I, 69

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'opera dei sei giorni > L'opera del terzo giorno


Prima pars
Quaestio 69
Prooemium

[31301] Iª q. 69 pr.
Deinde considerandum est de opere tertiae diei. Et circa hoc quaeruntur duo.
Primo, de congregatione aquarum.
Secundo, de productione plantarum.

 
Prima parte
Questione 69
Proemio

[31301] Iª q. 69 pr.
Passiamo all’opera compiuta nel terzo giorno.
Due sono i problemi:

1. L’ammassamento delle acque;
2. La produzione delle piante.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'opera dei sei giorni > L'opera del terzo giorno > Se sia ben detto che la riunione delle acque fu fatta il terzo giorno


Prima pars
Quaestio 69
Articulus 1

[31302] Iª q. 69 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod aquarum congregatio non convenienter dicatur facta tertia die. Ea enim quae facta sunt prima et secunda die, verbo factionis exprimuntur, dicitur enim, dixit Deus fiat lux, et, fiat firmamentum. Sed tertia dies condividitur duabus primis. Ergo opus tertiae diei debuit exprimi verbo factionis, et non solum verbo congregationis.

 
Prima parte
Questione 69
Articolo 1

[31302] Iª q. 69 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la riunione delle acque non sia ben descritta al terzo giorno. Infatti:
1. Le opere compiute nel primo e secondo giorno sono indicate col verbo fare; infatti leggiamo: "Dio disse: Si faccia la luce", "Si faccia il firmamento". Ora il terzo giorno si allinea con i primi due. Perciò l’opera compiuta in esso si doveva esprimere col verbo fare, non con quello di riunire.

[31303] Iª q. 69 a. 1 arg. 2
Praeterea, terra prius undique erat aquis cooperta, propter hoc enim invisibilis dicebatur. Non erat ergo aliquis locus super terram, in quo aquae congregari possent.

 

[31303] Iª q. 69 a. 1 arg. 2
2. Da principio la terra era dovunque ricoperta dalle acque; perciò era detta invisibile. Non vi poteva dunque essere un luogo sulla terra, nel quale si potessero raccogliere le acque.

[31304] Iª q. 69 a. 1 arg. 3
Praeterea, quae non sunt continuata ad invicem, non habent unum locum. Sed non omnes aquae habent ad invicem continuitatem. Ergo non sunt omnes aquae congregatae in unum locum.

 

[31304] Iª q. 69 a. 1 arg. 3
3. Gli elementi, che non hanno contatto tra loro, non hanno un luogo unico. Ora non tutte le acque sono contigue. Perciò non si raccolsero in un solo luogo.

[31305] Iª q. 69 a. 1 arg. 4
Praeterea, congregatio ad motum localem pertinet. Sed aquae naturaliter videntur fluentes, et ad mare currentes. Non ergo fuit necessarium ad hoc divinum praeceptum adhiberi.

 

[31305] Iª q. 69 a. 1 arg. 4
4. Il raccogliersi include un moto locale. Ma noi osserviamo che le acque fluiscono e corrono al mare naturalmente. Non ci fu perciò necessità di un comando divino.

[31306] Iª q. 69 a. 1 arg. 5
Praeterea, terra etiam in principio suae creationis nominatur, cum dicitur, in principio creavit Deus caelum et terram. Inconvenienter ergo dicitur tertia die nomen terrae impositum.

 

[31306] Iª q. 69 a. 1 arg. 5
5. La terra viene ricordata anche al principio della sua creazione nelle parole: "In principio Dio creò il cielo e la terra". Non si capisce allora come si possa dare che questo nome sia stato imposto il terzo giorno.

[31307] Iª q. 69 a. 1 s. c.
Sed in contrarium sufficit auctoritas Scripturae.

 

[31307] Iª q. 69 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Basta l’autorità della Scrittura.

[31308] Iª q. 69 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod hic oportet aliter dicere secundum expositionem Augustini, et aliorum sanctorum. Augustinus enim in omnibus his operibus non ponit durationis ordinem, sed solum originis et naturae. Dicit enim primo creatam naturam spiritualem informem, et naturam corporalem absque omni forma (quam dicit primo significari nomine terrae et aquae), non quia haec informitas formationem praecesserit tempore, sed origine tantum. Neque una formatio, secundum eum, praecessit aliam duratione; sed solum naturae ordine. Secundum quem ordinem necesse fuit ut primo poneretur formatio supremae naturae, scilicet spiritualis, per hoc quod legitur prima die lux facta. Sicut autem spiritualis natura praeeminet corporali, ita superiora corpora praeeminent inferioribus. Unde secundo loco tangitur formatio superiorum corporum, cum dicitur, fiat firmamentum; per quod intelligitur impressio formae caelestis in materiam informem, non prius existentem tempore, sed origine tantum. Tertio vero loco ponitur impressio formarum elementarium in materiam informem, non tempore, sed origine praecedentem. Unde per hoc quod dicitur, congregentur aquae, et appareat arida, intelligitur quod materiae corporali impressa est forma substantialis aquae, per quam competit sibi talis motus; et forma substantialis terrae, per quam competit sibi sic videri. Sed secundum alios sanctos, in his operibus etiam ordo durationis attenditur, ponunt enim quod, informitas materiae tempore praecessit formationem, et una formatio aliam. Sed informitas materiae, secundum eos, non intelligitur carentia omnis formae quia iam erat caelum et aqua et terra (quae tria nominantur tanquam manifeste sensu perceptibilia), sed intelligitur informitas materiae carentia debitae distinctionis, et consummatae cuiusdam pulchritudinis. Et secundum haec tria nomina, posuit Scriptura tres informitates. Ad caelum enim, quod est superius, pertinet informitas tenebrarum, quia ex eo est origo luminis. Informitas vero aquae, quae est media, significatur nomine abyssi, quia hoc nomen significat quandam immensitatem inordinatam aquarum, ut Augustinus dicit, contra Faustum. Informitas vero terrae tangitur in hoc quod dicitur, quod terra erat invisibilis vel inanis, per hoc quod erat aquis cooperta. Sic igitur formatio supremi corporis facta est prima die. Et quia tempus sequitur motum caeli, tempus autem est numerus motus supremi corporis; per huiusmodi formationem facta est distinctio temporis, noctis scilicet et diei. Secundo vero die formatum est medium corpus, scilicet aqua, per firmamentum accipiens quandam distinctionem et ordinem (ita quod sub nomine aquae etiam alia comprehenduntur, ut supra dictum est). Tertio vero die formatum est ultimum corpus, scilicet terra, per hoc quod discooperta est aquis; et facta est distinctio in infimo, quae dicitur terrae et maris. Unde satis congrue, sicut informitatem terrae expresserat dicens quod terra erat invisibilis vel inanis, ita eius formationem exprimit per hoc quod dicit, et appareat arida.

 

[31308] Iª q. 69 a. 1 co.
RISPONDO: Abbiamo qui da dare due spiegazioni differenti, poiché S. Agostino presenta un’interpretazione, che è diversa da quella degli altri Santi [Dottori]. Infatti in tutte queste opere di Dio egli non pone una successione di tempo, ma solo di origine e di natura.
Dice che prima furono creati gli esseri, spirituali informi e il mondo materiale privo di qualsiasi forma (che sarebbero indicati dalle parole terra e acqua), non perché una tale carenza di forma abbia avuto una precedenza di tempo, ma solo di processione naturale.
Parimente, una "formazione" avrebbe preceduto l’altra, non in ordine di tempo, ma solo in ordine di natura. Secondo quest’ordine, era necessario ammettere prima la "formazione" della natura più elevata che è quella spirituale; infatti leggiamo che nel primo giorno fu fatta la luce. - E come le nature spirituali sovrastano quelle materiali, così i corpi superiori sovrastano quelli inferiori.
Perciò in secondo luogo si accenna alla formazione dei corpi superiori, nelle parole: "Si faccia il firmamento". Con esse verrebbe indicata l’impressione della forma celeste sulla materia informe che sarebbe stata preesistente non in ordine di tempo, ma di naturale processione. - In terzo luogo si viene a parlare dell’impressione delle forme elementari sulla materia informe, che avrebbe sempre una precedenza di natura, non di tempo. Perciò la frase: "Si raccolgano le acque e apparisca l’asciutto", dovrebbe essere intesa nel senso che la materia corporea ricevette [simultaneamente] la forma sostanziale dell’acqua, che naturalmente determina un tale movimento, e la forma sostanziale della terra, dalla quale dipende la visibilità.
Stando invece agli altri Santi [Dottori], in queste opere si trova anche una successione di tempo. Essi pensano che lo stato informe della materia abbia preceduto, in ordine di tempo, la sua "formazione" e che una "formazione" abbia preceduto l’altra. Però lo stato informe della materia non è per essi la mancanza di ogni forma, perché esistevano già il cielo, la terra e l’acqua (che vengono ricordati in maniera esplicita, essendo chiaramente percepibili dai sensi): ma lo stato informe della materia viene concepito come privazione delle debite distinzioni e di una certa bellezza. - In base a questi tre termini, troviamo che la Scrittura parla di tre "informità". La "informità" delle tenebre, che spetta al cielo superiore, dal quale promana la luce. La "informità" dell’acqua, localizzata nello spazio intermedio, che viene indicata dalla parola abisso, atta a significare una immensità disordinata di acque, come dice S. Agostino. E finalmente la "informità" della terra, che viene indicata nell’accenno alla terra invisibile o spoglia, perché ricoperta dalle acque.
Concludendo, il primo giorno avvenne la formazione del corpo più elevato. E siccome il tempo è legato al moto del cielo, non essendo che la misura di questo moto, con questa "formazione" si ebbe la distinzione del tempo, cioè il giorno e la notte. - Nel secondo giorno fu "formato" il corpo intermedio, cioè l’acqua, che dal firmamento ha ricevuto una certa distinzione od ordine (dato che nella parola acqua si comprendono anche altri corpi, come si è visto sopra). - Nel terzo giorno fu "formato" l’ultimo corpo, che è la terra, poiché allora emerse dalle acque; e si ebbe così la distinzione nel corpo più basso, cioè nell’orbe terracqueo. Quindi furono usate espressioni molto adatte, tanto nell’indicare l’informità della terra con l’aggettivo invisibile oppure spoglia, quanto nell’accennare alla sua "formazione" col dire: "Apparisca l’asciutto".

[31309] Iª q. 69 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, secundum Augustinum, ideo in opere tertiae diei non utitur Scriptura verbo factionis, sicut in praecedentibus operibus, ut ostendatur quod superiores formae, scilicet spirituales Angelorum, et caelestium corporum, sunt perfectae in esse et stabiles; formae vero inferiorum corporum sunt imperfectae et mobiles. Et ideo per congregationem aquarum et apparentiam aridae, impressio talium formarum designatur, aqua enim est labiliter fluxa, terra stabiliter fixa, ut ipse dicit in II super Gen. ad Litt. Secundum vero alios, dicendum est quod opus tertiae diei est perfectum secundum solum motum localem. Et ideo non oportuit quod Scriptura uteretur verbo factionis.

 

[31309] Iª q. 69 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Secondo S. Agostino, la Scrittura non usa il verbo fare nell’opera del terzo giorno come nelle opere precedenti, appunto per mostrare che le forme superiori, cioè quelle spirituali degli angeli e dei corpi celesti, sono perfette e stabili nell’essere, mentre quelle dei corpi inferiori sono imperfette e mutevoli. Perciò la riunione delle acque e l’apparire della terra ferma servono a designare il conferimento di tali forme, "essendo l’acqua scorrevole verso il basso, mentre la terra è fermamente stabile", come egli dice. - Invece, secondo gli altri, si risponde che l’opera del terzo giorno fu compiuta soltanto col moto locale; quindi non era necessario che la Scrittura usasse il verbo fare.

[31310] Iª q. 69 a. 1 ad 2
Ad secundum patet solutio secundum Augustinum, quia non oportet dicere quod terra primo esset cooperta aquis, et postmodum sint aquae congregatae; sed quod in tali congregatione fuerunt productae. Secundum vero alios, tripliciter respondetur, ut Augustinus dicit, I super Gen. ad Litt. Uno modo, ut aquae in maiorem altitudinem sint elevatae in loco ubi sunt congregatae. Nam mare esse altius terra experimento compertum est in mari rubro, ut Basilius dicit. Secundo, ut dicatur quod rarior aqua velut nebula, terras tegebat, quae congregatione densata est. Tertio modo, ut dicatur quod terra potuit aliquas partes praebere concavas, quibus confluentes aquae reciperentur. Inter quas prima videtur probabilior.

 

[31310] Iª q. 69 a. 1 ad 2
2. La soluzione è chiara per S. Agostino, poiché non c’è bisogno di dire che la terra fosse prima coperta dalle acque, e che poi le acque si siano radunate. Basta supporre che si siano raccolte nel momento che furono prodotte.
Per gli altri, si possono dare invece tre risposte, riferite da S. Agostino. Primo, si può rispondere che le acque [nel terzo giorno] vennero elevate a una maggiore altezza, nel luogo di raccolta. Infatti, secondo S. Basilio, l’esperienza avrebbe confermato che il mare è più alto della terra, nel [caso cioè del] Mar Rosso. - Secondo, si può ancora rispondere che l’acqua, la quale era [in principio] così rarefatta da coprire la terra a guisa di nuvola, poi si condensò raccogliendosi. - Terzo, si potrebbe anche pensare che la terra abbia presentato [soltanto allora] le voragini, atte a raccogliere le acque che vi confluirono. - Ma tra queste spiegazioni la prima sembra più probabile.

[31311] Iª q. 69 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod omnes aquae unum terminum habent, scilicet mare, in quod confluunt vel manifestis vel occultis meatibus. Et propter hoc dicuntur aquae congregari in unum locum. Vel dicit unum locum, non simpliciter, sed per comparationem ad locum terrae siccae; ut sit sensus, congregentur aquae in unum locum, idest, seorsum a terra sicca. Nam ad designandam pluralitatem locorum aquae, subdit quod congregationes aquarum appellavit maria.

 

[31311] Iª q. 69 a. 1 ad 3
3. Tutte le acque hanno uno sbocco unico, che è il mare, nel quale confluiscono per vie aperte o nascoste. Per questo motivo viene affermato che le acque si radunarono in un sol luogo. - L’unicità del luogo si può anche intendere non in senso assoluto, ma relativo, cioè in rapporto al luogo occupato dalla terra asciutta; come se nel dire: "Si radunino in un solo luogo le acque", si volesse sottintendere: "separatamente dalla terra asciutta". Difatti per non escludere la pluralità dei luoghi occupati dall’acqua, soggiunge: "Chiamò mari gli ammassamenti delle acque".

[31312] Iª q. 69 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod iussio Dei naturalem motum corporibus praebet. Unde dicitur quod suis naturalibus motibus faciunt verbum eius. Vel potest dici quod naturale esset quod aqua undique esset circa terram, sicut aer undique est circa aquam et terram; sed propter necessitatem finis, ut scilicet animalia et plantae essent super terram, oportuit quod aliqua pars terrae esset discooperta aquis. Quod quidem aliqui philosophi attribuunt actioni solis, per elevationem vaporum desiccantis terram. Sed sacra Scriptura attribuit hoc potestati divinae, non solum in Genesi, sed etiam in Iob XXXVIII, ubi ex persona domini dicitur, circumdedi mare terminis meis; et Ierem. V, me ergo non timebitis, ait dominus, qui posui arenam terminum mari?

 

[31312] Iª q. 69 a. 1 ad 4
4. Il comando di Dio imprime ai corpi [nient’altro che] il loro movimento naturale, per cui si dice che essi, con i loro movimenti "eseguiscono i suoi ordini". - Si può anche affermare che sarebbe cosa naturale per le acque avvolgere completamente la terra; ma era necessario che parte di questa fosse scoperta, affinché gli animali e le piante potessero vivere sopra di essa. Questo fatto viene attribuito da alcuni filosofi all’azione del sole, che avrebbe prosciugato la terra col sollevare i vapori. Invece la Scrittura lo fa risalire al potere divino, non soltanto nella Genesi, ma anche nel libro di Giobbe, dove si dice in persona di Dio: "Circondai il mare con i miei confini". E ancora: "Voi dunque non mi temete, dice il Signore.... Io che ho posto la sabbia per confine al mare".

[31313] Iª q. 69 a. 1 ad 5
Ad quintum dicendum quod, secundum Augustinum, per terram de qua primo fiebat mentio, intelligitur materia prima, nunc autem intelligitur ipsum elementum terrae. Vel potest dici, secundum Basilium, quod primo nominabatur terra secundum naturam suam, nunc autem nominatur ex sua principali proprietate, quae est siccitas. Unde dicitur quod vocavit aridam, terram. Vel potest dici, secundum Rabbi Moysen, quod ubicumque dicitur vocavit, significatur aequivocatio nominis. Unde prius dictum est quod vocavit lucem, diem, propter hoc quod etiam dies vocatur spatium vigintiquatuor horarum, secundum quod ibidem dicitur, factum est vespere et mane dies unus. Similiter dicitur quod firmamentum, idest aerem, vocavit caelum, quia etiam caelum dicitur quod est primo creatum. Similiter etiam dicitur hic quod aridam, idest illam partem quae est discooperta aquis, vocavit terram, prout distinguitur contra mare, quamvis communi nomine terra vocetur, sive sit aquis cooperta, sive discooperta. Intelligitur autem ubique per hoc quod dicitur vocavit, idest, dedit naturam vel proprietatem ut possit sic vocari.

 

[31313] Iª q. 69 a. 1 ad 5
5. Secondo S. Agostino, la terra di cui si fa menzione in principio, indica la materia prima, mentre in questo passo indicherebbe proprio l’elemento terra. - Si potrebbe anche rispondere con S. Basilio che la prima volta la terra prende il nome dalla sua natura; mentre in questo caso viene così denominata dalla sua proprietà principale, che è l’aridità. - Si può ancora rispondere con Mosè Maimonide, che dovunque troviamo la parola chiamò, ci dobbiamo vedere un’ambiguità nel termine indicato. Infatti subito da principio sta scritto che "chiamò giorno la luce", perché si chiama giorno propriamente lo spazio di ventiquattro ore; come pure leggiamo nello stesso testo: "Tra sera e mattina si compi un giorno". Parimente si legge che "chiamò cielo il firmamento", cioè l’aria, perché era stato chiamato cielo anche il primo essere creato.
Precisamente così abbiamo in questo luogo che "chiamò terra l’asciutto", cioè la parte non coperta dalle acque, per distinguerla dal mare; proprio perché comunemente si chiama terra quell’elemento, tanto se coperto come se è libero dalle acque. - Comunque il verbo chiamò sta a indicare che Dio diede la natura o le proprietà, affinché una data cosa potesse chiamarsi in tal modo.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'opera dei sei giorni > L'opera del terzo giorno > Se la produzione delle piante sia stata assegnata convenientemente al terzo giorno


Prima pars
Quaestio 69
Articulus 2

[31314] Iª q. 69 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod plantarum productio inconvenienter tertia die facta legatur. Plantae enim habent vitam sicut et animalia. Sed productio animalium non ponitur inter opera distinctionis, sed pertinet ad opus ornatus. Ergo nec productio plantarum commemorari debuit in tertia die, quae pertinet ad opus distinctionis.

 
Prima parte
Questione 69
Articolo 2

[31314] Iª q. 69 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la produzione delle piante non sia, stata assegnata convenientemente al terzo giorno. Infatti:
1. Le piante posseggono la vita, come gli animali. Ora la produzione degli animali non viene annoverata tra le opere della distinzione, ma appartiene piuttosto all’opera di abbellimento. Perciò non si doveva menzionare al terzo giorno, che è limitato all’opera di distinzione.

[31315] Iª q. 69 a. 2 arg. 2
Praeterea, illud quod pertinet ad maledictionem terrae, non debuit commemorari cum formatione terrae. Sed productio quarundam plantarum pertinet ad maledictionem terrae; secundum illud Gen. III, maledicta terra in opere tuo, spinas et tribulos germinabit tibi. Ergo productio plantarum universaliter non debuit commemorari in tertia die, quae pertinet ad formationem terrae.

 

[31315] Iª q. 69 a. 2 arg. 2
2. Quello che è derivato dalla maledizione della terra non si doveva ricordare insieme alla "formazione" di essa. Ma la produzione di certe piante è derivata dalla maledizione della terra, secondo quel testo: "Maledetta la terra nel tuo lavoro:... essa ti produrrà triboli e spine". Dunque la produzione delle piante non doveva assegnarsi senza restrizioni al terzo giorno, che è riservato alla "formazione" della terra.

[31316] Iª q. 69 a. 2 arg. 3
Praeterea, sicut plantae adhaerent terrae, ita etiam lapides et metalla; et tamen non fit mentio de eis in terrae formatione. Ergo nec plantae fieri debuerunt tertia die.

 

[31316] Iª q. 69 a. 2 arg. 3
3. Le pietre e i metalli aderiscono alla terra, come le piante; e tuttavia non se ne fa parola nel descrivere la "formazione" della terra. Dunque neppure le piante dovevano essere prodotte il terzo giorno.

[31317] Iª q. 69 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur Gen. I, protulit terra herbam virentem; et postea sequitur, factum est vespere et mane dies tertius.

 

[31317] Iª q. 69 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "La terra produsse erba verdeggiante"; e dipoi segue: "Tra sera e mattina si compì il terzo giorno".

[31318] Iª q. 69 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, in tertia die informitas terrae removetur. Duplex autem informitas circa terram describebatur, una, quod erat invisibilis vel inanis, quia erat aquis cooperta; alia, quod erat incomposita sive vacua, idest non habens debitum decorem, qui acquiritur terrae ex plantis eam quodammodo vestientibus. Et ideo utraque informitas in hac tertia die removetur, prima quidem, per hoc quod aquae congregatae sunt in unum locum, et apparuit arida; secunda vero, per hoc quod protulit terra herbam virentem. Sed tamen circa productionem plantarum, aliter opinatur Augustinus ab aliis. Alii enim expositores dicunt quod plantae productae sunt actu in suis speciebus in hac tertia die, secundum quod superficies litterae sonat. Augustinus autem, V Sup. Gen. ad Litt., dicit quod causaliter tunc dictum est produxisse terram herbam et lignum, idest producendi accepisse virtutem. Et hoc quidem confirmat auctoritate Scripturae. Dicitur enim Gen. II, istae sunt generationes caeli et terrae, quando creata sunt, in die quo Deus fecit caelum et terram, et omne virgultum agri, antequam oriretur in terra, omnemque herbam regionis, priusquam germinaret. Ante ergo quam orirentur super terram, factae sunt causaliter in terra. Confirmat autem hoc etiam ratione. Quia in illis primis diebus condidit Deus creaturam originaliter vel causaliter, a quo opere postmodum requievit, qui tamen postmodum, secundum administrationem rerum conditarum per opus propagationis, usque modo operatur. Producere autem plantas ex terra, ad opus propagationis pertinet. Non ergo in tertia die productae sunt plantae in actu, sed causaliter tantum. Quamvis, secundum alios, dici possit quod prima institutio specierum ad opera sex dierum pertinet, sed quod ex speciebus primo institutis generatio similium in specie procedat, hoc iam pertinet ad rerum administrationem. Et hoc est quod Scriptura dicit, antequam oriretur super terram, vel antequam germinaret; idest, antequam ex similibus similia producerentur, sicut nunc naturaliter fieri videmus secundum viam seminationis. Unde signanter Scriptura dicit, germinet terra herbam virentem et facientem semen, quia scilicet sunt productae perfectae species plantarum, ex quibus semina aliarum orirentur. Nec refert ubicumque habeant vim seminativam, utrum scilicet in radice, vel in stipite, vel in fructu.

 

[31318] Iª q. 69 a. 2 co.
RISPONDO: Come abbiamo detto sopra, nel terzo giorno viene eliminato lo stato informe della terra. Avanti si era parlato di una duplice informità di essa: la prima che la rendeva invisibile, o spoglia, perché coperta dalle acque; la seconda, che la faceva disordinata o vuota, cioè priva del dovuto decoro, derivante dalle piante, le quali in qualche modo la rivestono. Le due informità vennero eliminate nel terzo giorno: la prima col fatto che "tutte le acque si raccolsero in un sol luogo e apparve l’asciutto"; la seconda per il fatto che "la terra produsse erba verdeggiante".
Ma sulla produzione delle piante S. Agostino presenta una interpretazione diversa dagli altri espositori. Questi ultimi dicono che le piante furono prodotte di fatto nella propria specie al terzo giorno, come vuole la superficie del senso letterale. Per S. Agostino invece "fu detto come cosa virtuale che la terra allora produsse erbe e piante, poiché essa non ricevé che il potere di produrle". Una conferma egli la trova nell’autorità della Scrittura, che dice: "Queste sono le origini del cielo e della terra, allorché furono creati, quando il Signore Dio fece il cielo, la terra e ogni pianta del campo, avanti che nascesse sulla terra, e ogni erba della campagna, prima che germogliasse". Prima dunque che le piante spuntassero sulla terra, esse furono fatte solo potenzialmente nella terra stessa. - Un’altra conferma la trova anche nel ragionamento. In quei primi giorni, infatti, Dio fece le creature, ponendo le origini o cause [di tutto lo sviluppo posteriore]; poi cessò da questa opera, ma non dal governarle nella loro propagazione, perché in tal senso egli "opera tuttora". Ora il produrre le piante dalla terra rientra nell’opera della loro propagazione. Quindi nel terzo giorno le piante non furono prodotte nella loro attualità perfetta, ma solo virtualmente.
Secondo altri invece si può dire che la prima creazione delle specie appartiene alle opere dei sei giorni, mentre la derivazione di altri esseri della medesima specie riguarda soltanto il governo dell’universo. Infatti la Scrittura usa le frasi: "prima che sorgesse sulla terra", e anche: "prima che germinasse"; come per dire: prima che gli esseri fossero generati da esseri simili, nel modo che ora si riscontra nella natura mediante il seme. Per questo la Scrittura dice espressamente: "Produca la terra erba verdeggiante che faccia seme"; poiché le specie delle piante furono prodotte perfette, affinché ne nascessero i semi di altre. Né ci importa di sapere [qui] dove posseggono la potenza seminale, se nella radice, nel tronco o nel frutto.

[31319] Iª q. 69 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod vita in plantis est occulta, quia carent motu locali et sensu, quibus animatum ab inanimato maxime distinguitur. Et ideo, quia immobiliter terrae inhaerent, earum productio ponitur quasi quaedam terrae formatio.

 

[31319] Iª q. 69 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La vita delle piante è occulta, poiché esse mancano di movimento locale e di sensibilità, che ci fanno al massimo grado distinguere gli esseri animati da quelli inanimati. Essendo attaccate immobilmente alla terra, la loro produzione viene presentata come una "formazione" della terra.

[31320] Iª q. 69 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod etiam ante illam maledictionem, spinae et tribuli producti erant vel virtute vel actu. Sed non erant producti homini in poenam; ut scilicet terra quam propter cibum coleret, infructuosa quaedam et noxia germinaret. Unde dictum est, germinabit tibi.

 

[31320] Iª q. 69 a. 2 ad 2
2. Anche prima di quella maledizione, le spine e i triboli erano stati prodotti, o potenzialmente, o di fatto. Però non erano stati prodotti come castigo dell’uomo, in modo cioè che la terra, coltivata per l’alimentazione, producesse cose inutili e nocive. Perciò sta scritto: "produrrà per te".

[31321] Iª q. 69 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod Moyses ea tantum proposuit quae in manifesto apparent, sicut iam dictum est. Corpora autem mineralia habent generationem occultam in visceribus terrae. Et iterum, non habent manifestam distinctionem a terra, sed quaedam terrae species videntur. Et ideo de eis mentionem non fecit.

 

[31321] Iª q. 69 a. 2 ad 3
3. Come abbiamo detto più volte, Mosè narrò soltanto quello che risalta chiaramente. Ora i corpi minerali hanno un’origine occulta nelle viscere della terra, né mostrano una distinzione manifesta da essa, anzi sembrano una specie di terra. Per questo non li menzionò.

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva