Sup, 15

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Le opere satisfattorie


Supplemento
Questione 15
Proemio

Veniamo quindi a parlare delle opere satisfattorie.
In proposito si pongono tre quesiti:

1. Se la soddisfazione esiga opere afflittive o penali;
2. Se le sofferenze con le quali Dio colpisce l'uomo in questa vita siano satisfattorie;
3. Se le opere satisfattorie siano ben enumerate, quando si riducono alle tre seguenti: elemosine, digiuno e preghiera.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Le opere satisfattorie > Se la soddisfazione esiga opere afflittive o penali


Supplemento
Questione 15
Articolo 1

SEMBRA che la soddisfazione non esiga opere afflittive o penali.
Infatti:
1. Con la soddisfazione si deve dare un compenso per l'offesa fatta a Dio. Ma nessuna compensazione si può fare con opere afflittive o penali: perché "Dio non si rallegra delle nostre pene". Dunque per la soddisfazione non si richiedono opere afflittive.

2. Un'opera quanto più deriva da una maggiore carità tanto meno è afflittiva: perché "la carità esclude la pena", come dice S. Giovanni. Se quindi le opere satisfattorie dovessero essere afflittive, più queste sono fatte con carità meno sarebbero satisfattorie. Il che è falso.

3. Soddisfare, come dice S. Anselmo, consiste nel "rendere a Dio l'onore dovuto". Ma questo si può fare con altre opere oltre che con quelle afflittive. Perciò non è necessario che la soddisfazione sia compiuta con opere afflittive.

IN CONTRARIO: 1. S. Gregorio scrive: "È giusto che il peccatore s'imponga con la penitenza privazioni tanto maggiori, quanto più gravi furono i danni da lui inflitti con la colpa".

2. Con la soddisfazione va sanata perfettamente la ferita del peccato. Ora, a detta del Filosofo "medicine dei peccati sono i castighi". Dunque la soddisfazione va fatta mediante opere penali ossia afflittive.

RISPONDO: La soddisfazione ha un rapporto sia con l'offesa passata che con essa ottiene una compensazione, che con le colpe future dalle quali essa intende preservare. E sotto entrambi gli aspetti la soddisfazione esige di essere compiuta con opere afflittive. Infatti il compenso per l'offesa implica un livellamento tra colui che ha offeso e chi ha subito l'affronto. Ora, nella giustizia umana tale livellamento si ottiene togliendo all'uno quel che ha più del giusto e aggiungendolo all'altro che ha subito la sottrazione di qualche cosa. Perciò, sebbene a Dio, data la sua natura, non si possa sottrarre nulla, tuttavia il peccatore, come sopra abbiamo detto, per parte sua ha sottratto qualche cosa peccando. Quindi perché ci sia una compensazione è necessario che al peccatore mediante la soddisfazione venga sottratta qualche cosa che possa essere a onore di Dio. Ora, l'opera buona in quanto tale non toglie nulla a chi la compie, ma piuttosto lo perfeziona. Perciò la sottrazione non si può compiere che mediante un'opera buona che abbia natura di pena. Quindi affinché un'opera sia satisfattoria si richiede che sia buona, a onore di Dio e afflittiva o penale, in modo da togliere al peccatore qualche cosa. Inoltre la pena deve preservare dalle colpe future: perché un uomo non torna facilmente a commettere quei peccati per i quali ha subito una pena. Infatti, come dice il Filosofo, "le pene sono medicine".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: Dio sebbene non si rallegri delle pene come tali, si rallegra di esse in quanto sono giuste. E sotto tale aspetto esse possono essere satisfattorie.

2. Come nella soddisfazione si tiene conto della penalità, così nel merito si tiene conto della difficoltà. Ora, la diminuzione della difficoltà da parte dell'atto stesso, a parità di condizioni diminuisce il merito; ma la diminuzione della difficoltà dovuta alla prontezza del volere non diminuisce il merito, anzi lo accresce. Allo stesso modo la diminuzione della penosità di un'opera per la prontezza del volere, prodotta dalla carità, non diminuisce l'efficacia della soddisfazione, ma l'accresce.

3. L'onore dovuto per il peccato è la riparazione dell'offesa, la quale non si può compiere senza pena da parte del peccatore. E S. Anselmo intende parlare di codesto debito di onore.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Le opere satisfattorie > Se le sofferenze con le quali Dio ci punisce nella vita presente possano essere satisfattorie


Supplemento
Questione 15
Articolo 2

SEMBRA che le sofferenze con le quali Dio ci punisce nella vita presente non possano essere satisfattorie.
Infatti:
1. Come sopra abbiamo spiegato, niente può essere satisfattorio se non è meritorio. Ora, noi non meritiamo se non con quelle cose che dipendono da noi. Perciò siccome i flagelli con i quali Dio ci punisce non dipendono da noi, è chiaro che non possono essere satisfattori.

2. La soddisfazione è riservata ai buoni. Invece le sofferenze suddette colpiscono i cattivi, e sono essi che le meritano di più. Quindi non possono essere satisfattorie.

3. La soddisfazione è fatta per i peccati passati. Ma talora queste sofferenze sono inflitte a chi è senza peccati, com'è evidente nel caso di Giobbe. Dunque esse non sono satisfattorie.

IN CONTRARIO: 1. S. Paolo scrive: "La tribolazione produce la pazienza, la pazienza poi la probazione", cioè "la purificazione dai peccati", come spiega la Glossa. Dunque le sofferenze espiano i peccati. E quindi sono satisfattorie.

2. S. Ambrogio afferma: "Anche se manca la sicurezza", cioè la coscienza [certa] di peccato, "la pena è in grado di soddisfare". Perciò codeste sofferenze sono satisfattorie.

RISPONDO: La compensazione per l'offesa fatta può essere compiuta sia dall'offensore che da un altro. Quando però è promossa da un altro essa ha più natura di vendetta che di soddisfazione: invece quando è compiuta da chi ha offeso ha anche l'aspetto di soddisfazione. Perciò se le sofferenze che Dio infligge per i peccati vengono fatte proprie in qualche modo da chi le subisce, allora acquistano valore satisfattorio. Ora, esse vengono fatte proprie da chi le subisce in quanto questi le accetta quale purificazione dai peccati, sopportandole con pazienza. Se invece uno vi si ribella assolutamente, allora non le fa sue. E quindi non hanno valore di soddisfazione, ma solo di vendetta.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene quei flagelli non siano in nostro potere, dipende però da noi servircene sopportandoli con pazienza. Così l'uomo "fa di necessità virtù". Ecco perché quei flagelli possono essere sia meritori che satisfattori.

2. Nota S. Gregorio, che come, "mediante lo stesso fuoco l'oro brilla e la paglia fa fumo", cosi mediante gli stessi flagelli i buon si purificano e i malvagi si ostinano con l'impazienza. Perciò sebbene le sofferenze siano comuni, la soddisfazione è riservata ai buoni.

3. Le sofferenze dicono sempre relazione a una colpa passata: non sempre però a una colpa personale, bensì a una colpa d'origine. Se infatti nella natura umana non ci fosse stata in passato nessuna colpa, non ci sarebbe nessuna pena. Ma poiché in passato nella nostra natura è esistita la colpa, a certe persone Dio infligge delle pene senza una colpa personale, per accrescere il merito della virtù e per prevenire eventuali peccati. E questi due scopi si devono perseguire anche nella soddisfazione. Infatti essa deve consistere in un'opera meritoria per rendere a Dio l'onore dovuto; e dev'essere una salvaguardia delle virtù, per essere preservati dai peccati nel futuro.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > Le opere satisfattorie > Se le opere satisfattorie siano ben enumerate, quando si riducono alle tre seguenti: elemosina, digiuno e preghiera


Supplemento
Questione 15
Articolo 3

SEMBRA che le opere satisfattorie non siano ben enumerate, quando si riducono alle tre seguenti: elemosina, digiuno e preghiera. Infatti:
1. Un'opera satisfattoria deve essere afflittiva o penosa. Ora, la preghiera non implica pena, essendo un rimedio alla tristezza della sofferenza, ma implica gioia, come si rileva dalle parole di S. Giacomo: "C'è qualcuno tra voi che è triste? Preghi e salmeggi". Dunque la preghiera non deve essere computata tra le opere satisfattorie.

2. Qualsiasi peccato, o è carnale, o è spirituale. Ora, come insegna S. Girolamo, "nel digiuno si guariscono le pestilenze del corpo, e con la preghiera le pestilenze dell'anima". Perciò oltre queste non deve esserci un'altra opera satisfattoria.

3. La soddisfazione è necessaria per purificarci dai peccati. Ma l'elemosina, come si legge nel Vangelo, purifica da tutti i peccati: "Fate elemosina e tutto sarà puro per voi". Quindi le altre due opere sono superflue.

IN CONTRARIO: 1. Sembra che debbano essere più numerose. Un male infatti va curato col suo contrario. Ma i generi dei peccati sono più di tre. Dunque le opere satisfattorie devono essere più numerose.

2. Come soddisfazione vengono imposti anche pellegrinaggi, e discipline, ossia flagellazioni, che non sono inclusi in nessuna di codeste opere. Quindi tale enumerazione è insufficiente.

RISPONDO: La soddisfazione dev'esser tale da sottrarre a noi qualche cosa a onore di Dio. Ora, noi non abbiamo che tre tipi di beni: i beni dell'anima, quelli del corpo, e i beni di fortuna, o beni esterni. Ed ecco che dai beni di fortuna sottraiamo a noi stessi qualche cosa con l'elemosina; dai beni del corpo la sottrazione si fa mediante il digiuno. Dai beni dell'anima invece non è necessario sottrarre nulla eliminandoli o diminuendoli, perché è con essi che diventiamo accetti a Dio: ma la sottrazione sta nel sottometterci con essi totalmente a Dio. E questo si fa con la preghiera.
Questa enumerazione quadra bene anche se si considera la soddisfazione nella sua funzione di "eliminare le cause dei peccati". Tre infatti sono le radici del peccato, secondo le parole di S. Giovanni: "la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita". Ebbene, come spiega S. Agostino, contro la concupiscenza della carne è ordinato il digiuno; contro la concupiscenza degli occhi è ordinata l'elemosina; contro la superbia della vita è ordinata la preghiera.
L'enumerazione suddetta quadra bene con la soddisfazione, anche se la consideriamo in quanto "blocca la via alle suggestioni dei peccati". Il peccato infatti si commette o contro Dio, e in riparazione abbiamo la preghiera; o contro il prossimo, e in riparazione abbiamo l'elemosina; oppure contro noi stessi, e in riparazione abbiamo il digiuno.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Secondo alcuni esistono due sorta di preghiera. Una è propria dei contemplativi, "la cui conversazione è nei cieli". E tale preghiera essendo del tutto gioiosa non sarebbe satisfattoria. L'altra consiste nell'emettere gemiti per i peccati. E questa è penosa, e quindi farebbe parte della soddisfazione.
Però è meglio rispondere che qualsiasi preghiera ha valore satisfattorio; perché sebbene importi una gioia dello spirito, implica tuttavia l'afflizione della carne: infatti, come nota S. Gregorio, "mentre in noi cresce la forza dell'amore inferiore, siamo debilitati nella forza della carne". Ecco perché nella Genesi si legge che "dalla lotta con l'angelo il nervo della coscia di Giacobbe rimase intorpidito".

2. Un peccato può dirsi carnale in due diverse maniere. Primo, per il fatto che si compie nel piacere stesso della carne; tale è il caso della gola e della lussuria. Secondo, perché si compie in cose che sono ordinate alla carne, però non nel piacere carnale, bensì in un piacere d'ordine spirituale: tale è il caso dell'avarizia. Ebbene questi peccati stanno di mezzo tra quelli carnali e quelli spirituali. Perciò ci dev'essere una soddisfazione ad essi corrispondente, e cioè l'elemosina.

3. Le singole opere ricordate, anche se sono appropriate ai vari peccati, essendo giusto che "uno venga punito in quello in cui ha peccato", e anche se è vero che con la soddisfazione si distrugge
la radice del peccato commesso, tuttavia ognuna di esse può soddisfare per qualsiasi colpa. Perciò a chi non può compiere l'una può essere imposta l'altra. E specialmente l'elemosina può supplire le altre opere satisfattorie: perché con l'elemosina uno può in qualche modo procurarsi le altre mediante coloro ai quali la elargisce. Quindi non ne segue, per il fatto che l'elemosina purifica da tutti i peccati, che le altre opere satisfattorie siano superflue.

4. Sebbene i peccati siano di specie molteplici, tuttavia si riducono tutti alle tre radici, o generi di peccati, che corrispondono alle tre opere satisfattorie suddette.

5. Tutto ciò che costituisce un'afflizione corporale si può ricondurre al digiuno; tutto quello che si compie per il bene del prossimo ha valore di elemosina; e qualunque atto di culto verso Dio prende valore di preghiera. Ecco perché un'unica opera buona può essere satisfattoria per più di un motivo.

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