Sup, 17

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Le chiavi della Chiesa


Supplemento
Questione 17
Proemio

Veniamo ora a considerare il potere dei ministri di questo sacramento, che rientra nel potere delle chiavi. In questo tema esamineremo: primo, il potere delle chiavi; secondo, la scomunica; terzo, l'indulgenza; infatti queste due ultime cose sono connesse col potere delle chiavi.
Sul primo di questi argomenti esamineremo quattro cose: primo, l'esistenza e la natura delle chiavi; secondo, i loro effetti; terzo, i ministri che devono adoperarle; quarto, coloro sui quali si esercita il potere delle chiavi.
Sulla prima di queste quattro cose si pongono tre quesiti:

1. Se nella Chiesa debbano esserci delle chiavi;
2. Se la chiave consista nel potere di sciogliere e di legare;
3. Se le chiavi siano due o una sola.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Le chiavi della Chiesa > Se nella Chiesa debbano esserci delle chiavi


Supplemento
Questione 17
Articolo 1

SEMBRA che nella Chiesa non debbano esserci chiavi.
Infatti:
1. Per entrare in una casa la cui porta è aperta non si richiedono chiavi. Ora, nell'Apocalisse si legge: "Vidi, ed ecco una porta aperta nel cielo"; e codesta porta è Cristo, il quale dice di se stesso: "Io sono la porta". Dunque per entrare in cielo la Chiesa non ha bisogno di chiavi.

2. La chiave è fatta per aprire e chiudere. Ma questo appartiene esclusivamente a Cristo, il quale "apre e nessuno può chiudere, chiude e nessuno può aprire". Dunque la Chiesa nei suoi ministri non ha chiavi.

3. A chi viene chiuso il cielo viene aperto l'inferno, e viceversa. Perciò chi ha le chiavi del cielo ha pure quelle dell'inferno. Ora, della Chiesa nessuno dice che ha le chiavi dell'inferno. Perciò non ha neppure quelle del cielo.

IN CONTRARIO: 1. Nel Vangelo si legge: "A te darò le chiavi del regno dei cieli".

2. Ogni dispensatore deve avere le chiavi di ciò che dispensa. Ma i ministri della Chiesa sono "dispensatori dei misteri di Dio", come afferma S. Paolo. Dunque devono averne le chiavi.

RISPONDO: Al livello delle cose materiali chiave si denomina lo strumento per aprire una porta. Ora, la porta del regno dei cieli a noi viene chiusa dal peccato, sia perché produce la macchia, sia perché lascia il reato o debito di pena. Perciò il potere con cui viene rimosso codesto ostacolo viene chiamato chiave.
Codesto potere però si trova nella divina Trinità per diritto di assoluta autorità o dominio. Perciò alcuni dicono che la Trinità ha "la chiave d'autorità".
Ma in Cristo in quanto uomo si riscontra questo potere a eliminare l'ostacolo suddetto mediante il merito della sua passione, la quale appunto per questo si dice che "apre la porta del cielo". Ecco perché secondo alcuni a Cristo appartengono "le chiavi di eccellenza".
Siccome però "dal costato di lui che dormiva sulla croce sgorgarono i sacramenti da cui è fabbricata la Chiesa", nei sacramenti della Chiesa si conserva l'efficacia della passione di Cristo. E per questo anche nei ministri della Chiesa, che sono i dispensatori dei sacramenti è stato dato il potere di rimuovere il predetto ostacolo, non per virtù propria, ma per la virtù di Dio e della passione di Cristo. E tale potere metaforicamente si denomina chiave della Chiesa, ossia "la chiave di ministero".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La porta del cielo di suo è sempre aperta: ma per qualcuno si dice che è chiusa a motivo dell'ostacolo che è in lui per entrarvi. Ora, l'ostacolo comune a tutta la natura umana per il peccato del primo uomo, è stato rimesso dalla passione di Cristo. Ecco perché Giovanni, dopo la passione, "vide una porta aperta nel cielo". Tuttora però la porta per alcuni rimane chiusa ogni giorno per il peccato originale che essi contraggono, o per quello attuale che commettono. È per questo che abbiamo bisogno dei sacramenti e delle chiavi della Chiesa.

2. Quel testo si riferisce alla chiusura del limbo, per cui fu impedito ad altri di cadervi per l'avvenire; e all'apertura del paradiso mediante la quale Cristo rimosse con la sua passione l'ostacolo comune alla nostra natura.

3. La chiave con la quale si apre e si chiude l'inferno è il potere di conferire la grazia, la quale fa sì che all'uomo l'inferno si apra permettendogli di uscire dal peccato, che è la porta dell'inferno, e si chiuda, impedendogli col suo sostegno di cadere in peccato. Ora, conferire la grazia è solo di Dio. Ecco perché egli ha riservato a sé la chiave dell'inferno. La chiave del Regno invece è il potere di rimettere anche il reato o debito della pena, che trattiene dall'entrata nel Regno. Ecco perché all'uomo è conferita la chiave del Regno e non quella dell'inferno: poiché, come abbiamo spiegato, non sono la stessa cosa. Infatti alcuni sono tratti fuori dall'inferno mediante la remissione della pena eterna, senza essere introdotti immediatamente nel Regno dei cieli, perché soggetti al reato della pena temporale che ancora rimane.
Oppure si può rispondere, come fanno alcuni, che la chiave dell'inferno si identifica con quella del cielo; perché per il fatto stesso che a un'anima si apre l'uno si chiude l'altro: ma la denominazione si prende dal luogo più degno.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Le chiavi della Chiesa > Se le chiavi consistano nel potere di legare e di sciogliere


Supplemento
Questione 17
Articolo 2

SEMBRA che le chiavi non consistano nel "potere di legare e di sciogliere, col quale il giudice ecclesiastico deve ammettere chi ne è degno ed escludere gli indegni dal Regno [dei cieli]", come dice il testo delle Sentenze tratto da S. Girolamo.
Infatti:
1. Il potere spirituale che viene conferito nei sacramenti s'identifica col carattere. Ma chiavi e carattere evidentemente non sono la stessa cosa: perché il carattere dice rapporto a Dio, mentre le chiavi dicono rapporto ai sudditi. Perciò le chiavi non sono "un potere".

2. Giudice ecclesiastico è solo chi ha giurisdizione, la quale non viene conferita con l'ordine sacro. Invece le chiavi vengono conferite nell'ordinazione dei ministri. Dunque non è giusto nella definizione parlare di "giudice ecclesiastico".

3. Non c'è nessun bisogno di una potestà attiva per essere indotti a un atto che uno può compiere da se stesso. Ora, per il fatto stesso che uno ne è degno, viene ammesso al Regno dei cieli. Perciò non spetta al potere delle chiavi "ammettere chi ne è degno".

4. I peccatori sono indegni del Regno. Eppure la Chiesa prega per i peccatori, perché lo raggiungano. Essa perciò non "esclude gl'indegni", ma per quanto sta in lei li ammette.
5. In ogni serie di cause agenti ordinate tra loro il fine ultimo è oggetto dell'agente principale, non già di quello strumentale. Ora, l'agente principale della salvezza umana è Dio. Perciò spetta a lui ammettere al Regno dei cieli, che è il fine ultimo, non già a chi ne ha le chiavi quale causa strumentale, o ministro.

RISPONDO: Come insegna il Filosofo, le potenze vanno definite dai loro atti. Ebbene essendo le chiavi un potere, o potenza, devono essere definite dalle loro funzioni od operazioni; e in questi atti si deve esprimere l'oggetto, dal quale viene specificato in esse l'atto e il modo di agire, che rivelano lo scopo cui è ordinata la potenza. Ora, la funzione del potere spirituale non è quella di aprire il cielo per tutti, perché così esso è stato già aperto, come sopra abbiamo notato, ma di aprirlo a una data persona. E questo non si può fare con ordine, senza esaminare l'idoneità di essa.
Ecco perché nella suddetta definizione delle chiavi sono ricordate: il genere, cioè "il potere"; il soggetto che ne è investito, ossia "il giudice ecclesiastico"; le funzioni, cioè "escludere" ed "ammettere", oppure, stando all'atto materiale delle chiavi, aprire e chiudere; si accenna poi all'oggetto con l'espressione "del Regno", e al modo ricordando l'idoneità e l'indegnità di coloro su cui si esercita.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Per raggiungere due effetti di cui uno è ordinato all'altro non è preordinata che una sola virtù: nel fuoco, p. es., per riscaldare e sciogliere non c'è che il calore. E poiché nel corpo mistico sia la grazia che la remissione di qualsiasi tipo proviene dal capo, risulta essenzialmente identico il potere col quale il sacerdote consacra e quello col quale scioglie e lega, purché non manchi di giurisdizione: essi cioè non differiscono che per una distinzione di ragione, in quanto si riferiscono a effetti diversi; ossia come il fuoco sotto un aspetto può dirsi riscaldante e sotto un altro liquefacente. E poiché il carattere dell'ordine sacerdotale altro non è che il potere di esercitare le funzioni cui è ordinato codesto ordine (supposto che esso s'identifichi col potere spirituale), il carattere, il potere di consacrare e il potere delle chiavi essenzialmente sono l'identica cosa, ma differiscono tra loro concettualmente.

2. Qualsiasi potere spirituale viene conferito con una consacrazione. Perciò le chiavi vengono date con l'ordine sacro. Però l'esercizio di codesto potere esige la debita materia, che è il popolo soggetto mediante la giurisdizione. Perciò un sacerdote prima di avere la giurisdizione ha le chiavi, non già il loro esercizio. E poiché le chiavi vengono definite mediante i loro atti, nella loro definizione non manca un elemento che si riferisce alla giurisdizione.

3. Si può esser degni di una cosa in due maniere. O al punto di averne un vero diritto. E in tal senso a chi ne ha diritto il cielo è già aperto. - Oppure perché uno possiede una certa attitudine per averlo. Ebbene, il potere delle chiavi si riferisce a questa seconda categoria, cui il regno dei cieli non è ancora del tutto aperto.

4. Come Dio indurisce il peccatore non già infondendo la malizia, bensì non conferendo la grazia, così si dice che il sacerdote esclude, non perché mette un ostacolo a entrare nel Regno dei cieli, ma perché non toglie l'ostacolo esistente, non potendolo egli rimuovere, se prima non interviene Dio a rimuoverlo. Ecco perché si prega Dio di sciogliere il peccatore, affinché possa aver luogo l'assoluzione del sacerdote.

5. L'atto del sacerdote non si applica direttamente sul Regno dei cieli, ma sui sacramenti che predispongono l'uomo ad entrarvi.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Le chiavi della Chiesa > Se le chiavi siano due o una sola


Supplemento
Questione 17
Articolo 3

SEMBRA che le chiavi non siano due, ma una soltanto. Infatti:
1. Per una sola serratura non si richiede che una chiave. Ora, la serratura, alla cui apertura sono ordinate le chiavi della Chiesa, è il peccato. Perciò contro il solo peccato la Chiesa non ha bisogno di due chiavi.

2. Le chiavi vengono consegnate con il conferimento dell'ordine sacro. Ma la scienza o sapere non sempre si ha per infusione, bensì talora viene acquistata, né a possederla sono tutti e soli gli ordinati, ma anche alcuni non ordinati. Quindi "la scienza" non è una chiave. Perciò la chiave è una sola, ossia "il potere di giudicare".

3. Il potere che il sacerdote ha sul corpo mistico dipende da quello che egli ha sul corpo reale di Cristo. Ora, il potere di consacrare il corpo reale di Cristo è unico. Dunque è unica anche la chiave che consiste nel potere riguardante il corpo mistico.

IN CONTRARIO: 1. Le chiavi sono più di due. Infatti per un atto umano si richiedono non solo scienza e potenza, ma anche volontà. Ora, tra le chiavi troviamo elencate "la scienza per discernere", e "il potere di giudicare". Perciò dovrebbe porsi tra le chiavi anche "la volontà di assolvere".

2. A rimettere i peccati è tutta la Trinità. Ora, mediante le chiavi il sacerdote è ministro della remissione dei peccati. Dunque egli deve avere tre chiavi per rappresentare la Trinità.

RISPONDO: In ogni atto che per esercitarsi richiede l'idoneità del soggetto che deve usufruirne, sono necessarie due cose in chi deve porlo: il giudizio circa l'idoneità di chi deve usufruirne, e il compimento dell'atto. Perciò anche nell'atto di giustizia in cui si rende a qualcuno ciò che gli spetta, si richiede il giudizio per discernere se costui lo merita, e la consegna della cosa meritata. E per entrambe le funzioni è indispensabile un'autorità, ossia il potere: infatti non possiamo dare se non quello che è in nostro potere; né si può parlare di giudizio se questo non ha forza coattiva, perché il giudizio deve terminare con un'unica sentenza. Ora, questa determinazione nelle scienze speculative si fa ricorrendo alla forza dei primi principii, che sono incontrovertibili; ma nelle cose pratiche si fa ricorrendo alla forza coattiva esistente nel giudice. E poiché l'esercizio delle chiavi richiede l'idoneità di chi deve usufruirne, perché con le chiavi "il giudice ecclesiastico riceve gl'idonei ed esclude gl'indegni", secondo le parole della definizione sopra riferita; sono qui necessari il giudizio discretivo per giudicare dell'idoneità, e l'atto stesso del ricevere; e sia per l'uno che per l'altro si richiede una certa autorità, o potere. Ecco perché le chiavi sono due: la prima riguarda il giudizio circa l'idoneità di chi dev'essere assolto; la seconda riguarda la stessa assoluzione. Queste due chiavi però non si distinguono per la natura della autorità richiesta; ma in rapporto a codesti atti di cui l'uno presuppone l'altro.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Ad aprire una sola serratura immediatamente non è ordinata che una chiave sola; niente impedisce però che l'apertura di un serrame sia ordinata a disserrrarne un altro. Infatti la seconda chiave, denominata "potere di legare e di sciogliere", è quella che immediatamente apre la serratura del peccato; però la chiave "della scienza" mostra a chi essa dev'essere aperta.

2. Circa la chiave della scienza ci sono due opinioni. Alcuni hanno affermato che la scienza quale abito acquisito o infuso è qui denominata chiave non direttamente, ma solo in ordine all'altra chiave. Perciò quando è indipendente da quella, come nella persona istruita che non è sacerdote, non si denomina chiave. Così pure capita che di questa chiave alcuni sacerdoti siano sprovvisti, perché non hanno la scienza, né acquisita né infusa per sciogliere e per legare: ma ricorrono per questo talora a una certa abilità naturale, che questi autori denominano "chiavina". E quindi sebbene la chiave della scienza non venga conferita con l'ordine sacro, è l'ordine a far sì che essa sia chiave, mentre prima non lo era. Pare che questa fosse l'opinione del Maestro delle Sentenze.
Ma questo non sembra concordare con le parole evangeliche, in cui si promettono a Pietro "le chiavi": quindi nell'Ordine sacro viene data non una chiave soltanto, ma due.
Ecco perché l'altra opinione sostiene che la chiave non sta nella scienza quale abito, ma nell'autorità di esercitare l'atto del sapere. E tale autorità talora è priva di scienza, mentre in altri casi esiste la scienza senza di essa. Ciò è evidente anche nei tribunali civili: ci sono dei giudici, infatti che hanno l'autorità di giudicare senza conoscere il diritto; e al contrario ci sono di quelli che hanno la conoscenza del diritto senza avere l'autorità di giudicare. E poiché le funzioni del giudice, alle quali uno è predisposto dall'autorità che riveste e non dalla scienza che può avere, non si possono compiere bene senza codeste due cose, non si può accettare senza peccato l'autorità di giudicare, che è la chiave, quando si è privi di scienza; la scienza invece si può possedere senza peccato, pur essendo privi di autorità.

3. L'atto unico al quale è ordinato il potere di consacrare è di un altro genere. Perciò non può rientrare nella medesima suddivisione delle chiavi: né può essere molteplice come quest'ultimo potere che ha di mira atti diversi. E questo nonostante che il potere [sacerdotale] sia essenzialmente unico, come abbiamo già notato.

4. Ciascuno è sempre libero di volere. Quindi per volere non si richiede autorità. Ecco perché la volontà non è enumerata tra le chiavi.

5. Tutta la Trinità rimette i peccati come li rimette ciascuna Persona. Perciò non è necessario che il sacerdote, il quale è ministro della Trinità abbia tre chiavi. Specialmente perché la volontà, che va appropriata allo Spirito Santo, non richiede chiavi, come sopra abbiamo detto.

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