I-II, 64

Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Il giusto mezzo delle virtù


Prima pars secundae partis
Quaestio 64
Prooemium

[36162] Iª-IIae q. 64 pr.
Deinde considerandum est de proprietatibus virtutum. Et primo quidem, de medio virtutum; secundo, de connexione virtutum; tertio, de aequalitate earum; quarto, de ipsarum duratione. Circa primum quaeruntur quatuor.
Primo, utrum virtutes morales sint in medio.
Secundo, utrum medium virtutis moralis sit medium rei, vel rationis.
Tertio, utrum intellectuales virtutes consistant in medio.
Quarto, utrum virtutes theologicae.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 64
Proemio

[36162] Iª-IIae q. 64 pr.
Ed eccoci a trattare delle proprietà delle virtù. Prima parleremo del giusto mezzo delle virtù; secondo, della connessione delle virtù; terzo, della loro uguaglianza; quarto, della loro durata.
Sul primo argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se le virtù morali consistano nel giusto mezzo;
2. Se il giusto mezzo delle virtù morali sia reale o di ragione;
3. Se le virtù intellettuali abbiano un giusto mezzo;
4. Se l'abbiano le virtù teologali.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Il giusto mezzo delle virtù > Se le virtù morali consistano nel giusto mezzo


Prima pars secundae partis
Quaestio 64
Articulus 1

[36163] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod virtus moralis non consistat in medio. Ultimum enim repugnat rationi medii. Sed de ratione virtutis est ultimum, dicitur enim in I de caelo, quod virtus est ultimum potentiae. Ergo virtus moralis non consistit in medio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 64
Articolo 1

[36163] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la virtù morale non consista nel giusto mezzo. Infatti:
1. L'ultimo è incompatibile con la nozione di mezzo. Ora, la nozione di virtù implica l'idea di ultimo: infatti Aristotele afferma, che "la virtù è l'ultimo della potenza". Perciò la virtù morale non consiste nel giusto mezzo.

[36164] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 2
Praeterea, illud quod est maximum, non est medium. Sed quaedam virtutes morales tendunt in aliquod maximum, sicut magnanimitas est circa maximos honores, et magnificentia circa maximos sumptus, ut dicitur in IV Ethic. Ergo non omnis virtus moralis est in medio.

 

[36164] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 2
2. Ciò che è massimo non è mezzo, o intermedio. Ma certe virtù morali tendono a un massimo: la magnanimità, p. es., ha per oggetto i massimi onori, e la magnificenza riguarda le massime spese, come dice Aristotele. Perciò non tutte le virtù morali consistono nel giusto mezzo.

[36165] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 3
Praeterea, si de ratione virtutis moralis sit in medio esse, oportet quod virtus moralis non perficiatur, sed magis corrumpatur, per hoc quod tendit ad extremum. Sed quaedam virtutes morales perficiuntur per hoc quod tendunt ad extremum, sicut virginitas, quae abstinet ab omni delectabili venereo, et sic tenet extremum, et est perfectissima castitas. Et dare omnia pauperibus est perfectissima misericordia vel liberalitas. Ergo videtur quod non sit de ratione virtutis moralis esse in medio.

 

[36165] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 3
3. Se essere nel giusto mezzo rientra nella nozione della virtù morale, la virtù morale necessariamente non verrà a perfezionarsi, ma a corrompersi avvicinandosi a un estremo. Invece alcune virtù morali toccano la loro perfezione col tendere verso certi estremi: la verginità, p. es., astenendosi da ogni piacere venereo, tocca un estremo, ed è la castità più perfetta. Così pure è perfettissima misericordia o liberalità il dare ai poveri ogni cosa. Dunque non rientra nella nozione della virtù morale il trovarsi nel giusto mezzo.

[36166] Iª-IIae q. 64 a. 1 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in II Ethic., quod virtus moralis est habitus electivus in medietate existens.

 

[36166] Iª-IIae q. 64 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO. Il Filosofo insegna, che "la virtù morale è un abito elettivo che sta nel giusto mezzo".

[36167] Iª-IIae q. 64 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod, sicut ex supradictis patet, virtus de sui ratione ordinat hominem ad bonum. Moralis autem virtus proprie est perfectiva appetitivae partis animae circa aliquam determinatam materiam. Mensura autem et regula appetitivi motus circa appetibilia, est ipsa ratio. Bonum autem cuiuslibet mensurati et regulati consistit in hoc quod conformetur suae regulae, sicut bonum in artificiatis est ut consequantur regulam artis. Malum autem per consequens in huiusmodi est per hoc quod aliquid discordat a sua regula vel mensura. Quod quidem contingit vel per hoc quod superexcedit mensuram, vel per hoc quod deficit ab ea, sicut manifeste apparet in omnibus regulatis et mensuratis. Et ideo patet quod bonum virtutis moralis consistit in adaequatione ad mensuram rationis. Manifestum est autem quod inter excessum et defectum medium est aequalitas sive conformitas. Unde manifeste apparet quod virtus moralis in medio consistit.

 

[36167] Iª-IIae q. 64 a. 1 co.
RISPONDO: Com'è evidente dalle spiegazioni date, la virtù ha il compito specifico di ordinare l'uomo al bene. E in particolare la virtù morale ha quello di ben disporre la parte appetitiva dell'anima rispetto a una determinata materia. Ora, misura e regola del moto appetitivo verso l'oggetto è la ragione. Ma il bene per ogni cosa misurata e regolata consiste nel conformarsi alla propria regola: p. es., il bene per i prodotti dell'arte consiste nell'essere a regola d'arte. Perciò in queste cose il male consiste nel discordare dalla regola o misura. E ciò avviene perché una cosa, o sorpassa o è al di sotto della sua misura: il che è evidente in tutte le cose sottoposte a una regola o misura. Perciò è evidente che il bene delle virtù morali consiste nell'adeguarsi alla misura della ragione. - Ed è anche chiaro che tra l'eccesso e il difetto il punto intermedio segna l'adeguazione o conformità. Perciò è evidente che la virtù morale consiste nel giusto mezzo.

[36168] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod virtus moralis bonitatem habet ex regula rationis, pro materia autem habet passiones vel operationes. Si ergo comparetur virtus moralis ad rationem, sic, secundum id quod rationis est, habet rationem extremi unius, quod est conformitas, excessus vero et defectus habet rationem alterius extremi, quod est difformitas. Si vero consideretur virtus moralis secundum suam materiam, sic habet rationem medii, inquantum passionem reducit ad regulam rationis. Unde philosophus dicit, in II Ethic., quod virtus secundum substantiam medietas est, inquantum regula virtutis ponitur circa propriam materiam, secundum optimum autem et bene, est extremitas, scilicet secundum conformitatem rationis.

 

[36168] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La virtù morale deve la sua bontà alla regola della ragione: invece ha per materia le passioni o le operazioni. Perciò, se nel rapporto della virtù morale con la ragione, guardiamo l'elemento razionale, vediamo che esso si presenta come un estremo, cioè come conformità: mentre l'eccesso e il difetto si presentano come l'estremo opposto, vale a dire come difformità. Se invece si considera la virtù morale rispetto alla sua materia, allora (per la concordanza con la ragione) si presenta come giusto mezzo, in quanto la virtù riduce la passione alla regola della ragione. Perciò il Filosofo scrive che "la virtù sta nel mezzo per la sua natura", cioè in quanto applica la regola della virtù alla materia propria: "invece rispetto all'ottimo e al bene è un estremo", cioè rispetto alla conformità con la ragione.

[36169] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod medium et extrema considerantur in actionibus et passionibus secundum diversas circumstantias, unde nihil prohibet in aliqua virtute esse extremum secundum unam circumstantiam, quod tamen est medium secundum alias circumstantias, per conformitatem ad rationem. Et sic est in magnificentia et magnanimitate. Nam si consideretur quantitas absoluta eius in quod tendit magnificus et magnanimus, dicetur extremum et maximum, sed si consideretur hoc ipsum per comparationem ad alias circumstantias, sic habet rationem medii; quia in hoc tendunt huiusmodi virtutes secundum regulam rationis, idest ubi oportet, et quando oportet, et propter quod oportet. Excessus autem, si in hoc maximum tendatur quando non oportet, vel ubi non oportet, vel propter quod non oportet; defectus autem est, si non tendatur in hoc maximum ubi oportet, et quando oportet. Et hoc est quod philosophus dicit, in IV Ethic., quod magnanimus est quidem magnitudine extremus; eo autem quod ut oportet, medius.

 

[36169] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 2
2. Negli atti e nelle passioni giusto mezzo ed estremi vanno determinati secondo le diverse circostanze: perciò niente impedisce che in una virtù si abbia un estremo rispetto a una data circostanza, il quale tuttavia rimane giusto mezzo rispetto ad altre circostanze, in forza della sua conformità con la ragione. Il che avviene nella magnificenza e nella magnanimità. Se infatti si considera la sola grandezza di ciò cui tende il munifico e il magnanimo, bisogna dire che è qualche cosa di estremo e di massimo; ma se si considera in rapporto alle altre circostanze, allora ha ragione di termine intermedio; poiché a codesto termine tendono le suddette virtù secondo la regola della ragione, e cioè dove, quando, e perché si richiede. Invece avremmo un eccesso se si tendesse a quel massimo quando e dove non si richiede, e per motivi che non lo richiedono; e si avrebbe un difetto, se ad esso non si tendesse dove e quando si richiede. È quanto dice il Filosofo, scrivendo che "il magnanimo è estremo nella grandezza; ma essendolo là dove si richiede, è moderato".

[36170] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod eadem ratio est de virginitate et paupertate, quae est de magnanimitate. Abstinet enim virginitas ab omnibus venereis, et paupertas ab omnibus divitiis, propter quod oportet, et secundum quod oportet; idest secundum mandatum Dei, et propter vitam aeternam. Si autem hoc fiat secundum quod non oportet, idest secundum aliquam superstitionem illicitam, vel etiam propter inanem gloriam; erit superfluum. Si autem non fiat quando oportet, vel secundum quod oportet, est vitium per defectum, ut patet in transgredientibus votum virginitatis vel paupertatis.

 

[36170] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 3
3. La stessa ragione invocata per la magnanimità, vale anche per la verginità e per la povertà. Infatti la verginità si astiene da tutti i piaceri venerei, e la povertà da tutte le ricchezze per giusti motivi e nei modi richiesti; cioè secondo il comando di Dio, e per la vita eterna. Invece se uno lo facesse ma non nel debito modo, e cioè seguendo una superstizione illecita, o anche per vanagloria, si avrebbe un eccesso. Se poi uno non lo facesse quando si richiede, com'è evidente nel caso di chi trasgredisce il voto di verginità o di povertà, allora si avrebbe un vizio per difetto.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Il giusto mezzo delle virtù > Se il giusto mezzo delle virtù morali sia reale o di ragione


Prima pars secundae partis
Quaestio 64
Articulus 2

[36171] Iª-IIae q. 64 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod medium virtutis moralis non sit medium rationis, sed medium rei. Bonum enim virtutis moralis consistit in hoc quod est in medio. Bonum autem, ut dicitur in VI Metaphys., est in rebus ipsis. Ergo medium virtutis moralis est medium rei.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 64
Articolo 2

[36171] Iª-IIae q. 64 a. 2 arg. 1
SEMBRA che il giusto mezzo delle virtù morali sia nelle cose e non nella ragione. Infatti:
1. Il bene della virtù morale consiste nell'essere nel giusto mezzo. Ma il bene, come dice Aristotele, è nelle cose stesse. Dunque il giusto mezzo della virtù morale è nelle cose.

[36172] Iª-IIae q. 64 a. 2 arg. 2
Praeterea, ratio est vis apprehensiva. Sed virtus moralis non consistit in medio apprehensionum; sed magis in medio operationum et passionum. Ergo medium virtutis moralis non est medium rationis, sed medium rei.

 

[36172] Iª-IIae q. 64 a. 2 arg. 2
2. La ragione è una potenza conoscitiva. La virtù morale però non consiste nel giusto mezzo degli atti conoscitivi; ma piuttosto nel giusto mezzo riguardante operazioni e passioni. Quindi il giusto mezzo delle virtù morali non è di ordine razionale, ma reale.

[36173] Iª-IIae q. 64 a. 2 arg. 3
Praeterea, medium quod accipitur secundum proportionem arithmeticam vel geometricam, est medium rei. Sed tale est medium iustitiae, ut dicitur in V Ethic. Ergo medium virtutis moralis non est medium rationis, sed rei.

 

[36173] Iª-IIae q. 64 a. 2 arg. 3
3. Il mezzo calcolato a guisa dei rapporti aritmetici o geometrici è il mezzo di ordine reale. Ora, a dire di Aristotele, tale è il giusto mezzo della giustizia. Dunque il giusto mezzo delle virtù morali è reale e non di ragione.

[36174] Iª-IIae q. 64 a. 2 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in II Ethic., quod virtus moralis in medio consistit quoad nos, determinata ratione.

 

[36174] Iª-IIae q. 64 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna, che "la virtù morale consiste nel giusto mezzo rispetto a noi, definito dalla ragione".

[36175] Iª-IIae q. 64 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod medium rationis dupliciter potest intelligi. Uno modo, secundum quod medium in ipso actu rationis existit, quasi ipse actus rationis ad medium reducatur. Et sic, quia virtus moralis non perficit actum rationis, sed actum virtutis appetitivae; medium virtutis moralis non est medium rationis. Alio modo potest dici medium rationis id quod a ratione ponitur in aliqua materia. Et sic omne medium virtutis moralis est medium rationis, quia, sicut dictum est, virtus moralis dicitur consistere in medio, per conformitatem ad rationem rectam. Sed quandoque contingit quod medium rationis est etiam medium rei, et tunc oportet quod virtutis moralis medium sit medium rei; sicut est in iustitia. Quandoque autem medium rationis non est medium rei, sed accipitur per comparationem ad nos, et sic est medium in omnibus aliis virtutibus moralibus. Cuius ratio est quia iustitia est circa operationes, quae consistunt in rebus exterioribus, in quibus rectum institui debet simpliciter et secundum se, ut supra dictum est, et ideo medium rationis in iustitia est idem cum medio rei, inquantum scilicet iustitia dat unicuique quod debet, et non plus nec minus. Aliae vero virtutes morales consistunt circa passiones interiores, in quibus non potest rectum constitui eodem modo, propter hoc quod homines diversimode se habent ad passiones, et ideo oportet quod rectitudo rationis in passionibus instituatur per respectum ad nos, qui afficimur secundum passiones.

 

[36175] Iª-IIae q. 64 a. 2 co.
RISPONDO: Il giusto mezzo di ragione si può intendere in due modi. Primo, nel senso che il mezzo sia da ricercarsi nello stesso atto della ragione, quasi riducendo l'atto stesso della ragione a qualche cosa d'intermedio. In questo senso il giusto mezzo della virtù non può essere giusto mezzo della ragione; poiché la virtù morale non dà compimento all'atto della ragione, ma all'atto della virtù appetitiva. - Secondo, può dirsi giusto mezzo di ragione quanto viene determinato come tale dalla ragione in una data materia. E in questo senso il giusto mezzo della virtù morale è sempre il giusto mezzo della ragione: poiché, secondo le spiegazioni date, la virtù morale consiste nel giusto mezzo in conformità con la retta ragione.
In qualche caso avviene però che il giusto mezzo di ragione coincida col giusto mezzo imposto dalla realtà delle cose: e allora il giusto mezzo della virtù morale s'identifica col giusto mezzo delle cose, come avviene nel caso della giustizia. Invece altre volte il giusto mezzo di ragione non è desunto dalla realtà, ma in rapporto a noi: ed è questo il giusto mezzo in tutte le altre virtù morali. Ciò si deve al fatto che la giustizia riguarda le operazioni aventi di mira le cose esterne, in cui il giusto deve essere determinato in assoluto e per se stesso, come abbiamo già notato: e quindi il giusto mezzo di ragione nella giustizia s'identifica col giusto mezzo delle cose, in quanto la giustizia dà a ciascuno ciò che si deve, né più, né meno. Invece le altre virtù morali riguardano le passioni interiori in cui non si può stabilire ciò che è giusto sempre allo stesso modo, perché gli uomini sono diversamente disposti rispetto alle passioni: e allora è necessario determinare la rettitudine della ragione, avendo riguardo a noi che siamo sotto l'influsso delle passioni.

[36176] Iª-IIae q. 64 a. 2 ad 1
Et per hoc patet responsio ad obiecta. Nam, primae duae rationes procedunt de medio rationis quod scilicet invenitur in ipso actu rationis. Tertia vero ratio procedit de medio iustitiae.

 

[36176] Iª-IIae q. 64 a. 2 ad 1
Sono così evidenti le risposte alle difficoltà. Infatti le prime due insistono sul giusto mezzo di ragione considerato nell'atto stesso della ragione. - La terza è basata sul giusto mezzo proprio della giustizia.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Il giusto mezzo delle virtù > Se le virtù intellettuali consistano in un giusto mezzo


Prima pars secundae partis
Quaestio 64
Articulus 3

[36177] Iª-IIae q. 64 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod virtutes intellectuales non consistant in medio. Virtutes enim morales consistunt in medio, inquantum conformantur regulae rationis. Sed virtutes intellectuales sunt in ipsa ratione; et sic non videntur habere superiorem regulam. Ergo virtutes intellectuales non consistunt in medio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 64
Articolo 3

[36177] Iª-IIae q. 64 a. 3 arg. 1
SEMBRA che le virtù intellettuali non consistano in un giusto mezzo. Infatti:
1. Le virtù morali consistono nel giusto mezzo, in quanto devono conformarsi alla regola della ragione. Ma le virtù intellettuali sono nella ragione stessa; e quindi non si vede come possano avere una regola superiore. Dunque le virtù intellettuali non consistono in un giusto mezzo.

[36178] Iª-IIae q. 64 a. 3 arg. 2
Praeterea, medium virtutis moralis determinatur a virtute intellectuali, dicitur enim in II Ethic., quod virtus consistit in medietate determinata ratione, prout sapiens determinabit. Si igitur virtus intellectualis iterum consistat in medio, oportet quod determinetur sibi medium per aliquam aliam virtutem. Et sic procedetur in infinitum in virtutibus.

 

[36178] Iª-IIae q. 64 a. 3 arg. 2
2. Il giusto mezzo delle virtù morali viene determinato da una virtù intellettuale; poiché, come Aristotele ha scritto, "la virtù consiste nel giusto mezzo dovuto alla ragione determinata secondo la determinazione del savio". Ora, se a sua volta la virtù intellettuale dovesse consistere in un giusto mezzo, bisognerebbe determinare codesto mezzo mediante un'altra virtù. E così si procederebbe all'infinito nella serie delle virtù.

[36179] Iª-IIae q. 64 a. 3 arg. 3
Praeterea, medium proprie est inter contraria; ut patet per philosophum, in X Metaphys. Sed in intellectu non videtur esse aliqua contrarietas, cum etiam ipsa contraria, secundum quod sunt in intellectu, non sint contraria, sed simul intelligantur, ut album et nigrum, sanum et aegrum. Ergo in intellectualibus virtutibus non est medium.

 

[36179] Iª-IIae q. 64 a. 3 arg. 3
3. Il giusto mezzo sta tra due contrari, come Aristotele dimostra. Ma nell'intelletto non esiste alcuna contrarietà; poiché gli stessi contrari in quanto sono nell'intelletto non sono contrari, ma vengono conosciuti simultaneamente. Dunque non esiste un giusto mezzo nelle virtù intellettuali.

[36180] Iª-IIae q. 64 a. 3 s. c.
Sed contra est quod ars est virtus intellectualis, ut dicitur in VI Ethic.; et tamen artis est aliquod medium, ut dicitur in II Ethic. Ergo etiam virtus intellectualis consistit in medio.

 

[36180] Iª-IIae q. 64 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Come insegna Aristotele, l'arte è una virtù intellettuale; e tuttavia a suo parere esiste il giusto mezzo nell'arte. Perciò anche le virtù intellettuali consistono in un giusto mezzo.

[36181] Iª-IIae q. 64 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod bonum alicuius rei consistit in medio, secundum quod conformatur regulae vel mensurae quam contingit transcendere et ab ea deficere, sicut dictum est. Virtus autem intellectualis ordinatur ad bonum, sicut et moralis, ut supra dictum est. Unde secundum quod bonum virtutis intellectualis se habet ad mensuram, sic se habet ad rationem medii. Bonum autem virtutis intellectualis est verum, speculativae quidem virtutis, verum absolute, ut in VI Ethic. dicitur; practicae autem virtutis, verum secundum conformitatem ad appetitum rectum. Verum autem intellectus nostri absolute consideratum, est sicut mensuratum a re, res enim est mensura intellectus nostri, ut dicitur in X Metaphys.; ex eo enim quod res est vel non est, veritas est in opinione et in oratione. Sic igitur bonum virtutis intellectualis speculativae consistit in quodam medio, per conformitatem ad ipsam rem, secundum quod dicit esse quod est, vel non esse quod non est; in quo ratio veri consistit. Excessus autem est secundum affirmationem falsam, per quam dicitur esse quod non est, defectus autem accipitur secundum negationem falsam, per quam dicitur non esse quod est. Verum autem virtutis intellectualis practicae, comparatum quidem ad rem, habet rationem mensurati. Et sic eodem modo accipitur medium per conformitatem ad rem, in virtutibus intellectualibus practicis, sicut in speculativis. Sed respectu appetitus, habet rationem regulae et mensurae. Unde idem medium, quod est virtutis moralis, etiam est ipsius prudentiae, scilicet rectitudo rationis, sed prudentiae quidem est istud medium ut regulantis et mensurantis; virtutis autem moralis, ut mensuratae et regulatae. Similiter excessus et defectus accipitur diversimode utrobique.

 

[36181] Iª-IIae q. 64 a. 3 co.
RISPONDO: Il bene di una cosa consiste nel giusto mezzo, in quanto è conforme a una regola o misura che essa potrebbe sorpassare e non raggiungere, come abbiamo detto. Ora, le virtù intellettuali sono ordinate al bene come quelle morali, secondo le spiegazioni date. Perciò il bene della virtù intellettuale come consiste nella misura, così consiste nel giusto mezzo. Ora, il bene di una virtù intellettuale è il vero: di una virtù speculativa il vero in assoluto, come ricorda Aristotele nell'Etica; di una virtù pratica il vero basato sulla conformità con la rettitudine dell'appetito.
Il vero del nostro intelletto considerato in assoluto è come misurato dalle cose: poiché, come insegna Aristotele, le cose sono la misura del nostro intelletto; infatti la verità è nel nostro pensiero e nei nostri discorsi a seconda che le cose sono o non sono. Perciò la bontà di una virtù intellettuale speculativa viene a costituirsi nel giusto mezzo, mediante la conformità con la cosa stessa, cioè mediante l'affermazione di ciò che è, e la negazione di ciò che non è; il che costituisce l'essenza della verità. Si ha invece l'eccesso con la falsa affermazione di ciò che non è; e il difetto con la negazione falsa di ciò che è.
Ma nelle virtù intellettuali pratiche, rispetto alle cose il vero si presenta ancora come commisurato ad esse. E da questo lato in tali virtù il giusto mezzo si desume dalla conformità col reale, come nelle virtù speculative. - Invece rispetto agli appetiti (il giusto mezzo) ha funzione di regola o misura. Cosicché il giusto mezzo delle virtù morali è quello stesso della prudenza, e cioè la retta ragione: ma alla prudenza codesto mezzo appartiene come all'elemento regolante e misurante; mentre appartiene alle virtù morali, come a cose misurate e regolate. Parimente eccesso e difetto si considerano diversamente nell'uno e nell'altro caso.

[36182] Iª-IIae q. 64 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod etiam virtus intellectualis habet suam mensuram, ut dictum est, et per conformitatem ad ipsam, accipitur in ipsa medium.

 

[36182] Iª-IIae q. 64 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come abbiamo spiegato, anche le virtù intellettuali hanno la loro misura: e in base alla loro conformità con essa va determinato il loro giusto mezzo.

[36183] Iª-IIae q. 64 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod non est necesse in infinitum procedere in virtutibus, quia mensura et regula intellectualis virtutis non est aliquod aliud genus virtutis, sed ipsa res.

 

[36183] Iª-IIae q. 64 a. 3 ad 2
2. Non c'è il pericolo di procedere all'infinito nella serie delle virtù: poiché la misura e la regola delle virtù intellettuali non è un altro genere di virtù, ma la stessa realtà.

[36184] Iª-IIae q. 64 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod ipsae res contrariae non habent contrarietatem in anima, quia unum est ratio cognoscendi alterum, et tamen in intellectu est contrarietas affirmationis et negationis, quae sunt contraria, ut dicitur in fine peri hermeneias. Quamvis enim esse et non esse non sint contraria, sed contradictorie opposita, si considerentur ipsa significata prout sunt in rebus, quia alterum est ens, et alterum est pure non ens, tamen si referantur ad actum animae, utrumque ponit aliquid. Unde esse et non esse sunt contradictoria, sed opinio qua opinamur quod bonum est bonum, est contraria opinioni qua opinamur quod bonum non est bonum. Et inter huiusmodi contraria medium est virtus intellectualis.

 

[36184] Iª-IIae q. 64 a. 3 ad 3
3. Le cose tra loro contrarie non hanno contrarietà nell'anima, poiché l'una è il motivo per conoscere l'altra: tuttavia nell'intelletto esiste la contrarietà tra affermazione e negazione, come nota Aristotele verso la fine del Perì Hermeneias. Infatti sebbene essere e non essere non siano contrari ma contraddittori, se si considerano le cose significate come sono nella realtà, poiché l'uno è ente e l'altro è puro non ente, tuttavia in rapporto alla conoscenza dell'anima, l'uno e l'altro (come affermazione e negazione) pongono qualche cosa. E quindi essere e non essere sono termini contraddittori: ma il giudizio col quale opiniamo che il bene è bene, è contrario a quello col quale opiniamo che il bene non è bene. Ora, la virtù intellettuale segna appunto il giusto mezzo tra contrari di questo genere.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Il giusto mezzo delle virtù > Se le virtù teologali consistano in un giusto mezzo


Prima pars secundae partis
Quaestio 64
Articulus 4

[36185] Iª-IIae q. 64 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod virtus theologica consistat in medio. Bonum enim aliarum virtutum consistit in medio. Sed virtus theologica excedit in bonitate alias virtutes. Ergo virtus theologica multo magis est in medio.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 64
Articolo 4

[36185] Iª-IIae q. 64 a. 4 arg. 1
SEMBRA che le virtù teologali consistano in un giusto mezzo. Infatti:
1. La bontà delle altre virtù consiste nel giusto mezzo. Ma le virtù teologali sorpassano in bontà le altre virtù. Quindi a maggior ragione dovranno consistere in un giusto mezzo.

[36186] Iª-IIae q. 64 a. 4 arg. 2
Praeterea, medium virtutis accipitur, moralis quidem secundum quod appetitus regulatur per rationem; intellectualis vero secundum quod intellectus noster mensuratur a re. Sed virtus theologica et perficit intellectum, et appetitum, ut supra dictum est. Ergo etiam virtus theologica consistit in medio.

 

[36186] Iª-IIae q. 64 a. 4 arg. 2
2. Il giusto mezzo per le virtù morali consiste nel regolamento dell'appetito da parte della ragione; e per le virtù intellettuali nel commisurarsi del nostro intelletto alle cose. Ora, le virtù teologali arricchiscono sia l'intelletto che l'appetito, come abbiamo visto. Dunque le virtù teologali consistono anch'esse in un giusto mezzo.

[36187] Iª-IIae q. 64 a. 4 arg. 3
Praeterea, spes quae est virtus theologica, medium est inter desperationem et praesumptionem. Similiter etiam fides incedit media inter contrarias haereses, ut Boetius dicit, in libro de duabus naturis, quod enim confitemur in Christo unam personam et duas naturas, medium est inter haeresim Nestorii, qui dicit duas personas et duas naturas; et haeresim Eutychis, qui dicit unam personam et unam naturam. Ergo virtus theologica consistit in medio.

 

[36187] Iª-IIae q. 64 a. 4 arg. 3
3. La virtù teologale della speranza è il giusto mezzo tra la disperazione e la presunzione. Parimente la fede passa in mezzo fra eresie contrarie, come nota Boezio: infatti l'affermazione che in Cristo c'è una sola persona e due nature sta tra l'eresia di Nestorio, il quale sostiene che ci sono in lui due persone e due nature, e l'eresia di Eutiche, il quale parla di una sola persona e di una sola natura. Dunque le virtù teologali consistono in un giusto mezzo.

[36188] Iª-IIae q. 64 a. 4 s. c.
Sed contra, in omnibus in quibus consistit virtus in medio, contingit peccare per excessum, sicut et per defectum. Sed circa Deum, qui est obiectum virtutis theologicae, non contingit peccare per excessum, dicitur enim Eccli. XLIII, benedicentes Deum, exaltate illum quantum potestis, maior enim est omni laude. Ergo virtus theologica non consistit in medio.

 

[36188] Iª-IIae q. 64 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: In tutte le cose, la cui perfezione consiste in un giusto mezzo, si può peccare per eccesso come per difetto. Invece rispetto a Dio, oggetto delle virtù teologali non si può peccare per eccesso; poiché sta scritto: "Benedicendo il Signore, esaltatelo quanto potete: perché è maggiore di ogni lode". Perciò le virtù teologali non consistono in un giusto mezzo.

[36189] Iª-IIae q. 64 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, medium virtutis accipitur per conformitatem ad suam regulam vel mensuram, secundum quod contingit ipsam transcendere vel ab ea deficere. Virtutis autem theologicae duplex potest accipi mensura. Una quidem secundum ipsam rationem virtutis. Et sic mensura et regula virtutis theologicae est ipse Deus, fides enim nostra regulatur secundum veritatem divinam, caritas autem secundum bonitatem eius, spes autem secundum magnitudinem omnipotentiae et pietatis eius. Et ista est mensura excellens omnem humanam facultatem, unde nunquam potest homo tantum diligere Deum quantum diligi debet, nec tantum credere aut sperare in ipsum, quantum debet. Unde multo minus potest ibi esse excessus. Et sic bonum talis virtutis non consistit in medio, sed tanto est melius, quanto magis acceditur ad summum. Alia vero regula vel mensura virtutis theologicae est ex parte nostra, quia etsi non possumus ferri in Deum quantum debemus, debemus tamen ferri in ipsum credendo, sperando et amando, secundum mensuram nostrae conditionis. Unde per accidens potest in virtute theologica considerari medium et extrema, ex parte nostra.

 

[36189] Iª-IIae q. 64 a. 4 co.
RISPONDO: Il giusto mezzo della virtù viene stabilito in base al suo adeguarsi con la regola o misura, che uno potrebbe sorpassare o non raggiungere. Ora, le virtù teologali possono avere due tipi di misura. La prima si desume dalla ragione formale di codeste virtù. E da questo lato misura e regola delle virtù teologali è Dio stesso: infatti la nostra fede è regolata secondo la verità di Dio, la carità secondo la bontà divina, e la speranza secondo la grandezza della sua onnipotenza e misericordia. E questa è una misura che sorpassa ogni capacità umana: cosicché l'uomo non potrà mai, né amare Dio quanto è tenuto ad amarlo, né credere o sperare in lui quanto è necessario. A maggior ragione non potranno in questo esserci degli eccessi. E quindi da questo lato la perfezione di codeste virtù non potrà consistere in un giusto mezzo: ma quanto più si avvicina al sommo tanto più sarà eccellente.
La seconda regola o misura delle virtù teologali si desume da parte nostra (di noi che le possediamo): poiché, sebbene non si possa amare Dio quanto si deve, tuttavia dobbiamo avvicinarci a lui, credendo, sperando e amando, secondo la misura della nostra condizione. Perciò rispetto a noi si può indirettamente determinare un giusto mezzo nelle virtù teologali.

[36190] Iª-IIae q. 64 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod bonum virtutum intellectualium et moralium consistit in medio per conformitatem ad regulam vel mensuram quam transcendere contingit. Quod non est in virtutibus theologicis, per se loquendo, ut dictum est.

 

[36190] Iª-IIae q. 64 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La bontà o perfezione delle virtù intellettuali e morali consiste in un giusto mezzo per il loro adeguamento a una regola o misura, che è possibile sorpassare. Ma questo di per sé, come abbiamo spiegato, non può avvenire nelle virtù teologali.

[36191] Iª-IIae q. 64 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod virtutes morales et intellectuales perficiunt intellectum et appetitum nostrum in ordine ad mensuram et regulam creatam, virtutes autem theologicae in ordine ad mensuram et regulam increatam. Unde non est similis ratio.

 

[36191] Iª-IIae q. 64 a. 4 ad 2
2. Le virtù morali e intellettuali arricchiscono l'intelletto e l'appetito in ordine a una misura o regola creata: invece le virtù teologali li arricchiscono in ordine a una misura o regola increata. Perciò il confronto non regge.

[36192] Iª-IIae q. 64 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod spes est media inter praesumptionem et desperationem, ex parte nostra, inquantum scilicet aliquis praesumere dicitur ex eo quod sperat a Deo bonum quod excedit suam conditionem; vel non sperat quod secundum suam conditionem sperare posset. Non autem potest esse superabundantia spei ex parte Dei, cuius bonitas est infinita. Similiter etiam fides est media inter contrarias haereses, non per comparationem ad obiectum, quod est Deus, cui non potest aliquis nimis credere, sed inquantum ipsa opinio humana est media inter contrarias opiniones, ut ex supradictis patet.

 

[36192] Iª-IIae q. 64 a. 4 ad 3
3. La speranza è un giusto mezzo tra la presunzione e la disperazione solo rispetto a noi: e cioè, o perché uno spera da Dio un bene superiore alla propria condizione; o perché non spera quanto potrebbe sperare nella propria condizione. Ma non ci può essere un eccesso di speranza rispetto a Dio, la cui bontà è infinita. - Parimente la fede è il giusto mezzo tra eresie contrarie, non in rapporto all'oggetto, cioè a Dio, al quale nessuno può mai credere troppo: ma in quanto l'opinione umana in se stessa può essere un giusto mezzo tra opinioni contrarie, come abbiamo visto in precedenza.

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