I, 6

Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La bontà di Dio


Prima pars
Quaestio 6
Prooemium

[28465] Iª q. 6 pr.
Deinde quaeritur de bonitate Dei. Et circa hoc quaeruntur quatuor.
Primo, utrum esse bonum conveniat Deo.
Secundo, utrum Deus sit summum bonum.
Tertio, utrum ipse solus sit bonus per suam essentiam.
Quarto, utrum omnia sint bona bonitate divina.

 
Prima parte
Questione 6
Proemio

[28465] Iª q. 6 pr.
Passiamo ora a trattare della bontà di Dio. Su questo argomento poniamo quattro quesiti:
1. Se a Dio convenga la bontà;
2. Se Dio sia il sommo bene;
3. Se egli solo sia buono per essenza;
4. Se tutte le cose siano buone della bontà di Dio.





Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La bontà di Dio > Se la bontà convenga a Dio


Prima pars
Quaestio 6
Articulus 1

[28466] Iª q. 6 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod esse bonum non conveniat Deo. Ratio enim boni consistit in modo, specie et ordine. Haec autem non videntur Deo convenire, cum Deus immensus sit, et ad aliquid non ordinetur. Ergo esse bonum non convenit Deo.

 
Prima parte
Questione 6
Articolo 1

[28466] Iª q. 6 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la bontà non convenga a Dio. Infatti:
1. La bontà consiste nel modo, nella specie e nell'ordine. Ora, tali attributi non pare che convengano a Dio, perché Dio (è senza modo e misura) è l'immenso e non dice ordine a nessuna cosa. Dunque a lui non si addice di esser buono.

[28467] Iª q. 6 a. 1 arg. 2
Praeterea, bonum est quod omnia appetunt. Sed Deum non omnia appetunt, quia non omnia cognoscunt ipsum, nihil autem appetitur nisi notum. Ergo esse bonum non convenit Deo.

 

[28467] Iª q. 6 a. 1 arg. 2
2. Il bene è ciò che tutte le cose appetiscono. Ora, non tutte le cose desiderano Dio, perché non tutte le cose lo conoscono, e non si dà desiderio di ciò che s'ignora. Dunque a Dio non si addice la bontà.

[28468] Iª q. 6 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur Thren. III, bonus est dominus sperantibus in eum, animae quaerenti illum.

 

[28468] Iª q. 6 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: È detto nelle Lamentazioni di Geremia: "Il Signore è buono con quelli che sperano in lui, con l'anima che lo ricerca".

[28469] Iª q. 6 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod bonum esse praecipue Deo convenit. Bonum enim aliquid est, secundum quod est appetibile. Unumquodque autem appetit suam perfectionem. Perfectio autem et forma effectus est quaedam similitudo agentis, cum omne agens agat sibi simile. Unde ipsum agens est appetibile, et habet rationem boni, hoc enim est quod de ipso appetitur, ut eius similitudo participetur. Cum ergo Deus sit prima causa effectiva omnium, manifestum est quod sibi competit ratio boni et appetibilis. Unde Dionysius, in libro de Div. Nom., attribuit bonum Deo sicut primae causae efficienti, dicens quod bonus dicitur Deus, sicut ex quo omnia subsistunt.

 

[28469] Iª q. 6 a. 1 co.
RISPONDO: L'esser buono conviene principalmente a Dio. Infatti, una cosa è buona nella misura che è desiderabile. Ora, ogni ente desidera la propria perfezione. Ma la perfezione e la forma di un effetto non è altro che una somiglianza partecipata della causa agente, poiché ogni agente produce qualche cosa di simile a sé. Di qui segue che lo stesso agente è desiderabile (da parte dell'effetto) e ha natura di bene: infatti quello che si desidera è di parteciparne la somiglianza. Siccome dunque Dio è la prima causa produttiva di tutte le cose, è evidente che a lui compete la natura di bene e di appetibile. Perciò Dionigi attribuisce il bene a Dio, come alla prima causa efficiente, affermando che si dice buono "come colui in forza del quale tutte le cose sussistono".

[28470] Iª q. 6 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod habere modum, speciem et ordinem, pertinet ad rationem boni causati. Sed bonum in Deo est sicut in causa, unde ad eum pertinet imponere aliis modum, speciem et ordinem. Unde ista tria sunt in Deo sicut in causa.

 

[28470] Iª q. 6 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Avere modo, specie e ordine è proprio del bene causato. In Dio invece il bene è come nella (sua propria) causa; quindi a lui spetta imprimere nelle cose il modo, la specie e l'ordine. Perciò queste tre cose sono in Dio come nella loro causa.

[28471] Iª q. 6 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod omnia, appetendo proprias perfectiones, appetunt ipsum Deum, inquantum perfectiones omnium rerum sunt quaedam similitudines divini esse, ut ex dictis patet. Et sic eorum quae Deum appetunt, quaedam cognoscunt ipsum secundum seipsum, quod est proprium creaturae rationalis. Quaedam vero cognoscunt aliquas participationes suae bonitatis, quod etiam extenditur usque ad cognitionem sensibilem. Quaedam vero appetitum naturalem habent absque cognitione, utpote inclinata ad suos fines ab alio superiori cognoscente.

 

[28471] Iª q. 6 a. 1 ad 2
2. Tutte le cose tendendo alla propria perfezione tendono a Dio stesso, in quanto che le perfezioni di tutte le cose altro non sono che delle somiglianze dell'Essere divino, come è chiaro da ciò che si è detto. E così tra gli esseri che tendono a Dio, alcuni lo conoscono in se stesso, e questo è proprio della creatura razionale; altri conoscono certe partecipazioni della sua bontà, e questo va esteso fino alla conoscenza sensitiva. Altri, finalmente, hanno tendenze naturali senza consapevolezza, inclinati come sono verso i loro fini da un essere superiore dotato di conoscenza.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La bontà di Dio > Se Dio sia il sommo bene


Prima pars
Quaestio 6
Articulus 2

[28472] Iª q. 6 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod Deus non sit summum bonum. Summum enim bonum addit aliquid supra bonum, alioquin omni bono conveniret. Sed omne quod se habet ex additione ad aliquid, est compositum. Ergo summum bonum est compositum. Sed Deus est summe simplex, ut supra ostensum est. Ergo Deus non est summum bonum.

 
Prima parte
Questione 6
Articolo 2

[28472] Iª q. 6 a. 2 arg. 1
SEMBRA che Dio non sia il sommo bene. Infatti:
1. Sommo bene aggiunge qualche cosa a bene, ché altrimenti converrebbe ad ogni bene. Ora, tutto ciò che è così costituito come per addizione, è composto. Il sommo bene sarebbe perciò composto. Ma Dio è sommamente semplice, come s'è già visto. Dunque Dio non è il sommo bene.

[28473] Iª q. 6 a. 2 arg. 2
Praeterea, bonum est quod omnia appetunt, ut dicit philosophus. Sed nihil aliud est quod omnia appetunt, nisi solus Deus, qui est finis omnium. Ergo nihil aliud est bonum nisi Deus. Quod etiam videtur per id quod dicitur Matth. XIX, nemo bonus nisi solus Deus. Sed summum dicitur in comparatione aliorum; sicut summum calidum in comparatione ad omnia calida. Ergo Deus non potest dici summum bonum.

 

[28473] Iª q. 6 a. 2 arg. 2
2. Il bene è ciò che è desiderato da tutti gli esseri, come dice Aristotele. Ora, non c'è nient'altro che sia da tutti gli esseri desiderato, all'infuori di Dio, il quale è il fine di tutte le cose. Dunque non c'è altro bene che Dio. Come sembra anche da ciò che è detto nel Vangelo: "Nessuno è buono, se non il solo Dio". Ora, sommo si dice in confronto di altri: p. es., sommo caldo in confronto di tutti gli altri corpi caldi. Dunque Dio non può dirsi sommo bene.

[28474] Iª q. 6 a. 2 arg. 3
Praeterea, summum comparationem importat. Sed quae non sunt unius generis, non sunt comparabilia; sicut dulcedo inconvenienter dicitur maior vel minor quam linea. Cum igitur Deus non sit in eodem genere cum aliis bonis, ut ex superioribus patet, videtur quod Deus non possit dici summum bonum respectu eorum.

 

[28474] Iª q. 6 a. 2 arg. 3
3. Sommo importa comparazione. Ora, cose che non sono di uno stesso genere non sono tra loro paragonabili; così sarebbe strano dire che la dolcezza è più grande o più piccola della linea. Non essendo dunque Dio nel medesimo genere degli altri beni, come si è visto sopra, non pare che Dio possa dirsi sommo bene in confronto di essi.

[28475] Iª q. 6 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicit Augustinus, I de Trin., quod Trinitas divinarum personarum est summum bonum, quod purgatissimis mentibus cernitur.

 

[28475] Iª q. 6 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino dice che la Trinità delle divine persone "è il sommo bene, che solo le menti del tutto pure possono conoscere".

[28476] Iª q. 6 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod Deus est summum bonum simpliciter, et non solum in aliquo genere vel ordine rerum. Sic enim bonum Deo attribuitur, ut dictum est, inquantum omnes perfectiones desideratae effluunt ab eo, sicut a prima causa. Non autem effluunt ab eo sicut ab agente univoco, ut ex superioribus patet, sed sicut ab agente quod non convenit cum suis effectibus, neque in ratione speciei, nec in ratione generis. Similitudo autem effectus in causa quidem univoca invenitur uniformiter, in causa autem aequivoca invenitur excellentius, sicut calor excellentiori modo est in sole quam in igne. Sic ergo oportet quod cum bonum sit in Deo sicut in prima causa omnium non univoca, quod sit in eo excellentissimo modo. Et propter hoc dicitur summum bonum.

 

[28476] Iª q. 6 a. 2 co.
RISPONDO: Dio è il sommo bene in modo assoluto, e non soltanto in qualche genere od ordine di cose. Infatti, il bene si attribuisce a Dio, come abbiamo visto, in quanto che tutte le perfezioni desiderate emanano da lui come da prima causa. Ora, tali perfezioni non scaturiscono da Dio come da causa univoca, come si è già detto; ma come da agente che non ha in comune con i suoi effetti né la specie, né il genere. Ora, nella causa univoca la somiglianza dell'effetto si trova in modo uniforme; ma in una causa equivoca (analoga) vi si trova in grado più eminente, come (p. es.) il calore si trova a un grado più alto nel sole che nel fuoco. Così dunque è necessario che in Dio il bene si trovi in grado eccellentissimo, essendo in lui come nella causa non univoca di tutti gli esseri. E per questo motivo si chiama il sommo bene.

[28477] Iª q. 6 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod summum bonum addit super bonum, non rem aliquam absolutam, sed relationem tantum. Relatio autem qua aliquid de Deo dicitur relative ad creaturas, non est realiter in Deo, sed in creatura; in Deo vero secundum rationem; sicut scibile relative dicitur ad scientiam, non quia ad ipsam referatur, sed quia scientia refertur ad ipsum. Et sic non oportet quod in summo bono sit aliqua compositio, sed solum quod alia deficiant ab ipso.

 

[28477] Iª q. 6 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sommo bene non aggiunge al bene un qualche cosa di reale, ma soltanto una relazione. Ora, la relazione che passa tra Dio e le creature è reale nella creatura, non già in Dio; in Dio è soltanto di ragione; così un oggetto si dice scibile in ordine alla scienza, non perché abbia (una reale inclinazione o) rapporto alla scienza, ma perché la scienza (è ordinata e) ha un rapporto ad esso. E così non è necessario (concludere) che nel sommo bene ci sia una qualche composizione, ma solo che tutte le altre cose (in bontà) sono al di sotto di lui.

[28478] Iª q. 6 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod, cum dicitur bonum est quod omnia appetunt, non sic intelligitur quasi unumquodque bonum ab omnibus appetatur, sed quia quidquid appetitur, rationem boni habet. Quod autem dicitur, nemo bonus nisi solus Deus, intelligitur de bono per essentiam, ut post dicetur.

 

[28478] Iª q. 6 a. 2 ad 2
2. La definizione "il bene è ciò che tutti desiderano" non s'intende nel senso che qualunque bene sia da tutti desiderato; ma nel senso che tutto ciò che è desiderato ha ragione di bene. - L'espressione evangelica "nessuno è buono, se non il solo Dio" va spiegata così: buono per essenza, come si dirà appresso.

[28479] Iª q. 6 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod ea quae non sunt in eodem genere, si quidem sint in diversis generibus contenta, nullo modo comparabilia sunt. De Deo autem negatur esse in eodem genere cum aliis bonis, non quod ipse sit in quodam alio genere; sed quia ipse est extra genus, et principium omnis generis. Et sic comparatur ad alia per excessum. Et huiusmodi comparationem importat summum bonum.

 

[28479] Iª q. 6 a. 2 ad 3
3. Cose che non appartengono al medesimo genere, e che tuttavia sono contenute ciascuna in generi diversi, non si possono tra loro confrontare. Ma di Dio si nega che sia nel medesimo genere delle altre cose, non perché egli sia in qualche altro genere; ma perché è fuori di ogni genere ed è principio di tutti i generi. E così può esser messo a confronto con le creature in quanto le trascende. E tale è la relazione che importa il sommo bene.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La bontà di Dio > Se esser buono per essenza sia proprio di Dio


Prima pars
Quaestio 6
Articulus 3

[28480] Iª q. 6 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod esse bonum per essentiam non sit proprium Dei. Sicut enim unum convertitur cum ente, ita et bonum, ut supra habitum est. Sed omne ens est unum per suam essentiam, ut patet per philosophum in IV Metaphys. Ergo omne ens est bonum per suam essentiam.

 
Prima parte
Questione 6
Articolo 3

[28480] Iª q. 6 a. 3 arg. 1
SEMBRA che esser buono per essenza non sia proprio di Dio. Infatti:
1. Come l'uno si identifica con l'ente, così, e si è visto, anche il bene. Ora, secondo Aristotele, ogni ente è uno per essenza. Dunque ogni ente è buono per essenza.

[28481] Iª q. 6 a. 3 arg. 2
Praeterea, si bonum est quod omnia appetunt, cum ipsum esse sit desideratum ab omnibus, ipsum esse cuiuslibet rei est eius bonum. Sed quaelibet res est ens per suam essentiam. Ergo quaelibet res est bona per suam essentiam.

 

[28481] Iª q. 6 a. 3 arg. 2
2. Se il bene è ciò che tutte le cose desiderano, siccome proprio l'essere è da tutti desiderato, ne viene che l'essere stesso di ciascuna cosa è il suo bene. Ora, ciascuna cosa è ente in forza della propria essenza. Dunque ciascuna cosa è buona per la sua essenza.

[28482] Iª q. 6 a. 3 arg. 3
Praeterea, omnis res per suam bonitatem est bona. Si igitur aliqua res est quae non sit bona per suam essentiam, oportebit quod eius bonitas non sit sua essentia. Illa ergo bonitas, cum sit ens quoddam, oportet quod sit bona, et si quidem alia bonitate, iterum de illa bonitate quaeretur. Aut ergo erit procedere in infinitum, aut venire ad aliquam bonitatem quae non erit bona per aliam bonitatem. Eadem ergo ratione standum est in primo. Res igitur quaelibet est bona per suam essentiam.

 

[28482] Iª q. 6 a. 3 arg. 3
3. Ogni cosa è buona per la sua bontà. Se dunque vi è qualche cosa che non sia buona per essenza, bisognerà che la sua bontà non sia la sua essenza. Ma siccome questa bontà è un ente, bisogna che anch'essa sia buona; e se lo è per un'altra bontà, la stessa questione si farà di quest'altra bontà. E quindi o bisognerà andare all'indefinito o giungere a qualche bontà che è buona (in se stessa, per essenza e) non per un'altra bontà. Ma allora per la stessa ragione dobbiamo arrestarci al primo caso. Perciò ogni cosa è buona per essenza.

[28483] Iª q. 6 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicit Boetius, in libro de Hebdomad., quod alia omnia a Deo sunt bona per participationem. Non igitur per essentiam.

 

[28483] Iª q. 6 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Dice Boezio che ogni altra cosa distinta da Dio è buona per partecipazione. Dunque non per essenza.

[28484] Iª q. 6 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod solus Deus est bonus per suam essentiam. Unumquodque enim dicitur bonum, secundum quod est perfectum. Perfectio autem alicuius rei triplex est. Prima quidem, secundum quod in suo esse constituitur. Secunda vero, prout ei aliqua accidentia superadduntur, ad suam perfectam operationem necessaria. Tertia vero perfectio alicuius est per hoc, quod aliquid aliud attingit sicut finem. Utpote prima perfectio ignis consistit in esse, quod habet per suam formam substantialem, secunda vero eius perfectio consistit in caliditate, levitate et siccitate, et huiusmodi, tertia vero perfectio eius est secundum quod in loco suo quiescit. Haec autem triplex perfectio nulli creato competit secundum suam essentiam, sed soli Deo, cuius solius essentia est suum esse; et cui non adveniunt aliqua accidentia; sed quae de aliis dicuntur accidentaliter, sibi conveniunt essentialiter, ut esse potentem, sapientem, et huiusmodi, sicut ex dictis patet. Ipse etiam ad nihil aliud ordinatur sicut ad finem, sed ipse est ultimus finis omnium rerum. Unde manifestum est quod solus Deus habet omnimodam perfectionem secundum suam essentiam. Et ideo ipse solus est bonus per suam essentiam.

 

[28484] Iª q. 6 a. 3 co.
RISPONDO: Soltanto Dio è buono per essenza. Infatti, ogni cosa si dice buona secondo che è perfetta. Ora, ogni cosa ha una triplice perfezione. La prima consiste nella costituzione del suo essere (sostanziale). La seconda consiste nell'aggiunta di alcuni accidenti richiesti per la sua perfetta operazione. La terza nel raggiungimento di qualche cosa come proprio fine. P. es., la prima perfezione del fuoco consiste nell'essere medesimo che ha in virtù della sua forma sostanziale; la seconda consiste nel suo calore, nella sua levità e secchezza, ecc.; la terza nel cessare dal suo moto di ascesa raggiunto che abbia il luogo.
Ora, questa triplice perfezione a nessun essere creato compete per essenza, ma soltanto a Dio: perché in lui soltanto l'essenza si identifica col suo essere, e in lui non sopraggiungono accidenti; ma le stesse cose che degli altri esseri si dicono accidentalmente, a lui convengono essenzialmente, come essere potente, sapiente e così via, ed è chiaro da quel che si è detto. Egli inoltre non è ordinato ad alcun fine; ma è egli stesso il fine di tutte le cose. Perciò è chiaro che soltanto Dio ha l'assoluta perfezione nella sua essenza, e perciò egli solo è buono per essenza.

[28485] Iª q. 6 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod unum non importat rationem perfectionis, sed indivisionis tantum, quae unicuique rei competit secundum suam essentiam. Simplicium autem essentiae sunt indivisae et actu et potentia, compositorum vero essentiae sunt indivisae secundum actum tantum. Et ideo oportet quod quaelibet res sit una per suam essentiam, non autem bona, ut ostensum est.

 

[28485] Iª q. 6 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uno non importa l'idea di perfezione, ma solo di indivisione, la quale conviene ad ogni cosa per la sua essenza. Le essenze delle cose semplici, poi, sono indivise tanto attualmente che potenzialmente; quelle dei composti invece sono indivise soltanto attualmente. E perciò è necessario che ogni cosa per la sua essenza sia una, non già buona, come si è dimostrato.

[28486] Iª q. 6 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod, licet unumquodque sit bonum inquantum habet esse, tamen essentia rei creatae non est ipsum esse, et ideo non sequitur quod res creata sit bona per suam essentiam.

 

[28486] Iª q. 6 a. 3 ad 2
2. Sebbene ogni cosa sia buona in quanto ha l'essere, tuttavia l'essenza della creatura non è (come Dio) lo stesso suo essere; perciò non segue che la creatura sia buona per la sua essenza.

[28487] Iª q. 6 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod bonitas rei creatae non est ipsa eius essentia, sed aliquid superadditum; vel ipsum esse eius, vel aliqua perfectio superaddita, vel ordo ad finem. Ipsa tamen bonitas sic superaddita dicitur bona sicut et ens, hac autem ratione dicitur ens, quia ea est aliquid, non quia ipsa aliquo alio sit. Unde hac ratione dicitur bona, quia ea est aliquid bonum, non quia ipsa habeat aliquam aliam bonitatem, qua sit bona.

 

[28487] Iª q. 6 a. 3 ad 3
3. La bontà di una cosa creata non è la sua stessa essenza, ma un qualche cosa di aggiunto; cioè la sua propria esistenza, o qualche perfezione accidentale, o il suo ordinamento ad un fine. Tuttavia questa stessa bontà così aggiunta si dice buona nel senso stesso che si dice ente: ora, si dice ente perché per mezzo di essa qualche cosa viene ad essere, ma non perché essa sia in forza di altra cosa. Quindi alla stessa guisa si dirà buona, perché per mezzo di essa qualche cosa è buona, non già che essa abbia (bisogno di) qualche altra bontà per esser buona.




Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La bontà di Dio > Se tutte le cose siano buone della bontà di Dio


Prima pars
Quaestio 6
Articulus 4

[28488] Iª q. 6 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod omnia sint bona bonitate divina. Dicit enim Augustinus, VII de Trin., bonum hoc et bonum illud, tolle hoc et tolle illud, et vide ipsum bonum, si potes, ita Deum videbis, non alio bono bonum, sed bonum omnis boni. Sed unumquodque est bonum suo bono. Ergo unumquodque est bonum ipso bono quod est Deus.

 
Prima parte
Questione 6
Articolo 4

[28488] Iª q. 6 a. 4 arg. 1
SEMBRA che tutte le cose siano buone della bontà di Dio. Infatti:
1. Dice S. Agostino: "Considera questo e quel bene, togli questo e quello, e, se puoi, guarda il bene stesso: così vedrai Dio, non buono per altro bene, ma bene di ogni bene". Ora, ogni essere è buono della propria bontà. Dunque ogni essere è buono di quella stessa bontà, che è Dio.

[28489] Iª q. 6 a. 4 arg. 2
Praeterea, sicut dicit Boetius, in libro de Hebdomad., omnia dicuntur bona inquantum ordinantur ad Deum, et hoc ratione bonitatis divinae. Ergo omnia sunt bona bonitate divina.

 

[28489] Iª q. 6 a. 4 arg. 2
2. Al dire di Boezio tutte le cose si dicono buone in quanto ordinate a Dio, e ciò a motivo della divina bontà. Dunque tutti gli esseri sono buoni della bontà divina.

[28490] Iª q. 6 a. 4 s. c.
Sed contra est quod omnia sunt bona inquantum sunt. Sed non dicuntur omnia entia per esse divinum, sed per esse proprium. Ergo non omnia sunt bona bonitate divina, sed bonitate propria.

 

[28490] Iª q. 6 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Tutte le cose sono buone in quanto esistono. Ora, le cose tutte non si dicono esistenti per l'essere divino, ma per il proprio essere. Dunque non sono buone della bontà divina, ma della propria bontà.

[28491] Iª q. 6 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod nihil prohibet in his quae relationem important, aliquid ab extrinseco denominari; sicut aliquid denominatur locatum a loco, et mensuratum a mensura. Circa vero ea quae absolute dicuntur, diversa fuit opinio. Plato enim posuit omnium rerum species separatas; et quod ab eis individua denominantur, quasi species separatas participando; ut puta quod Socrates dicitur homo secundum ideam hominis separatam. Et sicut ponebat ideam hominis et equi separatam, quam vocabat per se hominem et per se equum, ita ponebat ideam entis et ideam unius separatam, quam dicebat per se ens et per se unum, et eius participatione unumquodque dicitur ens vel unum. Hoc autem quod est per se bonum et per se unum, ponebat esse summum Deum, a quo omnia dicuntur bona per modum participationis. Et quamvis haec opinio irrationabilis videatur quantum ad hoc, quod ponebat species rerum naturalium separatas per se subsistentes, ut Aristoteles multipliciter probat; tamen hoc absolute verum est, quod est aliquod unum per essentiam suam bonum, quod dicimus Deum, ut ex superioribus patet. Huic etiam sententiae concordat Aristoteles. A primo igitur per suam essentiam ente et bono, unumquodque potest dici bonum et ens, inquantum participat ipsum per modum cuiusdam assimilationis, licet remote et deficienter, ut ex superioribus patet. Sic ergo unumquodque dicitur bonum bonitate divina, sicut primo principio exemplari, effectivo et finali totius bonitatis. Nihilominus tamen unumquodque dicitur bonum similitudine divinae bonitatis sibi inhaerente, quae est formaliter sua bonitas denominans ipsum. Et sic est bonitas una omnium; et etiam multae bonitates.

 

[28491] Iª q. 6 a. 4 co.
RISPONDO: Niente impedisce, se si tratta di attributi che importano relazione, che un ente si denomini da qualche cosa di estrinseco, come un oggetto dal luogo si dice collocato, e dalla misura misurato. Ma riguardo agli attributi assoluti delle cose ci fu diversità di opinioni. Infatti Platone affermò l'esistenza di specie separate di tutte le cose: e disse che da esse si denominano gli individui, come se partecipassero delle specie separate; così, p. es., Socrate si dice uomo precisamente perché partecipa dell'idea separata di uomo. E come poneva l'idea separata di uomo e di cavallo, ch'egli chiamava uomo per sé, cavallo per sé, così poneva l'idea separata di ente e di uno, chiamandola ente per sé, uno per sé; e dalla partecipazione di queste idee ogni cosa diceva chiamarsi ente o una. E questo ente per sé e uno per sé affermava essere il sommo bene. E siccome il bene, ed anche l'uno, si identifica con l'ente, lo stesso bene per sé lo chiamava Dio, dal quale tutte le cose si dicono buone per partecipazione. - Sebbene quest'opinione, come ripetutamente dimostra Aristotele, sia irragionevole nell'ammettere le specie degli esseri fisici in stato di separazione e per sé sussistenti, tuttavia è assolutamente vero che vi è una prima realtà che per sua essenza è ente e bene, e che noi chiamiamo Dio, come si è dimostrato sopra. E su questo punto anche Aristotele è d'accordo. Dalla prima realtà dunque, che è ente e bene per essenza, ogni cosa può dirsi buona e ente in quanto partecipa di essa secondo una certa somiglianza, sia pure alla lontana e in misura limitata, come si è detto. Così, per conseguenza, ogni cosa si dice buona dalla bontà divina, come da prima causa esemplare, efficiente e finale di ogni bontà. Tuttavia ogni cosa si dice buona per una somiglianza sua propria della divina bontà ad essa inerente, che è formalmente la sua bontà, e dalla quale si denomina. E così abbiamo una bontà sola di tutte le cose, e anche molte bontà.

[28492] Iª q. 6 a. 4 ad arg.
Et per hoc patet responsio ad obiecta.

 

[28492] Iª q. 6 a. 4 ad arg.
E con ciò è evidente la risposta da darsi agli argomenti presentati.

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva