi.
Ora, il principio non è mai oggetto di ricerca, ma in ogni ricerca i principii si devono presupporre. Perciò, essendo il consiglio, o deliberazione, una ricerca, non può avere per oggetto il fine, ma soltanto i mezzi. - Può capitare però che una cosa, la quale in rapporto a certe altre è un fine, sia ordinata a un fine più remoto: come capita che il principio di una data dimostrazione sia la conclusione di un'altra. E quindi un fatto, che è preso come fine in una ricerca, può essere considerato come mezzo in un'altra. E in questo caso può essere oggetto di consiglio.

[34082] Iª-IIae q. 14 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod id quod accipitur ut finis, est iam determinatum. Unde quandiu habetur ut dubium, non habetur ut finis. Et ideo si de eo consilium habetur, non erit consilium de fine, sed de eo quod est ad finem.

 

[34082] Iª-IIae q. 14 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quello che si prende come fine è già determinato. Perciò finché è considerato come cosa dubbia, non è considerato come fine. E quindi, se è oggetto di deliberazione, o consiglio, non si tratterà di una deliberazione sul fine, ma su un mezzo ordinato al fine.

[34083] Iª-IIae q. 14 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod de operationibus est consilium, inquantum ordinantur ad aliquem finem. Unde si aliqua operatio humana sit finis, de ea, inquantum huiusmodi, non est consilium.

 

[34083] Iª-IIae q. 14 a. 2 ad 2
2. Il consiglio ha per oggetto le azioni umane, in quanto sono ordinate a un fine. Perciò, se un'operazione umana è un fine, essa, come tale, non è oggetto di consiglio.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Il consiglio, o deliberazione, che precede l'elezione > Se il consiglio riguardi le nostre azioni soltanto


Prima pars secundae partis
Quaestio 14
Articulus 3

[34084] Iª-IIae q. 14 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod consilium non sit solum de his quae aguntur a nobis. Consilium enim collationem quandam importat. Sed collatio inter multos potest fieri etiam de rebus immobilibus, quae non fiunt a nobis, puta de naturis rerum. Ergo consilium non solum est de his quae aguntur a nobis.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 14
Articolo 3

[34084] Iª-IIae q. 14 a. 3 arg. 1
SEMBRA che il consiglio non si limiti alle nostre azioni soltanto. Infatti:
1. Il consiglio implica il concetto di conferenza. Ma si può tenere una conferenza tra varie persone anche su cose immutabili, che noi non possiamo compiere, p. es., sulla natura delle cose. Dunque il consiglio, o deliberazione, non si limita alle azioni che noi possiamo compiere.

[34085] Iª-IIae q. 14 a. 3 arg. 2
Praeterea, homines interdum consilium quaerunt de his quae sunt lege statuta, unde et iurisconsulti dicuntur. Et tamen eorum qui quaerunt huiusmodi consilium, non est leges facere. Ergo consilium non solum est de his quae a nobis aguntur.

 

[34085] Iª-IIae q. 14 a. 3 arg. 2
2. Talora gli uomini si consultano su cose stabilite dalla legge: ed abbiamo così i giureconsulti. Tuttavia quelli che discutono codesti consigli, o deliberazioni, non hanno il potere di fare delle leggi. Dunque il consiglio non si limita alle nostre azioni.

[34086] Iª-IIae q. 14 a. 3 arg. 3
Praeterea, dicuntur etiam quidam consultationes facere de futuris eventibus; qui tamen non sunt in potestate nostra. Ergo consilium non solum est de his quae a nobis fiunt.

 

[34086] Iª-IIae q. 14 a. 3 arg. 3
3. Si dice che alcuni si consultano sugli eventi futuri, che certo non dipendono da noi. Dunque la deliberazione, o consiglio, non s'interessa esclusivamente delle nostre azioni.

[34087] Iª-IIae q. 14 a. 3 arg. 4
Praeterea, si consilium esset solum de his quae a nobis fiunt, nullus consiliaretur de his quae sunt per alium agenda. Sed hoc patet esse falsum. Ergo consilium non solum est de his quae a nobis fiunt.

 

[34087] Iª-IIae q. 14 a. 3 arg. 4
4. Se il consiglio si limitasse alle nostre azioni, nessuno potrebbe deliberare sulle azioni altrui. E questo evidentemente è falso. Dunque il consiglio non riguarda le azioni nostre soltanto.

[34088] Iª-IIae q. 14 a. 3 s. c.
Sed contra est quod Gregorius Nyssenus dicit, consiliamur de his quae sunt in nobis, et per nos fieri possunt.

 

[34088] Iª-IIae q. 14 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio Nisseno [ossia Nemesio] scrive: "Ci consigliamo sulle cose esistenti in noi, e che noi possiamo eseguire".

[34089] Iª-IIae q. 14 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod consilium proprie importat collationem inter plures habitam. Quod et ipsum nomen designat, dicitur enim consilium quasi Considium, eo quod multi consident ad simul conferendum. Est autem considerandum quod in particularibus contingentibus, ad hoc quod aliquid certum cognoscatur, plures conditiones seu circumstantias considerare oportet, quas ab uno non facile est considerari, sed a pluribus certius percipiuntur, dum quod unus considerat, alii non occurrit, in necessariis autem et universalibus est absolutior et simplicior consideratio, ita quod magis ad huiusmodi considerationem unus per se sufficere potest. Et ideo inquisitio consilii proprie pertinet ad contingentia singularia. Cognitio autem veritatis in talibus non habet aliquid magnum, ut per se sit appetibilis, sicut cognitio universalium et necessariorum, sed appetitur secundum quod est utilis ad operationem, quia actiones sunt circa contingentia singularia. Et ideo dicendum est quod proprie consilium est circa ea quae aguntur a nobis.

 

[34089] Iª-IIae q. 14 a. 3 co.
RISPONDO: Il consiglio propriamente implica l'idea di conferenza tra diverse persone. E lo indica il nome stesso: infatti consiglio è come dire consesso, poiché più persone vi siedono insieme per discutere. Ma c'è da osservare che nei fatti particolari e contingenti, per conoscere con certezza una cosa, è necessario considerare molte condizioni o circostanze, che uno solo non può facilmente considerare da solo, mentre è più difficile che possano sfuggire a molti, poiché l'uno osserva quello che sfugge all'altro: invece nelle cose necessario e universali si ha una considerazione più assoluta e più semplice, e quindi in codesta indagine è più agevole per uno solo bastare a se stesso. Perciò la ricerca deliberativa, o consiglio, propriamente riguarda le cose singolari e contingenti. Invece la conoscenza della verità, quale, p. es., la conoscenza dei principii universali o necessari, non ha in questi casi una grande importanza, non essendo di per sé appetibile: ma viene ad essere appetibile nella misura che serve all'operazione, poiché gli atti hanno per oggetto il singolare contingente. Perciò dobbiamo concludere che il consiglio, propriamente parlando, ha per oggetto le nostre azioni.

[34090] Iª-IIae q. 14 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod consilium importat collationem non quamcumque, sed collationem de rebus agendis, ratione iam dicta.

 

[34090] Iª-IIae q. 14 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il consiglio implica l'idea di disputa, però non di una disputa qualsiasi, ma di una disputa sulle azioni da compiere, come abbiamo spiegato.

[34091] Iª-IIae q. 14 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod id quod est lege positum, quamvis non sit ex operatione quaerentis consilium, tamen est directivum eius ad operandum, quia ista est una ratio aliquid operandi, mandatum legis.

 

[34091] Iª-IIae q. 14 a. 3 ad 2
2. Le disposizioni di legge, sebbene non dipendano dall'operazione di chi si consulta per una deliberazione o consiglio, tuttavia sono per lui norme direttive nell'operare: poiché uno dei criteri per agire è il precetto della legge.

[34092] Iª-IIae q. 14 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod consilium non solum est de his quae aguntur, sed de his quae ordinantur ad operationes. Et propter hoc consultatio dicitur fieri de futuris eventibus, inquantum homo per futuros eventus cognitos dirigitur ad aliquid faciendum vel vitandum.

 

[34092] Iª-IIae q. 14 a. 3 ad 3
3. Il consiglio non riguarda soltanto gli atti da compiere, ma anche ciò che è ordinato a quegli atti. E quindi vengono fatte delle consultazioni su eventi futuri, perché l'uomo, conoscendo tali eventi, si regola per fare, o per evitare qualche cosa.

[34093] Iª-IIae q. 14 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod de aliorum factis consilium quaerimus, inquantum sunt quodammodo unum nobiscum, vel per unionem affectus, sicut amicus sollicitus est de his quae ad amicum spectant, sicut de suis; vel per modum instrumenti, nam agens principale et instrumentale sunt quasi una causa, cum unum agat per alterum; et sic dominus consiliatur de his quae sunt agenda per servum.

 

[34093] Iª-IIae q. 14 a. 3 ad 4
4. Cerchiamo un consiglio sui fatti altrui, in quanto essi formano una sola cosa con noi: o per un vincolo di affetto, e così l'amico si preoccupa delle cose che interessano l'amico come delle proprie; oppure come si trattasse di uno strumento: infatti l'agente principale e quello strumentale formano come una causa unica, poiché l'uno agisce mediante l'altro; e così il padrone può consigliarsi sulle cose che dovrà compiere il servo.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Il consiglio, o deliberazione, che precede l'elezione > Se il consiglio abbia per oggetto tutte le nostre azioni


Prima pars secundae partis
Quaestio 14
Articulus 4

[34094] Iª-IIae q. 14 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod consilium sit de omnibus quae sunt per nos agenda. Electio enim est appetitus praeconsiliati, ut dictum est. Sed electio est de omnibus quae per nos aguntur. Ergo et consilium.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 14
Articolo 4

[34094] Iª-IIae q. 14 a. 4 arg. 1
SEMBRA che il consiglio abbia per oggetto tutte le nostre azioni. Infatti:
1. L'elezione, abbiamo detto, è "il desiderio di cose predeliberate mediante il consiglio". Ma l'elezione abbraccia tutte le nostre azioni. Dunque anche il consiglio.

[34095] Iª-IIae q. 14 a. 4 arg. 2
Praeterea, consilium importat inquisitionem rationis. Sed in omnibus quae non per impetum passionis agimus, procedimus ex inquisitione rationis. Ergo de omnibus quae aguntur a nobis, est consilium.

 

[34095] Iª-IIae q. 14 a. 4 arg. 2
2. Il consiglio importa una ricerca della ragione. Ora, eccettuati gli atti compiuti sotto l'impeto della passione, noi partiamo sempre da una ricerca della ragione. Perciò il consiglio si estende a tutte le nostre azioni.

[34096] Iª-IIae q. 14 a. 4 arg. 3
Praeterea, philosophus dicit, in III Ethic., quod si per plura aliquid fieri potest, consilio inquiritur per quod facillime et optime fiat; si autem per unum, qualiter per illud fiat. Sed omne quod fit, fit per unum vel per multa. Ergo de omnibus quae fiunt a nobis, est consilium.

 

[34096] Iª-IIae q. 14 a. 4 arg. 3
3. Il Filosofo insegna che "se una cosa può essere compiuta usando più mezzi, mediante il consiglio si cerca quello più spedito e più idoneo; si studia invece la maniera di compierla con quel mezzo, se il mezzo è unico". Ora, tutte le azioni che noi possiamo compiere vengono compiute, o con un mezzo unico, o con molti. Dunque il consiglio ha per oggetto tutte le nostre azioni.

[34097] Iª-IIae q. 14 a. 4 s. c.
Sed contra est quod Gregorius Nyssenus dicit, quod de his quae secundum disciplinam vel artem sunt operibus, non est consilium.

 

[34097] Iª-IIae q. 14 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive S. Gregorio Nisseno [ossia Nemesio], che "il consiglio, o deliberazione, non riguarda le cose della scienza e dell'arte".

[34098] Iª-IIae q. 14 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod consilium est inquisitio quaedam, ut dictum est. De illis autem inquirere solemus, quae in dubium veniunt, unde et ratio inquisitiva, quae dicitur argumentum, est rei dubiae faciens fidem. Quod autem aliquid in operabilibus humanis non sit dubitabile, ex duobus contingit. Uno modo, quia per determinatas vias proceditur ad determinatos fines, sicut contingit in artibus quae habent certas vias operandi; sicut scriptor non consiliatur quomodo debeat trahere litteras, hoc enim determinatum est per artem. Alio modo, quia non multum refert utrum sic vel sic fiat, et ista sunt minima, quae parum adiuvant vel impediunt respectu finis consequendi; quod autem parum est, quasi nihil accipit ratio. Et ideo de duobus non consiliamur, quamvis ordinentur ad finem, ut philosophus dicit, scilicet de rebus parvis; et de his quae sunt determinata qualiter fieri debent, sicut est in operibus artium, praeter quasdam coniecturales, ut Gregorius Nyssenus dicit, ut puta medicinalis, negotiativa, et huiusmodi.

 

[34098] Iª-IIae q. 14 a. 4 co.
RISPONDO: Il consiglio, come abbiamo spiegato, è una ricerca. Ora, noi siamo soliti investigare sulle cose dubbie: cosicché il raziocinio induttivo, che si denomina argomento, si dice che è una "testimonianza a favore di una cosa dubbia". Ma può capitare per due motivi, nell'agire umano, che una cosa escluda il dubbio. Primo, perché determinati fini sono raggiunti attraverso vie ben determinate: ciò avviene nelle arti che hanno una tecnica stabilita; l'amanuense, p. es., non delibera come debba disegnare le lettere, poiché la cosa è già stabilita dall'arte. Secondo, perché poco importa che un'azione sia compiuta in una maniera o nell'altra: si tratta di cose minime, che possono ostacolare o aiutare ben poco a raggiungere il fine; e la ragione considera il poco come fosse niente. Perciò, al dire del Filosofo, noi non deliberiamo nel nostro consiglio su queste due cose: sui fatti insignificanti, e su quelli già determinati nel loro modo di esecuzione, cioè sui vari esercizi delle arti; "eccetto le arti congetturali", direbbe il Nisseno [ossia Nemesio], "come la medicina, la mercatura e simili".

[34099] Iª-IIae q. 14 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod electio praesupponit consilium ratione iudicii vel sententiae. Unde quando iudicium vel sententia manifesta est absque inquisitione, non requiritur consilii inquisitio.

 

[34099] Iª-IIae q. 14 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'elezione presuppone la deliberazione o consiglio, in vista del giudizio o decisione. Ma quando la decisione è evidente senza investigare, non si richiede la ricerca del consiglio.

[34100] Iª-IIae q. 14 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod ratio in rebus manifestis non inquirit, sed statim iudicat. Et ideo non oportet in omnibus quae ratione aguntur, esse inquisitionem consilii.

 

[34100] Iª-IIae q. 14 a. 4 ad 2
2. Nelle cose evidenti la ragione non ricerca, ma subito giudica. Perciò non è necessaria la ricerca del consiglio in tutti gli atti compiuti mediante la ragione.

[34101] Iª-IIae q. 14 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod quando aliquid per unum potest fieri, sed diversis modis, potest dubitationem habere, sicut et quando fit per plura, et ideo opus est consilio. Sed quando determinatur non solum res, sed modus, tunc non est opus consilio.

 

[34101] Iª-IIae q. 14 a. 4 ad 3
3. Quando una cosa può essere compiuta con un unico mezzo, ma in maniere diverse, può presentare dei dubbi; così pure quando i mezzi sono molteplici, e quindi si richiede il consiglio. Quando però, non solo la cosa è determinata, ma anche la maniera [di compierla], allora il consiglio non serve.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Il consiglio, o deliberazione, che precede l'elezione > Se il consiglio proceda in ordine risolutivo


Prima pars secundae partis
Quaestio 14
Articulus 5

[34102] Iª-IIae q. 14 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod consilium non procedat modo resolutorio. Consilium enim est de his quae a nobis aguntur. Sed operationes nostrae non procedunt modo resolutorio, sed magis modo compositivo, scilicet de simplicibus ad composita. Ergo consilium non semper procedit modo resolutorio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 14
Articolo 5

[34102] Iª-IIae q. 14 a. 5 arg. 1
SEMBRA che il consiglio non proceda in ordine risolutivo. Infatti:
1. Il consiglio ha per oggetto le nostre operazioni. Ora, le nostre operazioni non procedono in ordine risolutivo ma piuttosto nell'ordine compositivo, cioè dai principii semplici alle cose composte. Dunque il consiglio non sempre procede in ordine risolutivo.

[34103] Iª-IIae q. 14 a. 5 arg. 2
Praeterea, consilium est inquisitio rationis. Sed ratio a prioribus incipit, et ad posteriora devenit, secundum convenientiorem ordinem cum igitur praeterita sint priora praesentibus, et praesentia priora futuris, in consiliando videtur esse procedendum a praesentibus et praeteritis in futura. Quod non pertinet ad ordinem resolutorium. Ergo in consiliis non servatur ordo resolutorius.

 

[34103] Iª-IIae q. 14 a. 5 arg. 2
2. Il consiglio è un'indagine razionale. Ora, la ragione parte dagli antecedenti per giungere alle conseguenze, seguendo l'ordine più conveniente. Ma, essendo le cose passate prima di quelle presenti, e le presenti prima di quelle future, sembra che nel deliberare si debba procedere dal presente e dal passato alle cose future.
E questo non corrisponde all'ordine risolutivo. Dunque nei consigli, o deliberazioni, non si rispetta l'ordine risolutivo.

[34104] Iª-IIae q. 14 a. 5 arg. 3
Praeterea, consilium non est nisi de his quae sunt nobis possibilia, ut dicitur in III Ethic. Sed an sit nobis aliquid possibile, perpenditur ex eo quod possumus facere, vel non possumus facere, ut perveniamus in illud. Ergo in inquisitione consilii a praesentibus incipere oportet.

 

[34104] Iª-IIae q. 14 a. 5 arg. 3
3. Il consiglio ha per oggetto le sole cose a noi possibili, come insegna Aristotele. Ma si giudica se una cosa è possibile o impossibile da quello che possiamo fare, o non possiamo fare, per raggiungerla. Dunque nella ricerca della deliberazione, o consiglio, bisogna partire dal presente.

[34105] Iª-IIae q. 14 a. 5 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III Ethic., quod ille qui consiliatur, videtur quaerere et resolvere.

 

[34105] Iª-IIae q. 14 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo scrive che "colui il quale delibera, si presenta nell'atto di indagare e di risolvere".

[34106] Iª-IIae q. 14 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod in omni inquisitione oportet incipere ab aliquo principio. Quod quidem si, sicut est prius in cognitione, ita etiam sit prius in esse, non est processus resolutorius, sed magis compositivus, procedere enim a causis in effectus, est processus compositivus, nam causae sunt simpliciores effectibus. Si autem id quod est prius in cognitione, sit posterius in esse, est processus resolutorius, utpote cum de effectibus manifestis iudicamus, resolvendo in causas simplices. Principium autem in inquisitione consilii est finis, qui quidem est prior in intentione, posterior tamen in esse. Et secundum hoc, oportet quod inquisitio consilii sit resolutiva, incipiendo scilicet ab eo quod in futuro intenditur, quousque perveniatur ad id quod statim agendum est.

 

[34106] Iª-IIae q. 14 a. 5 co.
RISPONDO: In ogni ricerca bisogna partire da un principio. E se questo principio ha una priorità, sia nell'ordine conoscitivo, che nell'ordine reale, il procedimento non è risolutivo, ma piuttosto compositivo: procedere infatti dalle cause agli effetti è un procedimento compositivo, poiché le cause sono più semplici degli effetti.
Se invece le cose che hanno una priorità nella conoscenza sono posteriori nella realtà, si ha un processo risolutivo: come quando formuliamo giudizi su effetti già noti, risolvendoli nelle loro cause semplici. Ora, nella ricerca della deliberazione, o consiglio, il principio è costituito dal fine, che precede nell'ordine di intenzione mentre è posteriore nella realtà. Per questo è necessario che l'indagine del consiglio sia di carattere risolutivo, e cioè che inizi da ciò che viene perseguito nel futuro, per giungere al da farsi immediato.

[34107] Iª-IIae q. 14 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod consilium est quidem de operationibus. Sed ratio operationum accipitur ex fine, et ideo ordo ratiocinandi de operationibus, est contrarius ordini operandi.

 

[34107] Iª-IIae q. 14 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il consiglio ha per oggetto le operazioni. Ma il motivo dell'operare si desume dal fine: perciò l'ordine della discussione razionale sulle operazioni è inverso a quello dell'operare.

[34108] Iª-IIae q. 14 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod ratio incipit ab eo quod est prius secundum rationem, non autem semper ab eo quod est prius tempore.

 

[34108] Iª-IIae q. 14 a. 5 ad 2
2. La ragione comincia da quanto precede in ordine di ragione: ma non sempre da quel che precede in ordine di tempo.

[34109] Iª-IIae q. 14 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod de eo quod est agendum propter finem, non quaereremus scire an sit possibile, si non esset congruum fini. Et ideo prius oportet inquirere an conveniat ad ducendum in finem, quam consideretur an sit possibile.

 

[34109] Iª-IIae q. 14 a. 5 ad 3
3. Non cercheremmo di sapere se è cosa possibile quello che c'è da compiere per un fine, se non fosse cosa proporzionata al fine. Quindi prima di considerare se è possibile, bisogna domandarsi se è adatta per raggiungere il fine.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Il consiglio, o deliberazione, che precede l'elezione > Se il consiglio possa procedere all'infinito


Prima pars secundae partis
Quaestio 14
Articulus 6

[34110] Iª-IIae q. 14 a. 6 arg. 1
Ad sextum sic proceditur. Videtur quod inquisitio consilii procedat in infinitum. Consilium enim est inquisitio de particularibus, in quibus est operatio. Sed singularia sunt infinita. Ergo inquisitio consilii est infinita.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 14
Articolo 6

[34110] Iª-IIae q. 14 a. 6 arg. 1
SEMBRA che la ricerca del consiglio possa procedere all'infinito.
Infatti:
1. Il consiglio è una ricerca nel campo dei singolari, in cui si svolge l'azione [umana]. Ma i singolari sono infiniti. Dunque la ricerca del consiglio è senza fine.

[34111] Iª-IIae q. 14 a. 6 arg. 2
Praeterea, sub inquisitione consilii cadit considerare non solum quid agendum sit, sed etiam quomodo impedimenta tollantur. Sed quaelibet humana actio potest impediri, et impedimentum tolli potest per aliquam rationem humanam. Ergo in infinitum remanet quaerere de impedimentis tollendis.

 

[34111] Iª-IIae q. 14 a. 6 arg. 2
2. Sotto la ricerca del consiglio non cade soltanto l'azione da compiere, ma anche il modo di eliminare gli ostacoli. Ora, qualsiasi azione umana può essere ostacolata, e ogni ostacolo può essere eliminato mediante un accorgimento della ragione. Dunque si possono cercare all'infinito ostacoli da eliminare.

[34112] Iª-IIae q. 14 a. 6 arg. 3
Praeterea, inquisitio scientiae demonstrativae non procedit in infinitum, quia est devenire in aliqua principia per se nota, quae omnimodam certitudinem habent. Sed talis certitudo non potest inveniri in singularibus contingentibus, quae sunt variabilia et incerta. Ergo inquisitio consilii procedit in infinitum.

 

[34112] Iª-IIae q. 14 a. 6 arg. 3
3. La ricerca scientifica non procede all'infinito, perché si possono raggiungere principii per sé noti, che hanno un'assoluta certezza. Ma tale certezza non si può trovare nei singolari contingenti, che sono variabili e incerti. Perciò la ricerca del consiglio procede all'infinito.

[34113] Iª-IIae q. 14 a. 6 s. c.
Sed contra, nullus movetur ad id ad quod impossibile est quod perveniat, ut dicitur in I de caelo. Sed infinitum impossibile est transire. Si igitur inquisitio consilii sit infinita, nullus consiliari inciperet. Quod patet esse falsum.

 

[34113] Iª-IIae q. 14 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: Aristotele insegna, che "nessuno si muove verso cose impossibili". Ma è cosa impossibile valicare l'infinito. Se dunque la ricerca del consiglio fosse infinita, nessuno inizierebbe mai una deliberazione, contro ogni evidenza.

[34114] Iª-IIae q. 14 a. 6 co.
Respondeo dicendum quod inquisitio consilii est finita in actu ex duplici parte, scilicet ex parte principii, et ex parte termini. Accipitur enim in inquisitione consilii duplex principium. Unum proprium, ex ipso genere operabilium, et hoc est finis, de quo non est consilium, sed supponitur in consilio ut principium, ut dictum est. Aliud quasi ex alio genere assumptum sicut et in scientiis demonstrativis una scientia supponit aliqua ab alia, de quibus non inquirit. Huiusmodi autem principia quae in inquisitione consilii supponuntur, sunt quaecumque sunt per sensum accepta, utpote quod hoc sit panis vel ferrum; et quaecumque sunt per aliquam scientiam speculativam vel practicam in universali cognita, sicut quod moechari est a Deo prohibitum, et quod homo non potest vivere nisi nutriatur nutrimento convenienti. Et de istis non inquirit consiliator. Terminus autem inquisitionis est id quod statim est in potestate nostra ut faciamus. Sicut enim finis habet rationem principii, ita id quod agitur propter finem, habet rationem conclusionis. Unde id quod primo agendum occurrit, habet rationem ultimae conclusionis, ad quam inquisitio terminatur. Nihil autem prohibet consilium potentia infinitum esse, secundum quod in infinitum possunt aliqua occurrere consilio inquirenda.

 

[34114] Iª-IIae q. 14 a. 6 co.
RISPONDO: La ricerca del consiglio [non] è [infinita ma] finita in atto in due sensi: rispetto ai suoi principii, e rispetto al suo termine. Infatti in codesta ricerca troviamo due principii. Il primo è peculiare, e deriva dal genere stesso delle cose operabili: esso è il fine, che non è materia di consiglio, essendone un presupposto in qualità di principio, come abbiamo spiegato. Il secondo principio è come desunto da altri generi: cosi nel campo delle scienze dimostrative una scienza presuppone le conclusioni dell'altra, senza discuterle. Ora, principii di codesto genere, presupposti alla ricerca del consiglio, sono tutti i dati dei sensi: e cioè che questa cosa è pane, o che è ferro; nonché tutte le nozioni astratte acquisite dalle scienze speculative o pratiche: che l'adulterio, p. es., è proibito da Dio, e che l'uomo non può vivere senza il nutrimento conveniente. Perciò chi si consiglia non prende in esame cedeste cose. – Invece costituisce il termine della ricerca quello che non possiamo immediatamente eseguire. Infatti, come il fine [nell'ordine pratico] ha natura di principio, così quanto viene eseguito per un fine ha carattere di conclusione. Perciò la cosa che si presenta per prima all'operazione è come l'ultima conclusione a cui termina la ricerca. - Tuttavia niente impedisce che una deliberazione, o consiglio, possa essere un infinito potenziale, in quanto al consiglio possono presentarsi infinite cose da indagare.

[34115] Iª-IIae q. 14 a. 6 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod singularia non sunt infinita actu, sed in potentia tantum.

 

[34115] Iª-IIae q. 14 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I singolari non sono infiniti in maniera attuale ma potenziale.

[34116] Iª-IIae q. 14 a. 6 ad 2
Ad secundum dicendum quod, licet humana actio possit impediri, non tamen semper habet impedimentum paratum. Et ideo non semper oportet consiliari de impedimento tollendo.

 

[34116] Iª-IIae q. 14 a. 6 ad 2
2. Sebbene l'operare dell'uomo sempre possa essere ostacolato, tuttavia non sempre trova pronto l'ostacolo. Perciò non sempre è necessario consigliarsi sul modo di eliminare gli ostacoli.

[34117] Iª-IIae q. 14 a. 6 ad 3
Ad tertium dicendum quod in singularibus contingentibus potest aliquid accipi certum, etsi non simpliciter, tamen ut nunc, prout assumitur in operatione. Socratem enim sedere non est necessarium, sed eum sedere, dum sedet, est necessarium. Et hoc per certitudinem accipi potest.

 

[34117] Iª-IIae q. 14 a. 6 ad 3
3. Nei singolari contingenti si può trovare qualche cosa di certo, sebbene non in senso assoluto [necessità assoluta], ma come fatto passato o presente [necessità di fatto], sottoposto al giudizio operativo [del consiglio]. Difatti non è un fatto necessario che Socrate sieda: ma è necessario che sieda mentre egli siede. E questo si può ritenere con certezza.

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