Terza Parte > Cristo > L'insegnamento di Cristo > Se Cristo avesse dovuto predicare soltanto ai giudei, o anche ai gentili
Tertia pars
Quaestio 42
Articulus 1
[48701] IIIª q. 42 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod Christus non solum Iudaeis, sed etiam gentibus debuerit praedicare. Dicitur enim Isaiae XLIX, parum est ut sis mihi servus ad suscitandas tribus Israel et faeces Iacob convertendas, dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea usque ad extrema terrae. Sed lumen et salutem Christus praebuit per suam doctrinam. Ergo videtur parum fuisse si solum Iudaeis, et non gentibus praedicavit.
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Terza parte
Questione 42
Articolo 1
[48701] IIIª q. 42 a. 1 arg. 1
SEMBRA che Cristo avrebbe dovuto predicare non soltanto ai giudei, ma anche ai gentili. Infatti:
1. Isaia dice: "È poco che tu sia il mio servo per far risorgere le tribù di Gìacobbe e far tornare i superstiti d'Israele: io ti costituirò luce alle genti, perché tu sia la mia salvezza fino ai confini della terra". Ora, Cristo ha portato la luce e la salvezza col suo insegnamento. Quindi la predicazione di Cristo fu troppo scarsa limitandosi ai giudei, escludendo i gentili.
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[48702] IIIª q. 42 a. 1 arg. 2 Praeterea, sicut dicitur Matth. VII, erat docens eos sicut potestatem habens. Sed maior potestas doctrinae ostenditur in instructione illorum qui penitus nihil audierunt, quales erant gentiles, unde apostolus dicit, Rom. XV, sic praedicavi Evangelium, non ubi nominatus est Christus, ne super alienum fundamentum aedificarem. Ergo multo magis Christus praedicare debuit gentilibus quam Iudaeis.
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[48702] IIIª q. 42 a. 1 arg. 2
2. Come dice S. Matteo, (Cristo) "ammaestrava come uno che ha autorità". Ora, la capacità d'insegnare risulta di più nell'istruire coloro che non hanno nessuna istruzione, com'erano appunto i gentili; infatti S. Paolo ha scritto: "Così ho annunziato il Vangelo, non là dove il nome di Cristo era già conosciuto, affinché non avessi a costruire sul fondamento posto da altri". A maggior ragione Cristo doveva predicare più ai gentili che ai giudei.
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[48703] IIIª q. 42 a. 1 arg. 3 Praeterea, utilior est instructio multorum quam unius. Sed Christus aliquos gentilium instruxit, sicut mulierem Samaritanam, Ioan. IV, et Chananaeam, Matth. XV. Ergo videtur quod, multo fortius, Christus debuerit multitudini gentium praedicare.
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[48703] IIIª q. 42 a. 1 arg. 3
3. È più utile istruire molti che uno solo. Ma Cristo istruì alcuni gentili: p. es., la Samaritana e la Cananea. Sembra perciò che Cristo a maggior ragione avrebbe dovuto predicare alla massa dei gentili.
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[48704] IIIª q. 42 a. 1 s. c. Sed contra est quod dominus dicit, Matth. XV, non sum missus nisi ad oves quae perierunt domus Israel. Sed Rom. X dicitur, quomodo praedicabunt nisi mittantur? Ergo Christus non debuit praedicare gentibus.
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[48704] IIIª q. 42 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Il Signore stesso dichiara: "Non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele". Ma S. Paolo scrive: "In che modo potranno predicare, se non sono mandati?". Dunque Cristo non doveva predicare ai gentili.
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[48705] IIIª q. 42 a. 1 co. Respondeo dicendum quod conveniens fuit praedicationem Christi, tam per ipsum quam per apostolos, a principio solis Iudaeis exhiberi. Primo quidem, ut ostenderet per suum adventum impleri promissiones antiquitus factas Iudaeis, non autem gentilibus. Unde apostolus dicit, Rom. XV, dico Christum ministrum fuisse circumcisionis, idest apostolum et praedicatorem Iudaeorum, propter veritatem Dei, ad confirmandas promissiones patrum. Secundo, ut eius adventus ostenderetur esse a Deo. Quae enim a Deo sunt, ordinata sunt, ut dicitur Rom. XIII. Hoc autem debitus ordo exigebat, ut Iudaeis, qui Deo erant propinquiores per fidem et cultum unius Dei, prius quidem doctrina Christi proponeretur, et per eos transmitteretur ad gentes, sicut etiam et in caelesti hierarchia per superiores Angelos ad inferiores divinae illuminationes deveniunt. Unde super illud Matth. XV, non sum missus nisi ad oves quae perierunt domus Israel, dicit Hieronymus, non hoc dicit quin ad gentes missus sit, sed quod primum ad Israel missus est. Unde et Isaiae ult. dicitur, mittam ex eis qui salvati fuerint, scilicet ex Iudaeis, ad gentes, et annuntiabunt gloriam meam gentibus. Tertio, ut Iudaeis auferret calumniandi materiam. Unde super illud Matth. X, in viam gentium ne abieritis, dicit Hieronymus, oportebat primum adventum Christi nuntiari Iudaeis, ne iustam haberent excusationem, dicentes ideo se dominum reiecisse, quia ad gentes et Samaritanos apostolos miserit. Quarto, quia Christus per crucis victoriam meruit potestatem et dominium super gentes. Unde dicitur Apoc. II, qui vicerit, dabo ei potestatem super gentes, sicut et ego accepi a patre meo. Et Philipp. II, quod, quia factus est obediens usque ad mortem crucis, Deus exaltavit illum, ut in nomine Iesu omne genu flectatur, et omnis lingua ei confiteatur. Et ideo ante passionem suam noluit gentibus praedicari suam doctrinam, sed post passionem suam dixit discipulis, Matth. ult., euntes, docete omnes gentes. Propter quod, ut legitur Ioan. XII, cum, imminente passione, quidam gentiles vellent videre Iesum, respondit, nisi granum frumenti cadens in terram mortuum fuerit, ipsum solum manet, si autem mortuum fuerit, multum fructum affert. Et, sicut Augustinus dicit ibidem, se dicebat granum mortificandum in infidelitate Iudaeorum, multiplicandum in fide populorum.
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[48705] IIIª q. 42 a. 1 co.
RISPONDO: Era conveniente che la predicazione di Cristo, come quella degli Apostoli, da principio fosse rivolta ai soli giudei. Primo, per mostrare che con la sua venuta si attuavano le promesse fatte dall'antichità agli ebrei, e non ai gentili. Ecco perché S. Paolo scrive: "Dico che Cristo si è fatto ministro dei circoncisi", cioè apostolo e predicatore dei giudei, "per dimostrare la veracità di Dio nel compiere le promesse fatte ai Padri".
Secondo, per dimostrare che egli veniva da Dio. Infatti "tutto ciò che viene da Dio, è bene ordinato", dice S. Paolo. Ora, il retto ordine esigeva che l'insegnamento di Cristo fosse proposto prima ai giudei, data la loro maggiore vicinanza a Dio nella fede e nel culto dell'unico Dio, e per mezzo di essi fosse trasmesso ai pagani: cioè come nella stessa gerarchia celeste le illuminazioni divine giungono agli angeli inferiori per mezzo di quelli superiori. Ecco perché S. Girolamo, commentando quel passo di S. Matteo, "Non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele", afferma: "Non dice che non è stato inviato ai pagani; ma che prima è stato inviato a Israele". Di qui le parole di Isaia: "Manderò alcuni degli scampati", cioè dei giudei, "verso le genti, e annunzieranno loro la mia gloria".
Terzo, per togliere ai giudei il pretesto d'infamarlo. Ecco perché S. Girolamo commentando le parole evangeliche, "Non andate tra i gentili", spiega: "Era necessario che la venuta di Cristo fosse manifestata prima di tutto ai giudei, affinché non avessero scuse col dire che essi avevano respinto il Signore, perché aveva inviato gli Apostoli ai gentili e ai samaritani".
Quarto, perché Cristo ha voluto meritare il potere e il dominio su tutte le genti vincendo mediante la croce. Per questo nell'Apocalisse si legge: "A colui che vincerà darò l'autorità sopra le genti, come anch'io l'ho ricevuta dal Padre mio". E S. Paolo dice che essendosi (Cristo) "fatto ubbidiente fino alla morte di croce, per questo Iddio lo esaltò, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio e ogni lingua lo riconosca". Ecco perché prima della sua passione non volle che la sua dottrina fosse predicata ai gentili; ma dopo la passione disse ai suoi discepoli: "Andate e insegnate a tutte le genti". Per questo motivo, come si legge in S. Giovanni, all'avvicinarsi della sua passione, volendo alcuni pagani vedere Gesù, egli rispose: "Se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto". E S. Agostino spiega: "Era egli stesso il grano chiamato a morire per l'infedeltà dei giudei, e a moltiplicarsi per la fede dei popoli".
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[48706] IIIª q. 42 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod Christus fuit in lumen et salutem gentium per discipulos suos, quos ad praedicandum gentibus misit.
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[48706] IIIª q. 42 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Cristo fu luce e salvezza delle genti per mezzo dei suoi discepoli, che egli mandò a predicare tra i gentili.
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[48707] IIIª q. 42 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod non est minoris potestatis, sed maioris, facere aliquid per alios, quam per seipsum. Et ideo in hoc maxime potestas divina in Christo monstrata est, quod discipulis suis tantam virtutem contulit in docendo, ut gentes, quae nihil de Christo audierant, converterent ad ipsum. Potestas autem Christi in docendo attenditur et quantum ad miracula, per quae doctrinam suam confirmabat; et quantum ad efficaciam persuadendi; et quantum ad auctoritatem loquentis, quia loquebatur quasi dominium habens super legem, cum diceret, ego autem dico vobis; et etiam quantum ad virtutem rectitudinis quam in sua conversatione monstrabat, sine peccato vivendo.
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[48707] IIIª q. 42 a. 1 ad 2
2. Non si dimostra un potere minore, bensì maggiore nel compiere qualche cosa per mezzo di altri e non da se stessi. Perciò il potere divino di Cristo si è mostrato nella maniera più convincente, nel fatto che egli comunicò ai suoi discepoli tale efficacia nell'insegnare, da convertire a Cristo i gentili i quali niente avevano udito di lui.
Il potere di Cristo nell'insegnare si rileva sia dai miracoli, con i quali confermava il suo insegnamento; sia dall'efficacia persuasiva; sia dall'autorità nel parlare, perché predicava come uno che ha il dominio sulla legge: "Io però vi dico"; sia finalmente dalla rettitudine che mostrava nella sua condotta, vivendo senza peccato.
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[48708] IIIª q. 42 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod, sicut Christus non debuit a principio indifferenter gentilibus suam doctrinam communicare, ut Iudaeis tanquam primogenito populo deditus observaretur; ita etiam non debuit gentiles omnino repellere, ne spes salutis eis praecluderetur. Et propter hoc aliqui gentilium particulariter sunt admissi, propter excellentiam fidei et devotionis eorum.
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[48708] IIIª q. 42 a. 1 ad 3
3. Cristo, come da principio non doveva trasmettere il suo insegnamento indistintamente a tutti i gentili, per mostrarsi quale inviato ai giudei, popolo primogenito, così neppure doveva respingere del tutto i gentili, per non togliere loro la speranza della salvezza. Ecco perché alcuni gentili furono da lui accolti, avuto riguardo all'eccellenza della loro particolare fede e devozione.
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