III, 53

Terza parte > Cristo > La resurrezione di Cristo


Tertia pars
Quaestio 53
Prooemium

[49261] IIIª q. 53 pr.
Consequenter considerandum est de his quae pertinent ad exaltationem Christi. Et primo, de eius resurrectione; secundo, de eius ascensione; tertio, de sessione ad dexteram patris; quarto, de iudiciaria potestate. Circa primum occurrit quadruplex consideratio, quarum prima est de ipsa Christi resurrectione; secunda, de qualitate resurgentis; tertia, de manifestatione resurrectionis; quarta, de eius causalitate. Circa primum quaeruntur quatuor.
Primo, de necessitate resurrectionis eius.
Secundo, de tempore.
Tertio, de ordine.
Quarto, de causa.

 
Terza parte
Questione 53
Proemio

[49261] IIIª q. 53 pr.
Dopo di che resta ora da esaminare ciò che riguarda l'esaltazione di Cristo. Primo, la sua resurrezione; secondo, la sua ascensione; terzo, il suo insediamento alla destra del Padre; quarto, il suo potere di giudice.
Sul primo di codesti temi si presentano alla considerazione quattro argomenti, e cioè: la resurrezione di Cristo in se stessa; le qualità del risuscitato; le manifestazioni della resurrezione; l'efficacia causale di essa.
Sul primo esamineremo quattro cose:

1. La necessità della resurrezione;
2. Il tempo di essa;
3. La sua priorità;
4. La causa che l'ha prodotta.




Terza Parte > Cristo > La resurrezione di Cristo > Se fosse necessario che Cristo risorgesse


Tertia pars
Quaestio 53
Articulus 1

[49262] IIIª q. 53 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod non fuerit necessarium Christum resurgere. Dicit enim Damascenus, in IV libro, resurrectio est secunda eius quod dissolutum est et cecidit animalis surrectio. Sed Christus non cecidit per peccatum, nec corpus eius est dissolutum, ut ex supra dictis patet. Non ergo proprie convenit sibi resurgere.

 
Terza parte
Questione 53
Articolo 1

[49262] IIIª q. 53 a. 1 arg. 1
SEMBRA che non fosse necessario che Cristo risorgesse. Infatti:
1. Scrive il Damasceno: "La resurrezione consiste nel fatto che un essere vivente, il cui corpo si era disfatto ed era caduto, si risolleva". Ora, Cristo non era caduto per il peccato, né il suo corpo si era disfatto, come risulta da quanto abbiamo detto. Dunque a lui propriamente non conveniva risorgere.

[49263] IIIª q. 53 a. 1 arg. 2
Praeterea, quicumque resurgit, ad aliquid altius promovetur, quia surgere est sursum moveri. Sed corpus Christi remansit post mortem divinitati unitum, et ita non potuit in aliquid altius promoveri. Ergo non competebat sibi resurgere.

 

[49263] IIIª q. 53 a. 1 arg. 2
2. Chi risorge viene promosso a qualche cosa di superiore: perché sorgere implica un moto verso l'alto. Ma il corpo di Cristo dopo la morte rimase unito alla divinità; cosicché non era possibile portarlo più in alto. Quindi non poteva risorgere.

[49264] IIIª q. 53 a. 1 arg. 3
Praeterea, ea quae circa humanitatem Christi sunt acta, ad nostram salutem ordinantur. Sed sufficiebat ad salutem nostram passio Christi, per quam sumus liberati a culpa et poena, ut ex supra dictis patet. Non ergo fuit necessarium quod Christus a mortuis resurgeret.

 

[49264] IIIª q. 53 a. 1 arg. 3
3. Tutte le vicende cui fu sottoposta l'umanità di Cristo sono ordinate alla nostra salvezza. Ma per la nostra salvezza bastava la passione, dalla quale, come abbiamo visto, siamo liberati dalla colpa e dal castigo. Perciò non era necessario che Cristo risorgesse dai morti.

[49265] IIIª q. 53 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur Luc. ult., oportebat Christum pati et resurgere a mortuis.

 

[49265] IIIª q. 53 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Nel Vangelo si legge: "Era necessario che Cristo patisse e risorgesse dai morti".

[49266] IIIª q. 53 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod necessarium fuit Christum resurgere, propter quinque. Primo quidem, ad commendationem divinae iustitiae, ad quam pertinet exaltare illos qui se propter Deum humiliant, secundum illud Luc. I, deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles. Quia igitur Christus, propter caritatem et obedientiam Dei, se humiliavit usque ad mortem crucis, oportebat quod exaltaretur a Deo usque ad gloriosam resurrectionem. Unde ex eius persona dicitur in Psalmo, tu cognovisti, idest approbasti, sessionem meam, idest humilitatem et passionem, et resurrectionem meam, idest glorificationem in resurrectione, sicut Glossa exponit. Secundo, ad fidei nostrae instructionem. Quia per eius resurrectionem confirmata est fides nostra circa divinitatem Christi, quia, ut dicitur II Cor. ult., etsi crucifixus est ex infirmitate nostra, sed vivit ex virtute Dei. Et ideo I Cor. XV dicitur, si Christus non resurrexit, inanis est praedicatio nostra, inanis est et fides nostra. Et in Psalmo, quae utilitas erit in sanguine meo, idest in effusione sanguinis mei, dum descendo, quasi per quosdam gradus malorum, in corruptionem? Quasi dicat, nulla. Si enim statim non resurgo, corruptumque fuerit corpus meum, nemini annuntiabo, nullum lucrabor ut Glossa exponit. Tertio, ad sublevationem nostrae spei. Quia, dum videmus Christum resurgere, qui est caput nostrum, speramus et nos resurrecturos. Unde dicitur I Cor. XV, si Christus praedicatur quod resurrexit a mortuis, quomodo quidam dicunt in vobis quoniam resurrectio mortuorum non est? Et Iob XIX dicitur, scio, scilicet per certitudinem fidei, quod redemptor meus, idest Christus, vivit, a mortuis resurgens, et ideo in novissimo die de terra surrecturus sum, reposita est haec spes mea in sinu meo. Quarto, ad informationem vitae fidelium, secundum illud Rom. VI, quomodo Christus resurrexit a mortuis per gloriam patris, ita et nos in novitate vitae ambulemus. Et infra, Christus resurgens ex mortuis iam non moritur, ita et vos existimate mortuos esse peccato, viventes autem Deo. Quinto, ad complementum nostrae salutis. Quia sicut propter hoc mala sustinuit moriendo ut nos liberaret a malis, ita glorificatus est resurgendo ut nos promoveret ad bona, secundum illud Rom. IV, traditus est propter delicta nostra, et resurrexit propter iustificationem nostram.

 

[49266] IIIª q. 53 a. 1 co.
RISPONDO: Era necessario che Cristo risorgesse per cinque motivi. Primo, per l'affermazione della giustizia divina, cui spetta esaltare coloro che per Dio si umiliano, secondo le parole evangeliche: "Depose i potenti dal trono ed esaltò gli umili". Perciò avendo Cristo umiliato se stesso fino alla morte di croce per amore e per ubbidienza verso Dio, era conveniente che fosse esaltato da lui fino alla gloria della resurrezione. Ecco perché il Salmista, secondo le spiegazioni della Glossa, così parla in sua persona: "Tu hai conosciuto", cioè "approvato" "la mia prostrazione", ossia "l'umiliazione e la passione", "e la mia resurrezione", cioè "la glorificazione nella resurrezione".
Secondo, per confermare la nostra fede. Poiché dalla sua resurrezione viene confermata la nostra fede nella divinità di Cristo: infatti, come dice S. Paolo, "sebbene egli sia stato crocifisso per l'affinità con la nostra debolezza, vive però per la virtù di Dio". Di qui le altre parole dell'Apostolo: "Se Cristo non è risuscitato vana è la nostra predicazione, vana è la vostra fede". E quelle del Salmista: "Che utilità c'è nel mio sangue", cioè "nell'effusione del mio sangue", "mentre discendo", "come per una scala di mali", "verso la corruzione?". "Come per dire: nessuna. Se infatti", come spiega la Glossa, "io non risorgo subito, e il mio corpo si corrompe, io non evangelizzerò e non riscatterò nessuno".
Terzo, a sostegno della nostra speranza. Perché vedendo risuscitare Cristo, che è il nostro capo, anche noi speriamo di risorgere. Di qui la protesta di S. Paolo ai Corinzi: "Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, com'è che alcuni tra voi osano affermare che non c'è resurrezione dei morti?". E Giobbe affermava: "Io so", con certezza di fede, "che il mio Redentore", cioè Cristo, "vive", essendo risuscitato dai morti, e quindi "l'ultimo giorno mi rialzerò da terra: e tale speranza è custodita nel mio seno".
Quarto, per indirizzare la vita dei fedeli, in base all'affermazione di S. Paolo: "Come Cristo è risuscitato dai morti per la gloria del Padre, così noi camminiamo secondo una nuova vita". E ancora: "Cristo risorto dai morti ormai non muore più: ... così voi consideratevi morti al peccato e viventi per Dio".
Quinto, per dare compimento alla nostra salvezza. Poiché come soffrì i nostri mali per liberarci da essi, così volle essere glorificato con la resurrezione, per assicurarci il bene: "Si consegnò alla morte", scrive S. Paolo, "per i nostri peccati, ed è risuscitato per la nostra giustificazione".

[49267] IIIª q. 53 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, licet Christus non ceciderit per peccatum, cecidit tamen per mortem, quia sicut peccatum est casus a iustitia, ita mors est casus a vita. Unde ex persona Christi potest intelligi quod dicitur Mich. VII, ne laeteris, inimica mea, super me, quia cecidi, consurgam. Similiter etiam, licet corpus Christi non fuerit dissolutum per incinerationem, ipsa tamen separatio animae a corpore dissolutio quaedam fuit.

 

[49267] IIIª q. 53 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene Cristo non fosse caduto per il peccato, era però caduto per la morte: poiché come il peccato è una caduta rispetto all'onestà, così la morte è una caduta rispetto alla vita. Ecco perché si possono attribuire a Cristo le parole del profeta: "O mia nemica, non ti rallegrare di me perché son caduto: risorgerò".
Sebbene quindi il corpo di Cristo non si sia disfatto con l'incinerazione, tuttavia la separazione dell'anima dal corpo fu una specie di disfacimento.

[49268] IIIª q. 53 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod divinitas erat carni Christi post mortem unita unione personali, non autem unione naturae, sicut anima unitur corpori ut forma ad constituendam humanam naturam. Et ideo per hoc quod corpus eius unitum est animae, promotum est in altiorem statum naturae, non autem in altiorem statum personae.

 

[49268] IIIª q. 53 a. 1 ad 2
2. Dopo la morte di Cristo la divinità rimase ad esso unita con l'unione ipostatica: ma non si trattava di un'unione naturale come quella con cui l'anima è unita al corpo per costituire una natura umana. Per il fatto quindi che il corpo di Cristo si riunì all'anima, fu elevato a uno stato superiore di natura: pur senza raggiungere uno stato superiore d'ipostasi.

[49269] IIIª q. 53 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod passio Christi operata est nostram salutem, proprie loquendo, quantum ad remotionem malorum, resurrectio autem quantum ad inchoationem et exemplar bonorum.

 

[49269] IIIª q. 53 a. 1 ad 3
3. A tutto rigore, la passione di Cristo operò la nostra salvezza liberandoci dai nostri mali: la resurrezione invece l'operò quale inizio ed esemplare dei beni (promessi).




Terza Parte > Cristo > La resurrezione di Cristo > Se fosse conveniente che Cristo risorgesse il terzo giorno


Tertia pars
Quaestio 53
Articulus 2

[49270] IIIª q. 53 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod non fuerit conveniens Christum tertia die resurgere. Membra enim debent capiti conformari. Sed nos, qui sumus membra Christi, non resurgimus a morte tertia die, sed nostra resurrectio differtur usque ad finem mundi. Ergo videtur quod Christus, qui est caput nostrum, non debuit tertia die resurgere, sed debuit eius resurrectio differri usque ad finem mundi.

 
Terza parte
Questione 53
Articolo 2

[49270] IIIª q. 53 a. 2 arg. 1
SEMBRA che non fosse conveniente che Cristo risorgesse il terzo giorno. Infatti:
1. Tra membra e capo deve esserci conformità. Ora, noi che siamo membra di Cristo non risorgiamo dalla morte il terzo giorno, ma la nostra resurrezione viene differita alla fine del mondo. Dunque Cristo, che è il nostro capo, non doveva risorgere il terzo giorno, ma alla fine del mondo.

[49271] IIIª q. 53 a. 2 arg. 2
Praeterea, Act. II dicit Petrus quod impossibile erat Christum detineri ab Inferno et morte. Sed quandiu aliquis est mortuus, detinetur a morte. Ergo videtur quod Christi resurrectio non debuerit differri usque ad tertiam diem, sed statim eodem die resurgere, praecipue cum Glossa super inducta dicat nullam esse utilitatem in effusione sanguinis Christi si non statim resurgeret.

 

[49271] IIIª q. 53 a. 2 arg. 2
2. S. Pietro ha affermato "essere impossibile che Cristo fosse detenuto dall'inferno" e dalla morte. Ma fintanto che uno è morto, è trattenuto dalla morte. Perciò la resurrezione di Cristo non doveva essere differita al terzo giorno, ma egli doveva risorgere subito: specialmente se si tien conto di quanto scrive la Glossa già citata, e cioè "che non ci sarebbe nessuna utilità nell'effusione del sangue di Cristo, se subito egli non fosse risuscitato".

[49272] IIIª q. 53 a. 2 arg. 3
Praeterea, dies incipere videtur ab ortu solis, qui sua praesentia diem causat. Sed ante ortum solis Christus resurrexit, dicitur enim Ioan. XX, quod una sabbati Maria Magdalene venit mane, cum adhuc tenebrae essent, ad monumentum, et tunc Christus iam resurrexerat, quia sequitur, et vidit revolutum lapidem a monumento. Ergo non resurrexit Christus tertia die.

 

[49272] IIIª q. 53 a. 2 arg. 3
3. Il giorno comincia dalla levata del sole, che con la sua presenza produce il giorno. Ora, Cristo risuscitò prima che il sole sorgesse: poiché nel Vangelo si legge, che "il primo giorno dopo il sabato Maria Maddalena venne la mattina al sepolcro quando era ancora buio"; e Cristo allora era già risuscitato, poiché il Vangelo continua: "e vide che la pietra era stata rimossa dal sepolcro". Quindi Cristo non risuscitò il terzo giorno.

[49273] IIIª q. 53 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur Matth. XX, tradent eum gentibus ad illudendum et flagellandum et crucifigendum, et tertia die resurget.

 

[49273] IIIª q. 53 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Nel Vangelo si legge: "Lo consegneranno ai gentili per essere schernito, flagellato e crocifisso; e il terzo giorno risorgerà".

[49274] IIIª q. 53 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, resurrectio Christi necessaria fuit ad instructionem fidei nostrae. Est autem fides nostra et de divinitate et de humanitate Christi, non enim sufficit alterum sine altero credere, ut ex praedictis patet. Et ideo, ad hoc quod confirmaretur fides divinitatis ipsius, oportuit quod cito resurgeret, et eius resurrectio non differretur usque ad finem mundi, ad hoc autem quod confirmaretur fides de veritate humanitatis et mortis eius, oportuit moram esse inter mortem et resurrectionem; si enim statim post mortem resurrexisset videri posset quod eius mors vera non fuerit, et per consequens nec resurrectio vera. Ad veritatem autem mortis Christi manifestandam, sufficiebat quod usque ad tertiam diem eius resurrectio differretur, quia non contingit quin infra hoc tempus, in homine qui mortuus videtur cum vivat, appareant aliqua indicia vitae. Per hoc etiam quod tertia die resurrexit, commendatur perfectio ternarii, qui est numerus omnis rei, utpote habens principium, medium et finem, ut dicitur in I de caelo. Ostenditur etiam, secundum mysterium, quod Christus una sua morte, quae fuit lux propter iustitiam, corporali scilicet, duas nostras mortes destruxit, scilicet corporis et animae, quae sunt tenebrosae propter peccatum, et ideo una die integra et duabus noctibus permansit in morte, ut Augustinus dicit, in IV de Trin. Per hoc etiam significatur quod per resurrectionem Christi tertium tempus incipiebat. Nam primum fuit ante legem; secundum sub lege; tertium sub gratia. Incipit etiam in Christi resurrectione tertius status sanctorum. Nam primus fuit sub figuris legis; secundus, sub veritate fidei; tertius erit in aeternitate gloriae, quam Christus resurgendo inchoavit.

 

[49274] IIIª q. 53 a. 2 co.
RISPONDO: Come abbiamo già notato, la resurrezione di Cristo era necessaria per fondare la nostra fede. Ora, la nostra fede ha per oggetto sia l'umanità che la divinità di Cristo: infatti, secondo le spiegazioni date, non basta credere nell'una senza credere nell'altra. Quindi per confermare la fede nella sua divinità era necessario che egli risorgesse presto, senza aspettare la fine del mondo; e per confermare la fede nella realtà della sua umanità e della sua morte, bisognava che ci fosse un intervallo tra la morte e la resurrezione. Poiché, se fosse risorto immediatampnte dopo la morte, poteva sembrare che non si fosse trattato di una vera morte, e quindi neppure di una vera resurrezione. Ma per mostrare la realtà della morte di Cristo bastava che la sua resurrezione fosse ritardata fino al terzo giorno; poiché non può essere che in un tempo così lungo non apparisse in un morto apparente qualche segno di vita.
Inoltre con la resurrezione al terzo giorno viene posta in evidenza la perfezione del numero tre, che, a detta di Aristotele, "è il numero di tutta la realtà, abbracciando il principio, il termine intermedio e il fine".
E in più appare così un altro significato simbolico, e cioè che Cristo "mediante l'unica sua morte", la quale è luce a causa della giustizia, "distrusse le nostre due morti", del corpo cioè e dell'anima, le quali sono tenebrose a causa del peccato. Ecco perché, come spiega S. Agostino, Cristo rimase nella morte un solo giorno intero e due notti.
Inoltre ciò sta a significare che con la resurrezione di Cristo cominciava la terza era. La prima infatti fu quella anteriore alla legge; la seconda quella sotto la legge; la terza quella sotto la grazia. - E anche perché con la resurrezione di Cristo iniziava il terzo stato dei santi. Poiché il primo si svolse sotto le figure della legge; il secondo nella verità della fede; e il terzo sarà nell'eternità della gloria, che Cristo inaugurò con la sua resurrezione.

[49275] IIIª q. 53 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod caput et membra conformantur in natura, sed non in virtute, excellentior est enim virtus capitis quam membrorum. Et ideo, ad demonstrandam excellentiam virtutis Christi, conveniens fuit ipsum tertia die resurgere, aliorum resurrectione dilata usque ad finem mundi.

 

[49275] IIIª q. 53 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il capo e le membra sono conformi nella natura, ma non nella virtù: poiché la virtù del capo è superiore a quella delle membra. Perciò per mostrare la superiorità della virtù di Cristo era giusto che egli risorgesse il terzo giorno, mentre la resurrezione degli altri è rimandata alla fine del mondo.

[49276] IIIª q. 53 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod detentio coactionem quandam importat. Christus autem nulla necessitate mortis tenebatur adstrictus, sed erat inter mortuos liber. Et ideo aliquandiu in morte mansit, non quasi detentus, sed propria voluntate, quandiu iudicavit hoc esse necessarium ad instructionem fidei nostrae. Dicitur autem statim fieri quod fit brevi interposito tempore.

 

[49276] IIIª q. 53 a. 2 ad 2
2. La detenzione implica una coazione. Cristo invece non era tenuto a nessuna necessità di morte, ma era "libero tra i morti". Perciò egli rimase per un certo tempo nella morte, non come detenuto, ma di propria volontà: cioè fino a che lo ritenne necessario per stabilire la nostra fede. D'altra parte si può dire che avviene subito quello che avviene dopo un breve intervallo di tempo.

[49277] IIIª q. 53 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut supra dictum est, Christus resurrexit circa diluculum, illucescente iam die, ad significandum quod per suam resurrectionem nos ad lucem gloriae inducebat, sicut mortuus est advesperascente iam die et tendente in tenebras, ad ostendendum quod per suam mortem destrueret tenebras culpae et poenae. Et tamen dicitur tertia die resurrexisse, accipiendo diem pro die naturali, quae continet spatium viginti quatuor horarum. Et, sicut dicit Augustinus, in IV de Trin., nox usque ad diluculum quo domini resurrectio declarata est, ad tertium pertinet diem. Quia Deus, qui dixit de tenebris lumen clarescere, ut per gratiam novi testamenti et participationem resurrectionis Christi audiremus, fuistis aliquando tenebrae, nunc autem lux in domino, insinuat nobis quodammodo quod a nocte dies sumat initium. Sicut enim primi dies, propter futurum hominis lapsum, a luce in noctem, ita isti, propter hominis reparationem, a tenebris ad lucem computantur. Et ita patet quod, etiam si media nocte surrexisset, posset dici die tertia eum surrexisse, intelligendo de die naturali. Nunc autem, cum in diluculo surrexerit, potest dici quod die tertia surrexit, etiam accipiendo diem artificialem, quae causatur ex praesentia solis, quia iam sol incipiebat aerem illustrare. Unde et Marci ult. dicitur quod mulieres venerunt ad monumentum, orto iam sole. Quod non est contrarium ei quod Ioannes dicit, cum adhuc tenebrae essent, ut Augustinus dicit, in libro de consensu Evang., quia, die surgente, reliquiae tenebrarum tanto magis extenuantur, quanto magis oritur lux; quod autem dicit Marcus, orto iam sole, non sic accipiendum est tanquam iam sol ipse videretur super terram, sed tanquam eo proximo veniente in has partes.

 

[49277] IIIª q. 53 a. 2 ad 3
3. Come sopra abbiamo spiegato, Cristo risuscitò verso l'alba, quando comincia a spuntare il giorno, per indicare che con la sua resurrezione ci avviava alla luce della gloria: così come era morto verso il vespro sul calare delle tenebre, per indicare che egli con la sua morte avrebbe distrutto le tenebre della colpa e della pena. E tuttavia si dice che è risorto il terzo giorno, prendendo il giorno per il giorno naturale che abbraccia ventiquattr'ore. Cosicché, come spiega S. Agostino, "la notte fino all'alba in cui si manifestò la risurrezione di Cristo, spetta al terzo giorno. Poiché Dio, "il quale comandò alla luce di risplendere dalle tenebre", perché con la grazia del Nuovo Testamento e la partecipazione alla resurrezione di Cristo ci fosse dato di ascoltare l'intimazione: "un tempo eravate tenebre, ora siete luce nel Signore", ci lascia capire in qualche modo che il giorno ha inizio dalla notte. Infatti come i primi giorni (della creazione), per la prevista caduta dell'uomo, vengono computati dal giorno alla notte; così questi a motivo della redenzione umana sono computati dalla notte al giorno".
È chiaro quindi che se anche egli fosse risorto a mezzanotte si potrebbe dire ugualmente che è risorto il terzo giorno, riferendosi al giorno naturale. Ma essendo risorto all'alba, si può dire che è risorto il terzo giorno, anche riferendoci al giorno convenzionale, che è determinato dalla presenza del sole; poiché il sole cominciava già a rischiarare l'aria. Infatti in S. Marco si legge che le donne vennero al sepolcro "quando il sole si era già levato". Ciò non è in contrasto, nota S. Agostino, con quanto dice S. Giovanni, "che esse vennero mentre ancora c'erano le tenebre": poiché allo spuntar del giorno, le tenebre scompaiono mano a mano che sorge la luce; d'altra parte l'espressione di S. Marco, "quando il sole si era già levato", "non va presa nel senso che il sole stesso già era visibile sulla terra, ma soltanto che era imminente nel nostro emisfero".




Terza Parte > Cristo > La resurrezione di Cristo > Se Cristo sia stato il primo a risorgere


Tertia pars
Quaestio 53
Articulus 3

[49278] IIIª q. 53 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod Christus non primo resurrexit. Nam in veteri testamento per Eliam et Elisaeum aliqui resuscitati leguntur, secundum illud Heb. XI, acceperunt mulieres de resurrectione mortuos suos. Similiter etiam Christus, ante passionem suam, tres mortuos suscitavit. Non ergo Christus fuit primus resurgentium.

 
Terza parte
Questione 53
Articolo 3

[49278] IIIª q. 53 a. 3 arg. 1
SEMBRA che Cristo non sia stato il primo a risorgere. Infatti:
1. Si legge nel Vecchio Testamento che alcuni furono risuscitati da Elia e da Eliseo; e vi accenna anche la lettera agli Ebrei: "Delle donne riebbero per resurrezione i loro morti". Del resto anche Cristo prima della sua passione risuscitò tre morti. Perciò egli non fu il primo dei risorti.

[49279] IIIª q. 53 a. 3 arg. 2
Praeterea, Matth. XXVII, inter alia miracula quae in passione Christi acciderunt, narratur quod monumenta aperta sunt, et multa corpora sanctorum qui dormierant, surrexerunt. Non ergo Christus fuit primus resurgentium.

 

[49279] IIIª q. 53 a. 3 arg. 2
2. Tra gli altri miracoli che avvennero alla morte di Cristo, si narra che "i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi che vi giacevano, risuscitarono". Dunque Cristo non fu il primo a risorgere.

[49280] IIIª q. 53 a. 3 arg. 3
Praeterea, sicut Christus per suam resurrectionem est causa nostrae resurrectionis, ita per suam gratiam est causa nostrae gratiae, secundum illud Ioan. I, de plenitudine eius omnes accepimus. Sed alii prius tempore gratiam habuerunt quam Christus, sicut omnes patres veteris testamenti. Ergo etiam aliqui prius ad resurrectionem corporalem pervenerunt quam Christus.

 

[49280] IIIª q. 53 a. 3 arg. 3
3. Con la sua resurrezione Cristo è causa della nostra resurrezione, come con la sua grazia è causa della nostra grazia; poiché sta scritto: "Della pienezza di lui tutti abbiamo ricevuto". Ma alcuni ebbero la grazia prima di Cristo: p. es., tutti i Padri dell'antico Testamento. Dunque alcuni poterono raggiungere la resurrezione corporale prima di Cristo.

[49281] IIIª q. 53 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicitur I Cor. XV, Christus resurrexit a mortuis primitiae dormientium, Glossa, quia prius tempore et dignitate surrexit.

 

[49281] IIIª q. 53 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Cristo è risuscitato dai morti come primizia di quei che son morti". E la Glossa spiega: "Perché è risuscitato per primo, sia in ordine di tempo che di dignità".

[49282] IIIª q. 53 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod resurrectio est reparatio a morte in vitam. Dupliciter autem aliquis eripitur a morte. Uno modo, solum a morte in actu, ut scilicet aliquis vivere incipiat qualitercumque postquam mortuus fuerat. Alio modo, ut aliquis liberetur non solum a morte, sed etiam a necessitate et, quod plus est, a possibilitate moriendi. Et haec est vera et perfecta resurrectio. Quia quandiu aliquis vivit subiectus necessitati moriendi, quodammodo mors ei dominatur, secundum illud Rom. VIII, corpus quidem mortuum est propter peccatum. Illud etiam quod possibile est esse, secundum quid dicitur esse, idest potentialiter. Et sic patet quod illa resurrectio qua quis eripitur solum ab actuali morte, est resurrectio imperfecta. Loquendo ergo de resurrectione perfecta, Christus est primus resurgentium, quia ipse resurgendo primo pervenit ad vitam penitus immortalem; secundum illud Rom. VI, Christus, resurgens ex mortuis, iam non moritur. Sed resurrectione imperfecta quidam alii surrexerunt ante Christum, ad praemonstrandum quasi in quodam signo resurrectionem ipsius.

 

[49282] IIIª q. 53 a. 3 co.
RISPONDO: La resurrezione è il ritorno dalla morte alla vita. Ora, si può essere sottratti alla morte in due maniere. Primo, dal solo dominio attuale della morte: cioè tornando a vivere in qualsiasi modo. Secondo, mediante la liberazione non solo dalla morte, ma dalla necessità e addirittura dalla possibilità stessa di morire. E questa è la resurrezione vera e perfetta. Poiché fino a che uno vive nella necessità di morire, in qualche modo è soggetto alla morte come il nostro corpo, il quale, a detta di S. Paolo, "è morto a causa del peccato". Infatti ciò può essere in qualche modo e, vale a dire, in modo potenziale. Perciò è evidente che la resurrezione con la quale uno è sottratto solo al dominio attuale della morte è una resurrezione imperfetta.
Se parliamo, quindi, della resurrezione perfetta, Cristo è il primo dei risorti: poiché per primo egli risorgendo raggiunse la vita del tutto immortale, secondo l'affermazione paolina: "Cristo risuscitato dai morti non muore più". Invece mediante la resurrezione imperfetta alcuni risuscitarono anche prima di Cristo: quasi come prefigurazioni della sua resurrezione.

[49283] IIIª q. 53 a. 3 ad 1
Et sic patet responsio ad primum. Quia et illi qui suscitati sunt in veteri testamento, et illi qui suscitati sunt a Christo, sic redierunt ad vitam ut iterum morerentur.

 

[49283] IIIª q. 53 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È così risolta anche la prima difficoltà. Poiché coloro che furono risuscitati nell'Antico Testamento, oppure da Cristo, tornarono alla vita per morire nuovamente.

[49284] IIIª q. 53 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod de illis qui resurrexerunt cum Christo, duplex est opinio. Quidam enim asserunt quod redierunt ad vitam tanquam non iterum morituri, quoniam maius illis esset tormentum si iterum morerentur, quam si non resurgerent. Et secundum hoc, intelligendum erit, sicut Hieronymus dicit, super Matth., quod non ante resurrexerunt quam resurgeret dominus. Unde et Evangelista dicit quod, exeuntes de monumentis post resurrectionem eius, venerunt in sanctam civitatem et apparuerunt multis. Sed Augustinus, in epistola ad Evodium, hanc opinionem commemorans, dicit, scio quibusdam videri morte domini Christi iam talem resurrectionem praestitam iustis, qualis nobis in fine promittitur quod si non iterum, repositis corporibus, dormierunt, videndum est quomodo intelligatur Christus primogenitus a mortuis, si eum in illam resurrectionem tot praecesserunt. Quod si respondetur hoc dictum esse per anticipationem, ut monumenta illo terrae motu aperta intelligantur cum Christus in cruce penderet, resurrexisse autem iustorum corpora non tunc, sed cum ille prior resurrexisset, sed adhuc restat quod moveat quomodo Petrus non de David sed de Christo asseruit fuisse praedictum carnem eius non vidisse corruptionem, scilicet per hoc quod apud eos erat monumentum David; et sic illos non convincebat, si corpus David ibi iam non erat; quia, etsi ante in recenti sua morte resurrexisset, nec caro eius vidisset corruptionem, posset monumentum illud manere. Durum autem videtur ut David non fuerit in illa resurrectione iustorum, si eis iam aeterna donata est, cuius Christus ex semine commendatur. Periclitabitur etiam illud quod ad Hebraeos de iustis antiquis dicitur, ne sine nobis perficerentur, si iam in illa resurrectionis incorruptione constituti sunt quae nobis perficiendis in fine promittitur. Sic ergo Augustinus sentire videtur quod resurrexerint iterum morituri. Ad quod etiam videtur pertinere quod Hieronymus dicit, super Matth., quod, sicut Lazarus resurrexit, sic et multa corpora sanctorum resurrexerunt, ut dominum ostenderent resurgentem. Quamvis hoc in sermone de assumptione sub dubio relinquat. Rationes tamen Augustini multo efficaciores videntur.

 

[49284] IIIª q. 53 a. 3 ad 2
2. A proposito di coloro che risuscitarono con Cristo ci sono due opinioni. Alcuni infatti affermano che essi tornarono alla vita per non più morire: poiché dover morire una seconda volta sarebbe stato più doloroso per loro che non risorgere. E in tal caso, secondo la spiegazione di S. Girolamo, essi "non sarebbero risorti prima della resurrezione del Signore". Infatti l'evangelista afferma, che essi "usciti dalle tombe dopo la sua resurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti".
S. Agostino, invece, riferendo codesta opinione, afferma: "So che secondo alcuni alla morte del Cristo Signore già sarebbe stata concessa a dei giusti la resurrezione, quale è promessa a noi alla fine del mondo. Ma se costoro non morirono di nuovo deponendo i loro corpi, rimane da spiegare come Cristo possa considerarsi "primogenito dei morti", avendolo molti preceduto in quella resurrezione. Se si risponde che l'affermazione evangelica va presa come anticipazione, cosicché i sepolcri si sarebbero aperti alla morte di Cristo sulla croce, ma che i corpi dei giusti non risorsero in quel momento, bensì dopo che egli era risuscitato; allora rimane da spiegare l'affermazione di S. Pietro, il quale deduce aver David predetto di Cristo e non di se stesso che il suo corpo non avrebbe visto la corruzione, dal fatto che la tomba di David era presso di loro; ché l'argomento non sarebbe stato convincente, se il corpo di David non vi si trovava più; poiché la sua tomba avrebbe potuto rimanere lo stesso, anche se egli fosse risuscitato subito dopo la sua morte, senza vedere la corruzione. D'altra parte non sembra possibile che proprio David, dal cui seme Cristo fu generato, fosse escluso da quella resurrezione dei giusti, se fu loro elargita la vita eterna. Inoltre si mette in dubbio così quanto dice l'Epistola agli Ebrei a proposito degli antichi giusti, e cioè che essi "non sarebbero arrivati a perfezione senza di noi", se è vero che essi furono costituiti allora in quella incorruzione dei risuscitati, che a noi è promessa come perfezione finale".
Perciò S. Agostino sembra persuaso che essi risorsero per morire nuovamente. La stessa idea affiora in S. Girolamo nel suo commento al Vangelo di Matteo: "Come risorse Lazzaro, così risuscitarono molti corpi di Santi, per mostrare la resurrezione del Signore". Egli però lascia in dubbio la cosa nel Discorso sull'assunzione. Tuttavia le ragioni di S. Agostino sembrano molto più solide.

[49285] IIIª q. 53 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut ea quae praecesserunt Christi adventum, fuerunt praeparatoria ad Christum, ita gratia est dispositio ad gloriam. Et ideo ea quae sunt gloriae, sive quantum ad animam, sicut perfecta Dei fruitio, sive quantum ad corpus, sicut resurrectio gloriosa, prius tempore debuit esse in Christo, sicut in auctore gloriae. Gratiam vero conveniebat prius esse in his quae ordinabantur ad Christum.

 

[49285] IIIª q. 53 a. 3 ad 3
3. I fatti che precedettero la venuta di Cristo erano una preparazione a codesta venuta, come la grazia è predisposizione alla gloria. Perciò quanto appartiene alla gloria, sia rispetto all'anima, come la perfetta fruizione di Dio, sia rispetto al corpo, come la resurrezione gloriosa, anche in ordine di tempo prima doveva attuarsi in Cristo, essendo egli l'autore della gloria. Era giusto invece che la grazia si trovasse anche prima in coloro che erano ordinati a Cristo.




Terza Parte > Cristo > La resurrezione di Cristo > Se Cristo sia stato causa della propria resurrezione


Tertia pars
Quaestio 53
Articulus 4

[49286] IIIª q. 53 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod Christus non fuerit causa suae resurrectionis. Quicumque enim suscitatur ab alio, non est suae resurrectionis causa. Sed Christus est suscitatus ab alio, secundum illud Act. II, quem Deus suscitavit, solutis doloribus Inferni; et Rom. VIII, qui suscitavit Iesum Christum a mortuis, vivificabit et mortalia corpora nostra, et cetera. Ergo Christus non est causa suae resurrectionis.

 
Terza parte
Questione 53
Articolo 4

[49286] IIIª q. 53 a. 4 arg. 1
SEMBRA che Cristo non sia stato causa della propria resurrezione. Infatti:
1. Chi è risuscitato da un altro non è causa della propria resurrezione. Ma Cristo è stato risuscitato da un altro; poiché nella Scrittura si legge: "Dio lo ha risuscitato, liberandolo dalle pene degli inferi"; e ancora: "Dio, il quale ha risuscitato Cristo dai morti, ridarà vita ai nostri corpi mortali, ecc.". Dunque Cristo non fu causa della propria resurrezione.

[49287] IIIª q. 53 a. 4 arg. 2
Praeterea, nullus dicitur mereri, vel ab alio petit, aliquid cuius ipse est causa. Sed Christus sua passione meruit resurrectionem, sicut Augustinus dicit, super Ioan., quod humilitas passionis meritum est gloriae resurrectionis. Ipse etiam petit a patre se resuscitari, secundum illud Psalmi, tu autem, domine, miserere mei et resuscita me. Ergo Christus non fuit causa suae resurrectionis.

 

[49287] IIIª q. 53 a. 4 arg. 2
2. Nessuno merita o chiede ad altri ciò di cui egli è causa. Ora, Cristo meritò la resurrezione con la sua passione: poiché, come dice S. Agostino, "l'umiltà della passione fu il merito della gloria della resurrezione". Inoltre Cristo medesimo chiese al Padre di essere risuscitato, applicandosi a lui le parole del salmista: "Tu, o Signore, usami misericordia e risuscitami". Perciò Cristo non fu causa della propria resurrezione.

[49288] IIIª q. 53 a. 4 arg. 3
Praeterea, sicut Damascenus probat, in IV libro, resurrectio non est animae, sed corporis, quod per mortem cadit. Corpus autem non potuit sibi animam unire, quae est eo nobilior. Ergo id quod resurrexit in Christo, non potuit esse causa suae resurrectionis.

 

[49288] IIIª q. 53 a. 4 arg. 3
3. La resurrezione, come spiega il Damasceno, non è dell'anima, bensì del corpo, che è abbattuto dalla morte. Ma il corpo non era in grado di riunire a sé l'anima, che è più nobile di esso. Quindi ciò che in Cristo risorse non poteva esser causa della propria resurrezione.

[49289] IIIª q. 53 a. 4 s. c.
Sed contra est quod dominus dicit, Ioan. X, nemo tollit animam meam a me, sed ego pono eam et iterum sumo eam. Sed nihil est aliud resurgere quam iterato animam sumere. Ergo videtur quod Christus propria virtute resurrexit.

 

[49289] IIIª q. 53 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Il Signore ha affermato: "Nessuno mi toglie l'anima mia; ma son io che l'offro, per riprenderla di nuovo". Ora, risorgere non significa nient'altro che riprendere l'anima. Dunque Cristo è risorto per virtù propria.

[49290] IIIª q. 53 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, per mortem non fuit separata divinitas nec ab anima Christi, nec ab eius carne. Potest igitur tam anima Christi mortui, quam eius caro, considerari dupliciter, uno modo, ratione divinitatis; alio modo, ratione ipsius naturae creatae. Secundum igitur unitae divinitatis virtutem, et corpus resumpsit animam, quam deposuerat; et anima resumpsit corpus, quod dimiserat. Et hoc est quod de Christo dicitur II Cor. ult., quod, etsi crucifixus est ex infirmitate nostra, sed vivit ex virtute Dei. Si autem consideremus corpus et animam Christi mortui secundum virtutem naturae creatae, sic non potuerunt sibi invicem reuniri, sed oportuit Christum resuscitari a Deo.

 

[49290] IIIª q. 53 a. 4 co.
RISPONDO: Come abbiamo spiegato sopra, con la morte la divinità non si separò né dall'anima né dal corpo di Cristo. Perciò sia l'anima che il corpo di Cristo morto si possono considerare sotto due aspetti: primo, sotto l'aspetto della divinità, secondo, sotto quello della natura creata. Quindi, in virtù della divinità che gli era unita, il corpo di Cristo riassunse l'anima che aveva deposto; e l'anima riprese il corpo che aveva abbandonato. Ecco perché S. Paolo ha potuto dire di Cristo, che, "sebbene sia stato crocifisso per la sua debolezza, vive però per la potenza di Dio".
Se invece consideriamo il corpo e l'anima di Cristo dopo la sua morte secondo la virtù della natura creata, allora essi non potevano riunirsi tra loro, ma era necessario che Cristo fosse risuscitato da Dio.

[49291] IIIª q. 53 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod eadem est divina virtus et operatio patris et filii. Unde haec duo sese consequuntur, quod Christus sit suscitatus divina virtute patris, et sui ipsius.

 

[49291] IIIª q. 53 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Identica è la virtù e l'operazione divina del Padre e del Figlio. Perciò queste due affermazioni, che Cristo è stato risuscitato dalla virtù divina del Padre e che è risuscitato da se stesso, si implicano a vicenda.

[49292] IIIª q. 53 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod Christus orando petiit et meruit suam resurrectionem, inquantum homo, non autem inquantum Deus.

 

[49292] IIIª q. 53 a. 4 ad 2
2. Cristo chiese e meritò la propria resurrezione in quanto uomo; non già in quanto Dio.

[49293] IIIª q. 53 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod corpus secundum naturam creatam non est potentius anima Christi, est tamen ea potentius secundum virtutem divinam. Quae etiam rursus, secundum divinitatem unitam, est potentior corpore secundum naturam creatam. Et ideo secundum virtutem divinam corpus et anima mutuo se resumpserunt, non autem secundum virtutem naturae creatae.

 

[49293] IIIª q. 53 a. 4 ad 3
3. Il corpo di Cristo, secondo la propria natura creata, non era superiore alla sua anima: tuttavia era superiore ad essa secondo la virtù divina. L'anima però, in quanto unita alla divinità, è superiore al corpo considerato nella sua natura creata. Corpo e anima, quindi, si riassunsero reciprocamente secondo la virtù divina: non già secondo la virtù della natura creata.

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