I-II, 13

Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'elezione, atto della volontà relativo ai mezzi


Prima pars secundae partis
Quaestio 13
Prooemium

[34022] Iª-IIae q. 13 pr.
Consequenter considerandum est de actibus voluntatis qui sunt in comparatione ad ea quae sunt ad finem. Et sunt tres, eligere, consentire, et uti. Electionem autem praecedit consilium. Primo ergo considerandum est de electione; secundo, de consilio; tertio, de consensu; quarto, de usu. Circa electionem quaeruntur sex.
Primo, cuius potentiae sit actus, utrum voluntatis vel rationis.
Secundo, utrum electio conveniat brutis animalibus.
Tertio, utrum electio sit solum eorum quae sunt ad finem, vel etiam quandoque finis.
Quarto, utrum electio sit tantum eorum quae per nos aguntur.
Quinto, utrum electio sit solum possibilium.
Sexto, utrum homo ex necessitate eligat, vel libere.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 13
Proemio

[34022] Iª-IIae q. 13 pr.
Passiamo ora a studiare gli atti della volontà che riguardano i mezzi. Essi sono tre: elezione, consenso e uso.
L'elezione, o scelta, ha come premessa il consiglio. Perciò tratteremo: primo, dell'elezione; secondo, del consiglio; terzo, del consenso; quarto, dell'uso.
Circa l'elezione si presentano sei quesiti:

1. A quale facoltà appartenga, se alla volontà o alla ragione;
2. Se si trovi anche negli animali privi di ragione;
3. Se l'elezione riguardi soltanto i mezzi oppure talora anche il fine;
4. Se l'elezione riguardi le sole cose che facciamo noi;
5. Se riguardi soltanto cose possibili;
6. Se l'elezione umana sia necessaria o libera.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'elezione, atto della volontà relativo ai mezzi > Se l'elezione sia un atto della volontà, o della ragione


Prima pars secundae partis
Quaestio 13
Articulus 1

[34023] Iª-IIae q. 13 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod electio non sit actus voluntatis, sed rationis. Electio enim collationem quandam importat, qua unum alteri praefertur. Sed conferre est rationis. Ergo electio est rationis.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 13
Articolo 1

[34023] Iª-IIae q. 13 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'elezione non sia un atto della volontà, ma della ragione. Infatti:
1. L'elezione presuppone un certo raffronto, in base al quale una cosa viene preferita a un'altra Ora confrontare è un atto della ragione. Dunque l'elezione è un atto della ragione.

[34024] Iª-IIae q. 13 a. 1 arg. 2
Praeterea, eiusdem est syllogizare et concludere. Sed syllogizare in operabilibus est rationis. Cum igitur electio sit quasi conclusio in operabilibus, ut dicitur in VII Ethic., videtur quod sit actus rationis.

 

[34024] Iª-IIae q. 13 a. 1 arg. 2
2. Appartiene al medesimo soggetto imbastire un sillogismo e tirare la conclusione. Ora, sillogizzare in campo pratico spetta alla ragione. Perciò, essendo la scelta una conclusione di ordine pratico, come insegna Aristotele, essa si rivela un atto della ragione.

[34025] Iª-IIae q. 13 a. 1 arg. 3
Praeterea, ignorantia non pertinet ad voluntatem, sed ad vim cognitivam. Est autem quaedam ignorantia electionis, ut dicitur in III Ethic. Ergo videtur quod electio non pertineat ad voluntatem, sed ad rationem.

 

[34025] Iª-IIae q. 13 a. 1 arg. 3
3. L'ignoranza non riguarda la volontà, bensì la facoltà conoscitiva. Ma esiste, al dire di Aristotele, l'"ignoranza di elezione".
Dunque l'elezione, o scelta, non spetta alla volontà ma alla ragione.

[34026] Iª-IIae q. 13 a. 1 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III Ethic., quod electio est desiderium eorum quae sunt in nobis. Desiderium autem est actus voluntatis. Ergo et electio.

 

[34026] Iª-IIae q. 13 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna che l'elezione è il "desiderio delle cose che dipendono da noi". Ma il desiderio è atto della volontà. Perciò anche l'elezione.

[34027] Iª-IIae q. 13 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod in nomine electionis importatur aliquid pertinens ad rationem sive intellectum, et aliquid pertinens ad voluntatem, dicit enim philosophus, in VI Ethic., quod electio est appetitivus intellectus, vel appetitus intellectivus. Quandocumque autem duo concurrunt ad aliquid unum constituendum, unum eorum est ut formale respectu alterius. Unde Gregorius Nyssenus dicit quod electio neque est appetitus secundum seipsam, neque consilium solum, sed ex his aliquid compositum. Sicut enim dicimus animal ex anima et corpore compositum esse, neque vero corpus esse secundum seipsum, neque animam solam, sed utrumque; ita et electionem. Est autem considerandum in actibus animae, quod actus qui est essentialiter unius potentiae vel habitus, recipit formam et speciem a superiori potentia vel habitu, secundum quod ordinatur inferius a superiori, si enim aliquis actum fortitudinis exerceat propter Dei amorem, actus quidem ille materialiter est fortitudinis, formaliter vero caritatis. Manifestum est autem quod ratio quodammodo voluntatem praecedit, et ordinat actum eius, inquantum scilicet voluntas in suum obiectum tendit secundum ordinem rationis, eo quod vis apprehensiva appetitivae suum obiectum repraesentat. Sic igitur ille actus quo voluntas tendit in aliquid quod proponitur ut bonum, ex eo quod per rationem est ordinatum ad finem, materialiter quidem est voluntatis, formaliter autem rationis. In huiusmodi autem substantia actus materialiter se habet ad ordinem qui imponitur a superiori potentia. Et ideo electio substantialiter non est actus rationis, sed voluntatis, perficitur enim electio in motu quodam animae ad bonum quod eligitur. Unde manifeste actus est appetitivae potentiae.

 

[34027] Iª-IIae q. 13 a. 1 co.
RISPONDO: Il termine elezione, o scelta, implica elementi che spettano alla ragione o intelligenza, ed elementi che appartengono alla volontà: infatti il Filosofo dice che l'elezione è "un'intellezione appetitiva o un'appetizione intellettiva". Ora, se due elementi concorrono a formare una cosa, uno di essi è l'elemento formale rispetto all'altro. Ed invero S. Gregorio di Nissa afferma che l'elezione "per se stessa non è l'appetito, e neppure il solo consiglio, ma la loro combinazione. Come diciamo che l'animale è il composto di anima e corpo, non il corpo o l'anima soltanto, ma il composto; lo stesso vale per l'elezione". Ora, bisogna considerare che un atto dell'anima, il quale appartiene sostanzialmente a una data potenza o a un dato abito, riceve la torma e la specie da una potenza e da un abito superiore, nella misura in cui l'inferiore viene subordinato al superiore: se uno, p. es., compie un atto di fortezza per amore di Dio, materialmente il suo è un atto di fortezza, formalmente di carità. Ora, è evidente che la ragione è superiore in qualche modo alla volontà, e ne ordina gli atti; in quanto, cioè, la volontà tende al proprio oggetto secondo l'ordine della ragione, per il fatto che la facoltà conoscitiva presenta a quella appetitiva il proprio oggetto. Perciò l'atto mediante il quale la volontà tende a una cosa presentata come buona, perché dalla ragione è ordinata al fine, materialmente appartiene alla volontà, formalmente alla ragione. In codesti casi la sostanza dell'atto si comporta da elemento materiale rispetto all'ordine imposto dalla facoltà superiore.
Quindi l'elezione sostanzialmente non è atto della ragione, ma della volontà: infatti l'elezione consiste in un moto dell'anima verso il bene prescelto. Dunque è chiaro che essa è un atto della, potenza appetitiva.

[34028] Iª-IIae q. 13 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod electio importat collationem quandam praecedentem, non quod essentialiter sit ipsa collatio.

 

[34028] Iª-IIae q. 13 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'elezione presuppone un raffronto: ma essa non è essenzialmente il raffronto medesimo.

[34029] Iª-IIae q. 13 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod conclusio etiam syllogismi qui fit in operabilibus, ad rationem pertinet; et dicitur sententia vel iudicium, quam sequitur electio. Et ob hoc ipsa conclusio pertinere videtur ad electionem, tanquam ad consequens.

 

[34029] Iª-IIae q. 13 a. 1 ad 2
2. La conclusione di un sillogismo in campo pratico spetta alla ragione; ed è la decisione, o giudizio, cui tiene dietro l'elezione. Per questo la conclusione stessa appartiene all'elezione come a suo corollario.

[34030] Iª-IIae q. 13 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod ignorantia dicitur esse electionis, non quod ipsa electio sit scientia, sed quia ignoratur quid sit eligendum.

 

[34030] Iª-IIae q. 13 a. 1 ad 3
3. Si parla di un'"ignoranza di elezione", non perché la scelta medesima sia una conoscenza, ma perché nel caso è fatta, ignorando quello che bisogna scegliere.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'elezione, atto della volontà relativo ai mezzi > Se l'elezione appartenga agli animali irragionevoli


Prima pars secundae partis
Quaestio 13
Articulus 2

[34031] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod electio brutis animalibus conveniat. Electio enim est appetitus aliquorum propter finem, ut dicitur in III Ethic. Sed bruta animalia appetunt aliquid propter finem, agunt enim propter finem, et ex appetitu. Ergo in brutis animalibus est electio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 13
Articolo 2

[34031] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'elezione appartenga agli animali irragionevoli. Infatti:
1. L'elezione, come scrive Aristotele, è "il desiderio di alcune cose per un fine". Ma gli animali bramano qualche cosa per un fine: infatti agiscono per dei fini, e mossi dall'appetito. Dunque negli animali irragionevoli non manca l'elezione.

[34032] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 2
Praeterea, ipsum nomen electionis significare videtur quod aliquid prae aliis accipiatur. Sed bruta animalia accipiunt aliquid prae aliis, sicut manifeste apparet quod ovis unam herbam comedit, et aliam refutat. Ergo in brutis animalibus est electio.

Testo latino

 

[34032] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 2
2. Il termine stesso di elezione sta a indicare l'atto di prendere una cosa piuttosto che un'altra. Ora, gli animali sanno agire in questo modo; come è evidente nel caso della pecora, che mangia certe erbe e ne schiva certe altre. Dunque anche negli animali irragionevoli si trova l'elezione.

[34033] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 3
Praeterea, ut dicitur in VI Ethic., ad prudentiam pertinet quod aliquis bene eligat ea quae sunt ad finem. Sed prudentia convenit brutis animalibus, unde dicitur in principio Metaphys., quod prudentia sunt sine disciplina quaecumque sonos audire non potentia sunt, ut apes. Et hoc etiam sensui manifestum videtur, apparent enim mirabiles sagacitates in operibus animalium, ut apum et aranearum et canum. Canis enim insequens cervum, si ad trivium venerit, odoratu quidem explorat an cervus per primam vel secundam viam transiverit, quod si invenerit non transisse, iam securus per tertiam viam incedit non explorando, quasi utens syllogismo divisivo, quo concludi posset cervum per illam viam incedere, ex quo non incedit per alias duas, cum non sint plures. Ergo videtur quod electio brutis animalibus conveniat.

 

[34033] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 3
3. Come insegna Aristotele, "dipende dalla prudenza che uno elegga bene le cose ordinate al fine". Ma la prudenza non manca negli animali irragionevoli: difatti sta scritto all'inizio della Metafisica, che "mancano di prudenza e di docilità quelli [soli] che sono incapaci di udire i suoni, come le api". E questo è evidente anche ai sensi: poiché nelle opere degli animali si riscontrano industrie mirabili, come nel caso delle api, dei ragni e dei cani.
Quando il cane, p. es., insegue il cervo, arrivato a un trivio, esplora col fiuto se il cervo è passato dalla prima strada, o dalla seconda: ma se riscontra che di là non è passato, senza esplorare si lancia sicuro per la terza strada, come servendosi di un sillogismo disgiuntivo, mediante il quale si può concludere che il cervo percorre quella strada, per il fatto che non percorre le altre due, non essendovene altre. Dunque l'elezione non manca agli animali privi di ragione.

[34034] Iª-IIae q. 13 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Gregorius Nyssenus dicit, quod pueri et irrationalia voluntarie quidem faciunt, non tamen eligentia. Ergo in brutis animalibus non est electio.

 

[34034] Iª-IIae q. 13 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio Nisseno [leggi Nemesio] scrive che " i bambini e gli esseri privi di ragione hanno azioni volontarie, ma senza elezione". Dunque negli animali irragionevoli non c'è elezione.

[34035] Iª-IIae q. 13 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, cum electio sit praeacceptio unius respectu alterius, necesse est quod electio sit respectu plurium quae eligi possunt. Et ideo in his quae sunt penitus determinata ad unum, electio locum non habet. Est autem differentia inter appetitum sensitivum et voluntatem, quia, ut ex praedictis patet, appetitus sensitivus est determinatus ad unum aliquid particulare secundum ordinem naturae; voluntas autem est quidem, secundum naturae ordinem, determinata ad unum commune, quod est bonum, sed indeterminate se habet respectu particularium bonorum. Et ideo proprie voluntatis est eligere, non autem appetitus sensitivi, qui solus est in brutis animalibus. Et propter hoc brutis animalibus electio non convenit.

 

[34035] Iª-IIae q. 13 a. 2 co.
RISPONDO: È necessario che l'elezione riguardi più cose passibili di scelta, poiché consiste nel preferire una cosa a un'altra. Perciò non può esserci elezione in quegli esseri che sono rigidamente determinati a una cosa sola. Ora, tra l'appetito sensitivo e la volontà c'è questa differenza, che l'appetito sensitivo, come è evidente da quanto si è detto, è determinato per natura a oggetti particolari; invece la volontà per natura è determinata a una cosa universale, cioè al bene, restando indeterminata in rapporto ai beni particolari. Perciò l'elezione è atto esclusivo della volontà: non già dell'appetito sensitivo, che è il solo esistente negli animali irragionevoli. Perciò in cedesti animali non può esserci l'elezione.

[34036] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod non omnis appetitus alicuius propter finem, vocatur electio, sed cum quadam discretione unius ab altero. Quae locum habere non potest, nisi ubi appetitus potest ferri ad plura.

 

[34036] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ; 1. Non ogni desiderio di qualche cosa per un fine è elezione: ma il desiderio accompagnato dal discernimento di una cosa da un'altra. E questo può esserci soltanto là dove l'appetito è capace di portarsi su una pluralità di oggetti.

[34037] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod brutum animal accipit unum prae alio, quia appetitus eius est naturaliter determinatus ad ipsum. Unde statim quando per sensum vel per imaginationem repraesentatur sibi aliquid ad quod naturaliter inclinatur eius appetitus, absque electione in illud solum movetur. Sicut etiam absque electione ignis movetur sursum, et non deorsum.

 

[34037] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 2
2. L'animale privo di ragione preferisce una cosa a un'altra, perché la sua facoltà appetitiva è per natura determinata ad essa. Cosicché quando il senso o l'immaginazione gli presentano qualche cosa verso la quale è naturalmente inclinato il suo appetito, immediatamente, senza elezione, si muove verso di essa. Allo stesse modo anche il fuoco, senza elezione, si muove verso l'alto e non verso il basso.

[34038] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut dicitur in III Physic., motus est actus mobilis a movente. Et ideo virtus moventis apparet in motu mobilis. Et propter hoc in omnibus quae moventur a ratione, apparet ordo rationis moventis, licet ipsa rationem non habeant, sic enim sagitta directe tendit ad signum ex motione sagittantis, ac si ipsa rationem haberet dirigentem. Et idem apparet in motibus horologiorum, et omnium ingeniorum humanorum, quae arte fiunt. Sicut autem comparantur artificialia ad artem humanam, ita comparantur omnia naturalia ad artem divinam. Et ideo ordo apparet in his quae moventur secundum naturam, sicut et in his quae moventur per rationem, ut dicitur in II Physic. Et ex hoc contingit quod in operibus brutorum animalium apparent quaedam sagacitates, inquantum habent inclinationem naturalem ad quosdam ordinatissimos processus, utpote a summa arte ordinatos. Et propter hoc etiam quaedam animalia dicuntur prudentia vel sagacia, non quod in eis sit aliqua ratio vel electio. Quod ex hoc apparet, quod omnia quae sunt unius naturae, similiter operantur.

 

[34038] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 3
3. Come scrive Aristotele, "il moto è atto del mobile impresso dal movente". Perciò nei moto del soggetto mobile appare la virtù della causa movente. Per questo in tutte le cose mosse dalla ragione traspare l'ordine della ragione che muove, sebbene esse non abbiano la ragione: la freccia, p. es., tende direttamente al bersaglio sotto la mozione dell'arciere, come se essa medesima avesse la ragione che la guida. Lo stesso si riscontra nel moto degli orologi e di tutte le altre macchine umane, escogitate dall'arte. Ora, gli esseri naturali stanno all'arte di Dio, come le macchine stanno all'arte dell'uomo. Perciò nelle cose mosse dalla natura si riscontra l'ordine, come in quelle mosse dalla ragione, al dire di Aristotele.
Così si spiega perché le opere degli animali irragionevoli rivelano un certo accorgimento, in quanto gli animali hanno un'inclinazione naturale a certi ordinatissimi processi, predisposti da un'arte sovrana. Ed ecco perché certi animali si dicono prudenti o accorti; non già che in essi si trovi la ragione, o l'elezione. E lo dimostra il fatto che gli animali di una data natura operano tutti allo stesso modo.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'elezione, atto della volontà relativo ai mezzi > Se l'elezione riguardi solo i mezzi, o riguardi talora anche il fine


Prima pars secundae partis
Quaestio 13
Articulus 3

[34039] Iª-IIae q. 13 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod electio non sit tantum eorum quae sunt ad finem. Dicit enim philosophus, in VI Ethic., quod electionem rectam facit virtus, quaecumque autem illius gratia nata sunt fieri, non sunt virtutis, sed alterius potentiae. Illud autem cuius gratia fit aliquid, est finis. Ergo electio est finis.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 13
Articolo 3

[34039] Iª-IIae q. 13 a. 3 arg. 1
SEMBRA che l'elezione non riguardi soltanto i mezzi. Infatti:
1. Il Filosofo scrive che "la virtù rende buona l'elezione; gli atti invece che sono compiuti a vantaggio di essa non si devono alla virtù, ma ad altro principio" Ora, la cosa a vantaggio della quale si compie un'azione è il fine. Dunque l'elezione riguarda il fine.

[34040] Iª-IIae q. 13 a. 3 arg. 2
Praeterea, electio importat praeacceptionem unius respectu alterius. Sed sicut eorum quae sunt ad finem unum potest praeaccipi alteri, ita etiam et diversorum finium. Ergo electio potest esse finis, sicut et eorum quae sunt ad finem.

 

[34040] Iª-IIae q. 13 a. 3 arg. 2
2. L'elezione importa la preferenza di una cosa a un'altra. Ma, come si può preferire un mezzo ad altri mezzi, così è possibile preferire un fine tra diversi fini. Perciò ci può essere elezione del fine come dei mezzi.

[34041] Iª-IIae q. 13 a. 3 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III Ethic., quod voluntas est finis, electio autem eorum quae sunt ad finem.

 

[34041] Iª-IIae q. 13 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna che "la volizione ha per oggetto il fine, l'elezione i mezzi".

[34042] Iª-IIae q. 13 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod, sicut iam dictum est, electio consequitur sententiam vel iudicium, quod est sicut conclusio syllogismi operativi. Unde illud cadit sub electione, quod se habet ut conclusio in syllogismo operabilium. Finis autem in operabilibus se habet ut principium, et non ut conclusio, ut philosophus dicit in II Physic. Unde finis, inquantum est huiusmodi, non cadit sub electione. Sed sicut in speculativis nihil prohibet id quod est unius demonstrationis vel scientiae principium, esse conclusionem alterius demonstrationis vel scientiae; primum tamen principium indemonstrabile non potest esse conclusio alicuius demonstrationis vel scientiae; ita etiam contingit id quod est in una operatione ut finis, ordinari ad aliquid ut ad finem. Et hoc modo sub electione cadit. Sicut in operatione medici, sanitas se habet ut finis, unde hoc non cadit sub electione medici, sed hoc supponit tanquam principium. Sed sanitas corporis ordinatur ad bonum animae, unde apud eum qui habet curam de animae salute, potest sub electione cadere esse sanum vel esse infirmum; nam apostolus dicit, II ad Cor. XII, cum enim infirmor, tunc potens sum. Sed ultimus finis nullo modo sub electione cadit.

 

[34042] Iª-IIae q. 13 a. 3 co.
RISPONDO: Come abbiamo già detto, l'elezione segue alla decisione, o giudizio, che è come la conclusione di un sillogismo operativo. Perciò l'elezione si estende a quanto si presenta come conclusione in un sillogismo operativo. Ora, il fine, al dire di Aristotele, si presenta come principio, e non come conclusione, in campo operativo.
Quindi il fine come tale non è oggetto di elezione. Però, come in campo speculativo può darsi che il principio di una dimostrazione, o di una scienza, sia conclusione rispetto a un'altra dimostrazione o a un'altra scienza, escluso il primo principio indimostrabile; così può capitare che sia ordinato a un fine più remoto ciò che è fine di una data operazione. E in tal caso un fine è oggetto di elezione. Nell'attività del medico, p. es., la salute si presenta come fine: perciò essa non è oggetto di scelta, per il medico che la presuppone come principio. Ma la salute del corpo è ordinata al bene dell'anima: perciò per chi deve curare la salute dell'anima può essere oggetto di elezione essere sano o essere malato; infatti l'Apostolo afferma: "Quando sono infermo, allora sono potente". Però l'ultimo fine in nessun modo può essere oggetto di elezione.

[34043] Iª-IIae q. 13 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod fines proprii virtutum ordinantur ad beatitudinem sicut ad ultimum finem. Et hoc modo potest esse eorum electio.

 

[34043] Iª-IIae q. 13 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I fini particolari delle virtù sono ordinati come ad ultimo fine alla beatitudine. E in tal senso che possono essere oggetto di elezione.

[34044] Iª-IIae q. 13 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut supra habitum est, ultimus finis est unus tantum. Unde ubicumque occurrunt plures fines, inter eos potest esse electio, secundum quod ordinantur ad ulteriorem finem.

 

[34044] Iª-IIae q. 13 a. 3 ad 2
2. Come abbiamo visto in precedenza, il fine ultimo è uno solo. Perciò dove si presentino più fini ci può essere elezione tra di essi, in quanto sono ordinati a un fine più remoto.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'elezione, atto della volontà relativo ai mezzi > Se l'elezione abbia per oggetto soltanto le nostre azioni


Prima pars secundae partis
Quaestio 13
Articulus 4

[34045] Iª-IIae q. 13 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod electio non sit solum respectu humanorum actuum. Electio enim est eorum quae sunt ad finem. Sed ea quae sunt ad finem non solum sunt actus, sed etiam organa, ut dicitur in II Physic. Ergo electiones non sunt tantum humanorum actuum.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 13
Articolo 4

[34045] Iª-IIae q. 13 a. 4 arg. 1
SEMBRA che l'elezione non riguardi soltanto le azioni umane. Infatti:
1. L'elezione ha per oggetto i mezzi ordinati al fine. Ora, non sono mezzi soltanto gli atti, ma anche gli organi, come fa osservare Aristotele. Dunque l'elezione non riguarda soltanto gli atti umani.

[34046] Iª-IIae q. 13 a. 4 arg. 2
Praeterea, actio a contemplatione distinguitur. Sed electio etiam in contemplatione locum habet; prout scilicet una opinio alteri praeeligitur. Ergo electio non est solum humanorum actuum.

 

[34046] Iª-IIae q. 13 a. 4 arg. 2
2. L'azione è distinta dalla contemplazione. L'elezione invece si verifica anche nella contemplazione; perché un'opinione può essere preferita a un'altra. Dunque l'elezione non è limitata agli atti umani.

[34047] Iª-IIae q. 13 a. 4 arg. 3
Praeterea, eliguntur homines ad aliqua officia, vel saecularia vel ecclesiastica, ab his qui nihil erga eos agunt. Ergo electio non solum est humanorum actuum.

 

[34047] Iª-IIae q. 13 a. 4 arg. 3
3. Coloro che eleggono degli uomini ai vari uffici, civili o ecclesiastici, non compiono su di essi nessun'azione. Dunque l'elezione non riguarda soltanto delle azioni umane.

[34048] Iª-IIae q. 13 a. 4 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III Ethic., quod nullus eligit nisi ea quae existimat fieri per ipsum.

 

[34048] Iª-IIae q. 13 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo scrive, che "nessuno può eleggere altro, che quanto pensa di poter compiere da se stesso".

[34049] Iª-IIae q. 13 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, sicut intentio est finis, ita electio est eorum quae sunt ad finem. Finis autem vel est actio, vel res aliqua. Et cum res aliqua fuerit finis, necesse est quod aliqua humana actio interveniat, vel inquantum homo facit rem illam quae est finis, sicut medicus facit sanitatem, quae est finis eius (unde et facere sanitatem dicitur finis medici); vel inquantum homo aliquo modo utitur vel fruitur re quae est finis, sicut avaro est finis pecunia, vel possessio pecuniae. Et eodem modo dicendum est de eo quod est ad finem. Quia necesse est ut id quod est ad finem, vel sit actio; vel res aliqua, interveniente aliqua actione, per quam facit id quod est ad finem, vel utitur eo. Et per hunc modum electio semper est humanorum actuum.

 

[34049] Iª-IIae q. 13 a. 4 co.
RISPONDO: L'elezione ha per oggetto i mezzi, come l'intenzione ha per oggetto il fine. Ora, il fine o è un'azione, o è una cosa. Ma anche se è una cosa, è necessario che intervenga un'azione umana; o perché l'uomo produce la cosa che costituisce il fine, come il medico il quale produce la guarigione (e infatti si dice che il fine del medico è produrre la guarigione); oppure perché l'uomo in qualche maniera usa o si gode la cosa che costituisce il fine. Fine dell'avaro, p. es., è il denaro, e il possesso del denaro. Lo stesso argomento vale per i mezzi ordinati al fine. Poiché è necessario che quanto è ordinato a un fine, o sia un'azione; oppure una cosa con l'intervento di un'azione, la quale o dovrà produrre il mezzo ordinato al fine, o servirsi di esso. E in tal modo l'elezione ha sempre per oggetto delle azioni umane.

[34050] Iª-IIae q. 13 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod organa ordinantur ad finem, inquantum homo utitur eis propter finem.

 

[34050] Iª-IIae q. 13 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: I. Gli organi sono ordinati al fine, proprio perché l'uomo ne usa per il fine.

[34051] Iª-IIae q. 13 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod in ipsa contemplatione est aliquis actus intellectus assentientis huic opinioni vel illi. Actio vero exterior est quae contra contemplationem dividitur.

 

[34051] Iª-IIae q. 13 a. 4 ad 2
2. Nella contemplazione stessa non manca l'atto dell'intelletto; che accetta questa o quell'altra opinione. L'azione esterna [soltanto] è il contrapposto della contemplazione.

[34052] Iª-IIae q. 13 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod homo qui eligit episcopum vel principem civitatis, eligit nominare ipsum in talem dignitatem. Alioquin, si nulla esset eius actio ad constitutionem episcopi vel principis, non competeret ei electio. Et similiter dicendum est quod quandocumque dicitur aliqua res praeeligi alteri, adiungitur ibi aliqua operatio eligentis.

 

[34052] Iª-IIae q. 13 a. 4 ad 3
3. Chi elegge il vescovo o il supremo magistrato della città, sceglie precisamente la nomina di lui a quell'ufficio. Altrimenti, se non si richiedesse nessuna azione da parte sua per l'istituzione suddetta, egli non avrebbe facoltà di eleggere. Così pure si ha sempre un'azione da parte di chi sceglie, ogni qualvolta si tratti di preferire una cosa a un'altra.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'elezione, atto della volontà relativo ai mezzi > Se l'elezione si limiti alle cose possibili


Prima pars secundae partis
Quaestio 13
Articulus 5

[34053] Iª-IIae q. 13 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod electio non sit solum possibilium. Electio enim est actus voluntatis, ut dictum est. Sed voluntas est impossibilium, ut dicitur in III Ethic. Ergo et electio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 13
Articolo 5

[34053] Iª-IIae q. 13 a. 5 arg. 1
SEMBRA che l'elezione non si limiti alle cose possibili. Infatti:
1. L'elezione è un atto della volontà, come si è detto. Ma, al dire di Aristotele, "la volontà ha per oggetto gli impossibili". Dunque anche l'elezione.

[34054] Iª-IIae q. 13 a. 5 arg. 2
Praeterea, electio est eorum quae per nos aguntur, sicut dictum est. Nihil ergo refert, quantum ad electionem, utrum eligatur id quod est impossibile simpliciter, vel id quod est impossibile eligenti. Sed frequenter ea quae eligimus, perficere non possumus, et sic sunt impossibilia nobis. Ergo electio est impossibilium.

 

[34054] Iª-IIae q. 13 a. 5 arg. 2
2. L'elezione riguarda gli atti compiuti da noi, come abbiamo visto. Perciò poco importa per l'elezione, se uno sceglie cose del tutto impossibili, o cose impossibili solo per lui. Ora, spesso noi non possiamo compiere le azioni prescelte e quindi per noi sono impossibili. Dunque l'elezione abbraccia anche gli impossibili.

[34055] Iª-IIae q. 13 a. 5 arg. 3
Praeterea, nihil homo tentat agere nisi eligendo. Sed beatus Benedictus dicit quod, si praelatus aliquid impossibile praeceperit, tentandum est. Ergo electio potest esse impossibilium.

 

[34055] Iª-IIae q. 13 a. 5 arg. 3
3. Un uomo non tenta niente senza elezione. Ma S. Benedetto ammonisce che, se il superiore comandasse qualche cosa d'impossibile, bisogna tentare. Dunque l'elezione si estende alle cose impossibili.

[34056] Iª-IIae q. 13 a. 5 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III Ethic., quod electio non est impossibilium.

 

[34056] Iª-IIae q. 13 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna che "l'elezione non è di cose impossibili".

[34057] Iª-IIae q. 13 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, electiones nostrae referuntur semper ad nostras actiones. Ea autem quae per nos aguntur, sunt nobis possibilia. Unde necesse est dicere quod electio non sit nisi possibilium. Similiter etiam ratio eligendi aliquid est ex hoc quod ducit ad finem. Per id autem quod est impossibile, non potest aliquis consequi finem. Cuius signum est quia, cum in consiliando perveniunt homines ad id quod est eis impossibile, discedunt, quasi non valentes ulterius procedere. Apparet etiam hoc manifeste ex processu rationis praecedente. Sic enim se habet id quod est ad finem, de quo electio est, ad finem, sicut conclusio ad principium. Manifestum est autem quod conclusio impossibilis non sequitur ex principio possibili. Unde non potest esse quod finis sit possibilis, nisi id quod est ad finem fuerit possibile. Ad id autem quod est impossibile, nullus movetur. Unde nullus tenderet in finem, nisi per hoc quod apparet id quod est ad finem esse possibile. Unde id quod est impossibile sub electione non cadit.

 

[34057] Iª-IIae q. 13 a. 5 co.
RISPONDO; Le nostre scelte, come abbiamo spiegato, si riferiscono sempre alle nostre azioni. Ora, gli atti che noi compiamo, sono per noi possibili. Dunque bisogna concludere che l'elezione si limita alle cose possibili.
Così pure, il motivo dell'elezione di una cosa sta nel fatto che essa porta al fine. Ora, nessuno può raggiungere il fine mediante cose impossibili. E lo prova il fatto che quando gli uomini nel prendere consiglio si trovano di fronte all'impossibile, si ritirano, come incapaci di procedere oltre.
Ciò è evidente anche dal procedimento della ragione che deve precedere. Il mezzo, che costituisce l'oggetto dell'elezione, sta al fine come la conclusione sta ai principii. E noto però che da principii possibili non segue una conclusione impossibile. Dunque non può esserci un fine possibile, se non è cosa possibile il mezzo ad esso ordinato. Ora, nessuno si muove verso ciò che è impossibile. Perciò nessuno tenderebbe al fine, se non gli apparisse possibile il mezzo per raggiungerlo. Quindi le cose impossibili non sono oggetto di elezione.

[34058] Iª-IIae q. 13 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod voluntas media est inter intellectum et exteriorem operationem, nam intellectus proponit voluntati suum obiectum, et ipsa voluntas causat exteriorem actionem. Sic igitur principium motus voluntatis consideratur ex parte intellectus, qui apprehendit aliquid ut bonum in universali, sed terminatio, seu perfectio actus voluntatis attenditur secundum ordinem ad operationem, per quam aliquis tendit ad consecutionem rei; nam motus voluntatis est ab anima ad rem. Et ideo perfectio actus voluntatis attenditur secundum hoc quod est aliquid bonum alicui ad agendum. Hoc autem est possibile. Et ideo voluntas completa non est nisi de possibili, quod est bonum volenti. Sed voluntas incompleta est de impossibili, quae secundum quosdam velleitas dicitur, quia scilicet aliquis vellet illud, si esset possibile. Electio autem nominat actum voluntatis iam determinatum ad id quod est huic agendum. Et ideo nullo modo est nisi possibilium.

 

[34058] Iª-IIae q. 13 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La volontà è in posizione intermedia tra l'intelletto e l'azione esterna: infatti l'intelligenza propone alla volontà il suo oggetto, e la volontà a sua volta determina l'azione esterna. Quindi l'inizio della mozione volontaria si desume dall'intelletto, il quale apprende un dato oggetto sotto l'aspetto universale di bene: invece il compimento, ovvero la perfezione dell'atto volitivo si desume in rapporto all'operazione, mediante la quale uno tende a raggiungere l'oggetto; infatti il moto della volontà va dall'anima all'oggetto. Perciò la perfezione di un dato atto di volontà dipende dal suo essere, per uno, un bene da compiere. Ma tale è [solo] il possibile. Quindi non si può avere una volizione completa se non di cose possibili, che sono un bene per il soggetto volente. Invece la volizione, se incompleta, può avere per oggetto anche l'impossibile: e da alcuni viene chiamata velleità, poiché allora uno vorrebbe una cosa, se fosse possibile. Ora, l'elezione indica un atto di volontà già determinato rispetto alle cose che uno deve fare. Perciò non può essere altro che di cose possibili.

[34059] Iª-IIae q. 13 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod, cum obiectum voluntatis sit bonum apprehensum, hoc modo iudicandum est de obiecto voluntatis, secundum quod cadit sub apprehensione. Et ideo sicut quandoque voluntas est alicuius quod apprehenditur ut bonum, et tamen non est vere bonum; ita quandoque est electio eius quod apprehenditur ut possibile eligenti, quod tamen non est ei possibile.

 

[34059] Iª-IIae q. 13 a. 5 ad 2
2. E oggetto della volontà il bene in quanto conosciuto; quindi bisogna determinare l'oggetto della volontà studiandone i rapporti con la conoscenza. Perciò, come può capitare la volizione di una cosa conosciuta per buona, ma in verità non buona; così può capitare l'elezione di una cosa ritenuta possibile per chi sceglie, ma che di fatto non è possibile per lui.

[34060] Iª-IIae q. 13 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod hoc ideo dicitur, quia an aliquid sit possibile, subditus non debet suo iudicio definire; sed in unoquoque, iudicio superioris stare.

 

[34060] Iª-IIae q. 13 a. 5 ad 3
3. Quell'ammonizione è data, perché il suddito non deve decidere
col proprio giudizio se una cosa è possibile; ma in tutto deve sottostare al giudizio del superiore.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'elezione, atto della volontà relativo ai mezzi > Se l'elezione umana sia necessaria o libera


Prima pars secundae partis
Quaestio 13
Articulus 6

[34061] Iª-IIae q. 13 a. 6 arg. 1
Ad sextum sic proceditur. Videtur quod homo ex necessitate eligat. Sic enim se habet finis ad eligibilia, ut principia ad ea quae ex principiis consequuntur, ut patet in VII Ethic. Sed ex principiis ex necessitate deducuntur conclusiones. Ergo ex fine de necessitate movetur aliquis ad eligendum.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 13
Articolo 6

[34061] Iª-IIae q. 13 a. 6 arg. 1
SEMBRA che l'elezione umana sia necessaria. Infatti:
1. Aristotele dimostra che il fine sta ai mezzi da eleggere, come i principii alle conclusioni che ne derivano. Ora, le conclusioni seguono per necessità dai principii. Dunque, posto il fine, per necessità uno si muove ad eleggere.

[34062] Iª-IIae q. 13 a. 6 arg. 2
Praeterea, sicut dictum est, electio consequitur iudicium rationis de agendis. Sed ratio ex necessitate iudicat de aliquibus, propter necessitatem praemissarum. Ergo videtur quod etiam electio ex necessitate sequatur.

 

[34062] Iª-IIae q. 13 a. 6 arg. 2
2. Abbiamo visto che l'elezione segue il giudizio operativo della ragione. Ma la ragione, per la necessità delle premesse, fa spesso dei giudizi necessari. Dunque anche l'elezione che ne segue è necessaria.

[34063] Iª-IIae q. 13 a. 6 arg. 3
Praeterea, si aliqua duo sunt penitus aequalia, non magis movetur homo ad unum quam ad aliud, sicut famelicus, si habet cibum aequaliter appetibilem in diversis partibus, et secundum aequalem distantiam, non magis movetur ad unum quam ad alterum, ut Plato dixit, assignans rationem quietis terrae in medio, sicut dicitur in II de caelo. Sed multo minus potest eligi quod accipitur ut minus, quam quod accipitur ut aequale. Ergo si proponantur duo vel plura, inter quae unum maius appareat, impossibile est aliquod aliorum eligere. Ergo ex necessitate eligitur illud quod eminentius apparet. Sed omnis electio est de omni eo quod videtur aliquo modo melius. Ergo omnis electio est ex necessitate.

 

[34063] Iª-IIae q. 13 a. 6 arg. 3
3. Se ci sono due cose del tutto uguali, uno non può sentirsi spinto verso l'una piuttosto che verso l'altra: un affamato, p. es.,che avesse del cibo ugualmente appetibile in direzioni opposte, e a uguale distanza, non si muoverebbe ne verso l'una ne verso l'altra direzione, come Platone afferma, per determinare la ragione della fissità della terra al centro [dell'universo]. D'altra parte la scelta di un bene minore è anche meno possibile che quella di un bene uguale. Perciò, se vengono proposte due o più cose, tra le quali una pare di maggior valore, è impossibile l'elezione delle altre. Dunque si sceglie per necessità la cosa che appare di maggior valore. Ma ogni elezione ha precisamente per oggetto il mezzo che in qualche modo si presenta migliore. Dunque ogni elezione è imposta da una necessità.

[34064] Iª-IIae q. 13 a. 6 s. c.
Sed contra est quod electio est actus potentiae rationalis; quae se habet ad opposita, secundum philosophum.

 

[34064] Iª-IIae q. 13 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: L'elezione è un atto della ragione; e questa, al dire del Filosofo, è indifferente agli opposti.

[34065] Iª-IIae q. 13 a. 6 co.
Respondeo dicendum quod homo non ex necessitate eligit. Et hoc ideo, quia quod possibile est non esse, non necesse est esse. Quod autem possibile sit non eligere vel eligere, huius ratio ex duplici hominis potestate accipi potest. Potest enim homo velle et non velle, agere et non agere, potest etiam velle hoc aut illud, et agere hoc aut illud. Cuius ratio ex ipsa virtute rationis accipitur. Quidquid enim ratio potest apprehendere ut bonum, in hoc voluntas tendere potest. Potest autem ratio apprehendere ut bonum non solum hoc quod est velle aut agere; sed hoc etiam quod est non velle et non agere. Et rursum in omnibus particularibus bonis potest considerare rationem boni alicuius, et defectum alicuius boni, quod habet rationem mali, et secundum hoc, potest unumquodque huiusmodi bonorum apprehendere ut eligibile, vel fugibile. Solum autem perfectum bonum, quod est beatitudo, non potest ratio apprehendere sub ratione mali, aut alicuius defectus. Et ideo ex necessitate beatitudinem homo vult, nec potest velle non esse beatus, aut miser. Electio autem, cum non sit de fine, sed de his quae sunt ad finem, ut iam dictum est; non est perfecti boni, quod est beatitudo, sed aliorum particularium bonorum. Et ideo homo non ex necessitate, sed libere eligit.

 

[34065] Iª-IIae q. 13 a. 6 co.
RISPONDO: L'elezione umana non è necessaria. E questo perché non è mai necessario ciò che può non essere. Ora, si può dimostrare che è cosa indifferente eleggere o non eleggere, partendo dalle due facoltà che l'uomo possiede. Infatti l'uomo ha facoltà di volere o non volere, di agire o non- agire; ed ha la facoltà di volere, ovvero di compiere, questa o quell'altra cosa. E ne abbiamo la riprova nella stessa struttura della ragione umana. Infatti la volontà può tendere verso quelle cose che la ragione apprende sotto l'aspetto di bene. Ora, la ragione può apprendere come bene non solo il volere e l'agire, ma anche il non volere e il non agire. Inoltre in tutti i beni particolari la ragione può osservare l'aspetto buono di una cosa, oppure le sue deficienze di bene, che si presentano come un male: e in base a questo può apprendere ciascuno di tali beni come degno di elezione, o di fuga. Soltanto il bene perfetto, cioè la felicità, non può essere appreso dalla ragione come un male, o un difetto. Ed è per questo che l'uomo per necessità vuole la beatitudine, e non può volere l'infelicità, o miseria. Ma l'elezione non ha per oggetto il fine, bensì i mezzi, come abbiamo già spiegato: non riguarda il bene perfetto, cioè la beatitudine, ma gli altri beni che sono beni particolari. Perciò l'uomo non compie un'elezione necessaria, ma libera.

[34066] Iª-IIae q. 13 a. 6 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod non semper ex principiis ex necessitate procedit conclusio, sed tunc solum quando principia non possunt esse vera si conclusio non sit vera. Et similiter non oportet quod semper ex fine insit homini necessitas ad eligendum ea quae sunt ad finem, quia non omne quod est ad finem, tale est ut sine eo finis haberi non possit; aut, si tale sit, non semper sub tali ratione consideratur.

 

[34066] Iª-IIae q. 13 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Non sempre dai principii segue una conclusione necessaria, ma solo quando la conclusione è tale che, se non fosse vera, comprometterebbe la verità dei principii. Così pure non è detto che in vista del fine l'uomo sia costretto a eleggere i mezzi che ad esso conducono: poiché non tutto ciò che è ordinato al fine è indispensabile per il raggiungimento del fine; oppure, anche se è tale, non sempre come tale viene considerato.

[34067] Iª-IIae q. 13 a. 6 ad 2
Ad secundum dicendum quod sententia sive iudicium rationis de rebus agendis est circa contingentia, quae a nobis fieri possunt, in quibus conclusiones non ex necessitate sequuntur ex principiis necessariis absoluta necessitate, sed necessariis solum ex conditione, ut, si currit, movetur.

 

[34067] Iª-IIae q. 13 a. 6 ad 2
2. La decisione, ovvero il giudizio pratico della ragione, verte sulle azioni contingenti che possono essere compiute da noi: e nelle cose contingenti le conclusioni non seguono necessariamente da principii rigorosamente necessari, ma da necessari ipotetici, come nell'esempio: "Se uno corre, si muove".

[34068] Iª-IIae q. 13 a. 6 ad 3
Ad tertium dicendum quod nihil prohibet, si aliqua duo aequalia proponantur secundum unam considerationem, quin circa alterum consideretur aliqua conditio per quam emineat, et magis flectatur voluntas in ipsum quam in aliud.

 

[34068] Iª-IIae q. 13 a. 6 ad 3
3. Niente impedisce, quando sono proposte due cose uguali sotto un medesimo aspetto, che si consideri per una di esse qualche condizione più favorevole, e che quindi la volontà pieghi piuttosto verso l'una che verso l'altra.

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