Sup, 67

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il libello di ripudio


Supplemento
Questione 67
Proemio

Passiamo ora a considerare il libello di ripudio.
Sull'argomento si pongono sette quesiti:

1. Se l'indissolubilità del matrimonio sia di legge naturale;
2. Se ripudiare la moglie potesse esser lecito per una dispensa;
3. Se sotto la legge di Mosè ciò fosse lecito;
4. Se alla moglie ripudiata fosse lecito risposarsi con un altro;
5. Se fosse lecito al marito riprendere la moglie che egli aveva ripudiato;
6. Se causa del ripudio fosse l'odio verso la moglie;
7. Se i motivi del ripudio dovessero essere scritti sul libello suddetto.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il libello di ripudio > Se l'indissolubilità del matrimonio sia di legge naturale


Supplemento
Questione 67
Articolo 1

SEMBRA che l'indissolubilità del matrimonio non sia di legge naturale. Infatti:
1. La legge naturale è comune a tutti i popoli. Ma nessuna legge all'infuori di quella cristiana proibisce di ripudiare la moglie. Dunque l'indissolubilità matrimoniale non appartiene alla legge naturale.

2. I sacramenti non sono di legge naturale. Ma l'indissolubilità del matrimonio rientra nel bene del sacramento. Essa quindi non è di legge naturale.

3. L'unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è ordinata principalmente alla generazione, all'educazione e all'istruzione della prole. Ma questi compiti vengono assolti in un tempo determinato. Perciò dopo di quel tempo è lecito rimandare la moglie senza pregiudizio per la legge naturale.

4. Nel matrimonio si deve cercare principalmente il bene della prole. Ora, l'indissolubilità è contro il bene della prole: perché, a detta dei naturalisti, c'è qualche uomo il quale non può avere prole da quella data donna, mentre potrebbe averne da un'altra; e qualche donna potrebbe essere feconda con un altro uomo. Dunque l'indissolubilità del matrimonio non è di legge naturale, ma contraria a codesta legge.

IN CONTRARIO: 1. Alla legge naturale appartiene principalmente quanto la natura ben costituita ha ricevuto al suo inizio. Ma tale è appunto l'inseparabilità del matrimonio, come risulta dal Vangelo. Essa dunque è di legge naturale.

2. È di legge naturale che l'uomo non contrasti con Dio, Ma l'uomo si mette in qualche modo contro Dio, se separa "ciò che Dio ha congiunto". Perciò, derivando da questo l'indissolubilità del matrimonio, è chiaro che essa è di legge naturale.

RISPONDO: Nell'intenzione della natura il matrimonio è ordinato all'educazione della prole, non solo per un dato tempo, ma per tutta la vita dei figli. Ecco perché è di legge naturale, come ricorda S. Paolo, che "i genitori tesaurizzino per i figli", e che i figli siano eredi dei loro genitori. Perciò, essendo la prole un bene comune al marito e alla moglie, è necessario, secondo il dettame della legge di natura, che la loro unione rimanga indivisa in perpetuo. E quindi l'indissolubilità del matrimonio è di legge naturale.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Soltanto la legge di Cristo ha portato a perfezione il genere umano, reintegrandolo nello stato originario di natura. Ecco perché con la legge mosaica e con le leggi umane non si è potuto togliere tutto ciò che era contrario alla legge naturale. Ciò infatti era riservato "alla legge dello spirito e della vita".

2. Il matrimonio richiede l'indissolubilità, sia come simbolo dell'unione di Cristo con la Chiesa, sia come compito naturale ordinato al bene della prole, secondo le spiegazioni date. Ma poiché il divorzio ripugna più direttamente al simbolismo suddetto che al bene della prole, cui ripugna, come abbiamo visto, in maniera indiretta; l'indissolubilità del matrimonio si concepisce più come integrante il bene del sacramento, che come integrante il bene della prole. Sebbene possa rientrare nell'uno e nell'altro. È però di legge naturale in quanto appartiene al bene della prole: non già in quanto appartiene al bene del sacramento.

3. La terza difficoltà è risolta da quanto abbiamo detto.

4. Il matrimonio è ordinato principalmente al bene comune, a motivo del fine principale che è il bene della prole; però a motivo del fine secondario è ordinato anche al bene dei coniugi, essendo di per sé un rimedio alla concupiscenza. Perciò nelle leggi del matrimonio si deve badare all'utilità comune più che ai vantaggi particolari. Quindi sebbene l'indissolubilità impedisca il bene della prole in qualche caso, tuttavia di suo è vantaggiosa al bene di essa. Perciò l'argomento non regge.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il libello di ripudio > Se rimandare la moglie potesse esser lecito per una dispensa


Supplemento
Questione 67
Articolo 2

SEMBRA che per una dispensa non potesse esser mai lecito rimandare la moglie. Infatti:
1. Ciò che nel matrimonio è contro il bene della prole è contro i primi precetti della legge naturale, che sono indispensabili. Ma tale è appunto il ripudio della moglie, com'è evidente dalle cose dette in precedenza. Dunque...

2. La concubina differisce dalla sposa soprattutto in questo, che non è unita in modo indissolubile. Ora, non fu mai possibile per una dispensa aver la concubina. Quindi neppure rimandare la moglie.

3. Gli uomini ora sono passibili di dispensa come nei tempi passati. Ma adesso in nessun modo si può dare a uno la dispensa di ripudiare la moglie. Quindi neppure allora.

IN CONTRARIO: Agar, come abbiamo visto, fu trattata da Abramo come una sposa. Ma poi egli per un comando divino la cacciò via, senza far peccato. Dunque per una dispensa poteva allora esser lecito a un uomo rimandare la moglie.

RISPONDO: La dispensa dai precetti, specialmente da quelli che in qualche modo sono di legge naturale, è come un mutamento nel corso naturale delle cose. Il quale corso può mutare in due modi. Primo, in forza di una causa naturale, che impedisce a un'altra causa del genere di seguire il suo corso: e ciò avviene in tutti quei fenomeni che di rado e casualmente avvengono in natura. Ma in tal modo può variare non il corso delle cose naturali che sono perenni, bensì di quelle che capitano di frequente. — Secondo, in forza di una causa del tutto soprannaturale, come avviene nei miracoli. E in questo modo può mutare il corso naturale non solo di ciò che avviene di frequente, ma anche di quello che è ordinato a sussistere sempre; ciò è evidente nell'arresto del sole al tempo di Giosuè, nella sua retrocessione al tempo di Ezechia, e nell'eclissi miracolosa durante la passione di Cristo.
Ora, lo scopo per dispensare i precetti della legge naturale talora si riscontra nelle cause inferiori. E allora la dispensa può estendersi ai soli precetti secondari della legge naturale; non però ai primi, perché questi vanno considerati come entità sempre sussistenti. Di ciò abbiamo visto sopra un saggio nella dispensa per la poligamia, e per altre cose del genere.—Talora invece tutto dipende dalle cause superiori. E allora la dispensa può essere data da Dio anche dai primi precetti della legge naturale, allo scopo di esprimere o di manifestare un mistero divino: ciò è evidente nel comando eccezionale dato per dispensa ad Abramo di uccidere il figlio innocente. Ora, tali dispense non sono accordate convenientemente a lutti, ma ad alcune persone particolari: come avviene per i miracoli.
Perciò, se l'indissolubilità del matrimonio rientra nei primi precetti della legge naturale, potrà essere dispensata solo con questo tipo di dispensa. Se invece ricade nei precetti secondari della legge naturale, potrà essere dispensata anche nella prima maniera. Ma sembra che rientri piuttosto nei precetti secondari. Infatti la indissolubilità del matrimonio non è ordinata al bene della prole, che ne è il bene principale, se non per il fatto che i genitori devono provvedere ai figli per tutta la vita, mediante la provvista dei beni necessari all'esistenza. Ora, l'appropriazione di codesti beni non rientra nell'intenzione primaria della natura; ché in base ad essa tutto è comune. Perciò non sembra che il ripudio della moglie sia contro la prima intenzione della natura: quindi non è neppure contro i precetti primari della legge naturale, ma contro quelli secondari. Dunque sembra che essa possa essere oggetto del primo tipo di dispensa.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il bene della prole secondo la prima intenzione della natura implica la procreazione, la nutrizione e l'istruzione fino a che la prole non abbia raggiunto l'età adulta. Ma che poi le si provveda mediante l'eredità e il lascito di altri beni, sembra rientrare nella seconda intenzione della legge naturale.

2. Il concubinaggio è contro il bene della prole in ciò che rientra nella prima intenzione della natura, cioè quanto all'educazione e all'istruzione, le quali richiedono una lunga convivenza dei genitori, il che è escluso per la concubina, la cui convivenza è temporanea. — Tuttavia anche il concubinaggio potrebbe essere oggetto di una dispensa del secondo tipo: il che è evidente nel caso di Osea.

3. L'indissolubilità, pur non appartenendo che alla seconda intenzione del matrimonio quale compito naturale, appartiene tuttavia alla prima intenzione di esso considerato come sacramento della Chiesa. Perciò dal momento che è stato istituito come sacramento, finché dura tale istituzione non può essere oggetto di dispensa: purché non si tratti del secondo tipo di dispensa.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il libello di ripudio > Se sotto la legge mosaica fosse lecito ripudiare la moglie


Supplemento
Questione 67
Articolo 3

SEMBRA che sotto la legge mosaica fosse lecito ripudiare la moglie. Infatti:
1. Non proibire, quando è possibile farlo, è un modo di consentire. Ma consentire a una cosa illecita è un atto illecito. Quindi siccome Mosè non proibì il ripudio della moglie, senza per questo far peccato, perché "la legge è santa", come dice S. Paolo; è chiaro che il ripudio un tempo era lecito.

2. I profeti hanno parlato "per ispirazione dello Spirito Santo", come dice S. Pietro. Ora, in Malachia si legge: "Se l'hai in odio, rimandala". Ma, non potendo essere illecito ciò che lo Spirito Santo ispira, è chiaro che il ripudio della moglie non sempre è stato illecito.

3. Il Crisostomo afferma che come gli apostoli permisero le seconde nozze, Mosè permise il libello di ripudio. Ma le seconde nozze non sono peccaminose. Dunque neppure il ripudio della moglie secondo la legge di Mosè.

IN CONTRARIO: 1. Il Signore afferma che il libello di ripudio fu concesso da Mosè ai Giudei "per la durezza del loro cuore". Ma tale durezza non li scusava dal peccato. Quindi non è scusabile neppure il libello di ripudio.

2. Il Crisostomo dice, che "Mosè nel dare il libello del ripudio non volle manifestare la giustizia di Dio; cosicché a coloro che agivano secondo la legge non apparisse peccato ciò che era peccato".

RISPONDO: In proposito ci sono due opinioni. Alcuni affermano che coloro i quali sotto la legge rimandavano la moglie, dandole il libello del ripudio, non erano immuni dal peccato, sebbene non incorressero in un castigo da imporre secondo la legge. E per questo si dice che Mosè permise il libello di ripudio. Essi distinguono così quattro tipi di permissione. Il primo consiste nell'astenersi dal comandare: così si dice che si permette il minor bene, quando non viene comandato il bene maggiore. L'Apostolo p. es., non comandando la verginità, permise il matrimonio. Il secondo si ha con l'astenersi dal proibire: in tal senso possono dirsi permessi i peccati veniali, perché non sono [espressamente] proibiti. Il terzo si riduce all'assenza di repressione: e in tal modo si dice che sono permessi da Dio tutti i peccati, in quanto non li impedisce, pur avendone la possibilità. Il quarto poi sta nella mancanza di punizione. E il libello di ripudio fu permesso appunto in questo senso: non già per raggiungere un bene maggiore, come nella dispensa per la poligamia; ma per impedire un male peggiore, al quale gli ebrei erano portati per la corruzione del loro appetito irascibile. Nella stessa maniera era stato loro permesso di esercitare l'usura con gli stranieri, per una corruzione nell'appetito concupiscibile, affinché non l'esercitassero con i loro fratelli. Così pure per corruzione del sospetto nell'appetito razionale fu loro permesso il sacrificio della gelosia, affinché il semplice sospetto non guastasse il giudizio.
La legge antica però, sebbene non conferisse la grazia, fu data per conoscere il peccato, come insegnano comunemente i Santi Padri; perciò altri pensano che se nel ripudiare la moglie gli ebrei si fossero macchiati di peccato, ciò avrebbe dovuto essere loro indicato dalla legge o dai profeti, secondo il comando dato ad Isaia: "Annunzia al mio popolo le sue scelleratezze". Altrimenti sarebbero stati troppo abbandonati, non essendo mai stato loro annunziato quanto era necessario alla salvezza e che essi non conoscevano. Ma ciò non si può ammettere; perché l'osservanza della legge, quando essa era in vigore, meritava la vita eterna.
Per questo costoro dicono che il ripudio della moglie, pur essendo in se stesso cosa cattiva, per una permissione di Dio era allora lecita. Essi confermano tale opinione con l'autorità del Crisostomo, il quale dice che il legislatore nel permettere il ripudio "tolse al peccato la sua colpevolezza".
Sebbene anche questa opinione sia probabile, la prima è più comune. Perciò bisogna rispondere alle difficoltà di tutte e due le serie.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Chi potendo proibire una cosa ingiusta non la proibisce, non fa peccato se tralascia di farlo perché non spera di riuscire a correggere, ma piuttosto prevede in tale proibizione l'incentivo a un male maggiore. Così avvenne per Mosè. Ecco perché egli, sostenuto dall'autorità di Dio, non proibì il libello di ripudio.

2. I profeti, ispirati dallo Spirito Santo, dicevano che si poteva rimandare la moglie, non perché così lo Spirito Santo comandava; ma perché egli lo permetteva, per evitare mali peggiori.

3. La somiglianza tra le due permissioni non corrisponde in tutto, ma solo rispetto alla causa: poiché entrambe furono accordate per evitare l'immoralità.

4. Sebbene non scusi dal peccato la durezza del cuore, scusa però da esso la permissione accordata per tale durezza. Infatti certe cose che sono proibite ai sani, non sono proibite ai malati; e tuttavia i malati non peccano quando si servono del permesso loro accordato.

5. Un bene si può omettere per due motivi. Primo, per raggiungere un bene maggiore. E allora l'omissione di quel bene viene coonestata dal bene maggiore cui è ordinata: ed è in tal senso che onestamente Giacobbe venne dispensato dalla monogamia per il bene della prole. — Secondo, per evitare un male peggiore. E in tal caso se la dispensa viene data con l'autorità di chi può concederla, l'omissione di quel dato bene non produce un reato, ma neppure viene coonestata. Ed è in tal senso che sotto la legge di Mosè venne sospesa l'indissolubilità del matrimonio, per evitare cioè un male peggiore, ossia l'uxoricidio. Ecco perché il Crisostomo può affermare, che la permissione "tolse al peccato la sua colpevolezza". Sebbene infatti il ripudio rimanesse un disordine, per cui è chiamato peccato; tuttavia non produceva il reato della pena, né temporale né eterna; perché veniva fatto con la dispensa da parte di Dio. E così perdeva ogni colpevolezza. Di qui l'altra affermazione del Crisostomo: "Fu permesso il ripudio, che, pur essendo un male, tuttavia era lecito". Parole che i sostenitori della prima opinione spiegano nel senso, che esso non implicava il reato di una pena temporale.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il libello di ripudio > Se alla ripudiata fosse lecito risposarsi con un altro


Supplemento
Questione 67
Articolo 4

SEMBRA che alla donna ripudiata fosse lecito risposarsi con un altro. Infatti:
1. Nel ripudio l'iniquità del marito superava quella della moglie ripudiata. Ora, il marito poteva risposarsi senza peccato. Dunque poteva farlo senza peccato anche la donna ripudiata.

2. S. Agostino a proposito della poligamia afferma che "non era peccato quando era consuetudine". Ma al tempo dell'antica legge era consuetudine che la ripudiata sposasse un altro, come risulta da quel passo del Deuteronomio: "E se ella, uscita dalla casa di lui si sposa con un altro, ecc.". Perciò essa non peccava unendosi con un altro.

3. Il Signore nel Vangelo dimostra che la giustizia del nuovo Testamento è superiore a quella del vecchio Testamento. E tra gli elementi di tale superiorità adduce il fatto che la donna ripudiata non può sposare un altro. Dunque nell'antica legge ciò era lecito.

IN CONTRARIO: 1. Nel Vangelo si legge: "Chi sposa la ripudiata commette adulterio". Ora, l'adulterio non fu mai lecito sotto l'antica legge. Quindi neppure era lecito alla ripudiata di risposarsi.

2. Nel Deuteronomio è detto che la donna ripudiata la quale passava a seconde nozze, "era contaminata e in abominazione agli occhi di Dio". Essa quindi commetteva peccato passando ad altre nozze.

RISPONDO: Secondo la prima opinione [esposta nell'articolo precedente] la moglie ripudiata che passava ad altre nozze commetteva peccato: poiché il primo matrimonio non era sciolto.
Ciò risulta dalle parole di S. Paolo: "Una donna, finché vive suo marito, è legata alla legge del marito"; essa infatti non poteva avere simultaneamente due mariti. — Invece secondo l'altra opinione, com'era lecito al marito, per una dispensa da parte di Dio, di ripudiare la moglie, così era lecito alla moglie di risposarsi con un altro. Perché a motivo di quella dispensa l'inseparabilità del matrimonio veniva eliminata. Le parole dell'Apostolo invece vanno intese nell'ipotesi che tale indissolubilità sussista.
Passiamo ora a rispondere alle due serie di argomenti.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. All'uomo era permesso di avere più mogli, per una dispensa da parte di Dio. Quindi anche se il matrimonio non era sciolto, dopo il ripudio della prima, poteva sposare una seconda moglie. Invece alla donna non fu mai lecito di avere più mariti. Perciò il confronto non regge.

2. In quel testo di S. Agostino il termine mos non è preso nel senso di consuetudine, ma in quello di atto onesto, cioè nel senso che ha codesta parola [mos-moris] nell'etimologia di morigerato; oppure nell'aggettivo che si usa parlando di filosofia morale.

3. Il Signore dimostra la superiorità della nuova legge su quella antica con l'aggiunta dei consigli, non solo rispetto a cose che la legge antica considerava lecite, bensì anche su quelle che già nell'antica legge erano illecite, ma che molti consideravano lecite per una falsa interpretazione dei precetti; p. es., a proposito dell'odio dei nemici. Lo stesso si dice per il ripudio.

4. Quelle parole del Signore valgono per il tempo della nuova legge, in cui quella concessione è stata ritirata. Sempre in codesto senso vanno intese le parole del Crisostomo, il quale afferma che "chi ripudia la moglie secondo la legge commette quattro iniquità: perché di fronte a Dio è omicida", avendo egli il proposito di uccidere la moglie qualora non potesse ripudiarla; "perché la rimanda senza che essa abbia commesso adulterio", unico caso in cui la legge evangelica permette la separazione; "perché la rende adultera; e perché rende adultero chi la sposa".

5. Una Glossa interlineare, a quell'espressione, "contaminata e abominevole", fa seguire il commento: "a giudizio cioè di colui che prima l'aveva ripudiata come contaminata". Quindi non è detto che sia contaminata in senso assoluto.
Oppure essa viene detta contaminata nel senso che era considerato immondo chi toccava un morto o un lebbroso, non già per l'immondezza della colpa, ma per una certa immondezza o irregolarità legale. In tal senso al sacerdote non era lecito, p. es., sposare una vedova o una ripudiata.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il libello di ripudio > Se al marito fosse lecito riprendersi la moglie che egli aveva ripudiato


Supplemento
Questione 67
Articolo 5

SEMBRA che al marito fosse lecito riprendersi la moglie che egli aveva ripudiata. Infatti:
1. È lecito riparare il male fatto. Ora, ripudiare la moglie era un male. Dunque era lecito riparare questo male riprendendo con sé la propria moglie.

2. È sempre permesso perdonare chi pecca, essendo questo un precetto morale, che è valido sotto qualsiasi legge. Ora, il marito riprendendosi la ripudiata non faceva che perdonare la sposa colpevole. Perciò questo era lecito.

3. Nel Deuteronomio si porta come motivo dell'impossibilità di riprenderla, il fatto "che essa è contaminata". Ma la ripudiata non si contaminava che risposandosi con un altro. Quindi almeno prima che si risposasse era lecito riprenderla.

IN CONTRARIO: Nel Deuteronomio si legge, che "il primo marito non può riprenderla".

RISPONDO: Nella legge riguardante il libello del ripudio due cose erano permesse: rimandare la moglie e far risposare la ripudiata; e due cose erano comandate: la compilazione del libello di ripudio, e la proibizione al marito che la ripudiava di riprendersi la moglie. Ora, quest'ultima disposizione, secondo i sostenitori della prima opinione [vedi a. 4], sarebbe stata data per punire la donna che si risposava con un altro, contaminandosi in codesto peccato. Mentre secondo gli altri sarebbe stata data perché il marito non ripudiasse con facilità la moglie, che poi non avrebbe più potuto ricuperare.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La proibizione di riprendere di nuovo la moglie ripudiata, come è evidente dalle spiegazioni date, era ordinata a impedire il male che ai commetteva col ripudiare la moglie. Ecco perché ciò fu ordinato da Dio.

2. È stato sempre lecito perdonare chi pecca per quanto riguarda il rancore del cuore: non già per quanto riguarda il castigo inflitto da Dio.

3. In proposito ci sono duo opinioni. Alcuni dicono che era lecita la riconciliazione con la ripudiata, purché non si fosse sposata con un altro. Allora infatti per l'adulterio, cui la donna volontariamente si era abbandonata, veniva punita con la proibizione di tornare al primo marito.
Siccome però la proibizione della legge è universale, altri dicono che anche prima di risposarsi con un altro la donna non poteva più tornare al marito che l'aveva ripudiata: perché la contaminazione di cui si parla non è quella della colpa, come sopra abbiamo visto.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il libello di ripudio > Se il motivo del ripudio fosse l'odio verso la moglie


Supplemento
Questione 67
Articolo 6

SEMBRA che la causa del ripudio fosse l'odio verso la moglie.
Infatti:
1. Così si esprime il profeta Malachia: "Se l'hai in odio, rimandala".

2. Nel Deuteronomio si legge; "Se essa non è più gradita ai suoi occhi per qualche bruttura...". Ne viene quindi la stessa conclusione.

IN CONTRARIO: 1. La sterilità e l'adulterio sono incompatibili col matrimonio più dell'odio. Perciò quelle due cose dovevano essere più dell'odio cause del ripudio.

2. L'odio può anche esser causato dalla virtù di chi viene odiato. Quindi se l'odio fosse motivo sufficiente, allora una donna poteva esser ripudiata per la sua virtù. Il che è assurdo.

3. Nel Deuteronomio si legge: "Se un uomo prende una moglie e poi comincia a odiarla", rinfacciandole fornicazioni anteriori al matrimonio, se non riesce a provare l'accusa, "sarà fustigato e condannato a pagare sette sicli d'argento, e non potrà rimandarla per tutto il tempo della sua vita". Dunque l'odio non è la causa sufficiente del ripudio.

RISPONDO: Come insegnano comunemente i Santi Padri, il motivo della permissione divina di ripudiare la moglie fu l'intenzione di evitare l'uxoricidio. Ora, la causa prossima dell'omicidio è l'odio. Dunque l'odio è la causa prossima del ripudio. Ma l'odio, come l'amore, viene prodotto da qualche altra causa. Perciò bisogna indicare qualcuno dei motivi remoti del ripudio, che portavano all'odio.
Dice infatti S. Agostino: "Nell'antica legge molti erano i motivi per poter rimandare la moglie. Cristo ammise solo la fornicazione; comandando di sopportare tutti gli altri inconvenienti per mantenere la fedeltà e la castità matrimoniale". Ebbene, tra i motivi suddetti si fanno rientrare le miserie del corpo, come le infermità, o qualche tara notevole; oppure le miserie dell'anima, come la fornicazione, o altri peccati consimili, che distruggono l'onestà dei costumi.
Alcuni però restringono maggiormente questi motivi, dicendo molto ragionevolmente che non era lecito il ripudio, se non per un motivo posteriore al matrimonio; e non per un motivo qualsiasi, ma solo per quelli che possono impedire il bene della prole: nel corpo, come la sterilità, la lebbra, e altre cose del genere; oppure nell'anima, come quando la donna era di così cattivi costumi, da trascinare i figli col suo cattivo esempio.
Una Glossa però sul passo citato del Deuteronomio sembra voler restringere ancora di più, cioè al solo peccato; affermando che per deformità in quel passo s'intende il peccato. — Ma codesta Glossa chiama peccato non solo i difetti morali, bensì gli stessi difetti naturali del corpo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1, 2. I primi due argomenti noi li accettiamo.

3. La sterilità e altri difetti del genere possono essere cause dell'odio. E quindi sono cause remote.

4. Di suo uno non è mai odioso per la virtù: perché la bontà è causa di amore. Perciò l'argomento non regge.

5. La proibizione in perpetuo di ripudiare la moglie veniva inflitta in quel caso al marito come un castigo; e la stessa punizione toccava a colui che l'avesse deflorata prima di sposarla.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > Problemi annessi al matrimonio: il libello di ripudio > Se i motivi della separazione si dovessero scrivere nel libello di ripudio


Supplemento
Questione 67
Articolo 7

SEMBRA che i motivi della separazione si dovessero scrivere nel libello di ripudio. Infatti:
1. Con la compilazione del libello di ripudio uno si affrancava dalle pene legali. Ma ciò sarebbe stato ingiusto, se i motivi addotti non erano sufficienti. Dunque bisognava scriverli sul libello.

2. Quel documento pare che non servisse ad altro che a mostrare i motivi del ripudio. Perciò se quelli non vi erano scritti, ne sarebbe stata inutile la consegna.

3. Così dice il Maestro nel testo delle Sentenze.

IN CONTRARIO: I motivi del ripudio erano, o sufficienti, o insufficienti. Se erano sufficienti, la donna perdeva la possibilità di passare a seconde nozze, che le era accordata dalla legge. Se poi erano insufficienti, il ripudio risultava ingiusto: e quindi non si poteva fare. Dunque in nessun modo i motivi erano scritti sul libello di ripudio.

RISPONDO: I motivi venivano scritti nel libello del ripudio non in particolare, ma in modo generico, per provare che il divorzio era giusto. Secondo Giuseppe [Flavio] ciò ai faceva perché la donna provvista del libello di ripudio potesse risposarsi: altrimenti non le sarebbe stato dato. Perciò, stando alla sua testimonianza, in esso c'era scritto: "Ti prometto che non avrò mai con te rapporti matrimoniali".
Invece, a detta di S. Agostino, ai ricorreva alla compilazione di quel documento, "perché mediante la dilazione occorrente e l'intervento dissuasivo degli scribi, il marito desistesse dal suo proposito di ripudio".

Sono così risolte anche le difficoltà.

Alla Questione precedente

 

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