Sup, 59

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’impedimento di disparità di culto


Supplemento
Questione 59
Proemio

Veniamo ora a parlare della disparità di culto come impedimento del matrimonio.
In proposito si pongono sei quesiti:

1. Se un cristiano possa contrarre matrimonio con un'infedele;
2. Se il matrimonio tra infedeli sia valido;
3. Se il coniuge convertito alla fede possa convivere con quello rimasto infedele il quale ricusa di convertirsi;
4. Se il marito possa abbandonare la moglie infedele;
5. Se possa risposarsi con un'altra donna;
6. Se il marito possa rimandare la moglie per altri peccati come può farlo per l'incredulità.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’impedimento di disparità di culto > Se un cristiano possa contrarre matrimonio con un’infedele


Supplemento
Questione 59
Articolo 1

SEMBRA che un cristiano possa contrarre matrimonio con un'infedele. Infatti:
1. Il patriarca Giuseppe sposò un'egiziana, ed Ester sposò Assuero. Ma in entrambi i casi ci fu disparità di culto, poiché un coniuge era credente e l'altro infedele. Dunque la disparità di culto non impedisce il matrimonio.

2. Identica è la fede del vecchio e del nuovo Testamento. Ma secondo l'antica legge era ammesso il matrimonio tra fedele e infedele; poiché si legge nel Deuteronomio: "Se uscito in guerra contro i tuoi nemici, vedrai nel numero dei prigionieri una donna bella e l'amerai, ...potrai accostarti a lei ed essere suo marito, ed essa tua moglie". Quindi è lecito anche nella nuova legge.

3. Gli sponsali sono ordinati al matrimonio. Ora, tra un cristiano e un'infedele in certi casi si possono contrarre sponsali con la condizione che in seguito l'infedele si converta. Perciò con la stessa condizione si può contrarre anche matrimonio.

4. Tutti gli impedimenti matrimoniali sono in qualche modo direttamente contrari al matrimonio. L'incredulità invece non contrasta col matrimonio: essendo questo un compito naturale, mentre la fede è superiore alla natura. Dunque la disparità di religione non impedisce il matrimonio.

5. Disparità di religione può esserci anche tra due battezzati: quando, p. es., un battezzato cade nell'eresia. Eppure se costui sposa una cattolica si ha un vero matrimonio. Quindi la disparità di culto non impedisce il matrimonio.

IN CONTRARIO: 1. L'Apostolo si domanda; "Che comunanza c'è tra la luce e le tenebre?". Ma tra marito e moglie c'è la massima comunanza. Chi dunque è nella luce della fede non può contrarre matrimonio con chi è nelle tenebre dell'infedeltà.

2. In Malachia si legge: "Giuda ha profanato ciò che è sacro al Signore, perché ebbe in ispose donne dedite a un culto straniero". Ma la profanazione non ci sarebbe stata, se con loro fosse stato possibile contrarre un vero matrimonio. Dunque la disparità di culto impedisce il matrimonio.

RISPONDO: Il bene principale del matrimonio è la prole da educarsi al culto di Dio. Ma essendo l'educazione un compito comune al padre e alla madre, sia l'uno che l'altra tendono a educare i figli al culto di Dio secondo la propria fede. Perciò se essi sono di fede diversa, l'intenzione dell'uno sarà in contrasto con l'intenzione dell'altra. Quindi non può risultare un buon matrimonio. Ecco perché la disparità di culto impedisce di contrarre matrimonio.

SOLUZIONE DELLE difficoltà: 1. Nell'antica legge con alcuni infedeli era permesso contrarre matrimonio e con altri proibito. In particolare era proibito con i Cananei: sia perché il Signore aveva ordinato dì ucciderli per la loro ostinazione; sia per il maggior pericolo dei coniugi e dei figli di essere trascinati all'idolatria, perché gl'Israeliti erano più propensi ai loro riti per il contatto con essi. Era invece permesso con altri popoli, soprattutto perché non c'era il pericolo di lasciarsi portare all'idolatria. Ecco perché Giuseppe, Mosè ed Ester contrassero matrimonio con infedeli.
Ma nella nuova legge, che è diffusa in tutto il mondo, il motivo indicato vale per tutti gli infedeli. Perciò la disparità di culto che precede il matrimonio ne è un impedimento, il quale lo dirime anche se contratto.

2. La legge ricordata, o parla degli altri popoli con i quali era lecito contrarre matrimonio; oppure si riferisce al caso di una donna prigioniera disposta a convertirsi alla fede e al culto di Dio.

3. Il presente sta al presente come il futuro al futuro. Perciò quando il contratto di matrimonio si fa al presente l'unità di culto nei contraenti deve essere attuale; negli sponsali invece, in cui si stipula un matrimonio per il futuro, basta la condizione che in futuro si raggiunga l'unità di culto.

4. La disparità di culto, come abbiamo spiegato, è contraria al matrimonio a motivo del bene principale di esso, che è il bene dei figli.

5. Il matrimonio è un sacramento: perciò la validità del sacramento richiede che i due coniugi siano nell'identico rapporto rispetto al sacramento della fede, cioè al battesimo, piuttosto che alla fede interiore. Ecco perché l'impedimento di cui parliamo non è chiamato disparità di fede, ma disparità di culto, cioè del culto esterno, come è spiegato nelle Sentenze. Cosicché se un fedele sposa un'eretica battezzata, contrae un vero matrimonio. Sebbene pecchi, se lo fa a ragion veduta: come peccherebbe contraendolo scientemente con una scomunicata. E tuttavia il matrimonio non sarebbe nullo. Se invece un catecumeno, avendo la vera fede, senza essere ancora battezzato, contraesse matrimonio con una fedele battezzata, non si avrebbe un vero matrimonio.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’impedimento di disparità di culto > Se quello degli infedeli sia un vero matrimonio


Supplemento
Questione 59
Articolo 2

SEMBRA che quello degl'infedeli non sia un vero matrimonio.
Infatti;
1. Il matrimonio è un sacramento della Chiesa. Ma "la porta dei sacramenti" è il battesimo. Perciò gl'infedeli, che non sono battezzati, non possono contrarre matrimonio, come non possono ricevere gli altri sacramenti.

2. Due mali impediscono il bene più di uno solo. Ora, la mancanza di fede da parte di un coniuge solo impedisce quel bene che è il matrimonio. Perciò a fortiori l'impedisce tale mancanza in entrambi. Dunque tra gl'infedeli non può esserci vero matrimonio.

3. Come c'è disparità di culto tra infedele e fedele, così può esserci tra due infedeli: quando, p. es., uno è pagano e l'altro giudeo. Ma la disparità di culto, come sopra abbiamo visto, impedisce il matrimonio. Quindi almeno tra gl'infedeli di religione diversa non può esserci vero matrimonio.

4. Nel matrimonio non manca la vera pudicizia. Invece, a detta di S. Agostino, "non c'è vera pudicizia tra un infedele e la sua moglie". Dunque non c'è un vero matrimonio.

5. Nel vero matrimonio la copula carnale è scusata dal peccato. Ma il matrimonio degl'infedeli non può avere tale effetto; poiché, come dice la Glossa, "tutta la vita degl'infedeli è peccato". Perciò tra gl'infedeli non può esserci vero matrimonio.

IN CONTRARIO: 1. S. Paolo scrive: "Se un fratello ha in isposa un'infedele...". Ma una donna non può essere sposa che per il matrimonio. Dunque il matrimonio degl'infedeli è un vero matrimonio.

2. Gli elementi primordiali non dipendono da quelli successivi. Ora, il matrimonio è un compito della natura, la quale precede lo stato di grazia, il cui principio è la fede. Perciò la mancanza di fede non può impedire che il matrimonio tra infedeli sia un vero matrimonio.

RISPONDO: Il matrimonio fu istituito principalmente per il bene della prole; non solo per generarla, perché questo si potrebbe ottenere anche senza il matrimonio, ma per il suo completo sviluppo: poiché qualsiasi essere tende per natura a condurre a compimento il proprio effetto. Ora, nella prole si devono distinguere due perfezioni: la perfezione della natura, sia rispetto al corpo che rispetto all'anima, seguendo le norme della legge naturale; e la perfezione della grazia. Ma la prima è una perfezione naturale e imperfetta rispetto alla seconda. Perciò, poiché le cose ordinate a un fine sono proporzionate al fine stesso, il matrimonio che mira al primo tipo di perfezione è cosa imperfetta e materiale rispetto a quello che ha di mira il secondo. E siccome la prima perfezione è comune ai fedeli e agl'infedeli, mentre la seconda è dei fedeli soltanto, anche quello degl'infedeli è un vero matrimonio, però senza quell'ultima perfezione che si riscontra in quello dei fedeli.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il matrimonio non è stato istituito soltanto come sacramento, ma anche come compito naturale. Sebbene quindi gl'infedeli non l'abbiano come un sacramento amministrato dai ministri della Chiesa, l'hanno però come compito naturale. — E tuttavia anche codesto matrimonio è in qualche modo virtualmente un sacramento: sebbene non in maniera attuale, perché attualmente non è stato contratto nella fede della Chiesa.

2. La disparità di culto impedisce il matrimonio non per carenza di fede, ma per la diversità di credenze. Poiché la disparità di culto non solo impedisce la perfezione soprannaturale della prole, ma anche quella naturale, cercando i genitori di volgere i figli verso mete diverse. Il che non avviene quando entrambi sono infedeli.

3. Il matrimonio tra infedeli è un compito naturale. E quanto rientra nella legge naturale è determinabile dalle leggi positive. Perciò, se una legge positiva proibisce agl'infedeli di religione diversa di contrarre tra loro matrimonio, la disparità di culto è anche per essi un impedimento matrimoniale. Ma nella legge divina non ci sono proibizioni: perché a Dio poco importa in che modo uno devii dalla fede, quando è privo della grazia. E neppure c'è proibizione da parte della Chiesa; la quale "non ha il compito di giudicare quelli che sono fuori di essa".

4. Si dice che la pudicizia e le altre virtù degl'infedeli non sono vere virtù, perché non possono raggiungere il fine della vera virtù, che è la vera felicità: come si dice che non è vero vino, quello che non ha l'effetto del vino.

5. Un infedele non pecca accostandosi alla moglie, se lo fa per il bene della prole, o per rendere il debito in forza della fedeltà che lo lega alla moglie: poiché questo è un atto di giustizia e di temperanza, osservando le debite circostanze nei piaceri del tatto; come non pecca nei compiere gli altri atti delle virtù politiche. E si dice che "tutta la vita degl'infedeli è peccato" non nel senso che peccano in ogni loro atto; ma perché con le loro azioni non sono in grado di liberarsi dalla schiavitù del peccato.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’impedimento di disparità di culto > Se il coniuge convertito possa tenersi la sposa, con la quale si era sposato prima del battesimo, se questa non vuole convertirsi


Supplemento
Questione 59
Articolo 3

SEMBRA che lo sposo convertito non possa tenersi la sposa, con la quale si era sposato prima del battesimo, se questa non vuole convertirsi. Infatti:
1. Per l'identico pericolo deve usarsi la medesima cautela. Ma per il pericolo di perversione è proibito a un fedele di sposare una infedele. Siccome, quindi, tenendosi la sposa non battezzata con la quale si era sposato prima di convertirsi, c'è un pericolo anche maggiore, poiché i neofiti si pervertono più facilmente di quelli che furono educati nella fede, è chiaro che dopo la conversione il coniuge fedele non può convivere con la moglie restia alla fede.

2. A norma del Decreto, "un infedele non può pretendere di rimanere unito a una donna che è passata alla fede cristiana". Dunque lo sposo cristiano è costretto a rimandare la moglie rimasta pagana.

3. Il matrimonio che si contrae tra cristiani è superiore a quello tra infedeli. Ora, se i fedeli si sposano tra parenti di un certo grado, il loro matrimonio viene sciolto. Perciò viene sciolto anche quello degl'infedeli. Cosicché il marito non può tenersi la moglie rimasta infedele, almeno nel caso in cui si siano sposati entro i gradi proibiti di parentela.

4. Certi infedeli, secondo le loro leggi, hanno diverse mogli. Perciò, se potessero tenersi le mogli che hanno sposato prima di convertirsi, ne seguirebbe che possono ritenere più mogli anche dopo la conversione.

5. Può capitare che un infedele, ripudiata la prima moglie, ne abbia sposato un'altra, e si converta durante questo secondo matrimonio. È chiaro quindi che almeno in questo caso non può conservare la seconda moglie.

IN CONTRARIO: 1. L'Apostolo consiglia ai convertiti di non abbandonare il proprio coniuge.

2. Nessun impedimento posteriore a un vero matrimonio è capace di invalidarlo. Ora, quando entrambi i coniugi erano infedeli il loro era un vero matrimonio. Perciò quando uno si converte, non si scioglie per questo il matrimonio. È chiaro quindi che il coniuge il quale si è convertito può continuare a convivere lecitamente.

RISPONDO: La fede del coniuge convertito non scioglie ma perfeziona il matrimonio. Perciò, essendo il matrimonio tra infedeli un vero matrimonio, come abbiamo dimostrato nell'articolo precedente, con la conversione di uno di essi alla fede l'unione coniugale non si scioglie. Talora però, pur restando il vincolo, il matrimonio va sciolto quanto alla coabitazione e al debito coniugale. In questo lo stato d'incredulità va di pari passo con l'adulterio: poiché entrambi sono contro il bene della prole. Perciò la facoltà di rimandare la moglie pagana, o di ritenerla, segue in tutto la facoltà di rimandare o di ritenere la moglie adultera. Infatti il marito onesto può restare liberamente con l'adultera nella speranza che si corregga (non già nel caso che sia ostinata nell'adulterio, per non sembrare "patrono della turpitudine"); sebbene possa liberamente rimandarla, anche se c'è speranza di ravvedimento. Parimente il coniuge convertito può convivere con quello infedele nella speranza che si converta, se non lo vede ostinato nell'incredulità: e fa bene a restare con lui, pur non essendovi tenuto. È questo il consiglio dell'Apostolo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È più facile impedire che una cosa si faccia, che distruggere ciò che è stato fatto regolarmente. Ecco perché ci sono molte cose che, se precedono, possono impedire di contrarre il matrimonio, ma che non possono scioglierlo una volta fatto: com'è evidente, p. es., nel caso dell'affinità. Lo stesso si dica per la disparità di culto.

2. Nella Chiesa primitiva, al tempo degli Apostoli, le conversioni alla vera fede avvenivano e tra i giudei e tra i pagani. Perciò allora il marito cristiano poteva avere la fondata speranza di convertire la moglie, anche se questa non prometteva di farlo. Ma in seguito, col passare del tempo, i giudei divennero più ostinati dei pagani: poiché questi continuavano a convertirsi, sia al tempo dei martiri, che al tempo dell'imperatore Costantino e intorno a quel periodo. Perciò a quell'epoca non era più sicura la coabitazione con una moglie ebrea, né c'era speranza di convertirla, come per quella pagana. Ecco perché allora un marito fattosi cristiano poteva coabitare con la moglie pagana, ma non con quella ebrea, se questa non prometteva di convertirsi. E in tal senso si esprime il decreto riferito. Adesso invece giudei e pagani si trovano nella stessa condizione: poiché sono ugualmente ostinati. A meno che quindi la moglie non battezzala non voglia convertirsi, non è lecito abitare con essa.

3. Gl'infedeli non battezzati non sono tenuti alle leggi della Chiesa, mentre son tenuti alle leggi di Dio. Perciò se due infedeli hanno contratto matrimonio entro i gradi di parentela proibiti dalla legge divina, quando entrambi o uno di loro si converte, non possono continuare in tale matrimonio. Se invece l'hanno contratto entro i gradi proibiti dalla legge ecclesiastica, possono continuare a convivere, qualora si convertano entrambi, o, convertitosi l'uno, c'è la speranza della conversione dell'altro.

4. La poligamia è contro la legge naturale, cui son tenuti anche gl'infedeli. Quindi l'unico vero matrimonio del poligamo e quello contratto con la prima moglie. Perciò se egli si converte con tutte le sue mogli, può continuare a convivere con la prima, e deve ripudiare tutte le altre.—Se poi la prima rifiuta di convertirsi, mentre si converte una delle successive, egli ha facoltà di contrarre un nuovo matrimonio con questa, come con un'altra qualsiasi: ma di questo riparleremo in seguito.

5. Il divorzio è contro la legge naturale. Quindi l'infedele non ha facoltà di ripudiare la moglie. Perciò se egli si converte dopo aver divorziato con una e sposata una seconda, il caso va risolto come nella poligamia: è tenuto cioè a riprendere la prima ripudiata, se essa intende di convertirsi. e a ripudiare la seconda.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’impedimento di disparità di culto > Se un convertito possa ripudiare la moglie non cristiana, disposta a convivere senza offesa del Creatore


Supplemento
Questione 59
Articolo 4

SEMBRA che un convertito non possa ripudiare la moglie non cristiana, disposta a convivere "senza offesa del Creatore" Infatti:
1. Il legame tra marito e moglie è più stretto di quello esistente tra servo e padrone. Eppure un servo che si converte non viene sciolto dalla schiavitù, come risulta dalle parole di S. Paolo. Dunque un marito non può ripudiare la moglie che non si converte.

2. Nessuno può pregiudicare i diritti di un altro, senza il suo consenso. Ora, una moglie non cristiana aveva diritto sul corpo del marito non credente. Perciò, se dal fatto che il marito si converte alla fede essa dovesse ricevere un torto, per essere ripudiata liberamente, il marito non dovrebbe convertirsi alla fede senza il permesso della moglie: come non può un marito essere ordinato, o far voto di castità, senza il consenso della moglie.

3. Se uno, sapendolo, sposa una schiava, schiavo o libero che sia non può ripudiarla per la sua condizione servile. Quindi siccome quando si sposò con una non cristiana il marito sapeva che essa non era credente, si deve concludere per analogia che non può ripudiarla per la sua incredulità.

4. Un padre ha il dovere di procurare la salvezza dei figli. Ma se uno abbandonasse la moglie rimasta infedele, i figli resterebbero alla madre, perché "la prole segue chi la partorisce": e così la loro salvezza sarebbe in pericolo. Dunque egli non può ripudiare lecitamente la moglie rimasta nell'incredulità.

5. Un marito adultero non può ripudiare la sposa adultera, neppure dopo aver fatto penitenza del suo adulterio. Perciò se l'incredulità va paragonata all'adulterio, neppure un non credente, dopo essersi convertito, può ripudiare una donna che non crede.

IN CONTRARIO: 1. C'è la concessione dell'Apostolo ai fedeli di Corinto.

2. L'adulterio spirituale è più grave di quello carnale. Ma per l'adulterio carnale il marito può separarsi dalla moglie quanto all'abitazione. A maggior ragione quindi può lasciarla per l'incredulità, che è un adulterio spirituale.

RISPONDO: Diversi sono i diritti e i doveri di un uomo in generi diversi di vita. Perciò chi muore alla vita precedente non è più tenuto ai doveri che aveva in essa. Ecco perché chi muore al mondo entrando nella vita religiosa, non è tenuto ad adempiere i voti fatti nella vita secolare. Ora, chi riceve il battesimo viene rigenerato in Cristo e muore alla vita precedente: poiché "la generazione di un essere implica la distruzione di un altro essere". Perciò egli viene così liberato dall'obbligo di rendere alla moglie il debito coniugale, e di convivere con essa, quando costei rifiuta di convertirsi. Tuttavia in certi casi egli è libero di farlo, secondo le spiegazioni date nell'articolo precedente: come un religioso può adempiere liberamente i voti fatti da secolare, se non sono incompatibili con la propria regola, sebbene, ripetiamo, non vi sia tenuto.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La condizione servile non ha nulla d'incompatibile con la vita cristiana, che insiste soprattutto nell'umiltà. Invece il vincolo coniugale toglie qualche cosa a codesta perfezione, perché i cristiani votati alla continenza sono nello stato più sublime. Perciò il paragone non regge.
Inoltre un coniuge è legato all'altro non per un legame di possesso, come quello tra padrone e schiavo, ma per un contratto di società; e la società tra fedeli e infedeli è sconsigliabile, come afferma S. Paolo. Quindi il caso del coniuge è diverso da quello dello schiavo.

2. La moglie non aveva diritto sul corpo del marito se non durante quella vita in cui avevano contratto matrimonio: poiché, come dice S. Paolo, "morto il marito, è sciolta dalla legge del marito". Perciò se il marito l'abbandona dopo aver mutato vita, morendo alla vita precedente, non le fa nessun torto.
Invece chi si fa religioso muore solo spiritualmente, ma non corporalmente. Quindi se il matrimonio è già stato consumato, il marito non può entrare in religione, senza il consenso della moglie. Può farlo però prima della copula carnale, quando esiste solo quella spirituale. Ma chi si fa battezzare, anche corporalmente "viene sepolto nella morte con Cristo". E quindi non è più tenuto a rendere il debito coniugale, anche dopo che il matrimonio è stato consumato.
Oppure si può rispondere che, rifiutandosi di convertirsi, la moglie subisce una menomazione per colpa propria.

3. La disparità di culto rende una persona del tutto inabile al matrimonio cristiano: non così la condizione servile, che [per essere un impedimento] deve accoppiarsi all'ignoranza. Perciò il non credente e lo schiavo non sono nella stessa condizione.

4. La prole, o ha raggiunto l'età adulta: e allora può seguire liberamente il padre nella conversione, o la madre nell'incredulità. Oppure è ancora minorenne: e allora deve essere affidata al coniuge convertito, pur avendo ancora bisogno della madre per la propria educazione.

5. L'adultero con la penitenza non passa a un altro stato di vita, come l'infedele che si fa battezzare. Perciò il paragone non regge.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’impedimento di disparità di culto > Se il neofita che ripudia la moglie non credente possa prenderne un'altra


Supplemento
Questione 59
Articolo 5

SEMBRA che il neofita che ripudia la propria moglie non credente non possa prenderne un'altra. Infatti:
1. L'indissolubilità è essenziale al matrimonio, essendo il ripudio della moglie contro la legge naturale. Ora, il matrimonio tra infedeli era un vero matrimonio. Dunque tale matrimonio non può essere sciolto in nessun modo. Ma mentre perdura il vincolo coniugale nessuno può sposare un'altra. Perciò il neofita che ripudia la propria moglie non può prenderne un'altra.

2. Nessun crimine posteriore al matrimonio ha capacità di scioglierlo. Ma se la moglie è disposta a convivere senza offesa al Creatore, non viene sciolto il vincolo coniugale: poiché il marito non può sposarne un'altra. Dunque il peccato di colei, che non è disposta a convivere senza offesa del Creatore, non scioglie il matrimonio, così da permettere al marito di sposarsi con un'altra.

3. Marito e moglie sono alla pari rispetto al vincolo del matrimonio. Ora, non essendo permesso alla donna non convertita di risposarsi con un altro mentre vive il primo marito, è chiaro che ciò non è permesso neppure al marito che si converte.

4. Il diritto favorisce di più il voto di castità che il contratto matrimoniale. Eppure al marito di una donna pagana fattosi cristiano non è lecito, sembra, emettere il voto di castità: perché così la donna verrebbe a perdere i diritti coniugali, se poi volesse convertirsi. Meno che mai, quindi, sarà lecito nel caso risposarsi con un'altra.

5. Il figlio che alla conversione del padre si ostina nell'incredulità perde i diritti all'eredità paterna: tuttavia, se poi si converte, l'eredità gli viene restituita, anche se un altro ne fosse già entrato in possesso. Analogamente, quindi, se la donna rimasta incredula poi si converte, esige che le venga restituito il marito, anche se costui si è risposato con un'altra. Ma questo sarebbe impossibile, se il secondo fosse un vero matrimonio. Dunque il convertito non può risposarsi con un'altra.

IN CONTRARIO: 1. Un matrimonio senza il sacramento del battesimo non è ratificato. Ma un contratto non ratificato può essere sciolto. Dunque il matrimonio contratto prima del battesimo può essere sciolto. E, una volta sciolto il vincolo coniugale, al marito è lecito prendere un'altra moglie.

2. Un neofita non deve coabitare con una moglie incredula, che rifiuta di convivere senza offesa del Creatore. Quindi se non gli fosse lecito risposarsi, sarebbe costretto a osservare la continenza. Ma questo è inconcepibile: perché così dalla conversione egli ne avrebbe un danno.
rispondo: Quando uno dei coniugi si converte, mentre l'altro rimane nell'infedeltà, si devono distinguere due casi. Se quello non convertito è disposto a convivere "senza offesa del Creatore", cioè senza provocare l'altro a rinnegare la fede, il neofita può abbandonarlo liberamente, ma non può risposarsi. Se invece quello rimasto infedele non è disposto a convivere senza offesa del Creatore, dicendo bestemmie o rifiutandosi di sentir parlar di Cristo, allora lo sposo cristiano, se abbandona la moglie per non essere sollecitato ad abbandonare la fede, può passare ad altre nozze.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il matrimonio degl'infedeli è imperfetto: mentre quello dei fedeli è perfetto, e quindi più stabile. Ora, il vincolo più forte scioglie sempre quello meno forte in caso di conflitto. Ecco perché il matrimonio cristiano scioglie quello contratto prima della conversione. Perciò il matrimonio dei non battezzati non è del tutto stabile e ratificato, ma viene ratificato in seguito, accettando la fede di Cristo.

2. Il peccato della moglie, che si rifiuta di convivere senza offesa del Creatore, scioglie il marito dalla schiavitù cui era tenuto verso la moglie, e a non sposare nessun'altra durante la vita di lei, ma ancora non scioglie il matrimonio: poiché, se la bestemmiatrice si converte prima che egli si risposi, il marito le viene restituito. Viene sciolto invece il vincolo coniugale dal matrimonio successivo, cui il neofita non potrebbe accedere, senza essere stato prima liberato dal legame verso la moglie per la di lei colpa.

3. Dopo che il neofita si è risposato, il vincolo coniugale cessa da ambo le parti: perché il vincolo del matrimonio non è mai unilaterale. Talora però è unilaterale rispetto agli effetti. Ecco perché alla moglie non credente viene imposto di non potersi sposare con altri, più come un castigo che in forza del matrimonio precedente. Però se in seguito essa si converte, le può essere accordata la dispensa di risposarsi con un altro, se il primo marito si è risposato.

4. Se dopo la conversione del marito c'è una fondata speranza per la conversione della moglie, il primo non deve emettere il voto di castità, né passare ad altre nozze: perché la moglie si convertirebbe più difficilmente, sapendo di aver perduto il marito. Se invece tale speranza non esiste, uno può ricevere gli ordini o farsi religioso, dopo aver pregato la moglie di convertirsi. E in tal caso, se dopo che il marito ha ricevuto gli ordini sacri la moglie si converte, questa non può pretendere di riaverlo; ma deve considerare la perdita del marito come un castigo per il ritardo della propria conversione.

5. La disparità di culto non scioglie i vincoli di figliolanza come scioglie il vincolo coniugale. Perciò l'erede non è paragonabile alla moglie.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L’impedimento di disparità di culto > Se gli altri peccati sciolgano il matrimonio come il rifiuto della fede


Supplemento
Questione 59
Articolo 6

SEMBRA che gli altri peccati sciolgano il matrimonio come il rifiuto della fede. Infatti:
1. L'adulterio sembra più direttamente contrario al matrimonio che il rifiuto della fede. Ora, quest'ultimo in certi casi scioglie il matrimonio, e permette di passare ad altre nozze. Dunque anche l'adulterio ha lo stesso effetto.

2. Qualsiasi peccato è una specie di adulterio spirituale al pari dell'incredulità. Quindi se per tale tipo di adulterio la mancanza di fede scioglie il matrimonio, per lo stesso motivo lo scioglie qualsiasi peccato.

3. Nel Vangelo si legge: "Se la tua mano destra ti scandalizza, tagliala e gettala via da te"; e la Glossa spiega che "nella mano e nell'occhio destro si possono intendere i fratelli, la moglie, i parenti e i figlioli". Ora, questi ci possono essere di ostacolo con qualsiasi peccato. Perciò il matrimonio può essere sciolto per qualsiasi peccato.

4. Secondo l'espressione di S. Paolo, l'avarizia è una specie di idolatria. Ma per l'idolatria si può ripudiare la moglie. Dunque a pari si può anche per l'avarizia. E quindi anche per altri peccati che sono più gravi dell'avarizia.

5. Il Maestro lo sostiene espressamente nel testo [delle Sentenze].
in contrario: 1. Nel Vangelo si legge: "Chi ripudia la moglie, fuori del caso di fornicazione, commette adulterio".

2. Stando all'opinione suddetta i divorzi si farebbero tutti i giorni: perché ben di rado si trova un matrimonio in cui uno dei coniugi non cada in peccato.

RISPONDO: L'adulterio e il rifiuto della fede hanno una particolare incompatibilità con i beni del matrimonio, come può rilevarsi dalle cose già dette. Perciò hanno una particolare efficacia nello sciogliere i matrimoni. Un matrimonio però si può rompere in due modi. Primo, quanto al vincolo coniugale. E questo non può essere sciolto né dal rifiuto della fede, né dall'adulterio dopo che il matrimonio è ratificato. Se invece non è ratificato, il vincolo si scioglie quando uno dei coniugi si converte e passa ad altre nozze, mentre l'altro si ostina nell'incredulità. Ma codesto vincolo non è sciolto dall'adulterio: altrimenti gli infedeli potrebbero dare liberamente il libello del ripudio alle spose adultere e risposarsi; il che è falso.
Secondo, il matrimonio può rompersi rispetto ai doveri coniugali. E in tal senso il matrimonio può essere sciolto e dal rifiuto della fede e dall'adulterio carnale. Invece per gli altri peccati non si ammette neppure questo scioglimento; a meno che il marito non voglia ritrarsi temporaneamente dalla convivenza con la moglie, per correggerla mediante la privazione della sua presenza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene l'adulterio più dell'incredulità sia direttamente incompatibile con i beni del matrimonio considerato quale compito naturale, è però vero il contrario se si considera quello come sacramento della Chiesa; perché da questo fatto esso acquista la perfetta indissolubilità, esprimendo l'unione indivisibile di Cristo con la Chiesa. Ecco perché il matrimonio non ratificato può essere sciolto quanto al vincolo più dal peccato d'incredulità che dall'adulterio.

2. La prima unione dell'anima con Dio avviene mediante la fede. E quindi con essa l'anima viene come sposata da Dio, secondo le parole del profeta: "Io ti sposerò nella fede". Ecco perché nella sacra Scrittura l'idolatria e il ripudio della fede vengono indicati come adulterio. Gli altri peccati invece possono chiamarsi adulteri spirituali in un senso più largo.

3. Quel testo si può applicare al caso in cui la moglie diventa occasione prossima di rovina, per cui il marito ha motivi fondati di temere la propria perversione. Allora infatti egli può fuggire la coabitazione della moglie, secondo le spiegazioni date.

4. L'avarizia è chiamata idolatria perché entrambe somigliano alla schiavitù: infatti l'avaro al pari dell'idolatra "preferisce servire alla creatura piuttosto che al Creatore". Ma esse non si somigliano sotto l'aspetto d'infedeltà: perché il peccato d'infedeltà, o d'incredulità, risiede nell'intelletto, mentre l'avarizia risiede nella volontà.

5. Le parole di Pietro Lombardo valgono per gli sponsali; poiché questi si possono sciogliere in seguito a un peccato.
Oppure, se si applicano al matrimonio, vanno intese della separazione temporanea. Oppure esse si applicano quando la moglie per convivere mette per condizione un peccato, come nel caso che dicesse: "Non sarò tua moglie, se tu non mi farai ricca col latrocinio". In questo caso infatti uno deve piuttosto abbandonarla che commettere latrocini.

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