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Se con la pena del purgatorio venga espiato il peccato veniale in quanto colpa
Appendice
Questione 1
Articolo 6
SEMBRA che con la pena del purgatorio non possa essere espiato il peccato veniale in quanto colpa. Infatti:
1. A commento delle parole di S. Giovanni, "Vi è un peccato che conduce alla morte, ecc.", la Glossa afferma: "Di quel che non si corregge in questa vita, inutilmente si chiede perdono dopo la morte". Dunque nessun peccato viene perdonato quanto alla colpa dopo la vita presente.
2. Spetta al medesimo soggetto cadere in peccato e liberarsene. Ma l'anima dopo la morte non può cadere in peccato veniale. Dunque neppure è in grado di esserne assolta.
3. S. Gregorio afferma che al giudizio ognuno si troverà quale uscì dal corpo: poiché come dice la Scrittura, "dove l'albero cade, ivi resterà". Se quindi uno esce da questa vita in peccato veniale, al giudizio comparirà in peccato veniale. Perciò col purgatorio nessuno può espiare il peccato veniale in quanto colpa.
4. Un peccato attuale non viene cancellato che dalla contrizione. Ma dopo la vita presente non ci sarà contrizione, essendo questa un atto meritorio: perché allora non ci sarà più né merito né demerito; poiché, come dice il Damasceno, "per gli uomini la morte costituisce quello che per gli angeli fu la caduta". Dunque dopo la vita presente il peccato veniale non sarà perdonato sotto l'aspetto di colpa.
5. Il peccato veniale non è in noi, se non per il fomite: infatti, come abbiamo spiegato sopra, Adamo nello stato d'innocenza non avrebbe potuto commettere un peccato veniale. Ebbene, dopo la vita presente in purgatorio non potrà esserci l'appetito sensitivo, data la distruzione del fomite nelle anime separate: poiché il fomite viene chiamato da S. Paolo "legge della carne". Dunque non potranno esserci delle colpe veniali. E quindi il peccato veniale non potrà essere espiato dal fuoco del purgatorio.
IN CONTRARIO: 1. S. Gregorio e S. Agostino affermano, che certe colpe leggere saranno rimesse nel secolo futuro. Ora, non è possibile che essi lo affermino della pena; poiché in tal senso anche le colpe più gravi vengono espiate in purgatorio quanto al loro debito o reato di pena. Perciò i peccati veniali vengono espiati col fuoco del purgatorio anche sotto l'aspetto di colpa.
2. Coi termini "legna, fieno e paglia" S. Paolo denomina, come abbiamo detto, i peccati veniali. Ma legna, fieno e paglia vengono consunti dal purgatorio. Dunque le stesse colpe veniali vengono così rimesse dopo la vita presente.
RISPONDO: Alcuni hanno affermato che dopo la vita presente nessun peccato viene rimesso sotto l'aspetto di colpa. Se uno quindi muore in peccato mortale, si danna e non è più in grado di ottenere il perdono. D'altra parte non può essere che uno muoia in peccato veniale e non in quello mortale: perché la grazia finale basta a purificare dal peccato veniale. Infatti il peccato veniale capita per il fatto che uno, pur avendo Cristo come fondamento, ama eccessivamente un bene temporale. E tale eccesso è dovuto alla corruzione della concupiscenza. Cosicché, se la grazia vince del tutto tale corruzione, come avvenne nella Beata Vergine, il peccato veniale non può aver luogo. Perciò, siccome al momento della morte questa concupiscenza viene del tutto annientata, le potenze dell'anima saranno totalmente soggette alla grazia, e il peccato veniale sarà eliminato.
Ma tale opinione è frivola, sia in se stessa che nei suoi motivi. In se stessa, perché contraddice le affermazioni dei Santi e del Vangelo. Le quali non si possono applicare alla remissione dei peccati veniali quanto alla pena, come dice il Maestro nel testo delle Sentenze; perché allora nel secolo futuro verrebbero rimesse ugualmente, sia le colpe leggere che quelle gravi; invece S. Gregorio insegna che dopo questa vita verranno rimesse solo le colpe leggere. - Né convince la spiegazione che portano dicendo che ciò vien detto in particolare per quelle leggere, perché non si pensi che non soffriremo per esse niente di grave: poiché la remissione delle pene viene a togliere e non ad accrescere la loro gravità.
Inoltre l'opinione appare frivola nei suoi motivi, perché la debolezza fisica che capita al termine della vita non toglie e non diminuisce la corruzione della concupiscenza nella sua radice, ma solo nei suoi atti: come capita a tutti quelli che si ammalano gravemente. Né ciò acquieta le potenze dell'anima così da assoggettarle alla grazia: poiché ciò avviene quando le potenze inferiori obbediscono alle potenze superiori, "che si adeguano con gioia alla legge di Dio"; il che non può avvenire in tale stato, perché vengono impedite le funzioni delle une e delle altre. - A meno che per tranquillità non s'intenda la mancanza di combattimento, come si riscontra anche nei dormienti. Ma non per questo si dice che il sonno diminuisce la concupiscenza, o che tranquillizza le potenze dell'anima, o che le assoggetta alla grazia.
Inoltre, anche ammettendo che quella debolezza fisica diminuisca radicalmente la concupiscenza sottomettendo le facoltà dell'anima alla grazia, ciò non basterebbe ancora a purgare dalle colpe veniali già commesse, sebbene basti a evitare quelle future; poiché un peccato attuale, anche veniale, non viene perdonato senza un moto attuale di contrizione, come sopra abbiamo detto, per quanto possa essere intensa la disposizione abituale. Ora, capita talora che uno muoia nel sonno, essendo in grazia di Dio, ma con qualche peccato veniale: costui quindi non può avere prima della morte, un atto di contrizione. - Né vale rispondere, come essi fanno, che se uno non è pentito con l'atto ovvero col proposito, o generale o speciale, il suo peccato si trasforma in mortale, perché "il veniale diventa mortale quando c'è la compiacenza". Infatti non ogni compiacenza veniale costituisce peccato mortale, altrimenti ogni peccato veniale sarebbe mortale; perché ogni colpa veniale piace, essendo essa volontaria; ma costituisce peccato mortale la sola compiacenza che arriva alla fruizione, nella quale si concreta "ogni perversità umana", scrive S. Agostino, "venendo noi a fruire le cose che dovremmo usare". Perciò la compiacenza che costituisce peccato mortale è una compiacenza attuale: perché ogni peccato mortale consiste in un atto. Ora, può capitare invece che dopo aver commesso un peccato veniale uno non ci pensi affatto, né per detestarlo né per approvarlo, ma pensi, mettiamo, che il triangolo ha i tre angoli uguali a due angoli retti, e muoia addormentandosi in codesto pensiero. - Dunque è chiaro che questa opinione è del tutto irragionevole.
Perciò bisogna affermare con altri che la colpa veniale, in colui che muore in grazia, viene rimessa dopo la vita presente mediante il fuoco del purgatorio: poiché questa pena, che in qualche modo è volontaria, in virtù della grazia avrà la capacità di espiare ogni colpa che sia compatibile con lo stato di grazia.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La Glossa riferita parla del peccato mortale.
Oppure si può rispondere che sebbene (il peccato veniale) non venga corretto in questa vita direttamente, tuttavia è qui che viene corretto quanto al merito: perché le anime hanno meritato qui di rendere meritoria in purgatorio la loro pena.
2. Il peccato veniale capita all'uomo per la corruzione del fomite, che non ci sarà più nelle anime separate che si trovano in purgatorio. Perciò queste non potranno peccare venialmente. La remissione dei peccati invece si produce nella volontà informata dalla grazia, che non mancherà nelle anime purganti. Perciò il preteso parallelismo non sussiste.
3. I peccati veniali non incidono sullo stato di un uomo: perché essi né tolgono, né diminuiscono la carità, che è la misura della bontà (soprannaturale e) gratuita di un'anima. Per il fatto quindi che i peccati veniali vengono commessi o rimessi, l'anima rimane quale era prima.
4. Dopo la vita presente non può esserci merito rispetto al premio essenziale. Ma può esserci rispetto a delle cose accidentali, fino a che l'uomo rimane in qualche modo nello stato di viatore. Ecco perché in purgatorio può esserci un atto meritorio rispetto alla remissione dei peccati veniali.
5. Sebbene il peccato veniale derivi dalla proclività del fomite, tuttavia la colpa di esso si produce nell'anima. Perciò dopo la distruzione del fomite, la colpa può ancora sussistere.
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