I-II, 12

Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'intenzione


Prima pars secundae partis
Quaestio 12
Prooemium

[33979] Iª-IIae q. 12 pr.
Deinde considerandum est de intentione. Et circa hoc quaeruntur quinque.
Primo, utrum intentio sit actus intellectus, vel voluntatis.
Secundo, utrum sit tantum finis ultimi.
Tertio, utrum aliquis possit simul duo intendere.
Quarto, utrum intentio finis sit idem actus cum voluntate eius quod est ad finem.
Quinto, utrum intentio conveniat brutis animalibus.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 12
Proemio

[33979] Iª-IIae q. 12 pr.
Abbiamo ora da trattare dell'intenzione.
Sull'argomento cinque sono i quesiti:

1. Se l'intenzione sia un atto dell'intelletto o della volontà;
2. Se abbia per oggetto soltanto l'ultimo fine;
3. Se uno possa perseguire simultaneamente due oggetti;
4. Se l'intenzione del fine s'identifichi con la volizione dei mezzi;
5. Se l'intenzione si trovi negli animali irragionevoli.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'intenzione > Se l'intenzione sia un atto dell'intelletto o della volontà


Prima pars secundae partis
Quaestio 12
Articulus 1

[33980] Iª-IIae q. 12 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod intentio sit actus intellectus, et non voluntatis. Dicitur enim Matth. VI, si oculus tuus fuerit simplex, totum corpus tuum lucidum erit, ubi per oculum significatur intentio, ut dicit Augustinus in libro de Serm. Dom. in Mont. Sed oculus, cum sit instrumentum visus, significat apprehensivam potentiam. Ergo intentio non est actus appetitivae potentiae, sed apprehensivae.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 12
Articolo 1

[33980] Iª-IIae q. 12 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'intenzione sia un atto dell'intelletto e non della volontà. Infatti:
1. Nel Vangelo si legge: "Se il tuo occhio è sano, tutto il tuo corpo sarà illuminato": e nel caso occhio sta per intenzione, come spiega S. Agostino. Ma essendo l'occhio l'organo della vista, sta a indicare una facoltà conoscitiva. Dunque l'intenzione non è atto di una potenza appetitiva, ma conoscitiva.

[33981] Iª-IIae q. 12 a. 1 arg. 2
Praeterea, ibidem Augustinus dicit quod intentio lumen vocatur a domino, ubi dicit, si lumen quod in te est, tenebrae sunt, et cetera. Sed lumen ad cognitionem pertinet. Ergo et intentio.

 

[33981] Iª-IIae q. 12 a. 1 arg. 2
2. S. Agostino afferma che l'intenzione è chiamata luce dal Signore, là dove dice: "Se la luce che è in te, è oscurità....". Ora la luce riguarda la conoscenza. Perciò anche l'intenzione.

[33982] Iª-IIae q. 12 a. 1 arg. 3
Praeterea, intentio designat ordinationem quandam in finem. Sed ordinare est rationis. Ergo intentio non pertinet ad voluntatem, sed ad rationem.

 

[33982] Iª-IIae q. 12 a. 1 arg. 3
3. L'intenzione indica ordine al fine. Ma ordinare è ufficio della ragione. Dunque l'intenzione non spetta alla volontà, ma alla ragione.

[33983] Iª-IIae q. 12 a. 1 arg. 4
Praeterea, actus voluntatis non est nisi vel finis, vel eorum quae sunt ad finem. Sed actus voluntatis respectu finis, vocatur voluntas seu fruitio, respectu autem eorum quae sunt ad finem, est electio, a quibus differt intentio. Ergo intentio non est actus voluntatis.

 

[33983] Iª-IIae q. 12 a. 1 arg. 4
4. Gli atti della volontà riguardano, o il fine, o i mezzi ordinati al fine. Ora, l'atto della volontà relativo al fine si chiama volere o fruizione; quello relativo ai mezzi scelta o elezione. Ma l'intenzione non si identifica con essi. Dunque l'intenzione non è un atto della volontà.

[33984] Iª-IIae q. 12 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, in XI de Trin., quod voluntatis intentio copulat corpus visum visui, et similiter speciem in memoria existentem ad aciem animi interius cogitantis. Est igitur intentio actus voluntatis.

 

[33984] Iª-IIae q. 12 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Insegna S. Agostino che "l'intenzione della volontà unisce il corpo percepito alla vista, così pure unisce l'immagine esistente nella memoria allo sguardo dell'anima che medita interiormente". Perciò l'intenzione è un atto della volontà.

[33985] Iª-IIae q. 12 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod intentio, sicut ipsum nomen sonat, significat in aliquid tendere. In aliquid autem tendit et actio moventis, et motus mobilis. Sed hoc quod motus mobilis in aliquid tendit, ab actione moventis procedit. Unde intentio primo et principaliter pertinet ad id quod movet ad finem, unde dicimus architectorem, et omnem praecipientem, movere suo imperio alios ad id quod ipse intendit. Voluntas autem movet omnes alias vires animae ad finem, ut supra habitum est. Unde manifestum est quod intentio proprie est actus voluntatis.

 

[33985] Iª-IIae q. 12 a. 1 co.
RISPONDO: Intenzione, come dice lo stesso vocabolo, significa "tendenza verso qualche cosa". Ora, tende verso qualche cosa, sia l'azione di chi muove, che il moto di chi viene mosso. Ma quest'ultimo moto deriva dall'azione di chi muove. Perciò l'intenzione appartiene in modo primario e principale a chi muove verso il fine; e quindi diciamo che l'architetto, come qualsiasi altro dirigente, muove altri con i suoi ordini, al raggiungimento di quello che egli intende. Ora, la volontà muove tutte le altre facoltà dell'anima verso il fine, come abbiamo già spiegato. Dunque è chiaro che l'intenzione propriamente è un atto della volontà.

[33986] Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod intentio nominatur oculus metaphorice, non quia ad cognitionem pertineat; sed quia cognitionem praesupponit, per quam proponitur voluntati finis ad quem movet; sicut oculo praevidemus quo tendere corporaliter debeamus.

 

[33986] Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'intenzione è chiamata occhio in senso metaforico: non perché appartiene alla conoscenza, ma perché presuppone la cognizione mediante la quale viene proposto alla volontà il fine da raggiungere; infatti mediante l'occhio scorgiamo il punto che dobbiamo fisicamente raggiungere.

[33987] Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod intentio dicitur lumen, quia manifesta est intendenti. Unde et opera dicuntur tenebrae, quia homo scit quid intendit, sed nescit quid ex opere sequatur, sicut Augustinus ibidem exponit.

 

[33987] Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 2
2. L'intenzione è chiamata luce, perché è evidente a chi la possiede. Invece diciamo oscurità le opere, perché l'uomo conosce le sue intenzioni, ma ignora quello che seguirà dal suo operare; come S. Agostino osserva nel medesimo luogo.

[33988] Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod voluntas quidem non ordinat, sed tamen in aliquid tendit secundum ordinem rationis. Unde hoc nomen intentio nominat actum voluntatis, praesupposita ordinatione rationis ordinantis aliquid in finem.

 

[33988] Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 3
3. La volontà, è vero, non ordina, tuttavia tende verso qualche cosa secondo l'ordine della ragione. Perciò il termine intenzione indica un atto della volontà, presupposto un atto della ragione che ordina le cose al loro fine.

[33989] Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod intentio est actus voluntatis respectu finis. Sed voluntas respicit finem tripliciter. Uno modo, absolute, et sic dicitur voluntas, prout absolute volumus vel sanitatem, vel si quid aliud est huiusmodi. Alio modo consideratur finis secundum quod in eo quiescitur, et hoc modo fruitio respicit finem. Tertio modo consideratur finis secundum quod est terminus alicuius quod in ipsum ordinatur, et sic intentio respicit finem. Non enim solum ex hoc intendere dicimur sanitatem, quia volumus eam, sed quia volumus ad eam per aliquid aliud pervenire.

 

[33989] Iª-IIae q. 12 a. 1 ad 4
4. L'intenzione è un atto della volontà relativo al fine. Ma la volontà dice rapporto al fine in tre maniere. Primo, in modo assoluto: e allora si denomina volere, in quanto vogliamo la guarigione, o altre cose del genere. Secondo, si considera il fine come oggetto in cui la volontà si riposa; e in questo caso il rapporto col fine è fruizione. Terzo, si considera il fine come termine di cose ad esso ordinate: e allora dice rapporto al fine l'intenzione. Infatti diciamo di tendere alla guarigione non solo perché la vogliamo; ma perché vogliamo raggiungerla con qualche mezzo.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'intenzione > Se l'intenzione abbia per oggetto soltanto l'ultimo fine


Prima pars secundae partis
Quaestio 12
Articulus 2

[33990] Iª-IIae q. 12 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod intentio sit tantum ultimi finis. Dicitur enim in libro sententiarum prosperi, clamor ad Deum est intentio cordis. Sed Deus est ultimus finis humani cordis. Ergo intentio semper respicit ultimum finem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 12
Articolo 2

[33990] Iª-IIae q. 12 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'intenzione abbia per oggetto l'ultimo fine. Infatti:
1. Nelle Sentenze di S. Prospero si legge: "L'intenzione del cuore è un grido verso Dio". Ora, Dio è l'ultimo fine del cuore umano. Dunque l'intenzione riguarda sempre l'ultimo fine.

[33991] Iª-IIae q. 12 a. 2 arg. 2
Praeterea, intentio respicit finem secundum quod est terminus, ut dictum est. Sed terminus habet rationem ultimi. Ergo intentio semper respicit ultimum finem.

 

[33991] Iª-IIae q. 12 a. 2 arg. 2
2. L'intenzione riguarda il fine come termine. Ma il termine si presenta come ultimo. Perciò l'intenzione ha sempre per oggetto l'ultimo fine.

[33992] Iª-IIae q. 12 a. 2 arg. 3
Praeterea, sicut intentio respicit finem, ita et fruitio. Sed fruitio semper est ultimi finis. Ergo et intentio.

 

[33992] Iª-IIae q. 12 a. 2 arg. 3
3. L'intenzione ha per oggetto il fine come la fruizione. Ma la fruizione ha sempre per oggetto il fine ultimo. Perciò anche l'intenzione.

[33993] Iª-IIae q. 12 a. 2 s. c.
Sed contra, ultimus finis humanarum voluntatum est unus, scilicet beatitudo, ut supra dictum est. Si igitur intentio esset tantum ultimi finis, non essent diversae hominum intentiones. Quod patet esse falsum.

 

[33993] Iª-IIae q. 12 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Come abbiamo già visto, l'ultimo fine delle volontà umane, cioè la beatitudine, è unico. Se quindi l'intenzione avesse per oggetto soltanto l'ultimo fine, gli uomini non avrebbero che una sola intenzione. Il che è falso in modo evidente.

[33994] Iª-IIae q. 12 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, intentio respicit finem secundum quod est terminus motus voluntatis. In motu autem potest accipi terminus dupliciter, uno modo, ipse terminus ultimus, in quo quiescitur, qui est terminus totius motus; alio modo, aliquod medium, quod est principium unius partis motus, et finis vel terminus alterius. Sicut in motu quo itur de a in c per b, c est terminus ultimus, b autem est terminus, sed non ultimus. Et utriusque potest esse intentio. Unde etsi semper sit finis, non tamen oportet quod semper sit ultimi finis.

 

[33994] Iª-IIae q. 12 a. 2 co.
RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, l'intenzione riguarda il fine, in quanto esso è termine di un moto della volontà. Ora, nel moto si può determinare il termine in due maniere: primo, il termine ultimo in cui esso viene a cessare, e che è il termine di tutto il movimento; secondo, un punto intermedio che è principio di una parte del moto, e fine o termine di un altro. Nel moto, p. es,. da A a C attraverso il punto B, C è il termine ultimo; ma anche B è termine, anche se non ultimo. E si può avere l'intenzione dell'uno e dell'altro. Perciò, sebbene l'intenzione riguardi sempre il fine, non è necessario che si tratti sempre del fine ultimo.

[33995] Iª-IIae q. 12 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod intentio cordis dicitur clamor ad Deum, non quod Deus sit obiectum intentionis semper, sed quia est intentionis cognitor. Vel quia, cum oramus, intentionem nostram ad Deum dirigimus, quae quidem intentio vim clamoris habet.

 

[33995] Iª-IIae q. 12 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dice che l'intenzione è un grido verso Dio, non perché Dio ne è sempre l'oggetto, ma perché egli conosce l'intenzione. - Oppure, perché quando preghiamo indirizziamo a Dio la nostra intenzione, la quale ha la forza di un grido.

[33996] Iª-IIae q. 12 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod terminus habet rationem ultimi; sed non semper ultimi respectu totius, sed quandoque respectu alicuius partis.

 

[33996] Iª-IIae q. 12 a. 2 ad 2
2. Il termine si presenta come ultimo; non sempre però come ultimo rispetto al tutto, ma talora rispetto a una parte.

[33997] Iª-IIae q. 12 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod fruitio importat quietem in fine, quod pertinet solum ad ultimum finem. Sed intentio importat motum in finem, non autem quietem. Unde non est similis ratio.

 

[33997] Iª-IIae q. 12 a. 2 ad 3
3. La fruizione implica il quietarsi della volontà nel fine, e ciò si verifica soltanto in rapporto all'ultimo fine. Ma l'intenzione implica non la quiete, ma il moto verso il fine. Perciò la cosa è diversa.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'intenzione > Se si possano perseguire simultaneamente due oggetti


Prima pars secundae partis
Quaestio 12
Articulus 3

[33998] Iª-IIae q. 12 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod non possit aliquis simul plura intendere. Dicit enim Augustinus, in libro de Serm. Dom. in monte, quod non potest homo simul intendere Deum et commodum corporale. Ergo pari ratione, neque aliqua alia duo.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 12
Articolo 3

[33998] Iª-IIae q. 12 a. 3 arg. 1
SEMBRA che non si possano perseguire simultaneamente due oggetti. Infatti:
1. S. Agostino afferma che l'uomo non può perseguire simultaneamente Dio e il benessere materiale. Per lo stesso motivo si esclude qualsiasi altra alternativa.

[33999] Iª-IIae q. 12 a. 3 arg. 2
Praeterea, intentio nominat motum voluntatis ad terminum. Sed unius motus non possunt esse plures termini ex una parte. Ergo voluntas non potest simul multa intendere.

 

[33999] Iª-IIae q. 12 a. 3 arg. 2
2. L'intenzione dice moto della volontà verso un termine. Ora, è impossibile che ci siano più termini di un moto in una determinata direzione. Dunque la volontà non può rivolgere simultaneamente la sua intenzione verso più cose.

[34000] Iª-IIae q. 12 a. 3 arg. 3
Praeterea, intentio praesupponit actum rationis sive intellectus. Sed non contingit simul plura intelligere, secundum philosophum. Ergo etiam neque contingit simul plura intendere.

 

[34000] Iª-IIae q. 12 a. 3 arg. 3
3. L'intenzione presuppone un atto della ragione, o intelletto. Ma, come insegna il Filosofo, "non può capitare l'intellezione simultanea di più cose". Dunque neppure può capitare, di avere l'intenzione simultanea di più oggetti.

[34001] Iª-IIae q. 12 a. 3 s. c.
Sed contra, ars imitatur naturam. Sed natura ex uno instrumento intendit duas utilitates, sicut lingua ordinatur et ad gustum et ad locutionem, ut dicitur in II de anima. Ergo, pari ratione ars vel ratio potest simul aliquid unum ad duos fines ordinare. Et ita potest aliquis simul plura intendere.

 

[34001] Iª-IIae q. 12 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: L'arte imita la natura. Ma la natura con un solo strumento persegue due scopi: "così la lingua", come insegna Aristotele, "è ordinata al gusto e alla favella". Per lo stesso motivo l'arte, oppure la ragione, può ordinare simultaneamente una cosa a due fini. E così uno può perseguire contemporaneamente più oggetti.

[34002] Iª-IIae q. 12 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod aliqua duo possunt accipi dupliciter, vel ordinata ad invicem, vel ad invicem non ordinata. Et si quidem ad invicem fuerint ordinata, manifestum est ex praemissis quod homo potest simul multa intendere. Est enim intentio non solum finis ultimi, ut dictum est, sed etiam finis medii. Simul autem intendit aliquis et finem proximum, et ultimum; sicut confectionem medicinae, et sanitatem. Si autem accipiantur duo ad invicem non ordinata, sic etiam simul homo potest plura intendere. Quod patet ex hoc, quod homo unum alteri praeeligit, quia melius est altero, inter alias autem conditiones quibus aliquid est melius altero, una est quod ad plura valet, unde potest aliquid praeeligi alteri, ex hoc quod ad plura valet. Et sic manifeste homo simul plura intendit.

 

[34002] Iª-IIae q. 12 a. 3 co.
RISPONDO: Due cose, sono o non sono ordinate l'una all'altra. Se sono ordinate, è evidente, da quanto abbiamo già detto, che un uomo può portare simultaneamente la sua intenzione su molte cose. Infatti l'intenzione, come si è detto, non ha per oggetto soltanto il fine ultimo, ma anche i fini intermedi. Quindi uno può perseguire contemporaneamente il fine prossimo e il fine ultimo; la confezione della medicina, p. es., e la guarigione.
Se invece si prendono cose tra loro non ordinate, anche allora l'uomo può simultaneamente perseguire più cose. E ciò si deduce dal fatto che ne sceglie una, perché migliore di un'altra: e tra le altre condizioni per cui una cosa è meglio di un'altra c'è anche questa, che essa serve a più scopi; dunque può essere prescelta perché serve a più scopi. E perciò evidente che l'uomo persegue simultaneamente più cose.

[34003] Iª-IIae q. 12 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Augustinus intelligit hominem non posse simul Deum et commodum temporale intendere, sicut ultimos fines, quia, ut supra ostensum est, non possunt esse plures fines ultimi unius hominis.

 

[34003] Iª-IIae q. 12 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino vuol dire che l'uomo non può perseguire allo stesso tempo Dio e il benessere temporale quali ultimi fini; poiché, come abbiamo dimostrato, l'uomo non può avere più ultimi fini.

[34004] Iª-IIae q. 12 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod unius motus possunt ex una parte esse plures termini, si unus ad alium ordinetur, sed duo termini ad invicem non ordinati, ex una parte, unius motus esse non possunt. Sed tamen considerandum est quod id quod non est unum secundum rem, potest accipi ut unum secundum rationem. Intentio autem est motus voluntatis in aliquid praeordinatum in ratione, sicut dictum est. Et ideo ea quae sunt plura secundum rem, possunt accipi ut unus terminus intentionis, prout sunt unum secundum rationem, vel quia aliqua duo concurrunt ad integrandum aliquid unum, sicut ad sanitatem concurrunt calor et frigus commensurata; vel quia aliqua duo sub uno communi continentur, quod potest esse intentum. Puta acquisitio vini et vestis continetur sub lucro, sicut sub quodam communi, unde nihil prohibet quin ille qui intendit lucrum, simul haec duo intendat.

 

[34004] Iª-IIae q. 12 a. 3 ad 2
2. Un moto può avere più termini in una data direzione, se l'uno è ordinato all'altro: mentre ciò è impossibile, se non sono ordinati. Tuttavia bisogna tener presente che possono esser considerati come cosa unica dalla ragione enti che sono molteplici nella realtà.
E l'intenzione come abbiamo spiegato, è un moto della volontà verso oggetti preordinati dalla ragione. Perciò è possibile prendere come termine unico di intenzione cose che in realtà sono molteplici: o perché due elementi concorrono a integrare un'unica cosa, come calore e freddo concorrono col loro equilibrio alla salute: oppure perché due cose sono incluse in un dato comune che viene perseguito. L'acquisto del vino e del vestito, p. es., è implicito nel guadagno come in un dato comune: perciò niente impedisce che chi cerca il guadagno intenda pure codeste due cose.

[34005] Iª-IIae q. 12 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut in primo dictum est, contingit simul plura intelligere, inquantum sunt aliquo modo unum.

 

[34005] Iª-IIae q. 12 a. 3 ad 3
3. Nella Prima Parte si disse che è possibile l'intellezione simultanea di più cose, in quanto formano in qualche modo un solo oggetto.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'intenzione > Se sia un identico atto l'intenzione del fine e la volizione dei mezzi


Prima pars secundae partis
Quaestio 12
Articulus 4

[34006] Iª-IIae q. 12 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod non sit unus et idem motus intentio finis, et voluntas eius quod est ad finem. Dicit enim Augustinus, in XI de Trin., quod voluntas videndi fenestram, finem habet fenestrae visionem; et altera est voluntas per fenestram videndi transeuntes. Sed hoc pertinet ad intentionem, quod velim videre transeuntes per fenestram, hoc autem ad voluntatem eius quod est ad finem, quod velim videre fenestram. Ergo alius est motus voluntatis intentio finis, et alius voluntas eius quod est ad finem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 12
Articolo 4

[34006] Iª-IIae q. 12 a. 4 arg. 1
SEMBRA che non sia un identico moto l'intenzione del fine e la volizione dei mezzi. Infatti:
1. Scrive S. Agostino che "la volontà di vedere la finestra ha come fine la visione della finestra; e un'altra è la volontà di vedere i passanti attraverso la finestra". Ma voler vedere i passanti attraverso la finestra spetta all'intenzione: spetta invece alla volizione dei mezzi voler vedere la finestra. Dunque l'intenzione del fine è un moto della volontà distinto dalla volizione dei mezzi.

[34007] Iª-IIae q. 12 a. 4 arg. 2
Praeterea, actus distinguuntur secundum obiecta. Sed finis, et id quod est ad finem, sunt diversa obiecta. Ergo alius motus voluntatis est intentio finis, et voluntas eius quod est ad finem.

 

[34007] Iª-IIae q. 12 a. 4 arg. 2
2. Gli atti si distinguono secondo gli oggetti. Ora, fine e mezzi sono oggetti diversi. Dunque il moto volontario che è l'intenzione del fine è distinto dalla volizione dei mezzi.

[34008] Iª-IIae q. 12 a. 4 arg. 3
Praeterea, voluntas eius quod est ad finem, dicitur electio. Sed non est idem electio et intentio. Ergo non est idem motus intentio finis, cum voluntate eius quod est ad finem.

 

[34008] Iª-IIae q. 12 a. 4 arg. 3
3. La volizione dei mezzi si chiama elezione, o scelta. Ma elezione e intenzione non sono la stessa cosa. Dunque l'atto dell'intenzione del fine non si identifica con la volizione dei mezzi.

[34009] Iª-IIae q. 12 a. 4 s. c.
Sed contra, id quod est ad finem, se habet ad finem ut medium ad terminum. Sed idem motus est qui per medium transit ad terminum, in rebus naturalibus. Ergo et in rebus voluntariis idem motus est intentio finis, et voluntas eius quod est ad finem.

 

[34009] Iª-IIae q. 12 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: I mezzi stanno al fine, come un punto intermedio sta al termine corrispettivo. Ora, nel mondo fisico è unico il moto che raggiunge il suo termine attraverso un punto intermedio. Perciò anche nel campo degli atti volontari è un moto unico l'intenzione del fine e la volizione dei mezzi.

[34010] Iª-IIae q. 12 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod motus voluntatis in finem et in id quod est ad finem, potest considerari dupliciter. Uno modo, secundum quod voluntas in utrumque fertur absolute et secundum se. Et sic sunt simpliciter duo motus voluntatis in utrumque. Alio modo potest considerari secundum quod voluntas fertur in id quod est ad finem, propter finem. Et sic unus et idem subiecto motus voluntatis est tendens ad finem, et in id quod est ad finem. Cum enim dico, volo medicinam propter sanitatem, non designo nisi unum motum voluntatis. Cuius ratio est quia finis ratio est volendi ea quae sunt ad finem. Idem autem actus cadit super obiectum, et super rationem obiecti, sicut eadem visio est coloris et luminis, ut supra dictum est. Et est simile de intellectu, quia si absolute principium et conclusionem consideret, diversa est consideratio utriusque; in hoc autem quod conclusioni propter principia assentit, est unus actus intellectus tantum.

 

[34010] Iª-IIae q. 12 a. 4 co.
RISPONDO: II moto della volontà verso il fine e verso i mezzi ad esso ordinati si può considerare sotto due aspetti. Primo, in quanto la volontà si porta distintamente e direttamente su l'uno e sull'altro. E allora, assolutamente parlando, abbiamo due moti della volontà.
Secondo, si può considerare in quanto la volontà si porta sui mezzi per raggiungere il fine. E in questo caso è numericamente unico il moto della volontà che tende verso il fine e verso i mezzi.
Infatti, quando dico: Voglio la medicina per la guarigione, indico un unico moto della volontà. E questo perché il fine costituisce la ragione della volizione dei mezzi. Poiché unico è l'atto che ha di mira l'oggetto e la ragione dell'oggetto: come si è detto sopra, unica è la percezione del colore e della luce. Lo stesso avviene per l'intelletto: infatti se questo considera per se stessi principio e conclusione, si hanno due considerazioni distinte; ma in quanto accetta la conclusione in forza dei principii si ha un'unica intellezione.

[34011] Iª-IIae q. 12 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Augustinus loquitur de visione fenestrae, et visione transeuntium per fenestram, secundum quod voluntas in utrumque absolute fertur.

 

[34011] Iª-IIae q. 12 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino parla del vedere la finestra, e del vedere i passanti attraverso la finestra, come oggetti distinti della volontà.

[34012] Iª-IIae q. 12 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod finis, inquantum est res quaedam, est aliud voluntatis obiectum quam id quod est ad finem. Sed inquantum est ratio volendi id quod est ad finem, est unum et idem obiectum.

 

[34012] Iª-IIae q. 12 a. 4 ad 2
2. Il fine, in quanto determinata realtà, è un oggetto della volontà distinto dai mezzi. Ma in quanto è la ragione formale della volizione dei mezzi, è un unico e identico oggetto.

[34013] Iª-IIae q. 12 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod motus qui est unus subiecto, potest ratione differre secundum principium et finem, ut ascensio et descensio, sicut dicitur in III Physic. Sic igitur inquantum motus voluntatis fertur in id quod est ad finem, prout ordinatur ad finem, est electio. Motus autem voluntatis qui fertur in finem, secundum quod acquiritur per ea quae sunt ad finem, vocatur intentio. Cuius signum est quod intentio finis esse potest, etiam nondum determinatis his quae sunt ad finem, quorum est electio.

 

[34013] Iª-IIae q. 12 a. 4 ad 3
3. Un moto numericamente identico, p. es., l'ascesa o la discesa, può essere suddiviso per distinzioni di ragione in base al suo principio o al suo termine, come spiega Aristo tele. Perciò il moto della volontà, se ha per oggetto i mezzi in quanto ordinati al fine, si denomina elezione. Mentre, se ha per oggetto il fine da raggiungere mediante i mezzi, è chiamato intenzione. Infatti vediamo che si può avere l'intenzione del fine, prima di determinare i mezzi, che sono oggetto dell'elezione.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'intenzione > Se l'intenzione si trovi anche negli ammali irragionevoli


Prima pars secundae partis
Quaestio 12
Articulus 5

[34014] Iª-IIae q. 12 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod bruta animalia intendant finem. Natura enim in his quae cognitione carent, magis distat a rationali natura, quam natura sensitiva, quae est in animalibus brutis. Sed natura intendit finem etiam in his quae cognitione carent, ut probatur in II Physic. Ergo multo magis bruta animalia intendunt finem.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 12
Articolo 5

[34014] Iª-IIae q. 12 a. 5 arg. 1
SEMBRA che anche gli animali irragionevoli abbiano l'intenzione del fine. Infatti:
1. La natura degli esseri privi di cognizione è più distante dalla natura ragionevole, che dalla natura sensitiva, presente negli animali. Ora, la natura ha l'intenzione del fine anche negli esseri privi di conoscenza, come Aristotele dimostra. A maggior ragione hanno l'intenzione del fine i semplici animali.

[34015] Iª-IIae q. 12 a. 5 arg. 2
Praeterea, sicut intentio est finis, ita et fruitio. Sed fruitio convenit brutis animalibus, ut dictum est. Ergo et intentio.

 

[34015] Iª-IIae q. 12 a. 5 arg. 2
2. L'intenzione ha per oggetto il fine, al pari della fruizione. Ma la fruizione, come abbiamo dimostrato, è possibile agli animali. Dunque anche l'intenzione.

[34016] Iª-IIae q. 12 a. 5 arg. 3
Praeterea, eius est intendere finem, cuius est agere propter finem, cum intendere nihil sit nisi in aliud tendere. Sed bruta animalia agunt propter finem, movetur enim animal vel ad cibum quaerendum, vel ad aliquid huiusmodi. Ergo bruta animalia intendunt finem.

 

[34016] Iª-IIae q. 12 a. 5 arg. 3
3. Può avere l'intenzione del fine chi può agire per il fine: infatti intendere non significa altro che tendere verso un oggetto. Ma gli animali irragionevoli agiscono per un fine: si muovono infatti in cerca del cibo, o per altre cose del genere. Quindi i semplici animali hanno l'intenzione del fine.

[34017] Iª-IIae q. 12 a. 5 s. c.
Sed contra, intentio finis importat ordinationem alicuius in finem quod est rationis. Cum igitur bruta animalia non habeant rationem, videtur quod non intendant finem.

 

[34017] Iª-IIae q. 12 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: L'intenzione del fine importa l'ordinamento di una cosa al fine; ciò che è proprio della ragione. E siccome gli animali bruti non hanno la ragione, è chiaro che non possono avere l'intenzione del fine.

[34018] Iª-IIae q. 12 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, intendere est in aliud tendere; quod quidem est et moventis, et moti. Secundum quidem igitur quod dicitur intendere finem id quod movetur ad finem ab alio, sic natura dicitur intendere finem, quasi mota ad suum finem a Deo, sicut sagitta a sagittante. Et hoc modo etiam bruta animalia intendunt finem, inquantum moventur instinctu naturali ad aliquid. Alio modo intendere finem est moventis, prout scilicet ordinat motum alicuius, vel sui vel alterius, in finem. Quod est rationis tantum. Unde per hunc modum bruta non intendunt finem, quod est proprie et principaliter intendere, ut dictum est.

 

[34018] Iª-IIae q. 12 a. 5 co.
RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, intendere significa tendere verso qualche cosa; e questa tendenza può riscontrarsi sia nel soggetto che muove, sia in quello che è mosso. Perciò, se si considera l'intenzione come derivante da altri, allora si può affermare che la natura ha l'intenzione del fine, perché è mossa da Dio al suo line come la freccia dall'arciere. E in codesto senso anche gli animali irragionevoli hanno l'intenzione del fine, in quanto sono mossi dall'istinto naturale verso determinate cose. - Nell'altro senso, invece, l'intenzione del fine è riservata al soggetto che muove in quanto è capace di ordinare l'operazione propria, o quella di altri, al fine. Il che spetta solo alla ragione. Perciò gli animali irragionevoli non hanno l'intenzione del fine in questo senso, che è poi quello proprio e principale, come abbiamo spiegato.

[34019] Iª-IIae q. 12 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod ratio illa procedit secundum quod intendere est eius quod movetur ad finem.

 

[34019] Iª-IIae q. 12 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'argomento vale per l'intenzione, che si riscontra anche nelle cose mosse da altri al loro fine.

[34020] Iª-IIae q. 12 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod fruitio non importat ordinationem alicuius in aliquid, sicut intentio; sed absolutam quietem in fine.

 

[34020] Iª-IIae q. 12 a. 5 ad 2
2. La fruizione non implica l'idea di ordinamento di una cosa a un'altra, come l'intenzione; ma il semplice quietarsi nel fine [raggiunto].

[34021] Iª-IIae q. 12 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod bruta animalia moventur ad finem, non quasi considerantia quod per motum suum possunt consequi finem, quod est proprie intendentis, sed concupiscentia finem naturali instinctu, moventur ad finem quasi ab alio mota, sicut et cetera quae moventur naturaliter.

 

[34021] Iª-IIae q. 12 a. 5 ad 3
3. Gli animali privi di ragione si muovono verso il fine, non già con la prospettiva, propria di chi ha l'intenzione, di conseguire il fine col loro movimento: ma, bramosi del fine per istinto di natura, si muovono verso il fine come mossi da altri, al pari degli altri esseri soggetti al moto fisico.

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