I, 8

Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La presenza di Dio nelle cose


Prima pars
Quaestio 8
Prooemium

[28528] Iª q. 8 pr.
Quia vero infinito convenire videtur quod ubique et in omnibus sit, considerandum est utrum hoc Deo conveniat. Et circa hoc quaeruntur quatuor.
Primo, utrum Deus sit in omnibus rebus.
Secundo, utrum Deus sit ubique.
Tertio, utrum Deus sit ubique per essentiam et potentiam et praesentiam.
Quarto, utrum esse ubique sit proprium Dei.

 
Prima parte
Questione 8
Proemio

[28528] Iª q. 8 pr.
L'infinito, a quanto pare, deve esistere dappertutto ed in tutte le cose, bisogna quindi considerare se ciò convenga a Dio. E a questo proposito si pongono quattro quesiti:
1. Se Dio sia in tutte le cose;
2. Se Dio sia dappertutto;
3. Se Dio sia dappertutto per essenza, per potenza e per presenza;
4. Se essere dappertutto sia proprio di Dio.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La presenza di Dio nelle cose > Se Dio sia in tutte le cose


Prima pars
Quaestio 8
Articulus 1

[28529] Iª q. 8 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod Deus non sit in omnibus rebus. Quod enim est supra omnia, non est in omnibus rebus. Sed Deus est supra omnia, secundum illud Psalmi, excelsus super omnes gentes dominus, et cetera. Ergo Deus non est in omnibus rebus.

 
Prima parte
Questione 8
Articolo 1

[28529] Iª q. 8 a. 1 arg. 1
SEMBRA che Dio non sia in tutte le cose. Infatti:
1. Ciò che è al di sopra di tutte le cose non può essere in esse. Ora, Dio è al di sopra di tutte le cose, secondo il detto della Scrittura: "elevato sopra tutte le genti è il Signore". Dunque Dio non è in tutte le cose.

[28530] Iª q. 8 a. 1 arg. 2
Praeterea, quod est in aliquo, continetur ab eo. Sed Deus non continetur a rebus, sed magis continet res. Ergo Deus non est in rebus, sed magis res sunt in eo. Unde Augustinus, in libro octoginta trium quaest., dicit quod in ipso potius sunt omnia, quam ipse alicubi.

 

[28530] Iª q. 8 a. 1 arg. 2
2. Ciò che è in un altro è contenuto da esso. Ora, Dio non è contenuto dalle cose, ma piuttosto Dio contiene le cose. Dunque Dio non è nelle cose, ma piuttosto le cose sono in Dio. Di qui il detto di S. Agostino: "Tutte le cose sono in lui, piuttosto che egli in qualche luogo".

[28531] Iª q. 8 a. 1 arg. 3
Praeterea, quanto aliquod agens est virtuosius, tanto ad magis distans eius actio procedit. Sed Deus est virtuosissimum agens. Ergo eius actio pertingere potest ad ea etiam quae ab ipso distant, nec oportet quod sit in omnibus.

 

[28531] Iª q. 8 a. 1 arg. 3
3. Quanto più potente è un agente, a tanto maggior distanza arriva la sua azione. Ora, Dio è un agente onnipotente. Dunque la sua azione può giungere anche alle cose che distano da lui; e non è necessario che sia in tutte le cose.

[28532] Iª q. 8 a. 1 arg. 4
Praeterea, Daemones res aliquae sunt. Nec tamen Deus est in Daemonibus, non enim est conventio lucis ad tenebras, ut dicitur II ad Cor. VI. Ergo Deus non est in omnibus rebus.

 

[28532] Iª q. 8 a. 1 arg. 4
4. I demoni sono delle cose, e tuttavia Dio non è in essi, perché come dice l'Apostolo, "non vi è niente di comune tra la luce e le tenebre". Dunque Dio non è in tutte le cose.

[28533] Iª q. 8 a. 1 s. c.
Sed contra, ubicumque operatur aliquid, ibi est. Sed Deus operatur in omnibus, secundum illud Isaiae XXVI, omnia opera nostra operatus es in nobis, domine. Ergo Deus est in omnibus rebus.

 

[28533] Iª q. 8 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Una cosa è dove opera. Ora, Dio opera in tutte le cose, secondo il detto della Scrittura: "O Signore, tutte le opere nostre hai operato in noi". Dunque Dio è in tutte le cose.

[28534] Iª q. 8 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod Deus est in omnibus rebus, non quidem sicut pars essentiae, vel sicut accidens, sed sicut agens adest ei in quod agit. Oportet enim omne agens coniungi ei in quod immediate agit, et sua virtute illud contingere, unde in VII Physic. probatur quod motum et movens oportet esse simul. Cum autem Deus sit ipsum esse per suam essentiam, oportet quod esse creatum sit proprius effectus eius; sicut ignire est proprius effectus ignis. Hunc autem effectum causat Deus in rebus, non solum quando primo esse incipiunt, sed quandiu in esse conservantur; sicut lumen causatur in aere a sole quandiu aer illuminatus manet. Quandiu igitur res habet esse, tandiu oportet quod Deus adsit ei, secundum modum quo esse habet. Esse autem est illud quod est magis intimum cuilibet, et quod profundius omnibus inest, cum sit formale respectu omnium quae in re sunt, ut ex supra dictis patet. Unde oportet quod Deus sit in omnibus rebus, et intime.

 

[28534] Iª q. 8 a. 1 co.
RISPONDO: Dio è in tutte le cose, non già come parte di loro essenza, o come una loro qualità accidentale, ma come l'agente è presente alla cosa in cui opera. È necessario infatti che ogni agente sia congiunto alla cosa su cui agisce immediatamente, e che la tocchi con la sua virtù; perciò Aristotele prova che il motore e ciò che è mosso devono essere insieme. Ora, essendo Dio l'essere stesso per essenza, bisogna che l'essere creato sia effetto proprio di lui, come bruciare è effetto proprio del fuoco. E questo effetto Dio lo causa nelle cose non soltanto quando cominciano ad esistere, ma fin tanto che perdurano nell'essere; come la luce è causata nell'aria dal sole finché l'aria rimane illuminata. Fino a che dunque una cosa ha l'essere, è necessario che Dio le sia presente in proporzione di come essa possiede l'essere. L'essere poi è ciò che nelle cose vi è di più intimo e di più profondamente radicato, poiché, come si è già detto l'essere è elemento formale rispetto a tutti i principi e i componenti che si trovano in una data realtà. Necessariamente, dunque, Dio è in tutte le cose ed in maniera intima.

[28535] Iª q. 8 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Deus est supra omnia per excellentiam suae naturae, et tamen est in omnibus rebus, ut causans omnium esse, ut supra dictum est.

 

[28535] Iª q. 8 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dio è sopra tutte le cose per l'eccellenza della sua natura; ma è, di necessità, anche dentro di esse, in quanto causa l'essere di tutto, come si è detto sopra.

[28536] Iª q. 8 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod, licet corporalia dicantur esse in aliquo sicut in continente, tamen spiritualia continent ea in quibus sunt, sicut anima continet corpus. Unde et Deus est in rebus sicut continens res. Tamen, per quandam similitudinem corporalium, dicuntur omnia esse in Deo, inquantum continentur ab ipso.

 

[28536] Iª q. 8 a. 1 ad 2
2. Sebbene le cose corporali (soltanto) si dicano essere in altre come il contenuto nel contenente, quelle spirituali però contengono le cose in cui si trovano: così l'anima contiene il corpo. Quindi anche Dio è nelle cose come contenente le cose. Tuttavia, per una certa analogia con le cose corporali, si dice che tutte le cose sono in Dio, in quanto che Dio le contiene.

[28537] Iª q. 8 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod nullius agentis, quantumcumque virtuosi, actio procedit ad aliquid distans, nisi inquantum in illud per media agit. Hoc autem ad maximam virtutem Dei pertinet, quod immediate in omnibus agit. Unde nihil est distans ab eo, quasi in se illud Deum non habeat. Dicuntur tamen res distare a Deo per dissimilitudinem naturae vel gratiae, sicut et ipse est super omnia per excellentiam suae naturae.

 

[28537] Iª q. 8 a. 1 ad 3
3. Nessun agente, per quanto efficace, può agire su un oggetto distante se non in quanto agisce in esso mediante il mezzo. Ma appartiene alla somma potenza di Dio agire in tutti gli esseri immediatamente: quindi nulla è distante da Dio, come se non avesse Dio in sé. Tuttavia, si dice che alcune cose distano da Dio per una dissomiglianza di natura o di grazia; come anche (si dice che) egli stesso è al di sopra di tutte le cose a motivo dell'eccellenza della sua natura.

[28538] Iª q. 8 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod in Daemonibus intelligitur et natura, quae est a Deo, et deformitas culpae, quae non est ab ipso. Et ideo non est absolute concedendum quod Deus sit in Daemonibus, sed cum hac additione, inquantum sunt res quaedam. In rebus autem quae nominant naturam non deformatam, absolute dicendum est Deum esse.

 

[28538] Iª q. 8 a. 1 ad 4
4. Nei demoni c'è da distinguere la natura, che è da Dio, e la deformità della colpa, che non è da Dio. Quindi, non si deve concedere in modo assoluto che Dio sia nei demoni, ma con questa restrizione: in quanto sono delle realtà. Dobbiamo invece asserire che Dio si trova in senso assoluto in quelle cose che indicano nature non deformate.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La presenza di Dio nelle cose > Se Dio sia dappertutto


Prima pars
Quaestio 8
Articulus 2

[28539] Iª q. 8 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod Deus non sit ubique. Esse enim ubique significat esse in omni loco. Sed esse in omni loco non convenit Deo, cui non convenit esse in loco, nam incorporalia, ut dicit Boetius, in libro de Hebdomad., non sunt in loco. Ergo Deus non est ubique.

 
Prima parte
Questione 8
Articolo 2

[28539] Iª q. 8 a. 2 arg. 1
SEMBRA che Dio non sia dappertutto. Infatti: 1. Essere dappertutto significa essere in ogni luogo. Ora, essere in ogni luogo non conviene a Dio, al quale non conviene essere in alcun luogo, perché, come dice Boezio, le cose incorporee non sono localizzate. Dio, dunque, non è dappertutto.

[28540] Iª q. 8 a. 2 arg. 2
Praeterea, sicut se habet tempus ad successiva, ita se habet locus ad permanentia. Sed unum indivisibile actionis vel motus, non potest esse in diversis temporibus. Ergo nec unum indivisibile in genere rerum permanentium, potest esse in omnibus locis. Esse autem divinum non est successivum, sed permanens. Ergo Deus non est in pluribus locis. Et ita non est ubique.

 

[28540] Iª q. 8 a. 2 arg. 2
2. Il tempo sta alle cose successive, come il luogo alle cose permanenti. Ora, un'unità indivisibile di azione o di movimento (un istante) non può essere in più tempi. Dunque neppure un'unità indivisibile nel genere delle cose permanenti (un punto) può essere in tutti i luoghi. Ora, l'essere divino non è successivo, ma permanente. Dunque Dio non è in più luoghi e così non è dappertutto.

[28541] Iª q. 8 a. 2 arg. 3
Praeterea, quod est totum alicubi, nihil eius est extra locum illum. Sed Deus, si est in aliquo loco, totus est ibi, non enim habet partes. Ergo nihil eius est extra locum illum. Ergo Deus non est ubique.

 

[28541] Iª q. 8 a. 2 arg. 3
3. Ciò che è tutto in un posto, non ha niente fuori di lì. Ora, se Dio è in qualche luogo, vi è tutto, perché non ha parti. Dunque niente di lui è fuori di quel posto, e perciò non è dappertutto.

[28542] Iª q. 8 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur Ierem. XXIII, caelum et terram ego impleo.

 

[28542] Iª q. 8 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: È detto nella Scrittura: "Io riempio il cielo e la terra".

[28543] Iª q. 8 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, cum locus sit res quaedam, esse aliquid in loco potest intelligi dupliciter, vel per modum aliarum rerum, idest sicut dicitur aliquid esse in aliis rebus quocumque modo, sicut accidentia loci sunt in loco; vel per modum proprium loci, sicut locata sunt in loco. Utroque autem modo, secundum aliquid, Deus est in omni loco, quod est esse ubique. Primo quidem, sicut est in omnibus rebus, ut dans eis esse et virtutem et operationem, sic enim est in omni loco, ut dans ei esse et virtutem locativam. Item, locata sunt in loco inquantum replent locum, et Deus omnem locum replet. Non sicut corpus, corpus enim dicitur replere locum, inquantum non compatitur secum aliud corpus; sed per hoc quod Deus est in aliquo loco, non excluditur quin alia sint ibi, imo per hoc replet omnia loca, quod dat esse omnibus locatis, quae replent omnia loca.

 

[28543] Iª q. 8 a. 2 co.
RISPONDO: Il luogo non è che una delle tante cose; perciò che un essere è in un luogo si può intendere in due maniere: o nel modo generico in cui potrebbe trovarsi comunque in qualsiasi altra cosa, come quando, p. es., diciamo che le qualità del luogo sono nel luogo; oppure (s'intende che vi è contenuto) nel modo proprio del luogo, come gli esseri localizzati sono in un luogo. Ebbene, in tutti e due i modi, in certo senso, Dio è in ogni luogo, ossia dappertutto. Primieramente, come è in tutte le cose in quanto dà loro l'essere, la potenza attiva e l'operazione, così è in ogni luogo in quanto dà ad esso l'essere e la capacità locativa. Secondo, gli enti localizzati sono nel luogo in quanto lo riempiono: e Dio riempie ogni luogo. Non però come lo riempie un corpo, perché di un corpo si dice che riempie un luogo in quanto non comporta con sé (la presenza di) un altro corpo; mentre per il fatto che Dio è in un posto, non si esclude che vi si trovino pure altri esseri: anzi, egli riempie tutti i luoghi perché dà l'essere a tutte le cose localizzabili, che li riempiono.

[28544] Iª q. 8 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod incorporalia non sunt in loco per contactum quantitatis dimensivae, sicut corpora, sed per contactum virtutis.

 

[28544] Iª q. 8 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Gli esseri incorporei non sono nel luogo per un contatto di dimensioni, come i corpi: ma per un contatto dinamico (o applicazione della loro attività).

[28545] Iª q. 8 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod indivisibile est duplex. Unum quod est terminus continui, ut punctus in permanentibus, et momentum in successivis. Et huiusmodi indivisibile, in permanentibus, quia habet determinatum situm, non potest esse in pluribus partibus loci, vel in pluribus locis, et similiter indivisibile actionis vel motus, quia habet determinatum ordinem in motu vel actione, non potest esse in pluribus partibus temporis. Aliud autem indivisibile est, quod est extra totum genus continui, et hoc modo substantiae incorporeae, ut Deus, Angelus et anima, dicuntur esse indivisibiles. Tale igitur indivisibile non applicatur ad continuum sicut aliquid eius, sed inquantum contingit illud sua virtute. Unde secundum quod virtus sua se potest extendere ad unum vel multa, ad parvum vel magnum, secundum hoc est in uno vel pluribus locis, et in loco parvo vel magno.

 

[28545] Iª q. 8 a. 2 ad 2
2. Vi sono due sorta d'indivisibili. Un indivisibile è il termine del continuo, come il punto nelle cose permanenti e l'istante nelle successive. E siccome nelle cose permanenti l'indivisibile (il punto) ha una posizione determinata, non può trovarsi in più parti del luogo o in più luoghi: così l'indivisibile d'azione o di movimento, poiché ha un determinato ordine nella successione del moto o dell'azione, non può trovarsi in più parti del tempo. Ma c'è un altro indivisibile, che è fuori di ogni genere di continuità (temporale o spaziale): e solo in tal modo le sostanze incorporee, come Dio, l'angelo e l'anima, si dicono indivisibili. Tale indivisibile, dunque, non si applica al continuo come qualcosa che gli appartenga, ma in quanto lo tocca con la sua potenza. Quindi, a seconda che la sua potenza attiva si può estendere a una cosa o a molte, a una piccola o a una grande, si dice che è in uno o più luoghi, in un luogo piccolo o grande.

[28546] Iª q. 8 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod totum dicitur respectu partium. Est autem duplex pars, scilicet pars essentiae, ut forma et materia dicuntur partes compositi, et genus et differentia partes speciei; et etiam pars quantitatis, in quam scilicet dividitur aliqua quantitas. Quod ergo est totum in aliquo loco totalitate quantitatis, non potest esse extra locum illum, quia quantitas locati commensuratur quantitati loci, unde non est totalitas quantitatis, si non sit totalitas loci. Sed totalitas essentiae non commensuratur totalitati loci. Unde non oportet quod illud quod est totum totalitate essentiae in aliquo, nullo modo sit extra illud. Sicut apparet etiam in formis accidentalibus, quae secundum accidens quantitatem habent, albedo enim est tota in qualibet parte superficiei, si accipiatur totalitas essentiae, quia secundum perfectam rationem suae speciei invenitur in qualibet parte superficiei, si autem accipiatur totalitas secundum quantitatem, quam habet per accidens, sic non est tota in qualibet parte superficiei. In substantiis autem incorporeis non est totalitas, nec per se nec per accidens, nisi secundum perfectam rationem essentiae. Et ideo, sicut anima est tota in qualibet parte corporis, ita Deus totus est in omnibus et singulis.

 

[28546] Iª q. 8 a. 2 ad 3
3. Il tutto dicesi rispetto alle parti. Ora, vi sono due specie di parti, cioè: parti essenziali, come la materia e la forma che sono parti del composto e il genere e la differenza, parti della specie; e parti quantitative, che son quelle nelle quali si divide una data quantità. Ora, ciò che quantitativamente si trova per intero in un luogo non può certo essere fuori di tale luogo, perché la quantità dell'oggetto localizzato corrisponde appuntino all'estensione del luogo occupato, e quindi non si dà totalità della quantità se non si ha la totalità del luogo. La totalità di essenza, invece, non è commisurata alla totalità del luogo. Quindi non è per nulla necessario che quanto è interamente in un dato luogo per totalità di essenza, non sia in alcun modo fuori di esso. Ne abbiamo una riprova nelle forme accidentali che indirettamente (in ragione del soggetto in cui sono) hanno quantità: la bianchezza infatti, se si considera la totalità della sua essenza, è tutta in ciascuna parte della superficie, perché in ciascuna parte vi è secondo la sua perfetta natura specifica; ma se si considera la sua totalità quantitativa, che essa ha indirettamente (cioè a motivo del soggetto), allora non è tutta in ciascuna parte della superficie. Ora, nelle sostanze incorporee non si trova né direttamente né indirettamente altra totalità che secondo il preciso aspetto di essenza. Perciò, come l'anima è tutta in ciascuna parte del corpo; così Dio è tutto in tutti e singoli gli enti.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La presenza di Dio nelle cose > Se Dio è dappertutto per essenza, per presenza e per potenza


Prima pars
Quaestio 8
Articulus 3

[28547] Iª q. 8 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod male assignentur modi existendi Deum in rebus, cum dicitur quod Deus est in omnibus rebus per essentiam, potentiam et praesentiam. Id enim per essentiam est in aliquo, quod essentialiter est in eo. Deus autem non est essentialiter in rebus, non enim est de essentia alicuius rei. Ergo non debet dici quod Deus sit in rebus per essentiam, praesentiam et potentiam.

 
Prima parte
Questione 8
Articolo 3

[28547] Iª q. 8 a. 3 arg. 1
SEMBRA che siano male assegnati i modi di esistere di Dio nelle cose, quando si dice che Dio è in tutte le cose per essenza, per presenza e per potenza. Infatti: 1. Una cosa è in un'altra per essenza, quando vi è essenzialmente. Ora, Dio nelle cose non vi è essenzialmente, perché non appartiene all'essenza di cosa alcuna. Dunque non si deve dire che Dio è nelle cose per essenza, per presenza e per potenza.

[28548] Iª q. 8 a. 3 arg. 2
Praeterea, hoc est esse praesentem alicui rei, scilicet non deesse illi. Sed hoc est Deum esse per essentiam in rebus, scilicet non deesse alicui rei. Ergo idem est esse Deum in omnibus per essentiam et praesentiam. Superfluum ergo fuit dicere quod Deus sit in rebus per essentiam, praesentiam et potentiam.

 

[28548] Iª q. 8 a. 3 arg. 2
2. Essere presente ad una cosa significa non mancare ad essa. Ora, dire che Dio è in tutte le cose per essenza, è lo stesso che dire che Dio non manca a cosa alcuna. È dunque lo stesso il dire che Dio è nelle cose per essenza e dire che vi è per presenza. Vi è dunque del superfluo in questa divisione: per essenza, per presenza e per potenza.

[28549] Iª q. 8 a. 3 arg. 3
Praeterea, sicut Deus est principium omnium rerum per suam potentiam, ita per scientiam et voluntatem. Sed non dicitur Deus esse in rebus per scientiam et voluntatem. Ergo nec per potentiam.

 

[28549] Iª q. 8 a. 3 arg. 3
3. Come Dio è principio di tutte le cose per la sua potenza, così lo è anche per la sua scienza e per la sua volontà. Ora, non si dice che Dio è nelle cose per scienza e per volontà. Dunque nemmeno deve dirsi che vi è per potenza.

[28550] Iª q. 8 a. 3 arg. 4
Praeterea, sicut gratia est quaedam perfectio superaddita substantiae rei, ita multae sunt aliae perfectiones superadditae. Si ergo Deus dicitur esse speciali modo in quibusdam per gratiam, videtur quod secundum quamlibet perfectionem debeat accipi specialis modus essendi Deum in rebus.

 

[28550] Iª q. 8 a. 3 arg. 4
4. Oltre la grazia, perfezione aggiunta alla sostanza di una cosa, vi sono altre perfezioni aggiunte. Se dunque si dice che Dio è in un modo speciale in alcuni per grazia, parrebbe che per ogni altra perfezione si dovesse assegnare un modo speciale della presenza di Dio nelle cose.

[28551] Iª q. 8 a. 3 s. c.
Sed contra est quod Gregorius dicit, super Cant. Cantic., quod Deus communi modo est in omnibus rebus praesentia, potentia et substantia, tamen familiari modo dicitur esse in aliquibus per gratiam.

 

[28551] Iª q. 8 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Gregorio che "Dio in una maniera generale è in tutte le cose per presenza, potenza ed essenza; però si dice che è familiarmente in alcuni con la grazia".

[28552] Iª q. 8 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod Deus dicitur esse in re aliqua dupliciter. Uno modo, per modum causae agentis, et sic est in omnibus rebus creatis ab ipso. Alio modo, sicut obiectum operationis est in operante, quod proprium est in operationibus animae, secundum quod cognitum est in cognoscente, et desideratum in desiderante. Hoc igitur secundo modo, Deus specialiter est in rationali creatura, quae cognoscit et diligit illum actu vel habitu. Et quia hoc habet rationalis creatura per gratiam, ut infra patebit, dicitur esse hoc modo in sanctis per gratiam. In rebus vero aliis ab ipso creatis quomodo sit, considerandum est ex his quae in rebus humanis esse dicuntur. Rex enim dicitur esse in toto regno suo per suam potentiam, licet non sit ubique praesens. Per praesentiam vero suam, dicitur aliquid esse in omnibus quae in prospectu ipsius sunt; sicut omnia quae sunt in aliqua domo, dicuntur esse praesentia alicui, qui tamen non est secundum substantiam suam in qualibet parte domus. Secundum vero substantiam vel essentiam, dicitur aliquid esse in loco in quo eius substantia habetur. Fuerunt ergo aliqui, scilicet Manichaei, qui dixerunt divinae potestati subiecta spiritualia esse et incorporalia, visibilia vero et corporalia subiecta esse dicebant potestati principii contrarii. Contra hos ergo oportet dicere quod Deus sit in omnibus per potentiam suam. Fuerunt vero alii, qui licet crederent omnia esse subiecta divinae potentiae, tamen providentiam divinam usque ad haec inferiora corpora non extendebant, ex quorum persona dicitur Iob XXII, circa cardines caeli perambulat, nec nostra considerat. Et contra hos oportuit dicere quod sit in omnibus per suam praesentiam. Fuerunt vero alii, qui licet dicerent omnia ad Dei providentiam pertinere, tamen posuerunt omnia non immediate esse a Deo creata, sed quod immediate creavit primas creaturas, et illae creaverunt alias. Et contra hos oportet dicere quod sit in omnibus per essentiam. Sic ergo est in omnibus per potentiam, inquantum omnia eius potestati subduntur. Est per praesentiam in omnibus, inquantum omnia nuda sunt et aperta oculis eius. Est in omnibus per essentiam, inquantum adest omnibus ut causa essendi, sicut dictum est.

 

[28552] Iª q. 8 a. 3 co.
RISPONDO: In due maniere si dice che Dio è in qualche cosa. Primo, come causa efficiente: e in tal modo è in tutte le cose da lui create. Secondo, come l'oggetto d'operazione si trova nell'operante: e questo propriamente avviene nelle operazioni dell'anima, come l'oggetto conosciuto è nel conoscente e quello desiderato nel desiderante. Perciò, in questa seconda maniera Dio si trova particolarmente nella creatura ragionevole, che lo conosce e lo ama attualmente per una disposizione abituale. E siccome la creatura ragionevole deve questo alla grazia, come si vedrà più innanzi, si dice che Dio, in tal modo è nei santi per grazia.
In qual modo poi Dio sia in tutte le altre cose da lui create, bisogna argomentarlo da ciò che si dice circa i modi di presenza nelle cose umane. Così, di un re a motivo del suo potere si dice che è in tutto il suo regno, sebbene non sia presente dovunque. Ma, si dice che in certe cose uno si trova di presenza quando le ha sotto il proprio sguardo; così tutte le cose che sono in una casa, si dicono presenti a qualcuno (che vi si trova), che pure materialmente non è in ogni parte della casa. Finalmente una cosa si dice che è secondo la sua sostanza o essenza in un luogo, dove si trova la sua sostanza.
Ora, ci sono stati alcuni, cioè i Manichei, i quali hanno sostenuto che alla divina potestà sono soggette le cose spirituali ed incorporee; le visibili poi e le corporali le dicevano soggette al potere del principio contrario (cioè al principio del male). Contro costoro dunque bisogna dire che Dio è in tutte le cose per la sua potenza. - Altri, pur credendo che tutte le cose sono soggette alla divina potenza, non estendevano, però, la divina provvidenza sino ai corpi inferiori di quaggiù: in persona di costoro è detto nel libro di Giobbe: "Attorno ai cardini del cielo egli passeggia, e non si occupa delle cose nostre". E contro costoro bisognò dire che Dio è in tutte le cose per la sua presenza. - Finalmente vi furono altri, i quali, sebbene ammettessero che le cose non sono estranee alla provvidenza di Dio, dissero tuttavia che non tutte sono state create immediatamente da Dio; ma che immediatamente egli creò le prime creature, e queste hanno creato le altre. E contro costoro bisogna dire che Dio è in tutte le cose per essenza.
Per concludere, Dio è in tutte le cose con la sua potenza, perché tutte sono soggette alla sua potestà; vi è con la sua presenza, perché tutto è discoperto e come nudo davanti ai suoi occhi; vi è con la sua essenza, perché è presente a tutte le cose quale causa universale dell'essere, come si è dimostrato.

[28553] Iª q. 8 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Deus dicitur esse in omnibus per essentiam, non quidem rerum, quasi sit de essentia earum, sed per essentiam suam, quia substantia sua adest omnibus ut causa essendi, sicut dictum est.

 

[28553] Iª q. 8 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dice che Dio è in tutte le cose per essenza, non già per l'essenza delle cose, come se facesse parte dell'essenza di esse; ma per la sua essenza, perché la sua sostanza è presente a tutto quale causa dell'essere, come si è detto.

[28554] Iª q. 8 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod aliquid potest dici praesens alicui, inquantum subiacet eius conspectui, quod tamen distat ab eo secundum suam substantiam, ut dictum est. Et ideo oportuit duos modos poni, scilicet per essentiam, et praesentiam.

 

[28554] Iª q. 8 a. 3 ad 2
2. Una cosa può dirsi presente ad alcuno quando sta dinanzi al suo sguardo, pur rimanendo distante da lui per la sua sostanza. E perciò fu necessario porre questi due modi, cioè per essenza e per presenza.

[28555] Iª q. 8 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod de ratione scientiae et voluntatis est, quod scitum sit in sciente, et volitum in volente, unde secundum scientiam et voluntatem, magis res sunt in Deo, quam Deus in rebus. Sed de ratione potentiae est, quod sit principium agendi in aliud, unde secundum potentiam agens comparatur et applicatur rei exteriori. Et sic per potentiam potest dici agens esse in altero.

 

[28555] Iª q. 8 a. 3 ad 3
3. È proprio della natura della scienza e della volontà che il conosciuto sia nel conoscente e l'oggetto voluto nel volente: quindi secondo la scienza e la volontà piuttosto le cose sono in Dio, che Dio nelle cose. È proprio della potenza invece comportarsi come principio di un'operazione (transitiva) che passa su un soggetto diverso: perciò secondo la potenza l'agente dice ordine ed applicazione a qualche cosa di estraneo. E così può dirsi che un agente per la sua potenza è in un'altra cosa.

[28556] Iª q. 8 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod nulla alia perfectio superaddita substantiae, facit Deum esse in aliquo sicut obiectum cognitum et amatum, nisi gratia, et ideo sola gratia facit singularem modum essendi Deum in rebus. Est autem alius singularis modus essendi Deum in homine per unionem, de quo modo suo loco agetur.

 

[28556] Iª q. 8 a. 3 ad 4
4. Nessun'altra perfezione aggiunta alla sostanza, all'infuori della grazia, fa sì che Dio sia in qualche creatura come oggetto conosciuto ed amato: perciò soltanto la grazia costituisce un modo singolare della presenza di Dio nelle cose. Vi è poi un altro modo singolare della presenza di Dio nell'uomo: cioè per l'unione ipostatica; del qual modo tratteremo a suo luogo.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La presenza di Dio nelle cose > Se sia proprio di Dio essere dappertutto


Prima pars
Quaestio 8
Articulus 4

[28557] Iª q. 8 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod esse ubique non sit proprium Dei. Universale enim, secundum philosophum, est ubique et semper, materia etiam prima, cum sit in omnibus corporibus, est ubique. Neutrum autem horum est Deus, ut ex praemissis patet. Ergo esse ubique non est proprium Dei.

 
Prima parte
Questione 8
Articolo 4

[28557] Iª q. 8 a. 4 arg. 1
SEMBRA che essere dappertutto non sia proprio di Dio. Infatti: 1. L'universale, secondo Aristotele, è dovunque e sempre: parimente, la materia prima è dovunque, perché è in tutti i corpi. Ora, Dio non è nessuna delle due cose, come appare da ciò che abbiamo detto. Dunque essere dovunque non è proprio di Dio.

[28558] Iª q. 8 a. 4 arg. 2
Praeterea, numerus est in numeratis. Sed totum universum est constitutum in numero, ut patet Sap. XI. Ergo aliquis numerus est, qui est in toto universo, et ita ubique.

 

[28558] Iª q. 8 a. 4 arg. 2
2. Nelle cose numerate c'è il numero. Ma tutto l'universo è stato costituito in numero (cioè è numerato), come appare dalla Scrittura. Vi è dunque un numero in tutto l'universo, e così (il numero) è dappertutto.

[28559] Iª q. 8 a. 4 arg. 3
Praeterea, totum universum est quoddam totum corpus perfectum, ut dicitur in I caeli et mundi. Sed totum universum est ubique, quia extra ipsum nullus locus est. Non ergo solus Deus est ubique.

 

[28559] Iª q. 8 a. 4 arg. 3
3. L'universo intero al dire di Aristotele è come tutto un corpo perfetto. Ora, l'universo è dappertutto, perché fuori di esso non vi è luogo alcuno. Dunque non il solo Dio è dappertutto.

[28560] Iª q. 8 a. 4 arg. 4
Praeterea, si aliquod corpus esset infinitum, nullus locus esset extra ipsum. Ergo esset ubique. Et sic, esse ubique non videtur proprium Dei.

 

[28560] Iª q. 8 a. 4 arg. 4
4. Se qualche corpo fosse infinito, non vi sarebbe nessun luogo fuori di esso. Dunque sarebbe dovunque. E, così, pare che l'essere dovunque non sia proprio di Dio.

[28561] Iª q. 8 a. 4 arg. 5
Praeterea, anima, ut dicit Augustinus, in VI de Trin., est tota in toto corpore, et tota in qualibet eius parte. Si ergo non esset in mundo nisi unum solum animal, anima eius esset ubique. Et sic, esse ubique non est proprium Dei.

 

[28561] Iª q. 8 a. 4 arg. 5
5. L'anima, dice S. Agostino, "è tutta in tutto il corpo e tutta in ciascuna delle sue parti". Se dunque nel mondo non esistesse che un solo animale, l'anima di esso sarebbe dappertutto. E così, essere dovunque non è proprio di Dio.

[28562] Iª q. 8 a. 4 arg. 6
Praeterea, ut Augustinus dicit in epistola ad Volusianum, anima ubi videt, ibi sentit; et ubi sentit, ibi vivit; et ubi vivit, ibi est. Sed anima videt quasi ubique, quia successive videt etiam totum caelum. Ergo anima est ubique.

 

[28562] Iª q. 8 a. 4 arg. 6
6. Dice S. Agostino: "L'anima dove vede, sente; dove sente, vive; dove vive, è". Ora, l'anima vede quasi dappertutto, perché successivamente vede tutto il cielo. Dunque l'anima è dappertutto.

[28563] Iª q. 8 a. 4 s. c.
Sed contra est quod Ambrosius dicit, in libro de spiritu sancto, quis audeat creaturam dicere spiritum sanctum, qui in omnibus et ubique et semper est; quod utique divinitatis est proprium?

 

[28563] Iª q. 8 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Ambrogio: "Chi oserà dire creatura lo Spirito Santo, il quale è sempre in tutte le cose e dovunque, il che certamente è proprio della divinità?".

[28564] Iª q. 8 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod esse ubique primo et per se, est proprium Dei. Dico autem esse ubique primo, quod secundum se totum est ubique. Si quid enim esset ubique, secundum diversas partes in diversis locis existens, non esset primo ubique, quia quod convenit alicui ratione partis suae, non convenit ei primo; sicut si homo est albus dente, albedo non convenit primo homini, sed denti. Esse autem ubique per se dico id cui non convenit esse ubique per accidens, propter aliquam suppositionem factam, quia sic granum milii esset ubique, supposito quod nullum aliud corpus esset. Per se igitur convenit esse ubique alicui, quando tale est quod, qualibet positione facta, sequitur illud esse ubique. Et hoc proprie convenit Deo. Quia quotcumque loca ponantur, etiam si ponerentur infinita praeter ista quae sunt, oporteret in omnibus esse Deum, quia nihil potest esse nisi per ipsum. Sic igitur esse ubique primo et per se convenit Deo, et est proprium eius, quia quotcumque loca ponantur, oportet quod in quolibet sit Deus, non secundum partem, sed secundum seipsum.

 

[28564] Iª q. 8 a. 4 co.
RISPONDO: Essere dappertutto primo et per se è proprio di Dio. Ora, io dico che è dappertutto primo ciò che è dappertutto nella sua totalità. Infatti se qualche cosa fosse ovunque col trovarsi in diversi luoghi secondo le sue varie parti, non sarebbe dappertutto in questo modo (primo); perché ciò che conviene ad una cosa in ragione d'una sua parte, non le conviene primo: come se un uomo è bianco a motivo dei denti, la bianchezza non appartiene primo all'uomo, ma ai denti. Dico poi che è dappertutto per se quello a cui non conviene essere dovunque accidentalmente, a motivo di una data supposizione; ché altrimenti un granello di miglio, supposto che non esistesse nessun altro corpo, sarebbe dappertutto. Essere dunque dappertutto per se conviene a quel tale essere che, in qualunque ipotesi, debba necessariamente essere dappertutto. Ed in questo senso è proprio di Dio, perché, per quanti altri luoghi si ammettano, oltre quelli esistenti, anche in numero infinito, bisognerebbe che Dio fosse in tutti, poiché niente può esistere se non per opera di lui. Così, dunque, essere dappertutto primo et per se appartiene a Dio in modo esclusivo, perché, per quanti luoghi si ammettano, è necessario che Dio sia in ciascuno di essi, non parzialmente, ma secondo tutto se stesso.

[28565] Iª q. 8 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod universale et materia prima sunt quidem ubique, sed non secundum idem esse.

 

[28565] Iª q. 8 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'universale e la materia prima sono dappertutto, ma non secondo un identico essere reale.

[28566] Iª q. 8 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod numerus, cum sit accidens, non est per se sed per accidens, in loco. Nec est totus in quolibet numeratorum, sed secundum partem. Et sic non sequitur quod sit primo et per se ubique.

 

[28566] Iª q. 8 a. 4 ad 2
2. Il numero, essendo un accidente, non è di suo in un luogo, ma indirettamente; e non è tutto in ciascuno dei numerati, ma in distinte unità. E così non segue che sia dappertutto primo et per se.

[28567] Iª q. 8 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod totum corpus universi est ubique, sed non primo, quia non totum est in quolibet loco, sed secundum suas partes. Nec iterum per se, quia si ponerentur aliqua alia loca, non esset in eis.

 

[28567] Iª q. 8 a. 4 ad 3
3. L'universo intero è sì dappertutto, non però primo, perché non è tutto in ciascun luogo, ma secondo le sue varie parti; e neppure vi è per se, perché, ove si supponessero altri luoghi, non sarebbe in essi.

[28568] Iª q. 8 a. 4 ad 4
Ad quartum dicendum quod, si esset corpus infinitum, esset ubique; sed secundum suas partes.

 

[28568] Iª q. 8 a. 4 ad 4
4. Se esistesse un corpo infinito sarebbe certo dovunque, però (soltanto) secondo le sue parti.

[28569] Iª q. 8 a. 4 ad 5
Ad quintum dicendum quod, si esset unum solum animal, anima eius esset ubique primo quidem, sed per accidens.

 

[28569] Iª q. 8 a. 4 ad 5
5. Se ci fosse un solo animale al mondo, l'anima sua sarebbe dovunque primo, ma accidentalmente (cioè soltanto a motivo della supposiziorne fatta).

[28570] Iª q. 8 a. 4 ad 6
Ad sextum dicendum quod, cum dicitur anima alicubi videre, potest intelligi dupliciter. Uno modo, secundum quod hoc adverbium alicubi determinat actum videndi ex parte obiecti. Et sic verum est quod, dum caelum videt, in caelo videt, et eadem ratione in caelo sentit. Non tamen sequitur quod in caelo vivat vel sit, quia vivere et esse non important actum transeuntem in exterius obiectum. Alio modo potest intelligi secundum quod adverbium determinat actum videntis, secundum quod exit a vidente. Et sic verum est quod anima ubi sentit et videt, ibi est et vivit, secundum istum modum loquendi. Et ita non sequitur quod sit ubique.

 

[28570] Iª q. 8 a. 4 ad 6
6. L'espressione "l'anima vede in qualche luogo", si può intendere in due modi. Primo modo, l'espressione in qualche luogo può determinare l'atto del vedere dal lato dell'oggetto, e allora è vero che se l'anima vede il cielo, vede nel cielo, e per la stessa ragione sente in cielo; ma non ne segue che essa viva o sta in cielo, perché vivere e essere non importano un atto che passi nell'oggetto esterno. Secondo modo, quell'espressione può determinare l'atto del vedere, dal lato del soggetto che vede. E così, secondo questo modo di parlare, è vero che l'anima dove sente e vede, ivi è e vive. Non ne segue però che sia dappertutto.

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