I, 74

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'opera dei sei giorni > L'opera dei sette giorni presi simultaneamente


Prima pars
Quaestio 74
Prooemium

[31410] Iª q. 74 pr.
Deinde quaeritur de omnibus septem diebus in communi. Et quaeruntur tria.
Primo, de sufficientia horum dierum.
Secundo, utrum sint unus dies, vel plures.
Tertio, de quibusdam modis loquendi quibus Scriptura utitur, enarrando opera sex dierum.

 
Prima parte
Questione 74
Proemio

[31410] Iª q. 74 pr.
Dobbiamo ora trattare dei sette giorni, presi tutti insieme.
Sono tre i punti da esaminare:

1. La sufficienza [numerica] di questi giorni;
2. Se siano un giorno solo o più giorni;
3. Alcuni modi di esprimersi usati dalla Scrittura nel raccontare le opere dei sei giorni.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'opera dei sei giorni > L'opera dei sette giorni presi simultaneamente > Se sia sufficiente il numero di questi giorni


Prima pars
Quaestio 74
Articulus 1

[31411] Iª q. 74 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod non sufficienter isti dies enumerentur. Non minus enim distinguitur opus creationis ab operibus distinctionis et ornatus, quam haec duo opera ab invicem. Sed alii dies deputantur distinctioni, et alii ornatui. Ergo etiam alii dies debent assignari creationi.

 
Prima parte
Questione 74
Articolo 1

[31411] Iª q. 74 a. 1 arg. 1
SEMBRA che non sia sufficiente il numero di questi giorni. Infatti:
1. L’opera di creazione è diversa da quella di distinzione e di abbellimento non meno di quanto sono differenti tra loro queste ultime due. Ora, sono assegnati vari giorni per la distinzione e l’abbellimento [del creato]. Si doveva dunque fare lo stesso per la creazione.

[31412] Iª q. 74 a. 1 arg. 2
Praeterea, aer et ignis sunt nobiliora elementa quam terra et aqua. Sed unus dies deputatur distinctioni aquae, et alius distinctioni terrae. Ergo alii dies debent deputari distinctioni ignis et aeris.

 

[31412] Iª q. 74 a. 1 arg. 2
2. L’aria e il fuoco sono elementi più nobili della terra e dell’acqua. Ma per la distinzione dell’acqua è assegnato un giorno, e un altro per quella della terra. Era quindi giusto fare lo stesso per il fuoco e per l’aria.

[31413] Iª q. 74 a. 1 arg. 3
Praeterea, non minus distant volucres et pisces, quam volucres et terrestria animalia. Homo etiam plus distat ab aliis animalibus, quam alia quaecumque animalia ab invicem. Sed alius dies deputatur productioni piscium maris, et alius productioni animalium terrae. Ergo et alius dies debet deputari productioni avium caeli, et alius productioni hominis.

 

[31413] Iª q. 74 a. 1 arg. 3
3. La distanza che c’è tra uccelli e pesci non è minore di quella esistente tra uccelli e animali terrestri. L’uomo poi dista dagli altri animali più di qualsiasi specie di animali tra loro. Ora la creazione dei pesci del mare e quella degli animali della terra abbraccia due giorni distinti. Dunque conveniva stabilire due giorni distinti anche per la creazione degli uccelli dell’aria e dell’uomo.

[31414] Iª q. 74 a. 1 s. c. 1
Sed contra, videtur quod aliqui dies superflue assignentur. Lumen enim ad luminaria se habet ut accidens ad subiectum. Simul autem producitur subiectum cum proprio accidente. Non ergo alia die debuit produci lux, et alia luminaria.

 

[31414] Iª q. 74 a. 1 s. c. 1
IN CONTRARIO: Sembrerebbe invece che quei giorni siano troppi. Infatti:
1. La luce sta alla sorgente luminosa come un accidente al suo soggetto. Ora ogni soggetto viene prodotto insieme col suo accidente proprio. Quindi la luce e gli astri illuminanti non si dovevano produrre in due giorni diversi.

[31415] Iª q. 74 a. 1 s. c. 2
Praeterea, dies isti deputantur primae institutioni mundi. Sed in septima die nihil primitus est institutum. Ergo septima dies non debet aliis connumerari.

 

[31415] Iª q. 74 a. 1 s. c. 2
2. Inoltre, codesti giorni vengono assegnati alla iniziale costituzione del mondo. Ma nel settimo giorno non fu creato niente. Perciò il settimo giorno non si deve computare con gli altri.

[31416] Iª q. 74 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod ratio distinctionis horum dierum ex praemissis potest esse manifesta. Oportuit enim primo distingui partes mundi; et postmodum singulas partes ornari, per hoc quod quasi suis habitatoribus replentur. Secundum ergo alios sanctos, in creatura corporali tres partes designantur, prima, quae significatur nomine caeli; media, quae significatur nomine aquae; et, infima quae significatur nomine terrae. Unde et secundum Pythagoricos, perfectio in tribus ponitur, principio, medio et fine, ut dicitur in I de caelo. Prima ergo pars distinguitur prima die, et ornatur quarta; media distinguitur secunda die, et ornatur quinta; infima distinguitur tertia die, et ornatur sexta. Augustinus vero convenit quidem cum eis in ultimis tribus diebus, differt autem in tribus primis. Quia secundum eum, in primo die formatur creatura spiritualis, in duobus aliis creatura corporalis; ita quod in secundo corpora superiora, in tertio corpora inferiora. Et sic perfectio divinorum operum respondet perfectioni senarii numeri, qui consurgit ex suis partibus aliquotis simul iunctis; quae quidem partes sunt unum, duo, tria. Una enim dies deputatur formationi creaturae spiritualis, duae formationi creaturae corporalis, et tres ornatui.

 

[31416] Iª q. 74 a. 1 co.
RISPONDO: Il motivo della distinzione di questi giorni può chiarirsi da quanto abbiamo spiegato. Infatti era necessario che prima venissero distinte le varie parti dell’universo; e che poi venissero arredate e abbellite, facendole occupare dai propri abitatori. Ora, stando agli altri Santi [Dottori e non a S. Agostino], nel creato materiale sono indicate tre parti: la prima, detta cielo; l’intermedia, detta acqua; l’infima, detta terra. Anche i Pitagorici del resto, facevano consistere la perfezione in queste tre entità: "principio metà e fine ", come riferisce Aristotele. Ecco allora che la prima parte viene distinta nel primo giorno e adornata nel quarto; quella intermedia è distinta nel secondo e adornata nel quinto; l’infima è distinta nel terzo e adornata nel sesto.
S. Agostino è d’accordo con gli altri quanto agli ultimi tre giorni ma dissente quanto ai primi tre. Perché, secondo lui, nel primo giorno furono create le creature spirituali, e negli altri due quelle materiali; in maniera però che il secondo giorno è riservato ai corpi più elevati, il terzo a quelli più bassi. Così la perfezione delle opere divine corrisponde alla perfezione del numero sei, il quale risulta dalla somma dei suoi divisori, che sono l’uno, il due e il tre. Infatti un giorno è assegnato alla produzione delle creature spirituali, due a quella delle creature materiali, tre all’opera di abbellimento.

[31417] Iª q. 74 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, secundum Augustinum, opus creationis pertinet ad productionem materiae informis, et naturae spiritualis informis. Quae quidem duo sunt extra tempus, ut ipse dicit in XII Confess., et ideo creatio utriusque ponitur ante omnem diem. Sed secundum alios sanctos, potest dici quod opus distinctionis et ornatus attenditur secundum aliquam mutationem creaturae, quae tempore mensuratur. Opus autem creationis consistit in sola divina actione in instanti rerum substantiam producentis. Et ideo quodlibet opus distinctionis et ornatus dicitur factum in die, creatio autem dicitur facta in principio, quod sonat aliquid indivisibile.

 

[31417] Iª q. 74 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L’opera della creazione, secondo S. Agostino, rientra nella produzione della materia informe e della natura spirituale anch’essa informe. Questi due fatti sono fuori del tempo, come egli dice, e perciò la creazione, che li riguarda, viene "posta prima di qualsiasi giorno". - Secondo gli altri Santi [Dottori] invece si può dire che l’opera di distinzione e di abbellimento viene prospettata in rapporto a certe variazioni delle creature, che si misurano col tempo. Al contrario la creazione consiste nella sola azione divina, che produce sull’istante la sostanza delle cose. Perciò ogni opera di distinzione o di abbellimento si dice fatta in un dato giorno, mentre la creazione si dice fatta "in principio", che sta a indicare un indivisibile.

[31418] Iª q. 74 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod ignis et aer, quia non distinguuntur a vulgo, inter partes mundi non sunt expresse nominata a Moyse; sed computantur cum medio, scilicet aqua, maxime quantum ad inferiorem aeris partem; quantum vero ad superiorem, computantur cum caelo, ut Augustinus dicit.

 

[31418] Iª q. 74 a. 1 ad 2
2. Il fuoco e l’aria non sono nominati espressamente da Mosè, perché il volgo non li distingue; ma vengono computati con l’elemento intermedio, che è l’acqua, avuto specialmente riguardo alla zona bassa dell’aria. La zona alta invece è computata col cielo, come dice S. Agostino.

[31419] Iª q. 74 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod productio animalium recitatur secundum quod sunt in ornatum partium mundi. Et ideo dies productionis animalium distinguuntur vel uniuntur, secundum hanc convenientiam vel differentiam, qua conveniunt vel differunt in ornando aliquam partem mundi.

 

[31419] Iª q. 74 a. 1 ad 3
3. La creazione degli animali viene ricordata in connessione con l’arredamento o abbellimento dell’universo. Per questo motivo i giorni della loro creazione sono diversi o coincidono a seconda che essi stessi coincidono o differiscono nell’arredare una determinata parte dell’universo.

[31420] Iª q. 74 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod prima die facta est natura lucis in aliquo subiecto. Sed quarto die facta dicuntur luminaria, non quia eorum substantia sit de novo producta; sed quia sunt aliquo modo formata, quo prius non erant, ut supra dictum est.

 

[31420] Iª q. 74 a. 1 ad 4
4. Nel primo giorno la natura della luce fu creata in un soggetto piuttosto informe. E i corpi luminosi si dicono fatti nel quarto, non perché fosse creata allora la loro sostanza, ma perché acquistarono in quel momento una costituzione definita, che prima non avevano, come si è detto.

[31421] Iª q. 74 a. 1 ad 5
Ad quintum dicendum quod septimae diei, secundum Augustinum, deputatur aliquid post omnia quae sex diebus attribuuntur, scilicet quod Deus a suis operibus in seipso requiescit. Et ideo oportuit post sex dies fieri mentionem de septimo. Secundum vero alios, potest dici quod in septimo die mundus habuit quendam novum statum, ut scilicet ei nihil adderetur de novo. Et ideo post sex dies ponitur septima, deputata cessationi ab opere.

 

[31421] Iª q. 74 a. 1 ad 5
5. Per S. Agostino, dopo quanto fu attribuito agli altri giorni, viene assegnato qualche cosa anche al settimo giorno, cioè che Dio si riposò dalle sue opere in se stesso. E per questo motivo bisognava ricordare anche il giorno settimo, dopo i primi sei giorni.
Gli altri invece pensano che nel giorno settimo l’universo abbia avuto un nuovo modo di essere, per il solo fatto che non gli si aggiunse niente di nuovo. Perciò dopo gli altri sei non si ricorda che il settimo, perché destinato alla cessazione da ogni opera.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'opera dei sei giorni > L'opera dei sette giorni presi simultaneamente > Se tutti questi giorni formino un giorno solo


Prima pars
Quaestio 74
Articulus 2

[31422] Iª q. 74 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod omnes isti dies sint unus dies. Dicitur enim Gen. II, istae sunt generationes caeli et terrae, quando creata sunt, in die quo fecit dominus caelum et terram, et omne virgultum agri, antequam oriretur in terra. Unus ergo est dies in quo fecit caelum et terram et omne virgultum agri. Sed caelum et terram fecit in prima die, vel potius ante omnem diem; virgultum autem agri, tertia die. Ergo unus est primus dies et tertius, et pari ratione, omnes alii.

 
Prima parte
Questione 74
Articolo 2

[31422] Iª q. 74 a. 2 arg. 1
SEMBRA che tutti questi giorni formino un giorno solo. Infatti:
1. Sta scritto: "Queste sono le origini del ciclo e della terra, quando furono creati, nel giorno in cui il Signore Iddio fece il cielo, la terra ed ogni virgulto del campo prima che sulla terra nascesse". E dunque unico il giorno, nel quale fece "il cielo, la terra ed ogni virgulto del campo". Ora il cielo e la terra furono fatti nel primo giorno, o meglio, prima di ogni giorno, mentre le piante del campo furono fatte il terzo giorno. Quindi il primo giorno e il terzo sono un giorno solo; lo stesso si dica di tutti gli altri giorni.

[31423] Iª q. 74 a. 2 arg. 2
Praeterea, Eccli. XVIII, dicitur, qui vivit in aeternum, creavit omnia simul. Sed hoc non esset, si dies horum operum essent plures, quia plures dies non sunt simul. Ergo non sunt plures dies, sed unus tantum.

 

[31423] Iª q. 74 a. 2 arg. 2
2. Sta scritto: "Colui che vive in eterno creò insieme tutte le cose". Questo non sarebbe vero, se fossero molti i giorni di queste opere, poiché più giorni non sono simultanei tra loro. Perciò i giorni in questione non sono molti, ma uno solo.

[31424] Iª q. 74 a. 2 arg. 3
Praeterea, die septimo cessavit Deus a novis operibus condendis. Si ergo septima dies est alia ab aliis diebus, sequitur quod illam diem non fecerit. Quod est inconveniens.

 

[31424] Iª q. 74 a. 2 arg. 3
3. Dio cessò nel settimo giorno dal fare qualsiasi opera nuova. Ma se [è vero che] quel giorno è distinto dagli altri, ne verrebbe che quel giorno non l’ha fatto [Dio]. Il che è inammissibile.

[31425] Iª q. 74 a. 2 arg. 4
Praeterea, totum opus quod uni diei adscribitur, in instanti perfecit, cum in singulis operibus dicatur, dixit, et factum est. Si igitur sequens opus in diem alium reservasset, sequeretur quod in residua parte illius diei cessasset ab opere, quod esset superfluum. Non igitur est alius dies sequentis operis, a die operis praecedentis.

 

[31425] Iª q. 74 a. 2 arg. 4
4. Dio compì in un istante l’opera assegnata a ciascun giorno, tanto che per ognuna di esse sta scritto: "Disse.... e fu fatto". Ora se avesse riservato l’opera seguente a un altro giorno, ne verrebbe che nella parte residua di quel giorno avrebbe cessato di operare; e cioè sarebbe stato [un giorno] superfluo. Quindi il giorno dell’opera seguente non è distinto da quello della precedente.

[31426] Iª q. 74 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Gen. I dicitur, factum est vespere et mane dies secundus, et dies tertius, et sic de aliis. Secundum autem et tertium dici non potest, ubi est unum tantum. Ergo non fuit unus dies tantum.

 

[31426] Iª q. 74 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Tra sera e mattina si compì il secondo giorno", e poi "il terzo" e via di seguito. Ma non si può parlare di un secondo e di un terzo, se fosse stato un giorno solo. Dunque non si ebbe un giorno unico.

[31427] Iª q. 74 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod in hac quaestione Augustinus ab aliis expositoribus dissentit. Augustinus enim vult, et super Gen. ad Litt., et XI de Civ. Dei, et ad Orosium, quod omnes qui dicuntur septem dies, sunt unus dies septempliciter rebus praesentatus. Alii vero expositores sentiunt quod fuerunt septem dies diversi, et non unus tantum. Hae autem duae opiniones, si referantur ad expositionem litterae Genesis, magnam diversitatem habent. Nam secundum Augustinum, per diem intelligitur cognitio mentis angelicae; ut sic primus dies sit cognito primi divini operis, secundus dies cognitio secundi operis, et sic de aliis. Et dicitur unumquodque opus esse factum in aliqua die, quia nihil Deus produxit in rerum natura, quod non impresserit menti angelicae. Quae quidem multa simul potest cognoscere, praecipue in verbo, in quo omnis Angelorum cognitio perficitur et terminatur. Et sic distinguitur dies secundum naturalem ordinem rerum cognitarum, non secundum successionem cognitionis, aut secundum successionem productionis rerum. Cognitio autem angelica proprie et vere dies nominari potest, cum lux, quae est causa diei, proprie in spiritualibus, secundum Augustinum, inveniatur. Secundum vero alios, per istos dies et successio dierum temporalium ostenditur, et successio productionis rerum. Sed si istae duae opiniones referantur ad modum productionis rerum, non invenitur magna differentia. Et hoc propter duo in quibus, exponendo, diversificatur Augustinus ab aliis, ut ex supra dictis patet. Primo quidem, quia Augustinus per terram et aquam prius creatam, intelligit materiam corporalem totaliter informem, per factionem autem firmamenti, et congregationem aquarum, et apparitionem aridae, intelligit impressionem formarum in materiam corporalem. Alii vero sancti per terram et aquam primo creatas, intelligunt ipsa elementa mundi, sub propriis formis existentia, per sequentia autem opera, aliquam distinctionem in corporibus prius existentibus, ut supra dictum est. Secundo autem differunt quantum ad productionem plantarum et animalium, quae alii ponunt in opere sex dierum esse producta in actu; Augustinus vero potentialiter tantum. In hoc ergo quod Augustinus ponit opera sex dierum esse simul facta, sequitur idem modus productionis rerum. Nam secundum utrosque, in prima rerum productione materia erat sub formis substantialibus elementorum, et secundum utrosque, in prima rerum institutione non fuerunt animalia et plantae in actu. Sed remanet differentia quantum ad quatuor. Quia secundum alios sanctos, post primam productionem creaturae, fuit aliquod tempus in quo non erat lux; item in quo non erat firmamentum formatum; item in quo non erat terra discooperta aquis; et in quo non erant formata caeli luminaria, quod est quartum. Quae non oportet ponere secundum expositionem Augustini. Ut igitur neutri sententiae praeiudicetur, utriusque rationibus respondendum est.

 

[31427] Iª q. 74 a. 2 co.
RISPONDO: Su tale problema S. Agostino dissente dagli altri esegeti, perché ritiene che i cosiddetti sette giorni non sono che un unico giorno, nel quale il soggetto [della narrazione] è presentato in sette quadri. - Invece gli altri interpreti pensano che furono veramente sette giorni distinti, e non uno soltanto.
Se badiamo al senso letterale della Genesi, le due opinioni hanno una grande diversità. Infatti per S. Agostino la parola giorno significa la conoscenza avvenuta nella mente degli angeli; così il primo giorno sarebbe la conoscenza della prima opera divina, il secondo della seconda, e così di seguito. Egli dice che ciascuna opera fu fatta in un dato giorno, nel senso che Dio non produsse cosa alcuna nella natura, senza imprimerla anche nella mente degli angeli. Questa può intendere simultaneamente molte cose, specialmente nel Verbo, in cui si perfeziona e termina tutta la conoscenza degli angeli. In tale modo si distingue un giorno dall’altro, in base all’ordine naturale delle cose conosciute; non già secondo il succedersi delle conoscenze, o della genesi delle cose. E in realtà la conoscenza degli angeli si può chiamare giorno in senso proprio, poiché la luce, che è causa del giorno, si ritrova propriamente nel mondo spirituale, sempre secondo S. Agostino. - Gli altri invece pensano che questi giorni stiano a indicare una successione di giorni nel tempo, e insieme una successione nella genesi delle cose.
Tuttavia la differenza tra le due opinioni non è poi tanto grande, per quel che si riferisce al modo, col quale furono prodotte le cose. Ciò risulta dai due motivi emersi dalla diversa interpretazione di S. Agostino e degli altri che sopra abbiamo nominato. Primo, S. Agostino ritiene che la terra e l’acqua, create da principio, non sono che la materia corporea totalmente informe: cosicché la produzione del firmamento, la raccolta delle acque e l’emersione della terra asciutta, significano per lui l’impressione delle forme sulla materia corporea. Invece gli altri Santi [Dottori] pensano che la terra e l’acqua, create in principio, sono gli stessi elementi del mondo, esistenti sotto le proprie forme: cosicché le opere seguenti non sarebbero che il processo di distinzione, avveratesi nei corpi già esistenti, come s’è già visto. - Secondo, quanto alla produzione delle piante e degli animali troviamo questa differenza: tutti gli altri li ritengono prodotti realmente nei sei giorni, mentre S. Agostino sta per una produzione potenziale.
Dal fatto dunque che S. Agostino considera le opere dei sei giorni compiute simultaneamente, deriva che unico è il modo di spiegare la loro produzione. Infatti, per ambedue le opinioni, col primo atto creativo la materia venne a trovarsi sotto le forme sostanziali degli elementi: e sia per l’uno che per gli altri non ci furono allora animali e piante allo stato attuale. - Restano però quattro differenze. Secondo gli altri Santi, dopo la prima produzione del creato vi fu un tempo, in cui non esisteva la luce; uno, in cui non si aveva un firmamento formato; uno, in cui la terra era totalmente coperta dalle acque; e un altro ancora, e siamo al quarto giorno, nel quale gli astri del cielo non erano ancora formati. Questa spiegazione non è necessaria nella sentenza di S. Agostino.
Non volendo perciò pregiudicare a nessuna delle due sentenze risponderemo ai rispettivi argomenti [esposti nelle difficoltà].

[31428] Iª q. 74 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod in die in quo creavit Deus caelum et terram, creavit etiam omne virgultum agri, non in actu, sed antequam oriretur super terram, idest potentialiter. Quod Augustinus adscribit tertiae diei, alii vero primae rerum institutioni.

 

[31428] Iª q. 74 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nel giorno in cui creò il cielo e la terra, Dio creò pure tutte le piante del campo, non di fatto ma "prima che nascessero", cioè allo stato potenziale. Questo genere di produzione è assegnato da S. Agostino al giorno terzo; gli altri interpreti invece [lo fanno risalire] al primo atto creativo.

[31429] Iª q. 74 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod Deus creavit omnia simul, quantum ad rerum substantiam quodammodo informem. Sed quantum ad formationem quae facta est per distinctionem et ornatum, non simul. Unde signanter utitur verbo creationis.

 

[31429] Iª q. 74 a. 2 ad 2
2. Dio creò insieme tutte le cose, quanto alla loro sostanza, che in certo modo era [allora] informe. Ma la creazione non fu simultanea quanto alla formazione, che si compì mediante l’opera di distinzione e di abbellimento. Perciò viene usato appositamente termine creazione.

[31430] Iª q. 74 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod in die septimo cessavit Deus a novis operibus condendis, non autem a propagandis quibusdam ex aliis, ad quam propagationem pertinet quod post primum diem alii succedunt.

 

[31430] Iª q. 74 a. 2 ad 3
3. Nel giorno settimo Dio cessò dal fare opere nuove, ma non cessò dal moltiplicare alcune di esse. In questa opera di moltiplicazione rientra anche il fatto che, dopo il primo giorno, ve ne siano altri, che gli succedono.

[31431] Iª q. 74 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod non est ex impotentia Dei, quasi indigentis tempore ad operandum, quod omnia non sunt simul distincta et ornata, sed ut ordo servaretur in rerum institutione. Et ideo oportuit ut diversis statibus mundi diversi dies deservirent. Semper autem per sequens opus novus perfectionis status mundo est additus.

 

[31431] Iª q. 74 a. 2 ad 4
4. Se tutte le opere non furono subito distinte e ornate, non dipende dall’impotenza di Dio, quasi che avesse bisogno di tempo per operare; ma perché si conservasse l’ordine della creazione. Era quindi necessario che ai diversi stati dell’universo corrispondessero giorni diversi. Così ogni opera successiva aggiungeva sempre un nuovo stato di perfezione all’universo.

[31432] Iª q. 74 a. 2 ad 5
Ad quintum dicendum quod, secundum Augustinum, ille ordo dierum referendus est ad naturalem ordinem operum quae diebus attribuuntur.

 

[31432] Iª q. 74 a. 2 ad 5
5. Stando alla sentenza di S. Agostino, la serie dei giorni va riferita all’ordine di natura esistente tra le opere assegnate ai veri giorni.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'opera dei sei giorni > L'opera dei sette giorni presi simultaneamente > Se la Scrittura usi termini adatti nel narrare le opere dei sei giorni


Prima pars
Quaestio 74
Articulus 3

[31433] Iª q. 74 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod Scriptura non utatur convenientibus verbis ad exprimendum opera sex dierum. Sicut enim lux et firmamentum et huiusmodi opera per Dei verbum sunt facta, ita caelum et terra, quia omnia per ipsum facta sunt, ut dicitur Ioan. I. Ergo in creatione caeli et terrae debuit fieri mentio de verbo Dei, sicut in aliis operibus.

 
Prima parte
Questione 74
Articolo 3

[31433] Iª q. 74 a. 3 arg. 1
SEMBRA che la Scrittura non adoperi espressioni giuste nel narrare le opere dei sei giorni. Infatti:
1. Il cielo e la terra non meno della luce, del firmamento e delle altre opere furono fatti per mezzo della parola o Verbo di Dio; poiché "tutto è stato fatto per mezzo di lui". Perciò nella creazione del cieli e della terra si doveva far menzione del Verbo o delle parole di Dio, come nelle altre opere.

[31434] Iª q. 74 a. 3 arg. 2
Praeterea, aqua est creata a Deo, quae tamen creata non commemoratur. Insufficienter ergo rerum creatio describitur.

 

[31434] Iª q. 74 a. 3 arg. 2
2. L’acqua è stata creata da Dio; e tuttavia non si parla della sua creazione. Il racconto della creazione è dunque manchevole.

[31435] Iª q. 74 a. 3 arg. 3
Praeterea, sicut dicitur Gen. I, vidit Deus cuncta quae fecerat, et erant valde bona. In singulis ergo operibus debuit dici, vidit Deus quod esset bonum. Inconvenienter ergo praetermittitur in opere creationis, et in opere secundae diei.

 

[31435] Iª q. 74 a. 3 arg. 3
3. Sta scritto che "Dio vide tutte le cose, che aveva fatte, ed erano molto buone". Avrebbe dovuto parimente dire per ogni singola opera: "Dio vide che era buona". Non c’era dunque motivo di tralasciare ciò nell’opera di creazione e in quella del secondo giorno.

[31436] Iª q. 74 a. 3 arg. 4
Praeterea, spiritus Dei est Deus. Deo autem non competit ferri, nec situm habere. Inconvenienter ergo dicitur quod spiritus Dei ferebatur super aquas.

 

[31436] Iª q. 74 a. 3 arg. 4
4. Lo Spirito di Dio è Dio. Ma a Dio non si addice di essere portato o di avere una determinazione di luogo. Perciò non è ben detto che "lo Spirito di Dio era portato sulle acque".

[31437] Iª q. 74 a. 3 arg. 5
Praeterea, nullus facit quod iam factum est. Inconvenienter ergo, postquam dictum est, dixit Deus, fiat firmamentum, et factum est ita, subditur, et fecit Deus firmamentum. Et similiter in aliis operibus.

 

[31437] Iª q. 74 a. 3 arg. 5
5. Nessuno fa quello che è già stato fatto. Dunque non è ragionevole affermare che "Dio fece il firmamento" dopo aver detto: "Dio disse: sia fatto il firmamento, e così fu". Lo stesso dicasi delle altre opere.

[31438] Iª q. 74 a. 3 arg. 6
Praeterea, vespere et mane non sufficienter dividunt diem, cum sint plures partes diei. Ergo inconvenienter dicitur quod factum est vespere et mane dies secundus, vel tertius.

 

[31438] Iª q. 74 a. 3 arg. 6
6. La sera e il mattino non dividono tutto il giorno, che ha più parti. Perciò non è esatto il dire che "tra sera e mattina si compì il giorno secondo" o "il terzo".

[31439] Iª q. 74 a. 3 arg. 7
Praeterea, secundo et tertio non convenienter correspondet unum, sed primum. Debuit ergo dici, factum est vespere et mane dies primus, ubi dicitur dies unus.

 

[31439] Iª q. 74 a. 3 arg. 7
7. Ai termini secondo e terzo non corrisponde precisamente il termine uno, ma primo. Si doveva dunque dire: "tra sera e mattina si compì il giorno primo", là dove sta scritto: "il giorno uno".

[31440] Iª q. 74 a. 3 ad 1
Respondeo dicendum ad primum, quod secundum Augustinum, persona filii commemoratur tam in prima rerum creatione, quam in rerum distinctione et ornatu; aliter tamen et aliter. Distinctio enim et ornatus pertinet ad rerum formationem. Sicut autem formatio artificiatorum est per formam artis quae est in mente artificis, quae potest dici intelligibile verbum ipsius; ita formatio totius creaturae est per verbum Dei. Et ideo in opere distinctionis et ornatus fit mentio de verbo. In creatione autem commemoratur filius ut principium, cum dicitur, in principio creavit Deus, quia per creationem intelligitur productio informis materiae. Secundum vero alios, qui ponunt primo creata elementa sub propriis formis, oportet aliter dici. Basilius enim dicit quod per hoc quod dicitur, dixit Deus, importatur divinum imperium. Prius autem oportuit produci creaturam quae obediret, quam fieri mentionem de divino imperio.

 

[31440] Iª q. 74 a. 3 ad 1
RISPOSTA ALLE DIFFICOLTÀ: 1. Secondo S. Agostino la persona del Figlio è ricordata tanto nella prima creazione delle cose, quanto nella loro distinzione e abbellimento, ma in maniera diversa. Infatti la distinzione e l’abbellimento rientrano nella "formazione" delle cose. Ora, come la "formazione" delle opere manufatte dipende dall’idea che è nella mente dell’artigiano, e che può chiamarsi il suo verbo mentale, così la "formazione" di tutto il creato dipende dal Verbo di Dio. Per questa ragione viene ricordato il Verbo di Dio nell’opera di distinzione e di abbellimento. - Nella creazione poi, e per creazione s’intende la produzione della materia informe, è ricordato il Figlio, come principio, là dove si dice: "Nel principio creò Dio".
Invece, secondo gli altri, i quali ammettono che da principio furono creati gli elementi con le proprie forme, bisogna rispondere diversamente. Infatti S. Basilio spiega [l’assenza di quelle parole col fatto] che la frase "Dio disse" include un comando divino. Ora era necessario che, prima di far cenno del comando divino, fosse prodotta la creatura, che gli obbedisse.

[31441] Iª q. 74 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod, secundum Augustinum, per caelum intelligitur spiritualis natura informis; per terram autem materia informis omnium corporum. Et sic nulla creatura est praetermissa. Secundum Basilium vero, ponuntur caelum et terra tanquam duo extrema, ut ex his intelligantur media; praecipue quia omnium mediorum motus vel est ad caelum ut levium, vel ad terram, ut gravium. Alii vero dicunt quod sub nomine terrae comprehendere solet Scriptura omnia quatuor elementa. Unde in Psalmo CXLVIII, postquam dictum est, laudate dominum de terra, subditur, ignis, grando, nix, glacies.

 

[31441] Iª q. 74 a. 3 ad 2
2. Sempre secondo S. Agostino, con la parola cielo s’intenderebbe la natura spirituale informe, mentre la parola terra starebbe a indicare la materia informe di tutti i corpi. In questo modo non viene dimenticata nessuna creatura. - Invece per S. Basilio sarebbero stati ricordati il cielo e la terra come due estremi, per indicare però anche gli esseri intermedi; tanto più che il movimento dei corpi intermedi si porta verso il cielo se leggeri, e verso la terra se pesanti. - Altri affermano che la Scrittura è solita comprendere i quattro elementi sotto la parola terra. Difatti il Salmista, dopo aver detto: "Lodate il Signore [voi] della terra, soggiunge: [voi] fuoco, grandine, neve, ghiaccio".

[31442] Iª q. 74 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod in opere creationis ponitur aliquid correspondens ei quod dicitur in opere distinctionis et ornatus, vidit Deus hoc vel illud esse bonum. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod spiritus sanctus amor est. Duo autem sunt, ut Augustinus dicit I super Gen. ad Litt., propter quae Deus amat creaturam suam, scilicet ut sit, et ut permaneat. Ut ergo esset quod permaneret, dicitur quod spiritus Dei ferebatur super aquam (secundum quod per aquam materia informis intelligitur; sicut amor artificis fertur super materiam aliquam, ut ex ea formet opus), ut autem maneret quod fecerat, dicitur, vidit Deus quod esset bonum. In hoc enim significatur quaedam complacentia Dei opificis in re facta, non quod alio modo cognosceret, aut placeret ei creatura iam facta, quam antequam faceret. Et sic in utroque opere creationis et formationis, Trinitas personarum insinuatur. In creatione quidem, persona patris per Deum creantem; persona filii, per principium in quo creavit; spiritus sancti, qui superfertur aquis. In formatione vero, persona patris in Deo dicente; persona vero filii, in verbo quo dicitur; persona spiritus sancti, in complacentia qua vidit Deus esse bonum quod factum erat. In opere vero secundae diei non ponitur, vidit Deus quod esset bonum, quia opus distinctionis aquarum tunc inchoatur, et in tertio die perficitur, unde quod ponitur in tertia die, refertur etiam ad secundam. Vel, quia distinctio quae ponitur secunda die, est de his quae non sunt manifesta populo, ideo huiusmodi approbatione Scriptura non utitur. Vel iterum propter hoc, quod per firmamentum intelligitur aer nubilosus, qui non est de partibus permanentibus in universo, seu de partibus principalibus mundi. Et has tres rationes Rabbi Moyses ponit. Quidam autem assignant rationem mysticam ex parte numeri. Quia binarius ab unitate recedit, unde opus secundae diei non approbatur.

 

[31442] Iª q. 74 a. 3 ad 3
3. Nell’opera della creazione viene ricordato qualche cosa, che corrisponde a quanto si narra nel descrivere l’opera della distinzione e dell’abbellimento. Per rendersene conto dobbiamo considerare che lo Spirito Santo è amore; ora, dice S. Agostino "sono due le cose a cui mira Dio nell’amare le sue creature: e cioè a che esse esistano, e che durino nell’esistenza. Si dice dunque che lo Spirito di Dio si librava sulle acque, affinché venissero all’esistenza quegli esseri che dovevano poi perdurare (l’acqua va qui intesa come materia informe); [e l’analogia è presa] dall’amore dell’artefice che si porta sulla materia, per cavarne un’opera; e si dice: "Dio vide che erano buone, affinché le cose fatte seguitassero a esistere". Troviamo indicata in queste parole la compiacenza dell’Artefice divino per le cose compiute; non già che egli acquistasse una nuova conoscenza o un nuovo compiacimento, diverso da quello che aveva prima di farle. - In tal modo viene ancora adombrata nelle due opere della creazione e della "formazione" la Trinità delle Persone divine. Nella creazione, abbiamo un accenno alla persona del Padre in Dio che crea, alla persona del Figlio nel principio in cui creò, alla persona dello Spirito Santo nel suo librarsi sulle acque. Nella "formazione" abbiamo un accenno alla persona del Padre in Dio che dice, alla persona del Figlio nelle parole pronunziate, e alla persona dello Spirito Santo nel compiacimento, col quale Dio vide che le cose fatte erano buone.
Nell’opera del secondo giorno è omessa la frase: "Dio vide che era cosa buona", perché allora si ebbe solo l’inizio della divisione delle acque, che fu completata nel terzo. Perciò quanto si dice del terzo giorno si riferisce anche al secondo. - Si può anche rispondere che la distinzione del secondo giorno riguarda cose che non sono evidenti per il popolo; perciò la Scrittura non usa simile elogio. - Oppure ciò si deve al fatto che col termine firmamento viene indicata la zona nuvolosa dell’aria, che non appartiene alle parti stabili e quindi principali dell’universo. Sono queste le tre ragioni portate da Mosè Maimonide. Alcuni invece vi trovano una ragione mistica, fondata sul numero; e cioè l’opera del secondo giorno non verrebbe coronata dall’approvazione [di Dio], perché il due si discosta dall’unità.

[31443] Iª q. 74 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod Rabbi Moyses per spiritum domini intelligit aerem vel ventum, sicut et Plato intellexit. Et dicit quod dicitur spiritus domini, secundum quod Scriptura consuevit ubique flatum ventorum Deo attribuere. Sed secundum sanctos, per spiritum domini intelligitur spiritus sanctus. Qui dicitur superferri aquae, idest materiae informi secundum Augustinum, ne facienda opera sua propter indigentiae necessitatem putaretur Deus amare, indigentiae enim amor rebus quas diligit subiicitur. Commode, autem factum est, ut prius insinuaretur aliquid inchoatum, cui superferri diceretur, non enim superfertur loco, sed praeexcellente potentia, ut Augustinus dicit I super Gen. ad Litt. Secundum Basilium vero, super ferebatur elemento aquae; idest, fovebat et vivificabat aquarum naturam, ad similitudinem gallinae cubantis, vitalem virtutem his quae foventur iniiciens. Habet enim aqua praecipue vitalem virtutem, quia plurima animalia generantur in aqua, et omnium animalium semina sunt humida. Vita etiam spiritualis datur per aquam Baptismi, unde dicitur Ioan. III, nisi quis renatus fuerit ex aqua et spiritu sancto.

 

[31443] Iª q. 74 a. 3 ad 4
4. Nelle parole: "lo Spirito del Signore" Mosè Maimonide vi vede indicati l’aria o il vento, come aveva fatto Platone, egli afferma che è chiamato Spirito del Signore, perché la Scrittura suole attribuire sempre a Dio il soffio del vento. - Invece, secondo i Santi [Dottori], lo Spirito del Signore significa lo Spirito Santo. E si dice che "si librava sulle acque", cioè sulla materia informe, e affinché non si credesse, come spiega S. Agostino, "che Dio ama le sue opere future per indigenza; poiché l’amore nato dall’indigenza è dipendente dalle cose amate. Era dunque giusto che si accennasse a una cosa già creata, sulla quale fosse presentato come sovrastante: e infatti [lo Spirito Santo] non sovrasta materialmente, ma con la sua eminente potenza". - Invece, secondo S. Basilio, si librava sull’elemento dell’acqua nel senso che "fecondava e avvivava la natura delle acque, allo stesso modo che la gallina cova e comunica una forza vitale alle uova covate". Infatti l’acqua specialmente possiede una forza vitale, tanto è vero che molti animali hanno origine nell’acqua, e tutti i germi degli animali sono a base di acqua. Anche la vita spirituale viene data mediante l’acqua del battesimo: "Se uno non rinascerà dall’acqua e dallo Spirito Santo...".

[31444] Iª q. 74 a. 3 ad 5
Ad quintum dicendum quod, secundum Augustinum, per illa tria designatur triplex esse rerum, primo quidem esse rerum in verbo, per hoc quod dixit, fiat; secundo, esse rerum in mente angelica per hoc quod dixit, factum est; tertio, esse rerum in propria natura, per hoc quod dixit, fecit. Et quia in primo die describitur formatio Angelorum, non fuit necesse ut ibi adderetur, fecit. Secundum alios vero, potest dici quod in hoc quod dicit, dixit Deus fiat, importatur imperium Dei de faciendo. Per hoc autem quod dicit, factum est, importatur complementum operis. Oportuit autem ut subderetur quomodo factum fuit, praecipue propter illos qui dixerunt omnia visibilia per Angelos facta. Et ideo ad hoc removendum, subditur quod ipse Deus fecit. Unde in singulis operibus, postquam dicitur, et factum est, aliquis actus Dei subditur; vel fecit, vel distinxit, vel vocavit, vel aliquid huiusmodi.

 

[31444] Iª q. 74 a. 3 ad 5
5. Per S. Agostino, in quelle tre opere sarebbe indicato il triplice essere delle cose: primo, la loro esistenza nel Verbo, con le parole "sia fatto"; secondo, la loro esistenza, nella mente degli angeli, con le parole "fu fatto"; terzo, il loro esistere nella propria natura, con la parola: "fece". Ora, siccome la formazione degli angeli sarebbe narrata nel primo giorno, quivi non era necessario aggiungere la parola "fece". - Secondo gli altri interpreti invece si può rispondere che nelle parole "Dio disse, o si faccia", è contenuto il comando di Dio sul da farsi, mentre nella frase "fu fatto", è incluso il compimento dell’opera. Ed era davvero necessario parlare del modo col quale l’opera fu fatta, avuto specialmente riguardo a chi pensava che tutto il creato visibile fosse stato fatto per mezzo di angeli. Per escludere un tale errore, si fa notare che proprio "Dio fece". Perciò nelle singole opere, dopo la frase: "e fu fatto", si aggiunge un qualche atto di Dio, come: "fece", "distinse", "chiamò" e simili.

[31445] Iª q. 74 a. 3 ad 6
Ad sextum dicendum quod, secundum Augustinum, per vespere et mane intelligitur vespertina et matutina cognitio in Angelis, de quibus dictum est supra. Vel, secundum Basilium, totum tempus consuevit denominari a principaliori parte, scilicet a die, secundum quod dixit Iacob, dies peregrinationis meae, nulla mentione facta de nocte. Vespere autem et mane ponuntur ut termini diei; cuius mane est principium, sed vespere finis. Vel quia per vespere designatur principium noctis, per mane principium diei. Congruum autem fuit, ut ubi commemoratur prima distinctio rerum, sola principia temporum designarentur. Praemittitur autem vespere, quia, cum a luce dies incoeperit, prius occurrit terminus lucis, quod est vespere, quam terminus tenebrarum et noctis, quod est mane. Vel, secundum Chrysostomum, ut designetur quod dies naturalis non terminatur in vespere, sed in mane.

 

[31445] Iª q. 74 a. 3 ad 6
6. Per S. Agostino le parole sera e mattina starebbero a indicare la cosiddetta scienza vespertina e mattutina degli angeli, di cui abbiamo parlato. - Invece S. Basilio pensa che si sia voluto denominare il tempo dalla sua parte principale, che è il giorno. In tal senso Giacobbe parlò dei "giorni del suo pellegrinaggio", senza fare menzione alcuna della notte. Allora la sera e la mattina sarebbero posti come limiti del giorno, il cui principio è la mattina, e il cui termine è la notte. - Oppure, col termine sera si è voluto indicare il principio della notte, e col termine mattino il principio del giorno.
Ed era cosa conveniente che appunto si ricordassero i soli inizi dei tempi qui, dove si parla della prima distinzione delle cose. E anteposta la sera, perché il giorno incomincia dalla luce; ora il termine della luce, che è la sera, si presenta prima del termine delle tenebre e della notte, che è il mattino. - Oppure, secondo il Crisostomo, si è voluto indicare che il giorno naturale non termina la sera, ma la mattina.

[31446] Iª q. 74 a. 3 ad 7
Ad septimum dicendum quod dicitur unus dies in prima diei institutione, ad designandum quod viginti quatuor horarum spatia pertinent ad unum diem. Unde per hoc quod dicitur unus, praefigitur mensura diei naturalis. Vel propter hoc, ut significaret diem consummari per reditum solis ad unum et idem punctum. Vel quia completo septenario dierum, reditur ad primum diem, qui est unus cum octavo. Et has tres rationes Basilius assignat.

 

[31446] Iª q. 74 a. 3 ad 7
7. Nella prima istituzione del giorno si parla di un giorno, per indicare che gli intervalli di ventiquattrore formano un giorno solo. Perciò il termine uno stabilisce la misura del giorno naturale. - Oppure si vuol dire che il giorno finisce col ritorno del sole nello stesso punto. - O ancora, perché, dopo compiuto il periodo dei sette giorni, si fa ritorno al primo giorno, che è uno solo con l’ottavo. Queste tre ragioni sono portate da S. Basilio.

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