App, 1

Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio


Appendice
Questione 1
Proemio

A proposito del Purgatorio si pongono otto quesiti:
1. Se dopo questa vita possa esserci purgatorio;
2. Se il luogo in cui le anime si purificano sia identico a quello in cui son puniti i dannati;
3. Se la pena del purgatorio superi ogni pena temporale della vita presente;
4. Se tale pena sia volontaria;
5. Se le anime nel purgatorio siano punite dai demoni;
6. Se con la pena del purgatorio si possa espiare il peccato veniale in quanto colpa;
7. Se il fuoco del purgatorio liberi dal reato della pena;
8. Se da codesta pena uno possa essere liberato prima di un altro.



Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio > Se dopo questa vita possa esserci purgatorio


Appendice
Questione 1
Articolo 1

SEMBRA che dopo questa vita non possa esserci purgatorio. Infatti:
1. Nell'Apocalisse si legge: "Beati fin d'ora i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche". Perciò per quelli che muoiono nel Signore non rimane da compiere nessun'opera di purgazione dopo la vita presente. Così pure non rimane per quelli che non muoiono nel Signore: perché questi non possono purificarsi. Dunque dopo la vita presente non c'è purgatorio.
2. Come la carità sta al premio eterno così il peccato mortale sta alla pena eterna. Ora, coloro che muoiono in peccato mortale sono colpiti immediatamente dalla pena eterna. Perciò coloro che muoiono nella carità, subito sono ammessi al premio eterno. Quindi per essi non c'è un purgatorio da fare dopo questa vita.
3. Dio, che è sommamente misericordioso, è più incline a premiare il bene che a punire il male. Ebbene, come coloro che vivono nella carità possono compiere del male che non è degno della pena eterna, così quelli che sono in peccato mortale talora fanno oggettivamente del bene, che però non è degno del premio eterno. Perciò, come questo bene non viene premiato nei dannati dopo la vita presente, così non deve esser punito dopo questa vita il male suddetto. Di qui dunque la conclusione precedente.

IN CONTRARIO: 1. Nel Libro dei Maccabei si legge: "È santo e salutare il pensiero di pregare per i defunti, affinché siano sciolti dai loro peccati". Ma per i defunti che sono in paradiso non si deve pregare; perché essi non hanno bisogno di nulla. E neppure si può pregare per quelli che sono all'inferno; perché questi non possono essere sciolti dai loro peccati. Perciò dopo questa vita ci sono alcuni non ancora sciolti dai peccati, ma capaci di esserne liberati. Costoro hanno certo la carità, senza la quale non c'è remissione di peccati: poiché, come dicono i Proverbi, "La carità ricopre tutte le colpe". Quindi essi non sono destinati alla morte eterna: poiché, come dice il Signore, "chi vive e crede in me, non morirà in eterno". Essi però non verranno introdotti alla gloria, se non purificati: perché niente d'impuro può giungere là, come risulta dall'Apocalisse. Quindi non resta che compiere un purgatorio dopo la vita presente.
2. S. Gregorio Nisseno ha scritto: "Se uno, in rapporto d'amicizia con Cristo, non può in questa vita purificarsi del tutto dai suoi peccati, potrà farlo dopo la morte mediante il fuoco del purgatorio". Dunque dopo la vita presente rimane ancora un'eventuale purificazione.

RISPONDO: Dalle cose che abbiamo spiegato sopra, risulta già a sufficienza che dopo questa vita deve esserci un purgatorio. Se è vero, infatti, che la contrizione cancella la colpa, non (sempre) viene allora eliminato del tutto il reato o debito di pena; inoltre con la cancellazione dei peccati mortali non sempre viene compiuta anche quella dei veniali; e d'altra parte la giustizia di Dio esige che ogni peccato venga ricondotto all'ordine dalla debita pena. Perciò è necessario che colui il quale muore dopo essersi pentito dei peccati e dopo l'assoluzione, prima però della dovuta soddisfazione, venga punito dopo la vita presente. Perciò coloro che negano il purgatorio parlano contro la divina giustizia. La loro opinione è erronea e contraria alla fede. Di qui le altre parole di S. Gregorio Nisseno: "Questo noi predichiamo e così crediamo per custodire il dogma della verità".
Ciò inoltre è ritenuto dalla Chiesa universale, "pregando per i defunti, affinché siano sciolti dai peccati": il che non può intendersi se non di coloro che sono in purgatorio. E chiunque si oppone all'autorità della Chiesa, incorre nell'eresia.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quel testo intende escludere il travaglio delle opere per meritare, non già quello della sofferenza per purificarsi.
2. Il male non esige una causa perfetta, ma "è dovuto a singoli difetti": "il bene", invece, "deriva da una causa perfetta", come insegna Dionigi. Perciò ogni singolo difetto impedisce la perfezione del bene, mentre non è detto che ogni singolo bene impedisca una certa completezza del male: anzi il male non è mai privo di qualche bene. Quindi un peccato veniale impedisce a chi possiede la carità di giungere al bene perfetto, che è la vita eterna, fino a che non venga espiato. Invece un peccato mortale non trova ostacoli nel condurre al supremo dei mali dalla presenza eventuale di qualche bene.
3. Colui che commette un peccato mortale rende morte tutte le opere buone compiutie in precedenza; quelle poi compiute in peccato mortale sono opere morte: perché, offendendo Dio, uno merita di perdere tutto il bene da Dio ricevuto. Perciò chi muore in peccato mortale non conserva il diritto a nessun premio dopo questa vita: mentre talora in chi muore nella carità può rimanere l'esigenza di una pena; perché la carità non sempre elimina tutto il male che trova, ma solo quello che è incompatibile con essa.



Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio > Se il luogo in cui le anime si purificano sia identico a quello in cui sono puniti i dannati


Appendice
Questione 1
Articolo 2

SEMBRA che il luogo in cui le anime si purificano non sia identico a quello in cui sono puniti i dannati. Infatti:
1. La pena dei dannati è eterna, come si legge nel Vangelo: "Andranno questi al fuoco eterno". Invece il fuoco purificatore è temporaneo, come afferma il Maestro delle Sentenze. Perciò questi e quelli non possono esser puniti nel medesimo fuoco. E quindi i due luoghi devono essere distinti.
2. La pena dell inferno viene indicata con molti nomi: "fuoco, zolfo e vento di procella", dice il Salmista. Invece la pena del purgatorio è indicata solo col termine "fuoco". Perciò dannati e anime purganti non sono puniti né dallo stesso fuoco né nell'identico luogo.
3. Ugo di S. Vittore ha scritto: "È probabile che essi vengano puniti nel luogo in cui commisero le loro colpe". - E S. Gregorio stesso narra che S. Germano, vescovo di Capua, trovò Pascasio a fare il suo purgatorio nei bagni pubblici. Perciò le anime non si purificano nell'inferno, ma in questo mondo.

IN CONTRARIO: 1. S. Gregorio afferma, che "come sotto l'azione del medesimo fuoco l'oro risplende e la paglia fa fumo, così dal medesimo fuoco i peccatori vengono bruciati e gli eletti purificati". Dunque il fuoco del purgatorio è identico a quello dell'inferno. E quindi si tratta del medesimo luogo.
2. I santi patriarchi prima della venuta di Cristo erano in un luogo più nobile di quello che attualmente serve a purgare le anime dopo la morte: perché essi non soffrivano nessuna pena sensibile. Eppure quel fuoco confinava con l'inferno, o s'identificava con esso; altrimenti col discendere al limbo non si sarebbe potuto dire che Cristo "discese agl'inferi". Perciò anche il purgatorio o è nell'identico luogo dell'inferno, o confina con esso.

RISPONDO: Del luogo del purgatorio non è determinato nulla espressamente nella Scrittura, e le ragioni che si possono addurre non possono risolvere il problema. Tuttavia probabilmente, più in armonia con quanto dicono i Santi Dottori e con le rivelazioni fatte a molte persone, esistono due luoghi per fare il purgatorio. Il primo è secondo la legge comune. E questo è un luogo sotterraneo contiguo all'inferno, al punto che l'identico fuoco il quale tormenta i dannati nell'inferno, purifica i giusti che sono in purgatorio: sebbene i dannati, essendo inferiori nel merito, sono da collocare anche localmente al di sotto di essi. Il secondo luogo per fare il purgatorio è quello accordato per una dispensa. E così si legge di alcuni che sono stati puniti in diversi luoghi: o per ammaestramento dei vivi; o per un aiuto a favore dei morti, in modo che, venendosi a conoscere da parte dei vivi, la loro pena venisse mitigata dai suffragi della Chiesa.
Alcuni però dicono che secondo la legge comune il luogo del purgatorio è quello in cui uno ha peccato. - Ma ciò non è ammissibile; perché un uomo può essere punito contemporaneamente per peccati che ha commesso in diversi luoghi.
Altri invece sostengono che secondo la legge comune le anime purganti sarebbero punite in un luogo superiore al nostro: perché esse sono in uno stato intermedio tra noi e Dio. - Ma questo è privo di senso. Perché codeste anime non sono punite per quello che le costituisce superiori a noi: bensì per quello che è infimo in esse, cioè per il peccato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il fuoco del purgatorio è eterno nella sua essenza, ma è temporaneo quanto all'opera di purificazione.
2. La pena dell'inferno mira ad affliggere; perciò viene denominata con tutte quelle cose che attualmente sono solite affliggerci. Ma la pena del purgatorio mira principalmente a purgare le scorie del peccato. Al purgatorio quindi viene attribuita la sola pena del fuoco: perché il fuoco ha la funzione di purificare e di consumare.
3. Il terzo argomento vale per i casi di particolari dispense, ma non a sostegno della legge comune.



Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio > Se la pena del purgatorio superi qualsiasi pena temporale della vita


Appendice
Questione 1
Articolo 3

SEMBRA che la pena del purgatorio non sia più grave di qualsiasi pena temporale della vita presente. Infatti:
1. Più un soggetto è passibile, più deve soffrire, qualora abbia "la sensazione della lesione" subita. Ora, il corpo è più passibile dell'anima separata: sia perché non resiste al fuoco che brucia, sia perché composto di una materia che subisce le qualità dell'agente; il che non può dirsi dell'anima. Perciò la pena che il corpo può soffrire in questo mondo è più grave di quella con la quale l'anima viene purgata dopo la vita presente.
2. La pena del purgatorio direttamente è ordinata contro i peccati veniali. Ma ai veniali, essendo peccati lievissimi, è dovuta una pena lievissima, se è vero che "secondo la gravità del delitto sarà la misura dei castighi". Dunque la pena del purgatorio sarà molto leggera.
3. Essendo il reato o debito di pena, effetto della colpa, non può aumentare se non aumenta la colpa. Ora, in colui che ha già ricevuto l'assoluzione della colpa, quest'ultima non può aumentare. Perciò in colui che è stato assolto da un peccato mortale per il quale non ha soddisfatto pienamente, il reato non può certo aumentare con la morte. Ma in questa vita egli non aveva più ormai da scontare una gravissima pena. Dunque la pena che soffrirà dopo morte non sarà per lui più grave di ogni pena della vita presente.

IN CONTRARIO: 1. S. Agostino afferma: "Il fuoco del purgatorio sarà più duro di qualsiasi pena si possa sentire, vedere, o pensare in questo mondo".
2. Quanto una pena è più universale, tanto è maggiore. Ora, l'anima separata viene punita tutta intera, data la sua semplicità. Invece non è così per il corpo. Dunque quella pena dell'anima separata è superiore a qualsiasi pena possa soffrire il corpo.

RISPONDO: In purgatorio ci saranno due tipi di pena: la prima sarà quella del danno, in quanto con essa alle anime viene ritardata la visione di Dio: la seconda sarà quella del senso, per la quale esse saranno punite dal fuoco corporale. Ebbene, rispetto all'uno e all'altro tipo la pena più piccola del purgatorio supera la pena più grave della vita presente.
Più una cosa infatti è desiderata, più la sua assenza è penosa. E poiché l'affetto col quale è desiderato il sommo bene è intensissimo nelle anime sante dopo questa vita, non essendo ritardato dal peso del corpo, e anche perché il tempo di fruirne sarebbe già venuto, se non ci fosse qualche cosa a impedirlo, queste anime hanno un dolore grandissimo di questo ritardo.
Parimente, siccome il dolore non è la lesione, bensì "sensazione di una lesione", tanto più uno soffre per qualche cosa di lesivo, quanto più è sensibile: infatti le lesioni prodotte negli organi più sensibili causano il più grande dolore. E poiché tutta la sensibilità del corpo deriva dall'anima, se qualche cosa di lesivo agisce sull'anima, necessariamente si avrà la massima sofferenza. Qui noi supponiamo dimostrato che l'anima subisce l'azione del fuoco materiale: ma di ciò noi tratteremo in seguito. - È necessario quindi che la pena del purgatorio, quanto alla pena del danno e del senso superi ogni sofferenza della vita presente. Alcuni però portano la ragione che l'anima viene punita tutta intera, a differenza del corpo. - Ma questo argomento non vale nulla. Perché allora la pena dei dannati dopo la resurrezione verrebbe ad essere meno grave di prima. Il che è falso.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene l'anima sia meno passibile del corpo, tuttavia essa conosce meglio tale passibilità. E dove è maggiore la sensazione della sofferenza, là il dolore è più grande, anche se la passibilità è minore.
2. L'acerbità di quella pena non dipende tanto dalla gravità del peccato, quanto piuttosto dalle disposizioni del paziente: perché l'identico peccato sarà punito più gravemente là che qua. Come capita che colui il quale è di complessione più delicata, pur ricevendo lo stesso castigo, viene punito più di un altro: e tuttavia il giudice infliggendo per le medesime colpe lo stesso castigo agisce con giustizia.
3. È così risolta anche la terza difficoltà.



Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio > Se codesta pena sia volontaria


Appendice
Questione 1
Articolo 4

SEMBRA che la pena suddetta sia volontaria. Infatti:
1. Coloro che sono in purgatorio sono retti di cuore. Ma la rettitudine di cuore, spiega S. Agostino, consiste nel conformare la propria volontà a quella di Dio. Perciò, siccome Dio vuole che essi siano puniti, essi stessi volontariamente soffrono tale punizione.
2. Ogni persona saggia vuole quello che è indispensabile al raggiungimento del fine che si propone. Ma quelli che sono in purgatorio sanno di non poter giungere alla gloria, senza prima scontare la pena. Dunque vogliono subire il castigo.

IN CONTRARIO: Nessuno chiede di essere liberato dalla pena che soffre volontariamente. Ora invece quelli che sono in purgatorio chiedono di esserne liberati, come risulta da molti episodi narrati nei Dialoghi. Quindi costoro non soffrono volontariamente la pena suddetta.

RISPONDO: Una cosa può dirsi volontaria in due diverse maniere. Primo di volontà assoluta. E in tal senso nessuna pena è volontaria: poiché la nozione stessa di pena implica un contrasto con la volontà. Secondo, una cosa può esser volontaria di volontà condizionata: ossia come è volontario, p. es., il cauterio per riacquistare la salute. E in tal senso una pena può essere volontaria per due motivi. Primo, perché mediante la pena acquistiamo un dato bene; e allora la volontà stessa si assoggetta a una pena, com'è evidente nel caso della soddisfazione o riparazione. Oppure perché uno l'accetta volontieri, e non vorrebbe che non fosse capitata, come avviene nel caso del martirio. - Secondo, perché pur non ricevendo nulla da una data pena, tuttavia non possiamo raggiungere un dato bene senza di essa: ed è il caso, p. es., della morte naturale. In tal caso la volontà non va in cerca della pena, e vorrebbe esserne liberata, però la sopporta; e da questo lato può anche dirsi volontaria. Ebbene, è così che è volontaria la pena del purgatorio.
Alcuni invece dicono che quest'ultima in nessun modo è volontaria: perché le anime purganti sono così sopraffatte dalle pene, da non sapere se esse stanno purificandosi, ma pensano di essere dannate. - Ma questo è falso. Perché se non sapessero di dover essere liberate, non chiederebbero suffragi, come invece fanno spesso.

Sono così risolte anche le difficoltà.



Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio > Se in purgatorio le anime siano tormentate dai demoni


Appendice
Questione 1
Articolo 5

SEMBRA che in purgatorio le anime siano tormentate dai demoni. Infatti:
1. Come dice il Maestro delle Sentenze, le anime "avranno come carnefici nelle loro pene coloro che li incitarono alla colpa". Ora, i demoni incitano non solo alla colpa mortale ma anche a quella veniale, quando non possono fare altro. Perciò anche in purgatorio questi tormenteranno le anime per i peccati veniali.
2. I giusti vengono purificati dai peccati, sia in questa vita che dopo di essa. Ma in questa essi vengono talora purificati con le sofferenze inflitte dal diavolo, com'è evidente nel caso di Giobbe. Dunque anche dopo questa vita le anime purganti saranno tormentate dai demoni.

IN CONTRARIO: È ingiusto che uno dopo aver trionfato di un nemico venga a lui assoggettato dopo la vittoria. Ora, quelli che sono in purgatorio hanno vinto i demoni, morendo senza peccato mortale. Dunque essi dopo questa vita non saranno assoggettati ai demoni, per essere da loro purificati.

RISPONDO: Come dopo il giorno del giudizio universale la giustizia di Dio provvederà a tener acceso il fuoco col quale i dannati saranno puniti eternamente, così fin da adesso la sola giustizia divina provvede a purificare gli eletti dopo questa vita: senza servirsi dei demoni, di cui essi furono vincitori; e senza servirsi degli angeli, i quali non tormenterebbero così crudamente i propri concittadini. Tuttavia è possibile che essi li accompagnino nel luogo di pena. E anche i demoni, i quali si rallegrano delle sofferenze umane, può darsi che accompagnino e osservino le anime purganti, sia per godere delle loro pene, sia per riscontrare in esse qualche cosa di loro morte.
Invece in questo mondo, quando ancora si svolge il combattimento, gli uomini vengono tormentati sia dagli angeli cattivi, come appare evidente nel caso di Giobbe, sia dagli angeli buoni, com'è evidente nel caso di Giacobbe, il cui nervo di una coscia rimase senza forza dopo essere stato percosso dall'angelo. Del resto Dionigi insegna espressamente che talora gli angeli buoni puniscono.

Sono così risolte anche le difficoltà.



Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio > Se con la pena del purgatorio venga espiato il peccato veniale in quanto colpa


Appendice
Questione 1
Articolo 6

SEMBRA che con la pena del purgatorio non possa essere espiato il peccato veniale in quanto colpa. Infatti:
1. A commento delle parole di S. Giovanni, "Vi è un peccato che conduce alla morte, ecc.", la Glossa afferma: "Di quel che non si corregge in questa vita, inutilmente si chiede perdono dopo la morte". Dunque nessun peccato viene perdonato quanto alla colpa dopo la vita presente.
2. Spetta al medesimo soggetto cadere in peccato e liberarsene. Ma l'anima dopo la morte non può cadere in peccato veniale. Dunque neppure è in grado di esserne assolta.
3. S. Gregorio afferma che al giudizio ognuno si troverà quale uscì dal corpo: poiché come dice la Scrittura, "dove l'albero cade, ivi resterà". Se quindi uno esce da questa vita in peccato veniale, al giudizio comparirà in peccato veniale. Perciò col purgatorio nessuno può espiare il peccato veniale in quanto colpa.
4. Un peccato attuale non viene cancellato che dalla contrizione. Ma dopo la vita presente non ci sarà contrizione, essendo questa un atto meritorio: perché allora non ci sarà più né merito né demerito; poiché, come dice il Damasceno, "per gli uomini la morte costituisce quello che per gli angeli fu la caduta". Dunque dopo la vita presente il peccato veniale non sarà perdonato sotto l'aspetto di colpa.
5. Il peccato veniale non è in noi, se non per il fomite: infatti, come abbiamo spiegato sopra, Adamo nello stato d'innocenza non avrebbe potuto commettere un peccato veniale. Ebbene, dopo la vita presente in purgatorio non potrà esserci l'appetito sensitivo, data la distruzione del fomite nelle anime separate: poiché il fomite viene chiamato da S. Paolo "legge della carne". Dunque non potranno esserci delle colpe veniali. E quindi il peccato veniale non potrà essere espiato dal fuoco del purgatorio.

IN CONTRARIO: 1. S. Gregorio e S. Agostino affermano, che certe colpe leggere saranno rimesse nel secolo futuro. Ora, non è possibile che essi lo affermino della pena; poiché in tal senso anche le colpe più gravi vengono espiate in purgatorio quanto al loro debito o reato di pena. Perciò i peccati veniali vengono espiati col fuoco del purgatorio anche sotto l'aspetto di colpa.
2. Coi termini "legna, fieno e paglia" S. Paolo denomina, come abbiamo detto, i peccati veniali. Ma legna, fieno e paglia vengono consunti dal purgatorio. Dunque le stesse colpe veniali vengono così rimesse dopo la vita presente.

RISPONDO: Alcuni hanno affermato che dopo la vita presente nessun peccato viene rimesso sotto l'aspetto di colpa. Se uno quindi muore in peccato mortale, si danna e non è più in grado di ottenere il perdono. D'altra parte non può essere che uno muoia in peccato veniale e non in quello mortale: perché la grazia finale basta a purificare dal peccato veniale. Infatti il peccato veniale capita per il fatto che uno, pur avendo Cristo come fondamento, ama eccessivamente un bene temporale. E tale eccesso è dovuto alla corruzione della concupiscenza. Cosicché, se la grazia vince del tutto tale corruzione, come avvenne nella Beata Vergine, il peccato veniale non può aver luogo. Perciò, siccome al momento della morte questa concupiscenza viene del tutto annientata, le potenze dell'anima saranno totalmente soggette alla grazia, e il peccato veniale sarà eliminato.
Ma tale opinione è frivola, sia in se stessa che nei suoi motivi. In se stessa, perché contraddice le affermazioni dei Santi e del Vangelo. Le quali non si possono applicare alla remissione dei peccati veniali quanto alla pena, come dice il Maestro nel testo delle Sentenze; perché allora nel secolo futuro verrebbero rimesse ugualmente, sia le colpe leggere che quelle gravi; invece S. Gregorio insegna che dopo questa vita verranno rimesse solo le colpe leggere. - Né convince la spiegazione che portano dicendo che ciò vien detto in particolare per quelle leggere, perché non si pensi che non soffriremo per esse niente di grave: poiché la remissione delle pene viene a togliere e non ad accrescere la loro gravità.
Inoltre l'opinione appare frivola nei suoi motivi, perché la debolezza fisica che capita al termine della vita non toglie e non diminuisce la corruzione della concupiscenza nella sua radice, ma solo nei suoi atti: come capita a tutti quelli che si ammalano gravemente. Né ciò acquieta le potenze dell'anima così da assoggettarle alla grazia: poiché ciò avviene quando le potenze inferiori obbediscono alle potenze superiori, "che si adeguano con gioia alla legge di Dio"; il che non può avvenire in tale stato, perché vengono impedite le funzioni delle une e delle altre. - A meno che per tranquillità non s'intenda la mancanza di combattimento, come si riscontra anche nei dormienti. Ma non per questo si dice che il sonno diminuisce la concupiscenza, o che tranquillizza le potenze dell'anima, o che le assoggetta alla grazia. Inoltre, anche ammettendo che quella debolezza fisica diminuisca radicalmente la concupiscenza sottomettendo le facoltà dell'anima alla grazia, ciò non basterebbe ancora a purgare dalle colpe veniali già commesse, sebbene basti a evitare quelle future; poiché un peccato attuale, anche veniale, non viene perdonato senza un moto attuale di contrizione, come sopra abbiamo detto, per quanto possa essere intensa la disposizione abituale. Ora, capita talora che uno muoia nel sonno, essendo in grazia di Dio, ma con qualche peccato veniale: costui quindi non può avere prima della morte, un atto di contrizione. - Né vale rispondere, come essi fanno, che se uno non è pentito con l'atto ovvero col proposito, o generale o speciale, il suo peccato si trasforma in mortale, perché "il veniale diventa mortale quando c'è la compiacenza". Infatti non ogni compiacenza veniale costituisce peccato mortale, altrimenti ogni peccato veniale sarebbe mortale; perché ogni colpa veniale piace, essendo essa volontaria; ma costituisce peccato mortale la sola compiacenza che arriva alla fruizione, nella quale si concreta "ogni perversità umana", scrive S. Agostino, "venendo noi a fruire le cose che dovremmo usare". Perciò la compiacenza che costituisce peccato mortale è una compiacenza attuale: perché ogni peccato mortale consiste in un atto. Ora, può capitare invece che dopo aver commesso un peccato veniale uno non ci pensi affatto, né per detestarlo né per approvarlo, ma pensi, mettiamo, che il triangolo ha i tre angoli uguali a due angoli retti, e muoia addormentandosi in codesto pensiero. - Dunque è chiaro che questa opinione è del tutto irragionevole.
Perciò bisogna affermare con altri che la colpa veniale, in colui che muore in grazia, viene rimessa dopo la vita presente mediante il fuoco del purgatorio: poiché questa pena, che in qualche modo è volontaria, in virtù della grazia avrà la capacità di espiare ogni colpa che sia compatibile con lo stato di grazia.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La Glossa riferita parla del peccato mortale.
Oppure si può rispondere che sebbene (il peccato veniale) non venga corretto in questa vita direttamente, tuttavia è qui che viene corretto quanto al merito: perché le anime hanno meritato qui di rendere meritoria in purgatorio la loro pena.
2. Il peccato veniale capita all'uomo per la corruzione del fomite, che non ci sarà più nelle anime separate che si trovano in purgatorio. Perciò queste non potranno peccare venialmente. La remissione dei peccati invece si produce nella volontà informata dalla grazia, che non mancherà nelle anime purganti. Perciò il preteso parallelismo non sussiste.
3. I peccati veniali non incidono sullo stato di un uomo: perché essi né tolgono, né diminuiscono la carità, che è la misura della bontà (soprannaturale e) gratuita di un'anima. Per il fatto quindi che i peccati veniali vengono commessi o rimessi, l'anima rimane quale era prima.
4. Dopo la vita presente non può esserci merito rispetto al premio essenziale. Ma può esserci rispetto a delle cose accidentali, fino a che l'uomo rimane in qualche modo nello stato di viatore. Ecco perché in purgatorio può esserci un atto meritorio rispetto alla remissione dei peccati veniali.
5. Sebbene il peccato veniale derivi dalla proclività del fomite, tuttavia la colpa di esso si produce nell'anima. Perciò dopo la distruzione del fomite, la colpa può ancora sussistere.



Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio > Se il fuoco del purgatorio liberi dal debito o reato di pena


Appendice
Questione 1
Articolo 7

SEMBRA che il fuoco del purgatorio non possa liberare dal debito o reato di pena. Infatti:
1. Ogni purificazione riguarda un'impurità. La pena invece non implica nessuna impurità. Dunque il fuoco del purgatorio non libera dalla pena.
2. Ogni cosa si purifica solo mediante il suo contrario. Ma una pena non ha come suo contrario un'altra pena. Perciò con la pena del purgatorio uno non può essere purgato dal reato di pena.
3. A proposito di quel passo paolino, "Egli però sarà salvo, ecc.", la Glossa afferma: "Il fuoco di cui si parla è la tribolazione, di cui sta scritto: Il forno prova i vasi del vasaio, ecc.". Perciò l'uomo espia ogni debito di pena con le sofferenze di questo mondo, almeno con la morte, che è la più grave di esse, e non con le pene del purgatorio.

IN CONTRARIO: La pena del purgatorio è più grave di tutte le pene di questo mondo, come sopra abbiamo visto. Ora, con le pene satisfattorie che uno soffre in questo mondo può espiare il debito, o reato di pena. A maggior ragione quindi può farlo con la pena del purgatorio.

RISPONDO: Chi è debitore di una cosa viene liberato dal debito quando lo paga. Ora, il reato non essendo altro che il debito di pena, col subire la pena dovuta uno viene assolto dal reato. Ecco perché la pena del purgatorio purifica dal reato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene il reato non implichi un'impurità in se stesso, tuttavia dice relazione a un'impurità in quanto quella ne è la causa.
2. La pena, pur non essendo contraria a un'altra pena, è però contraria al reato, o debito di pena; uno infatti rimane obbligato alla pena, perché non ha subito la punizione meritata.
3. Nella Scrittura le medesime parole hanno molteplici significati. Perciò "il fuoco" di cui parla S. Paolo può indicare sia le tribolazioni della vita presente, che le pene successive. E i peccati veniali possono essere soddisfatti con le une e con le altre. Sopra però abbiamo visto che la morte naturale non sempre può bastare a questo.



Terza parte e Supplemento > Il Purgatorio > Se da codesta pena uno possa esser liberato più presto di un altro


Appendice
Questione 1
Articolo 8

SEMBRA che da codesta pena uno non possa esser liberato più presto di un altro. Infatti:
1. Quanto più è grave la colpa e maggiore il reato di pena, tanto è più acerba la pena da soffrire in purgatorio. Ora, le pene più acerbe stanno alle colpe più gravi, come le pene più miti stanno alle colpe più leggere. Perciò dalle pene del purgatorio ognuno è liberato così presto come qualsiasi altro.
2. A meriti disuguali quanto a durata vengono applicate retribuzioni uguali sia in cielo che all'inferno. Dunque sembra che così debba avvenire anche in purgatorio.

IN CONTRARIO: Sta l'immagine dell'Apostolo, il quale paragonava le differenze dei peccati veniali al rapporto tra "legno, fieno e paglia". Ora, è evidente che il legno rimane nel fuoco più a lungo del fieno e della paglia. Quindi in purgatorio un peccato veniale è punito più a lungo di un altro.

RISPONDO: Certi peccati veniali aderiscono all'anima più di altri, a seconda che l'affetto vi è inclinato di più e vi s'immerge con più forza. E poiché le macchie che più aderiscono vengono purificate con più difficoltà, alcuni in purgatorio sono puniti più a lungo, secondo che il loro affetto è stato più immerso nei peccati veniali.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Propriamente l'acerbità della pena corrisponde alla gravità della colpa; ma la sua durata corrisponde alla radicazione della colpa nel soggetto. Perciò può capitare che rimanga di più in purgatorio un'anima che soffre di meno, o viceversa.
2. Il peccato mortale, cui è dovuta la pena dell'inferno, e la carità cui è dovuto il premio del paradiso, dopo questa vita vengono a radicarsi nel soggetto in maniera irremovibile. Ecco perché in entrambi i luoghi la durata è uguale per tutti. Diversa è invece, come sopra abbiamo visto, la condizione del peccato veniale, punito nel purgatorio.

Alla Questione precedente