I, 40

Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Le Persone in rapporto alle relazioni o proprietà


Prima pars
Quaestio 40
Prooemium

[30064] Iª q. 40 pr.
Deinde quaeritur de personis in comparatione ad relationes sive proprietates. Et quaeruntur quatuor.
Primo, utrum relatio sit idem quod persona.
Secundo, utrum relationes distinguant et constituant personas.
Tertio, utrum, abstractis per intellectum relationibus a personis, remaneant hypostases distinctae.
Quarto, utrum relationes, secundum intellectum, praesupponant actus personarum, vel e converso.

 
Prima parte
Questione 40
Proemio

[30064] Iª q. 40 pr.
Passiamo a trattare delle Persone in rapporto alle relazioni o proprietà.
Si pongono quattro quesiti:

1. Se relazioni e persone siano la stessa cosa;
2. Se le relazioni distinguano e costituiscano le persone;
3. Se, eliminate mentalmente le relazioni dalle persone, le ipostasi restino distinte;
4. Se le relazioni concettualmente presuppongano gli atti delle persone, o viceversa.




Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Le Persone in rapporto alle relazioni o proprietà > Se in Dio relazioni e persone siano la stessa cosa


Prima pars
Quaestio 40
Articulus 1

[30065] Iª q. 40 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod in divinis non sit idem relatio quod persona. Quaecumque enim sunt idem, multiplicato uno eorum, multiplicatur et aliud. Sed contingit in una persona esse plures relationes, sicut in persona patris est paternitas et communis spiratio, et iterum unam relationem in duabus personis esse, sicut communis spiratio est in patre et filio. Ergo relatio non est idem quod persona.

 
Prima parte
Questione 40
Articolo 1

[30065] Iª q. 40 a. 1 arg. 1
SEMBRA che in Dio relazioni e persone non siano la stessa cosa. Infatti:
1. Quando due cose sono identiche, moltiplicata una anche l'altra viene moltiplicata. Ora invece capita che nella stessa persona divina vi siano più relazioni; nella persona del Padre, p. es., c’è la paternità e la spirazione: oppure avviene che un'unica relazione si trovi in due diverse persone, come la comune spirazione che si trova nel Padre e nel Figlio. Perciò la relazione non può essere la stessa cosa che la persona.

[30066] Iª q. 40 a. 1 arg. 2
Praeterea, nihil est in seipso, secundum philosophum, in IV Physic. Sed relatio est in persona. Nec potest dici quod ratione identitatis, quia sic esset etiam in essentia. Ergo relatio sive proprietas et persona non sunt idem in divinis.

 

[30066] Iª q. 40 a. 1 arg. 2
2. Al dire del Filosofo, nessuna cosa può essere in se stessa. Ma le relazioni sono nelle persone. E non ai può dire che ciò avvenga in forza dell'identità: perché allora sarebbero anche nell'essenza. Dunque le relazioni o proprietà in Dio non sono la stessa cosa che le persone.

[30067] Iª q. 40 a. 1 arg. 3
Praeterea, quaecumque sunt idem, ita se habent, quod quidquid praedicatur de uno, praedicatur et de alio. Non autem quidquid praedicatur de persona, praedicatur de proprietate. Dicimus enim quod pater generat, sed non dicimus quod paternitas sit generans. Ergo proprietas non est idem quod persona in divinis.

 

[30067] Iª q. 40 a. 1 arg. 3
3. Trattandosi di cose identiche, ciò che si predica di una, si può predicare anche dell'altra. Invece non tutto quello che si dice delle persone, si può dire delle proprietà. Diciamo infatti che il Padre genera, ma non possiamo affermare che generi la paternità. Perciò le proprietà non sono la stessa cosa che le persone.

[30068] Iª q. 40 a. 1 s. c.
Sed contra, in divinis non differt quod est et quo est, ut habetur a Boetio in libro de Hebd. Sed pater paternitate est pater. Ergo pater idem est quod paternitas. Et eadem ratione aliae proprietates idem sunt cum personis.

 

[30068] Iª q. 40 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Come fa osservare Boezio, in Dio non differiscono il quod est [il soggetto], e il quo est [la forma]. Ora il Padre è Padre in forza della [forma] paternità. Perciò il Padre si identifica con la paternità. E per lo stesso motivo anche le altre relazioni si identificano con le persone corrispondenti.

[30069] Iª q. 40 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod circa hoc aliqui diversimode opinati sunt. Quidam enim dixerunt proprietates neque esse personas, neque in personis. Qui fuerunt moti ex modo significandi relationum, quae quidem non significant ut in aliquo, sed magis ut ad aliquid. Unde dixerunt relationes esse assistentes, sicut supra expositum est. Sed quia relatio, secundum quod est quaedam res in divinis, est ipsa essentia; essentia autem idem est quod persona, ut ex dictis patet; oportet quod relatio sit idem quod persona. Hanc igitur identitatem alii considerantes, dixerunt proprietates quidem esse personas, non autem in personis, quia non ponebant proprietates in divinis nisi secundum modum loquendi, ut supra dictum est. Necesse est autem ponere proprietates in divinis, ut supra ostendimus. Quae quidem significantur in abstracto, ut quaedam formae personarum. Unde, cum de ratione formae sit, quod sit in eo cuius est forma, oportet dicere proprietates esse in personis, et eas tamen esse personas; sicut essentiam esse in Deo dicimus, quae tamen est Deus.

 

[30069] Iª q. 40 a. 1 co.
RISPONDO: Su questo argomento vi furono diverse opinioni. Alcuni dissero che le proprietà non sono le persone e neppure si trovano nelle persone. Furono a ciò indotti dal modo di significare proprio delle relazioni, le quali esprimono il loro significato non come qualche cosa di inerente a un soggetto, ma come qualcosa che si riferisce a un termine. Per questo stesso motivo come si è visto, le dissero assistenti [o contigue]. - Ora invece le relazioni sono necessariamente la stessa cosa che le persone: perché le relazioni reali sono la stessa essenza divina, la quale a sua volta si identifica con le persone, come abbiamo già spiegato.
Altri badando a questa identità dissero che le proprietà corrispondono indubbiamente alle persone, però non sono nelle persone: perché, si è già visto, essi non ammettevano le proprietà in Dio altro che come nostri modi di esprimere. - Ora invece è necessario ammettere le proprietà in Dio, come si è già detto. Proprietà che in astratto si indicano come forme delle persone. Ma le forme si trovano nel soggetto di cui sono forme; quindi si deve dire che le proprietà sono nelle persone, e ciò nondimeno sono le persone; allo stesso modo diciamo che l'essenza divina è in Dio, eppure è Dio medesimo.

[30070] Iª q. 40 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod persona et proprietas sunt idem re, differunt tamen secundum rationem. Unde non oportet quod, multiplicato uno, multiplicetur reliquum. Considerandum tamen est quod, propter divinam simplicitatem, consideratur duplex realis identitas in divinis eorum quae differunt in rebus creatis. Quia enim divina simplicitas excludit compositionem formae et materiae, sequitur quod in divinis idem est abstractum et concretum, ut deitas et Deus. Quia vero divina simplicitas excludit compositionem subiecti et accidentis, sequitur quod quidquid attribuitur Deo, est eius essentia, et propter hoc sapientia et virtus idem sunt in Deo, quia ambo sunt in divina essentia. Et secundum hanc duplicem rationem identitatis, proprietas in divinis est idem cum persona. Nam proprietates personales sunt idem cum personis, ea ratione qua abstractum est idem cum concreto. Sunt enim ipsae personae subsistentes; ut paternitas est ipse pater, et filiatio filius, et processio spiritus sanctus. Proprietates autem non personales sunt idem cum personis secundum aliam rationem identitatis, qua omne illud quod attribuitur Deo, est eius essentia. Sic igitur communis spiratio est idem cum persona patris et cum persona filii, non quod sit una persona per se subsistens; sed, sicut una essentia est in duabus personis, ita et una proprietas, ut supra dictum est.

 

[30070] Iª q. 40 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Persone e proprietà sono in realtà la stessa cosa, e differiscono solo concettualmente; quindi non ne segue che moltiplicando una si moltiplichi anche l'altra. - Si deve però badare che, data la semplicità divina, c’è in Dio una doppia identità reale rispetto a quelle cose che nelle creature differiscono realmente. In quanto la semplicità divina esclude la composizione di forma e materia, ne segue che in Dio l'astratto è identico al concreto, p. es., la divinità è Dio. In quanto poi la semplicità divina esclude la composizione di soggetti e di accidenti, ne segue che qualsiasi attributo di Dio è la sua essenza; quindi sapienza e potenza in Dio, sono la stessa cosa, essendo tutte e due nell'essenza divina. E secondo queste due specie di identificazione, le proprietà di Dio si identificano con le persone. Infatti le proprietà personali si identificano con le persone per lo stesso motivo per cui l'astratto si identifica col concreto. Sono difatti le stesse persone sussistenti: la paternità è il Padre, la filiazione il Figlio, e la spirazione lo Spirito Santo. Invece le proprietà non personali si identificano con le persone secondo l'altro modo di identificazione, in forza della quale tutto quello che si attribuisce a Dio è la sua stessa essenza. In tal modo la spirazione comune è tutt'uno con la persona del Padre e con la persona del Figlio; non già, che sia una persona per sé sussistente, ma perché, si è già spiegato, come una è l'essenza nelle due persone, così una è la proprietà.

[30071] Iª q. 40 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod proprietates dicuntur esse in essentia, per modum identitatis tantum. In personis autem dicuntur esse per modum identitatis, non quidem secundum rem tantum, sed quantum ad modum significandi, sicut forma in supposito. Et ideo proprietates determinant et distinguunt personas, non autem essentiam.

 

[30071] Iª q. 40 a. 1 ad 2
2. Si dice che le proprietà sono nell'essenza perché si identificano con essa. Invece si dice che sono nelle Persone non soltanto perché si identificano realmente con esse, ma anche per il loro significato particolare di forme esistenti in un soggetto. E quindi le proprietà determinano e distinguono le persone, ma non l'essenza.

[30072] Iª q. 40 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod participia et verba notionalia significant actus notionales. Actus autem suppositorum sunt. Proprietates autem non significantur ut supposita, sed ut formae suppositorum. Et ideo modus significandi repugnat, ut participia et verba notionalia de proprietatibus praedicentur.

 

[30072] Iª q. 40 a. 1 ad 3
3. I participi e i verbi nozionali significano gli atti nozionali. Ora, gli atti appartengono ai suppositi. Le proprietà invece non hanno il significato di suppositi, ma di forme dei suppositi. E quindi il loro significato particolare impedisce che i participi e i verbi nozionali vengano attribuiti alle proprietà.




Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Le Persone in rapporto alle relazioni o proprietà > Se le persone si distinguano per le relazioni


Prima pars
Quaestio 40
Articulus 2

[30073] Iª q. 40 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod personae non distinguantur per relationes. Simplicia enim seipsis distinguuntur. Sed personae divinae sunt maxime simplices. Ergo distinguuntur seipsis, et non relationibus.

 
Prima parte
Questione 40
Articolo 2

[30073] Iª q. 40 a. 2 arg. 1
SEMBRA che le persone non si distinguano per le relazioni. Infatti:
1. Le cose semplici si distinguono per se stesse. Ma le persone divine sono semplici al massimo. Quindi si distinguono per se stesse, e non per le relazioni.

[30074] Iª q. 40 a. 2 arg. 2
Praeterea, nulla forma distinguitur nisi secundum suum genus, non enim album a nigro distinguitur nisi secundum qualitatem. Sed hypostasis significat individuum in genere substantiae. Non ergo relationibus hypostases distingui possint.

 

[30074] Iª q. 40 a. 2 arg. 2
2. Le forme si distinguono tra loro soltanto secondo il loro genere; così il bianco non si può distinguere dal nero se non secondo la qualità. Ora, ipostasi significa un individuo nel genere di sostanza. Perciò le ipostasi divine non possono distinguersi per le relazioni.

[30075] Iª q. 40 a. 2 arg. 3
Praeterea, absolutum est prius quam relativum. Sed prima distinctio est distinctio divinarum personarum. Ergo divinae personae non distinguuntur relationibus.

 

[30075] Iª q. 40 a. 2 arg. 3
3. L'assoluto è prima del relativo. Ma la distinzione delle divine persone è prima di ogni altra distinzione. Dunque esse non possono distinguersi per le relazioni.

[30076] Iª q. 40 a. 2 arg. 4
Praeterea, id quod praesupponit distinctionem, non potest esse primum distinctionis principium. Sed relatio praesupponit distinctionem, cum in eius definitione ponatur, esse enim relativi est ad aliud se habere. Ergo primum principium distinctivum in divinis non potest esse relatio.

 

[30076] Iª q. 40 a. 2 arg. 4
4. Ciò che suppone una distinzione, non può essere il primo principio di distinzione. Ma la relazione suppone una distinzione, essendo questa inclusa nella sua definizione: difatti l'essenza di ciò che è relativo «consiste nell'essere riferito ad un'altra cosa». Dunque il primo principio di distinzione in Dio non può essere la relazione.

[30077] Iª q. 40 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Boetius dicit, in libro de Trin., quod sola relatio multiplicat Trinitatem divinarum personarum.

 

[30077] Iª q. 40 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Boezio afferma che «la sola relazione determina la Trinità» delle Persone divine.

[30078] Iª q. 40 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod in quibuscumque pluribus invenitur aliquid commune, oportet quaerere aliquid distinctivum. Unde, cum tres personae conveniant secundum essentiae unitatem, necesse est quaerere aliquid quo distinguantur, ad hoc quod plures sint. Inveniuntur autem in divinis personis duo secundum quae differunt, scilicet origo, et relatio. Quae quidem quamvis re non differant, differunt tamen secundum modum significandi, nam origo significatur per modum actus, ut generatio; relatio vero per modum formae, ut paternitas. Quidam igitur, attendentes quod relatio consequitur actum, dixerunt quod hypostases in divinis distinguuntur per originem; ut dicamus quod pater distinguitur a filio, inquantum ille generat et hic est genitus. Relationes autem sive proprietates manifestant consequenter hypostasum sive personarum distinctiones, sicut et in creaturis proprietates manifestant distinctiones individuorum, quae fiunt per materialia principia. Sed hoc non potest stare, propter duo. Primo quidem, quia ad hoc quod aliqua duo distincta intelligantur, necesse est eorum distinctionem intelligi per aliquid intrinsecum utrique; sicut in rebus creatis vel per materiam, vel per formam. Origo autem alicuius rei non significatur ut aliquid intrinsecum, sed ut via quaedam a re vel ad rem, sicut generatio significatur ut via quaedam ad rem genitam, et ut progrediens a generante. Unde non potest esse quod res genita et generans distinguantur sola generatione, sed oportet intelligere tam in generante quam in genito ea quibus ab invicem distinguuntur. In persona autem divina non est aliud intelligere nisi essentiam et relationem sive proprietatem. Unde, cum in essentia conveniant, relinquitur quod per relationes personae ab invicem distinguantur. Secundo, quia distinctio in divinis personis non est sic intelligenda, quasi aliquid commune dividatur, quia essentia communis remanet indivisa, sed oportet quod ipsa distinguentia constituant res distinctas. Sic autem relationes vel proprietates distinguunt vel constituunt hypostases vel personas, inquantum sunt ipsae personae subsistentes, sicut paternitas est pater, et filiatio est filius, eo quod in divinis non differt abstractum et concretum. Sed contra rationem originis est, quod constituat hypostasim vel personam. Quia origo active significata, significatur ut progrediens a persona subsistente, unde praesupponit eam. Origo autem passive significata, ut nativitas, significatur ut via ad personam subsistentem; et nondum ut eam constituens. Unde melius dicitur quod personae seu hypostases distinguantur relationibus, quam per originem. Licet enim distinguantur utroque modo, tamen prius et principalius per relationes, secundum modum intelligendi. Unde hoc nomen pater non solum significat proprietatem, sed etiam hypostasim, sed hoc nomen genitor, vel generans, significat tantum proprietatem. Quia hoc nomen pater significat relationem, quae est distinctiva et constitutiva hypostasis, hoc autem nomen generans, vel genitus, significat originem, quae non est distinctiva et constitutiva hypostasis.

 

[30078] Iª q. 40 a. 2 co.
RISPONDO: Quando più cose formano un'unità, è necessario che vi sia un elemento che le distingua. Ma le tre persone formano una unità di essenza, quindi bisogna trovare qualche cosa per cui esse possano distinguersi numericamente tra loro. Ora si possono rilevare nelle persone divine due principii di distinzione, cioè le origini e le relazioni. Queste poi non differiscono realmente tra loro, ma differiscono per il loro modo particolare di esprimere: infatti l'origine sta a indicare un atto, p. es., la generazione; mentre la relazione sta a indicare una forma, p. es., la paternità.
Per questo alcuni, considerando che le relazioni dipendono dagli atti, sostennero che in Dio le ipostasi si distinguono per le origini, sicché dovremmo dire che il Padre si distingue dal Figlio perché quegli genera e questi è generato. Quindi le relazioni o proprietà indicherebbero soltanto indirettamente la distinzione delle ipostasi o persone: come nelle creature le proprietà manifestano la distinzione delle singole cose, che invece dipende dalla loro causa materiale.
Questo però non si può ammettere per due motivi. Primo, perché a far sì che due cose possano apparire distinte è necessario scorgere la loro distinzione in dipendenza da qualche cosa di intrinseco: p. es., dalla materia e dalla forma trattandosi di cose create. Ora, l'origine non significa qualche cosa di intrinseco, ma un passaggio da una cosa a un'altra: così la generazione si presenta come una via che parte dal generante e termina nel generato. Quindi non è possibile che il generato e il generante si distinguano soltanto per la generazione: ma bisogna scorgere tanto nell'uno come nell'altro qualcosa di anteriore per cui essi si distinguono tra loro. Ora, nelle persone divine non troviamo altro che l'essenza e le relazioni, o proprietà. Ma siccome l'essenza è identica, non possono distinguersi altro che per le relazioni. - Secondo, perché la distinzione tra le persone divine non va intesa come una divisione di qualcosa ad esse comune, infatti l'essenza, che loro è comune, resta indivisa: ma i principii che le distinguono necessariamente devono anche costituirle come entità distinte. In tal modo appunto le relazioni o proprietà distinguono e costituiscono le Persone o ipostasi, in quanto sono le stesse persone sussistenti: così la paternità è il Padre, e la filiazione è il Figlio, non essendoci in Dio differenza tra astratto e concreto. Invece ripugna al concetto stesso di origine costituire l'ipostasi o la persona. L'origine, all'attivo, ha il significato di atto che procede da una persona sussistente: e quindi presuppone la persona. L'origine al passivo invece, p. es., la nascita, sta a indicare una persona sussistente in divenire: e quindi non la costituisce.
Perciò è più giusto dire che le persone o ipostasi, anziché dalle origini, sono distinte dalle relazioni. Sebbene infatti si distinguano in tutti e due i modi, tuttavia secondo la nostra maniera di intendere si distinguono prima di tutto e principalmente per le relazioni.
- Quindi il nome Padre non significa soltanto la proprietà, ma anche l'ipostasi: invece il termine Genitore o Generante esprime soltanto la proprietà. Padre infatti significa la relazione che distingue e costituisce l'ipostasi: mentre Generante o Generato, significano l'origine che non distingue e non costituisce l'ipostasi.

[30079] Iª q. 40 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod personae sunt ipsae relationes subsistentes. Unde non repugnat simplicitati divinarum personarum, quod relationibus distinguantur.

 

[30079] Iª q. 40 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le persone sono le stesse relazioni sussistenti. Perciò non ripugna alla semplicità delle persone divine l'essere distinte dalle relazioni.

[30080] Iª q. 40 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod personae divinae non distinguuntur in esse in quo subsistunt, neque in aliquo absoluto, sed solum secundum id quod ad aliquid dicuntur. Unde ad earum distinctionem sufficit relatio.

 

[30080] Iª q. 40 a. 2 ad 2
2. Le persone divine non si distinguono tra loro nell'essere sostanziale, né in qualche altro attributo assoluto: ma solo per il rapporto reciproco. Quindi per distinguerle basta la relazione.

[30081] Iª q. 40 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod quanto distinctio prior est, tanto propinquior est unitati. Et ideo debet esse minima. Et ideo distinctio personarum non debet esse nisi per id quod minimum distinguit, scilicet per relationem.

 

[30081] Iª q. 40 a. 2 ad 3
3. Quanto più una distinzione è elementare, tanto più è vicina all'unità. Quindi deve essere la più piccola. Perciò la distinzione delle Persone divine non può essere se non per quello che distingue in grado minimo, cioè per le relazioni.

[30082] Iª q. 40 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod relatio praesupponit distinctionem suppositorum, quando est accidens, sed si relatio sit subsistens, non praesupponit, sed secum fert distinctionem. Cum enim dicitur quod relativi esse est ad aliud se habere, per ly aliud intelligitur correlativum, quod non est prius, sed simul natura.

 

[30082] Iª q. 40 a. 2 ad 4
4. La relazione, quando è un accidente, presuppone, è vero, la distinzione dei soggetti: quando però è un sussistente non presuppone ma implica essa stessa tale distinzione. Giacché quando si dice che l'essenza del relativo consiste nel riferirsi ad altro, altro designa il correlativo; e questo non è ad esso anteriore, ma simultaneo per natura.




Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Le Persone in rapporto alle relazioni o proprietà > Se facendo astrazione dalle relazioni le persone si possano ancora concepire come ipostasi


Prima pars
Quaestio 40
Articulus 3

[30083] Iª q. 40 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod, abstractis per intellectum proprietatibus seu relationibus a personis, adhuc remaneant hypostases. Id enim ad quod aliquid se habet ex additione, potest intelligi remoto eo quod sibi additur, sicut homo se habet ad animal ex additione, et potest intelligi animal remoto rationali. Sed persona se habet ex additione ad hypostasim, est enim persona hypostasis proprietate distincta ad dignitatem pertinente. Ergo, remota proprietate personali a persona, intelligitur hypostasis.

 
Prima parte
Questione 40
Articolo 3

[30083] Iª q. 40 a. 3 arg. 1
SEMBRA che facendo astrazione dalle relazioni le persone si possano ancora concepire come ipostasi. Infatti:
1. L'idea inclusa in un'altra idea che le aggiunge [una differenza specifica], si può concepire anche eliminando questa aggiunta: uomo, p. es., aggiunge una differenza a animale, e si può concepire l'animale anche se si elimina razionale. Ora la persona è un'aggiunta fatta al concetto di ipostasi: giacché essa è «una ipostasi distinta da una proprietà che esprime dignità». Perciò, togliendo dalla persona questa proprietà personale, resta tuttavia l'ipostasi.

[30084] Iª q. 40 a. 3 arg. 2
Praeterea, pater non ab eodem habet quod sit pater, et quod sit aliquis. Cum enim paternitate sit pater, si paternitate esset aliquis, sequeretur quod filius, in quo non est paternitas, non esset aliquis. Remota ergo per intellectum paternitate a patre, adhuc remanet quod sit aliquis; quod est esse hypostasim. Ergo, remota proprietate a persona, remanet hypostasis.

 

[30084] Iª q. 40 a. 3 arg. 2
2. Ciò che dà al Padre di essere Padre è diverso da quello che gli dà di essere qualcuno. Infatti egli è il Padre in forza della paternità; e, se questa gli desse anche di essere qualcuno, il Figlio che non ha la paternità non sarebbe qualcuno. Perciò, tolta mentalmente dal Padre la paternità, egli rimane ancora qualcuno; cioè rimane l'ipostasi. Quindi, pur eliminando le proprietà delle persone, rimangono tuttavia le ipostasi.

[30085] Iª q. 40 a. 3 arg. 3
Praeterea, Augustinus dicit, V de Trin., non hoc est dicere ingenitum, quod est dicere patrem, quia etsi filium non genuisset, nihil prohiberet eum dicere ingenitum. Sed si filium non genuisset, non inesset ei paternitas. Ergo, remota paternitate, adhuc remanet hypostasis patris ut ingenita.

 

[30085] Iª q. 40 a. 3 arg. 3
3. S. Agostino insegna: «Dire ingenito non è lo stesso che dire Padre: perché anche se egli non avesse generato il Figlio, nulla vieterebbe di dirlo ancora ingenito». Ma se non avesse generato il Figlio non avrebbe la paternità. Perciò, anche se togliamo questa, rimane tuttavia l'ipostasi del Padre come non generata.

[30086] Iª q. 40 a. 3 s. c.
Sed contra est quod Hilarius dicit, IV de Trin., nihil habet filius nisi natum. Nativitate autem est filius. Ergo, remota filiatione, non remanet hypostasis filii. Et eadem ratio est de aliis personis.

 

[30086] Iª q. 40 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: S. Ilario afferma: «II Figlio non ha in proprio altra cosa che l'essere nato». Ma è Figlio in forza della nascita. Perciò, tolta la filiazione, non rimane l'ipostasi del Figlio. Lo stesso si dica delle altre persone.

[30087] Iª q. 40 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod duplex fit abstractio per intellectum. Una quidem, secundum quod universale abstrahitur a particulari, ut animal ab homine. Alia vero, secundum quod forma abstrahitur a materia; sicut forma circuli abstrahitur per intellectum ab omni materia sensibili. Inter has autem abstractiones haec est differentia, quod in abstractione quae fit secundum universale et particulare, non remanet id a quo fit abstractio, remota enim ab homine differentia rationali, non remanet in intellectu homo, sed solum animal. In abstractione vero quae attenditur secundum formam et materiam, utrumque manet in intellectu, abstrahendo enim formam circuli ab aere, remanet seorsum in intellectu nostro et intellectus circuli et intellectus aeris. Quamvis autem in divinis non sit universale neque particulare, nec forma et materia, secundum rem; tamen, secundum modum significandi, invenitur aliqua similitudo horum in divinis; secundum quem modum Damascenus dicit quod commune est substantia, particulare vero hypostasis. Si igitur loquamur de abstractione quae fit secundum universale et particulare, remotis proprietatibus, remanet in intellectu essentia communis, non autem hypostasis patris, quae est quasi particulare. Si vero loquamur secundum modum abstractionis formae a materia, remotis proprietatibus non personalibus, remanet intellectus hypostasum et personarum, sicut, remoto per intellectum a patre quod sit ingenitus vel spirans, remanet hypostasis vel persona patris. Sed remota proprietate personali per intellectum, tollitur intellectus hypostasis. Non enim proprietates personales sic intelliguntur advenire hypostasibus divinis, sicut forma subiecto praeexistenti, sed ferunt secum sua supposita, inquantum sunt ipsae personae subsistentes, sicut paternitas est ipse pater, hypostasis enim significat aliquid distinctum in divinis, cum hypostasis sit substantia individua. Cum igitur relatio sit quae distinguit hypostases et constituit eas, ut dictum est, relinquitur quod, relationibus personalibus remotis per intellectum, non remaneant hypostases. Sed, sicut dictum est, aliqui dicunt quod hypostases in divinis non distinguuntur per relationes, sed per solam originem; ut intelligatur pater esse hypostasis quaedam per hoc, quod non est ab alio; filius autem per hoc, quod est ab alio per generationem. Sed relationes advenientes quasi proprietates ad dignitatem pertinentes, constituunt rationem personae, unde et personalitates dicuntur. Unde, remotis huiusmodi relationibus per intellectum, remanent quidem hypostases, sed non personae. Sed hoc non potest esse, propter duo. Primo, quia relationes distinguunt et constituunt hypostases, ut ostensum est. Secundo, quia omnis hypostasis naturae rationalis est persona, ut patet per definitionem Boetii, dicentis quod persona est rationalis naturae individua substantia. Unde, ad hoc quod esset hypostasis et non persona, oporteret abstrahi ex parte naturae rationalitatem; non autem ex parte personae proprietatem.

 

[30087] Iª q. 40 a. 3 co.
RISPONDO: Esiste una duplice astrazione [o separazione] mentale. Una è quella con cui si astrae l'universale dal particolare, p. es., animale da uomo. L'altra è quella con cui si astrae la forma dalla materia; così, p. es., si astrae la figura del circolo dalla materia sensibile. Tra queste due astrazioni c’è però questa differenza, che nella prima, in cui si astrae l'universale dal particolare, non rimane [nella mente] quello da cui fu astratto l'universale; tolta infatti dall'uomo la razionalità, non resta più nella mente il concetto di uomo, ma soltanto quello di animale. Invece nell'astrazione [formale] che separa la forma dalla materia, l'una e l'altra rimangono [separatamente] nell'intelletto: astraendo infatti la forma del circolo dal bronzo, restano nell'intelletto nostro separatamente il concetto di circolo e quello di bronzo. Ora, in Dio non c’è realmente né universale né particolare, né forma né soggetto; tuttavia, se si bada al nostro modo di esprimere la realtà divina, ci si trova qualcosa di simile; e in questo senso il Damasceno afferma che «la sostanza è universale, e l'ipostasi è particolare». Se dunque parliamo dell'astrazione [totale], con cui si astrae l'universale dal particolare, tolte le proprietà [o relazioni], resta l'essenza comune [alle tre persone divine], non l'ipostasi del Padre, che figura come particolare. Se invece parliamo dell'astrazione [formale] che astrae la forma dalla materia, allora togliendo le proprietà non personali, rimane il concetto delle ipostasi e delle persone: togliendo, p. es., dal Padre l'idea di non generato e di spiratore, rimane il concetto di ipostasi o di persona del Padre. Ma, se mentalmente eliminiamo le proprietà personali, non si salva il concetto di ipostasi. Infatti le proprietà personali non sono da concepirsi come qualche cosa di sopraggiunto alle ipostasi, alla maniera di una forma che si produce su di un soggetto preesistente: ma implicano esse stesse il proprio soggetto [o ipostasi], in quanto sono tutt'uno con le persone sussistenti: p. es., la paternità è il Padre. Del resto le ipostasi stanno a indicare qualcosa di distinto in Dio, perché l'ipostasi è una sostanza individua. Ora, siccome proprio la relazione costituisce e distingue le ipostasi, come si è detto, ne segue che tolte mentalmente le proprietà personali, non rimangono più le ipostasi.
Però, come si è visto, alcuni pensano che le ipostasi in Dio non vengano distinte dalle relazioni, ma solo dalle origini; sicché il Padre sarebbe un'ipostasi per il fatto che non è da altri, e il Figlio perché è da altri per generazione. Le relazioni poi, che verrebbero ad aggiungersi come proprietà apportatrici di dignità, costituirebbero la ragione di persona: appunto per questo sarebbero chiamate personalità. Quindi tolte mentalmente queste relazioni, resterebbero le ipostasi, non le persone.
Ma questo non può essere, per due motivi. Primo, perché, come si è spiegato, sono le relazioni che distinguono e costituiscono le ipostasi. - Secondo, perché ogni ipostasi di natura razionale è persona, come si vede dalla definizione che Boezio da della persona: «una sostanza individua di natura razionale». Quindi perché si possa dare un'ipostasi che non sia persona bisognerebbe togliere la razionalità dalla natura, non già la proprietà dalla persona.

[30088] Iª q. 40 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod persona non addit supra hypostasim proprietatem distinguentem absolute, sed proprietatem distinguentem ad dignitatem pertinentem, totum enim hoc est accipiendum loco unius differentiae. Ad dignitatem autem pertinet proprietas distinguens, secundum quod intelligitur subsistens in natura rationali. Unde, remota proprietate distinguente a persona, non remanet hypostasis, sed remaneret, si tolleretur rationalitas naturae. Tam enim persona quam hypostasis est substantia individua, unde in divinis de ratione utriusque est relatio distinguens.

 

[30088] Iª q. 40 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Persona non aggiunge a ipostasi una proprietà che senz'altro distingue, ma che «distingue esprimendo dignità»: giacché tutta l'espressione non indica che un'unica differenza. Ora la proprietà che distingue riveste dignità, in quanto sta a designare un sussistente di natura razionale. Perciò, togliendo dalla persona la proprietà atta a distinguere, non rimane neppure l'ipostasi; questa invece rimane se si toglie la razionalità dalla natura. Difatti tanto la persona che l'ipostasi indicano sostanza individua: perciò trattandosi di Dio rientra nel concetto dell'una e dell'altra la relazione distintiva.

[30089] Iª q. 40 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod paternitate pater non solum est pater, sed est persona, et est quis sive hypostasis. Nec tamen sequitur quod filius non sit quis sive hypostasis; sicut non sequitur quod non sit persona.

 

[30089] Iª q. 40 a. 3 ad 2
2. Il Padre in forza della paternità non solo è Padre, ma è anche persona, ed è qualcuno ossia ipostasi. Non ne segue tuttavia che il Figlio non sia qualcuno ossia un'ipostasi, come non segue che non sia persona.

[30090] Iª q. 40 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod intentio Augustini non fuit dicere quod hypostasis patris remaneat ingenita, remota paternitate, quasi innascibilitas constituat et distinguat hypostasim patris, hoc enim esse non potest, cum ingenitum nihil ponat, sed negative dicatur, ut ipsemet dicit. Sed loquitur in communi, quia non omne ingenitum est pater. Remota ergo paternitate, non remanet in divinis hypostasis patris, ut distinguitur ab aliis personis; sed ut distinguitur a creaturis, sicut Iudaei intelligunt.

 

[30090] Iª q. 40 a. 3 ad 3
3. S. Agostino non intende dire che tolta la paternità rimanga l'ipostasi del Padre come non generata, quasi che l'innascibilità costituisca e distingua l'ipostasi del Padre: infatti questo non può essere, perché, come egli stesso fa osservare, ingenito non afferma nulla, nega soltanto. La sua è un'espressione generica, che vuol notare come non ogni ingenito sia necessariamente Padre. Eliminata dunque la paternità non rimane in Dio l'ipostasi del Padre come distinta dalle altre persone; ma solo come distinta dalle creature nel senso inteso dai Giudei.




Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Le Persone in rapporto alle relazioni o proprietà > Se gli atti nozionali siano presupposti alle proprietà


Prima pars
Quaestio 40
Articulus 4

[30091] Iª q. 40 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod actus notionales praeintelligantur proprietatibus. Dicit enim Magister, XXVII dist. I Sent., quod semper pater est, quia genuit semper filium. Et ita videtur quod generatio, secundum intellectum, praecedat paternitatem.

 
Prima parte
Questione 40
Articolo 4

[30091] Iª q. 40 a. 4 arg. 1
SEMBRA che gli atti nozionali siano presupposti alle proprietà [personali]. Infatti:
1. Il Maestro delle Sentenze dice che il «Padre è sempre Padre, perché sempre genera il Figlio». Perciò sembra che la paternità concettualmente presupponga la generazione.

[30092] Iª q. 40 a. 4 arg. 2
Praeterea, omnis relatio praesupponit, in intellectu, id supra quod fundatur; sicut aequalitas quantitatem. Sed paternitas est relatio fundata super actione quae est generatio. Ergo paternitas praesupponit generationem.

 

[30092] Iª q. 40 a. 4 arg. 2
2. Ogni relazione presuppone quello su cui si fonda; l'uguaglianza, p. es., presuppone la quantità. Ora. la paternità è una relazione fondata sopra l'atto della generazione. Quindi la paternità presuppone la generazione.

[30093] Iª q. 40 a. 4 arg. 3
Praeterea, sicut se habet generatio activa ad paternitatem, ita se habet nativitas ad filiationem. Sed filiatio praesupponit nativitatem, ideo enim filius est, quia natus est. Ergo et paternitas praesupponit generationem.

 

[30093] Iª q. 40 a. 4 arg. 3
3. La nascita sta alla filiazione come la generazione attiva sta alla paternità. Ma la filiazione presuppone la nascita: giacché il Figlio è Figlio in quanto è nato. Perciò anche la paternità presuppone la generazione.

[30094] Iª q. 40 a. 4 s. c.
Sed contra, generatio est operatio personae patris. Sed paternitas constituit personam patris. Ergo prius est, secundum intellectum, paternitas quam generatio.

 

[30094] Iª q. 40 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: La generazione è un'operazione della persona del Padre. Ma la paternità costituisce la persona del Padre. Perciò la paternità concettualmente è prima della generazione.

[30095] Iª q. 40 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, secundum illos qui dicunt quod proprietates non distinguunt et constituunt hypostases, sed manifestant hypostases distinctas et constitutas, absolute dicendum est quod relationes, secundum modum intelligendi, consequuntur actus notionales; ut dici possit simpliciter quod quia generat, est pater. Sed supponendo quod relationes distinguant et constituant hypostases in divinis, oportet distinctione uti. Quia origo significatur in divinis active et passive, active quidem, sicut generatio attribuitur patri, et spiratio, sumpta pro actu notionali, attribuitur patri et filio; passive autem, sicut nativitas attribuitur filio, et processio spiritui sancto. Origines enim passive significatae, simpliciter praecedunt, secundum intellectum, proprietates personarum procedentium, etiam personales, quia origo passive significata, significatur ut via ad personam proprietate constitutam. Similiter et origo active significata, prior est, secundum intellectum, quam relatio personae originantis quae non est personalis, sicut actus notionalis spirationis, secundum intellectum, praecedit proprietatem relativam innominatam communem patri et filio. Sed proprietas personalis patris potest considerari dupliciter. Uno modo, ut est relatio, et sic iterum, secundum intellectum, praesupponit actum notionalem; quia relatio, inquantum huiusmodi, fundatur super actum. Alio modo, secundum quod est constitutiva personae, et sic oportet quod praeintelligatur relatio actui notionali, sicut persona agens praeintelligitur actioni.

 

[30095] Iª q. 40 a. 4 co.
RISPONDO: Secondo l'opinione di coloro i quali sostengono che le proprietà non distinguono e non costituiscono le ipostasi, ma che servono soltanto a manifestarle distinte e costituite, si dovrebbe senz'altro dire che le relazioni, stando al nostro modo di intendere, presuppongono gli atti nozionali; sarebbe così giustificata questa espressione: è Padre perché genera. Ma partendo dal presupposto che in Dio le relazioni differenziano e costituiscono le ipostasi, allora bisogna distinguere. Perché nella Trinità l'origine può essere indicata all'attivo o al passivo: all'attivo, p. es., è indicata la generazione attribuita al Padre e la spirazione, che, presa, come atto nozionale, viene attribuita al Padre e al Figlio; e al passivo [viene indicata] la nascita attribuita al Figlio e la processione dello Spirito Santo. Ciò posto, le origini indicate al passivo, senz'altro precedono concettualmente le proprietà anche personali delle Persone procedenti: perché origine al passivo sta a indicare il processo per giungere alla persona costituita dalla proprietà. - Cosi pure l'origine all'attivo è concettualmente anteriore alla relazione non personale della persona originante: l’atto nozionale di spirazione, p. es., è concettualmente anteriore alla corrispondente proprietà relativa senza nome, comune al Padre e al Figlio. - La proprietà personale del Padre si può invece considerare in due modi. Primo, come relazione: e presa così presuppone ancora una volta l'atto nozionale; perché la relazione, in quanto relazione, si fonda sull'atto. Secondo, si può considerare come costitutiva della persona: e allora è necessario che l'atto nozionale presupponga la relazione, come l'azione presuppone la persona che la compie.

[30096] Iª q. 40 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, cum Magister dicit quod quia generat est pater, accipit nomen patris secundum quod designat relationem tantum, non autem secundum quod significat personam subsistentem. Sic enim oporteret e converso dicere quod quia pater est, generat.

 

[30096] Iª q. 40 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nell'espressione del Maestro delle Sentenze «è Padre perché genera», il termine Padre è usato soltanto in quanto dice relazione: non in quanto significa la persona sussistente. In questo caso bisognerebbe dire il contrario, che cioè genera perché è Padre.

[30097] Iª q. 40 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod obiectio illa procedit de paternitate, secundum quod est relatio, et non secundum quod est constitutiva personae.

 

[30097] Iª q. 40 a. 4 ad 2
2. L'obiezione ha valore se si considera la paternità solo come relazione: e non come costitutiva della persona.

[30098] Iª q. 40 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod nativitas est via ad personam filii, et ideo, secundum intellectum, praecedit filiationem, etiam secundum quod est constitutiva personae filii. Sed generatio activa significatur ut progrediens a persona patris, et ideo praesupponit proprietatem personalem patris.

 

[30098] Iª q. 40 a. 4 ad 3
3. La nascita sta a indicare il processo per giungere alla persona del Figlio: perciò concettualmente essa precede la filiazione, anche se prendiamo quest'ultima come costitutivo della persona del Figlio. Invece la generazione attiva sta a indicare il processo che deriva dalla Persona del Padre: per ciò presuppone la proprietà personale del Padre.

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