I-II, 110

Seconda parte > Gli atti umani in generale > La grazia di Dio nella sua essenza


Prima pars secundae partis
Quaestio 110
Prooemium

[38444] Iª-IIae q. 110 pr.
Deinde considerandum est de gratia Dei quantum ad eius essentiam. Et circa hoc quaeruntur quatuor.
Primo, utrum gratia ponat aliquid in anima.
Secundo, utrum gratia sit qualitas.
Tertio, utrum gratia differat a virtute infusa.
Quarto, de subiecto gratiae.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 110
Proemio

[38444] Iª-IIae q. 110 pr.
Passiamo a considerare la grazia di Dio nella sua essenza.
Su codesto tema tratteremo quattro argomenti:

1. Se la grazia ponga qualche cosa nell'anima;
2. Se la grazia sia una qualità;
3. Se la grazia differisca dalle virtù infuse;
4. La sede della grazia.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > La grazia di Dio nella sua essenza > Se la grazia ponga qualche cosa nell'anima


Prima pars secundae partis
Quaestio 110
Articulus 1

[38445] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod gratia non ponat aliquid in anima. Sicut enim homo dicitur habere gratiam Dei, ita etiam gratiam hominis, unde dicitur Gen. XXXIX, quod dominus dedit Ioseph gratiam in conspectu principis carceris. Sed per hoc quod homo dicitur habere gratiam hominis, nihil ponitur in eo qui gratiam alterius habet; sed in eo cuius gratiam habet, ponitur acceptatio quaedam. Ergo per hoc quod homo dicitur gratiam Dei habere, nihil ponitur in anima, sed solum significatur acceptatio divina.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 110
Articolo 1

[38445] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la grazia non ponga niente nell'anima. Infatti:
1. Si dice che uno ha la grazia di Dio, come si usa dire che uno ha la grazia di un uomo, secondo quell'espressione della Genesi: "Il Signore fece trovar grazia a Giuseppe presso il capo del carcere". Ora, per il fatto che uno ottiene la grazia di un uomo, non viene ad avere in sé qualche cosa da codesta grazia; ma si riscontra piuttosto una specie di compiacenza in chi la concede. Quindi quando si dice che l'uomo ha la grazia di Dio, non si viene a porre qualche cosa nell'anima, ma si vuol solo indicare la compiacenza divina.

[38446] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 2
Praeterea, sicut anima vivificat corpus, ita Deus vivificat animam, unde dicitur Deut. XXX, ipse est vita tua. Sed anima vivificat corpus immediate. Ergo etiam nihil cadit medium inter Deum et animam. Non ergo gratia ponit aliquid creatum in anima.

 

[38446] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 2
2. Come l'anima vivifica il corpo, così Dio vivifica l'anima; poiché sta scritto: "È egli la tua vita". Ma l'anima vivifica il corpo in maniera immediata. Dunque non c'è niente di mezzo tra Dio e l'anima. Quindi la grazia non mette niente di creato nell'anima.

[38447] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 3
Praeterea, ad Rom. I, super illud, gratia vobis et pax, dicit Glossa. Gratia, idest remissio peccatorum, sed remissio peccatorum non ponit in anima aliquid, sed solum in Deo, non imputando peccatum; secundum illud Psalmi XXXI, beatus vir cui non imputavit dominus peccatum. Ergo nec gratia ponit aliquid in anima.

 

[38447] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 3
3. Commentando l'espressione paolina, "Grazia a voi e pace", la Glossa spiega: "Grazia, cioè la remissione dei peccati". Ora, la remissione dei peccati non pone niente nell'anima, ma solo presuppone in Dio la non imputazione del peccato, secondo le parole del Salmo: "Beato l'uomo cui Dio non imputa colpa". Dunque neppure la grazia pone qualche cosa nell'anima.

[38448] Iª-IIae q. 110 a. 1 s. c.
Sed contra, lux ponit aliquid in illuminato. Sed gratia est quaedam lux animae, unde Augustinus dicit, in libro de natura et gratia, praevaricatorem legis digne lux deserit veritatis, qua desertus utique fit caecus. Ergo gratia ponit aliquid in anima.

 

[38448] Iª-IIae q. 110 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: La luce pone qualche cosa in chi è illuminato. Ora, la grazia è una luce dell'anima; infatti S. Agostino ha scritto: "Il trasgressore della legge è giustamente abbandonato dalla luce della verità, privo della quale diviene realmente cieco". Perciò la grazia pone qualche cosa nell'anima.

[38449] Iª-IIae q. 110 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod secundum communem modum loquendi, gratia tripliciter accipi consuevit. Uno modo, pro dilectione alicuius, sicut consuevimus dicere quod iste miles habet gratiam regis, idest, rex habet eum gratum. Secundo sumitur pro aliquo dono gratis dato, sicut consuevimus dicere, hanc gratiam facio tibi. Tertio modo sumitur pro recompensatione beneficii gratis dati, secundum quod dicimur agere gratias beneficiorum. Quorum trium secundum dependet ex primo, ex amore enim quo aliquis alium gratum habet, procedit quod aliquid ei gratis impendat. Ex secundo autem procedit tertium, quia ex beneficiis gratis exhibitis gratiarum actio consurgit. Quantum igitur ad duo ultima, manifestum est quod gratia aliquid ponit in eo qui gratiam accipit, primo quidem, ipsum donum gratis datum; secundo, huius doni recognitionem. Sed quantum ad primum, est differentia attendenda circa gratiam Dei et gratiam hominis. Quia enim bonum creaturae provenit ex voluntate divina, ideo ex dilectione Dei qua vult creaturae bonum, profluit aliquod bonum in creatura. Voluntas autem hominis movetur ex bono praeexistente in rebus, et inde est quod dilectio hominis non causat totaliter rei bonitatem, sed praesupponit ipsam vel in parte vel in toto. Patet igitur quod quamlibet Dei dilectionem sequitur aliquod bonum in creatura causatum quandoque, non tamen dilectioni aeternae coaeternum. Et secundum huiusmodi boni differentiam, differens consideratur dilectio Dei ad creaturam. Una quidem communis, secundum quam diligit omnia quae sunt, ut dicitur Sap. XI; secundum quam esse naturale rebus creatis largitur. Alia autem est dilectio specialis, secundum quam trahit creaturam rationalem supra conditionem naturae, ad participationem divini boni. Et secundum hanc dilectionem dicitur aliquem diligere simpliciter, quia secundum hanc dilectionem vult Deus simpliciter creaturae bonum aeternum, quod est ipse. Sic igitur per hoc quod dicitur homo gratiam Dei habere, significatur quiddam supernaturale in homine a Deo proveniens. Quandoque tamen gratia Dei dicitur ipsa aeterna Dei dilectio, secundum quod dicitur etiam gratia praedestinationis, inquantum Deus gratuito, et non ex meritis, aliquos praedestinavit sive elegit; dicitur enim ad Ephes. I, praedestinavit nos in adoptionem filiorum, in laudem gloriae gratiae suae.

 

[38449] Iª-IIae q. 110 a. 1 co.
RISPONDO: Secondo l'uso comune il termine grazia può avere tre significati. Primo, può indicare l'amore di qualcuno: si usa dire p. es., che un soldato ha la grazia del re, nel senso che il re lo gradisce. Secondo, può indicare un dono gratuito; come quando si dice: "Ti faccio questa grazia". Terzo, può avere il senso di riconoscenza per un beneficio gratuito: come quando si parla di rendimento di grazie. Di questi tre sensi il secondo dipende dal primo: infatti dall'amore per cui a uno è gradita una data persona, derivano le gratificazioni verso di essa. Il terzo poi dipende dal secondo: poiché il rendimento di grazie segue ai benefici offerti gratuitamente.
Ora, negli ultimi due casi è evidente che la grazia implica qualche cosa in colui che se ne giova: in un caso lo stesso dono gratuito; nell'altro la riconoscenza per esso. Ma nel primo di questi due casi bisogna notare la differenza esistente tra la grazia di Dio e la grazia degli uomini. Infatti, derivando il bene delle creature dalla volontà di Dio, qualsiasi bene che la creatura accoglie, promana dall'amore col quale Dio vuole il bene della creatura. Invece la volontà dell'uomo viene mossa dal bene preesistente nelle cose: ecco perché l'amore dell'uomo non causa totalmente la bontà delle cose, ma la presuppone, o in parte, o in tutto. Perciò è evidente che qualsiasi bene, comunque causato nella creatura, segue sempre a un atto di amore da parte di Dio, e non è mai coeterno all'eterno amore. Però dalle differenze di tali beni scaturiscono le differenze dell'amore di Dio verso la creatura. C'è infatti un amore universale, con il quale "egli ama tutte le cose esistenti", come dice la Scrittura; e in forza di esso viene elargita l'esistenza naturale a tutte le cose create. C'è poi un amore speciale, di cui Dio si serve per innalzare la creatura ragionevole, sopra la condizione della natura, alla partecipazione del bene divino. E in questo ultimo caso si dice che Dio ama una persona in senso assoluto: poiché con questo amore Dio vuole senz'altro alla creatura quel bene eterno, che è lui medesimo.
Ecco perché quando si dice che uno ha la grazia di Dio, si vuol indicare un dono soprannaturale prodotto da Dio nell'uomo. - Tuttavia talora si denomina grazia di Dio lo stesso amore eterno di Dio: si parla così della grazia di predestinazione, in quanto Dio non per i meriti, ma gratuitamente, ha scelto o predestinato alcuni, come insegna S. Paolo: "Ha predestinato noi ad essere figli suoi adottivi, a lode della gloria della sua grazia".

[38450] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod etiam in hoc quod dicitur aliquis habere gratiam hominis, intelligitur in aliquo esse aliquid quod sit homini gratum, sicut et in hoc quod dicitur aliquis gratiam Dei habere; sed differenter. Nam illud quod est homini gratum in alio homine, praesupponitur eius dilectioni, causatur autem ex dilectione divina quod est in homine Deo gratum, ut dictum est.

 

[38450] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Anche quando si parla della grazia che uno riscuote da parte degli uomini, si vuole intendere che in lui c'è qualche cosa che lo rende gradito, come quando si dice che uno ha la grazia di Dio; ci sono però delle differenze. Infatti ciò che rende gradito un uomo a un altro è presupposto a codesto amore, o gradimento; mentre ciò che rende graditi a Dio viene causato dall'amore di Dio, come abbiamo spiegato.

[38451] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod Deus est vita animae per modum causae efficientis, sed anima est vita corporis per modum causae formalis inter formam autem et materiam non cadit aliquod medium, quia forma per seipsam informat materiam vel subiectum. Sed agens informat subiectum non per suam substantiam, sed per formam quam in materia causat.

 

[38451] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 2
2. Dio è la vita dell'anima come causa efficiente: l'anima invece è vita del corpo come causa formale. Ora, tra forma e materia non ci possono essere dati intermedi: poiché la forma da se stessa informa la materia, o il subietto. Invece la causa agente non informa il subietto con la sua sostanza, ma mediante la forma che essa produce nella materia.

[38452] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod Augustinus dicit, in libro Retract., ubi dixi gratiam esse remissionem peccatorum, pacem vero in reconciliatione Dei, non sic accipiendum est ac si pax ipsa et reconciliatio non pertineant ad gratiam generalem; sed quod specialiter nomine gratiae remissionem significaverit peccatorum. Non ergo sola remissio peccatorum ad gratiam pertinet, sed etiam multa alia Dei dona. Et etiam remissio peccatorum non fit sine aliquo effectu divinitus in nobis causato, ut infra patebit.

 

[38452] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 3
3. S. Agostino ha scritto nelle sue Ritrattazioni: "Quel passo nel quale affermai che la grazia è la remissione dei peccati, mentre la pace consiste nella riconciliazione di Dio, non va inteso nel senso che la pace stessa e la riconciliazione non siano da attribuire alla grazia nel suo significato ordinario: ma che in un senso particolare il termine grazia può indicare la remissione dei peccati". Perciò la grazia non abbraccia soltanto la remissione dei peccati, ma anche molti altri doni di Dio. E la stessa remissione dei peccati non avviene, senza che Dio produca in noi un effetto, come vedremo.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > La grazia di Dio nella sua essenza > Se la grazia sia una qualità dell'anima


Prima pars secundae partis
Quaestio 110
Articulus 2

[38453] Iª-IIae q. 110 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod gratia non sit qualitas animae. Nulla enim qualitas agit in suum subiectum, quia actio qualitatis non est absque actione subiecti, et sic oporteret quod subiectum ageret in seipsum. Sed gratia agit in animam, iustificando ipsam. Ergo gratia non est qualitas.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 110
Articolo 2

[38453] Iª-IIae q. 110 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la grazia non sia una qualità dell'anima. Infatti:
1. Nessuna qualità agisce sul proprio subietto: poiché l'azione della qualità è inseparabile dall'azione del subietto, cosicché quest'ultimo agirebbe su se stesso. Ma la grazia agisce sull'anima. Dunque la grazia non è una qualità.

[38454] Iª-IIae q. 110 a. 2 arg. 2
Praeterea, substantia est nobilior qualitate. Sed gratia est nobilior quam natura animae, multa enim possumus per gratiam ad quae natura non sufficit, ut supra dictum est. Ergo gratia non est qualitas.

 

[38454] Iª-IIae q. 110 a. 2 arg. 2
2. La sostanza è più nobile della qualità. Ora, la grazia è più nobile che la natura dell'anima: poiché con la grazia possiamo molte cose, alle quali non basta la natura, come abbiamo visto. Quindi la grazia non è una qualità.

[38455] Iª-IIae q. 110 a. 2 arg. 3
Praeterea, nulla qualitas remanet postquam desinit esse in subiecto. Sed gratia remanet. Non enim corrumpitur, quia sic in nihilum redigeretur, sicut ex nihilo creatur, unde et dicitur nova creatura, ad Gal. ult. Ergo gratia non est qualitas.

 

[38455] Iª-IIae q. 110 a. 2 arg. 3
3. Nessuna qualità rimane, se cessa di esistere in un soggetto. Invece la grazia rimane. Infatti essa non si corrompe: poiché allora sarebbe ridotta al nulla, come dal nulla viene creata, tanto che si parla di "nuova creatura". Dunque la grazia non è una qualità.

[38456] Iª-IIae q. 110 a. 2 s. c.
Sed contra est quod, super illud Psalmi CIII, ut exhilaret faciem in oleo, dicit Glossa quod gratia est nitor animae, sanctum concilians amorem. Sed nitor animae est quaedam qualitas, sicut et pulchritudo corporis. Ergo gratia est quaedam qualitas.

 

[38456] Iª-IIae q. 110 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Illustrando l'espressione del Salmista: "Perché renda vivace il volto con l'olio", la Glossa afferma che "la grazia è il candore dell'anima, che attira il santo amore". Ora, il candore dell'anima è una qualità, come la bellezza del corpo. Dunque la grazia è una qualità.

[38457] Iª-IIae q. 110 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, sicut iam dictum est, in eo qui dicitur gratiam Dei habere, significatur esse quidam effectus gratuitae Dei voluntatis. Dictum est autem supra quod dupliciter ex gratuita Dei voluntate homo adiuvatur. Uno modo, inquantum anima hominis movetur a Deo ad aliquid cognoscendum vel volendum vel agendum. Et hoc modo ipse gratuitus effectus in homine non est qualitas, sed motus quidam animae, actus enim moventis in moto est motus, ut dicitur in III Physic. Alio modo adiuvatur homo ex gratuita Dei voluntate, secundum quod aliquod habituale donum a Deo animae infunditur. Et hoc ideo, quia non est conveniens quod Deus minus provideat his quos diligit ad supernaturale bonum habendum, quam creaturis quas diligit ad bonum naturale habendum. Creaturis autem naturalibus sic providet ut non solum moveat eas ad actus naturales, sed etiam largiatur eis formas et virtutes quasdam, quae sunt principia actuum, ut secundum seipsas inclinentur ad huiusmodi motus. Et sic motus quibus a Deo moventur, fiunt creaturis connaturales et faciles; secundum illud Sap. VIII, et disponit omnia suaviter. Multo igitur magis illis quos movet ad consequendum bonum supernaturale aeternum, infundit aliquas formas seu qualitates supernaturales, secundum quas suaviter et prompte ab ipso moveantur ad bonum aeternum consequendum. Et sic donum gratiae qualitas quaedam est.

 

[38457] Iª-IIae q. 110 a. 2 co.
RISPONDO: Come abbiamo spiegato nell'articolo precedente, quando si dice che uno ha la grazia di Dio, si vuole indicare che in lui si trova un effetto della gratuita volontà di Dio. Ma sopra abbiamo già visto che l'uomo è aiutato in due maniere dalla gratuita volontà di Dio. Primo, in quanto l'anima umana viene mossa da Dio a conoscere, a volere, o a compiere qualche cosa. E allora codesto effetto gratuito che si opera nell'uomo non è una qualità, ma un moto dell'anima: infatti, a detta del Filosofo, "l'atto di chi muove è un moto in chi viene mosso".
Secondo, l'uomo viene aiutato dalla gratuita volontà di Dio, in quanto Dio infonde nell'anima un dono abituale. E questo perché non è ragionevole che Dio provveda ciò che ama in vista di un bene soprannaturale, meno di ciò che ama in vista di un bene naturale. Ora, alle creature di ordine naturale egli non provvede soltanto muovendole ai loro atti naturali, ma donando loro le forme e le facoltà che sono i principii di codesti atti, perché da se stesse tendano ad essi. Ed è così che i moti impressi da Dio diventano connaturali e facili alle creature, secondo le parole della Sapienza: "Tutto dispone con soavità". Perciò a maggior ragione egli infonde forme, o qualità soprannaturali in coloro che muove al conseguimento di un bene soprannaturale, mediante le quali li muove a raggiungere i beni eterni con soavità e con prontezza. Ecco quindi che il dono della grazia è una qualità.

[38458] Iª-IIae q. 110 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod gratia, secundum quod est qualitas, dicitur agere in animam non per modum causae efficientis, sed per modum causae formalis, sicut albedo facit album, et iustitia iustum.

 

[38458] Iª-IIae q. 110 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La grazia, in quanto è una qualità, agisce nell'anima non come causa efficiente, ma come causa formale: cioè come la bianchezza fa bianchi, e la giustizia fa giusti.

[38459] Iª-IIae q. 110 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod omnis substantia vel est ipsa natura rei cuius est substantia, vel est pars naturae, secundum quem modum materia vel forma substantia dicitur. Et quia gratia est supra naturam humanam, non potest esse quod sit substantia aut forma substantialis, sed est forma accidentalis ipsius animae. Id enim quod substantialiter est in Deo, accidentaliter fit in anima participante divinam bonitatem, ut de scientia patet. Secundum hoc ergo, quia anima imperfecte participat divinam bonitatem, ipsa participatio divinae bonitatis quae est gratia, imperfectiori modo habet esse in anima quam anima in seipsa subsistat. Est tamen nobilior quam natura animae, inquantum est expressio vel participatio divinae bonitatis, non autem quantum ad modum essendi.

 

[38459] Iª-IIae q. 110 a. 2 ad 2
2. Per sostanza s'intende, o la natura stessa di una data cosa; oppure una parte di codesta natura, vale a dire come lo è la materia, o la forma. Ora, la grazia, essendo superiore alla natura umana, è impossibile che sia una sostanza, o una forma sostanziale: ma è una forma accidentale dell'anima. Infatti ciò che si trova in Dio in maniera sostanziale, viene ad essere in maniera accidentale nell'anima che partecipa la bontà divina: come avviene per la scienza. Ma per il fatto che l'anima partecipa imperfettamente la bontà divina, quella partecipazione che corrisponde alla grazia ha nell'anima una sussistenza meno perfetta che la sussistenza dell'anima in se stessa. Però è superiore alla natura dell'anima, essendo un'emanazione e una partecipazione della bontà divina: ma non quanto al modo di esistere.

[38460] Iª-IIae q. 110 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut dicit Boetius, accidentis esse est inesse. Unde omne accidens non dicitur ens quasi ipsum esse habeat, sed quia eo aliquid est, unde et magis dicitur esse entis quam ens, ut dicitur in VII Metaphys. Et quia eius est fieri vel corrumpi cuius est esse, ideo, proprie loquendo, nullum accidens neque fit neque corrumpitur, sed dicitur fieri vel corrumpi, secundum quod subiectum incipit vel desinit esse in actu secundum illud accidens. Et secundum hoc etiam gratia dicitur creari, ex eo quod homines secundum ipsam creantur, idest in novo esse constituuntur, ex nihilo, idest non ex meritis; secundum illud ad Ephes. II, creati in Christo Iesu in operibus bonis.

 

[38460] Iª-IIae q. 110 a. 2 ad 3
3. Come dice Boezio, "l'esistenza dell'accidente è l'inerenza". Infatti l'accidente non si denomina ente perché ha l'essere in se stesso, ma perché per suo mezzo una cosa è: ecco perché Aristotele scrive che l'accidente "più che ente è dell'ente". E poiché la corruzione e la produzione appartengono al soggetto cui appartiene l'essere, propriamente parlando un accidente né si produce, né si corrompe: ma si dice che si produce o si corrompe, in quanto il soggetto comincia o cessa di essere in atto rispetto a codesto accidente. È in tal senso che si parla della creazione della grazia, cioè nel senso che gli uomini vengono creati in essa, ossia vengono costituiti in un nuovo modo di essere dal nulla. ossia dall'inesistenza dei meriti: secondo le parole di S. Paolo; "Creati in Cristo Gesù nelle opere buone".




Seconda parte > Gli atti umani in generale > La grazia di Dio nella sua essenza > Se la grazia si identifichi con la virtù


Prima pars secundae partis
Quaestio 110
Articulus 3

[38461] Iª-IIae q. 110 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod gratia sit idem quod virtus. Dicit enim Augustinus quod gratia operans est fides quae per dilectionem operatur; ut habetur in libro de spiritu et littera. Sed fides quae per dilectionem operatur, est virtus. Ergo gratia est virtus.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 110
Articolo 3

[38461] Iª-IIae q. 110 a. 3 arg. 1
SEMBRA che la grazia s'identifichi con la virtù. Infatti:
1. S. Agostino insegna, che "la grazia operante è la fede che opera mediante la carità". Ma la fede che opera mediante la carità è una virtù. Dunque la grazia è una virtù.

[38462] Iª-IIae q. 110 a. 3 arg. 2
Praeterea, cuicumque convenit definitio, et definitum. Sed definitiones de virtute datae sive a sanctis sive a philosophis, conveniunt gratiae, ipsa enim bonum facit habentem et opus eius bonum reddit; ipsa etiam est bona qualitas mentis qua recte vivitur, et cetera. Ergo gratia est virtus.

 

[38462] Iª-IIae q. 110 a. 3 arg. 2
2. Se a una cosa conviene una definizione, conviene pure il definito. Ora, le definizioni che i Santi Dottori e i filosofi danno della virtù convengono anche alla grazia: questa infatti "rende buono chi la possiede, e l'opera che egli compie"; inoltre essa è "una buona qualità della mente, con la quale rettamente si vive, ecc.". Perciò la grazia è una virtù.

[38463] Iª-IIae q. 110 a. 3 arg. 3
Praeterea, gratia est qualitas quaedam. Sed manifestum est quod non est in quarta specie qualitatis, quae est forma et circa aliquid constans figura, quia non pertinet ad corpus. Neque etiam in tertia est, quia non est passio vel passibilis qualitas, quae est in parte animae sensitiva, ut probatur in VII Physic.; ipsa autem gratia principaliter est in mente. Neque iterum est in secunda specie, quae est potentia vel impotentia naturalis, quia gratia est supra naturam; et non se habet ad bonum et malum, sicut potentia naturalis. Ergo relinquitur quod sit in prima specie, quae est habitus vel dispositio. Habitus autem mentis sunt virtutes, quia etiam ipsa scientia quodammodo est virtus, ut supra dictum est. Ergo gratia est idem quod virtus.

 

[38463] Iª-IIae q. 110 a. 3 arg. 3
3. La grazia è una qualità. Ora, è evidente che essa non è nella quarta specie della qualità, che è "la forma o la figura costante di una cosa": poiché non appartiene al corpo. E non è nella terza, perché non è "una passione, o qualità passibile", che si riscontra nell'anima sensitiva, come Aristotele dimostra; mentre la grazia risiede in maniera principale nella mente. E neppure è nella seconda specie, che è "la potenza o l'impotenza naturale": perché la grazia è superiore alla natura; e non è indifferente al bene e al male come codesta potenza. Perciò deve appartenere alla prima specie, che è "l'abito o la disposizione". Ora, gli abiti dell'anima sono le virtù: poiché persino la scienza è in qualche modo una virtù, come sopra si disse. Dunque la grazia s'identifica con la virtù.

[38464] Iª-IIae q. 110 a. 3 s. c.
Sed contra, si gratia est virtus, maxime videtur quod sit aliqua trium theologicarum virtutum. Sed gratia non est fides vel spes, quia haec possunt esse sine gratia gratum faciente. Neque etiam caritas, quia gratia praevenit caritatem, ut Augustinus dicit, in libro de Praedest. sanctorum. Ergo gratia non est virtus.

 

[38464] Iª-IIae q. 110 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Se la grazia fosse una virtù, dovrebbe essere certamente una delle tre virtù teologali. Ma non è né la fede né la speranza; perché queste possono trovarsi anche senza la grazia santificante. E neppure è la carità: perché, a detta di S. Agostino, "la grazia previene la carità". Perciò la grazia non è una virtù.

[38465] Iª-IIae q. 110 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod quidam posuerunt idem esse gratiam et virtutem secundum essentiam, sed differre solum secundum rationem, ut gratia dicatur secundum quod facit hominem Deo gratum, vel secundum quod gratis datur; virtus autem, secundum quod perficit ad bene operandum. Et hoc videtur sensisse Magister, in II Sent. Sed si quis recte consideret rationem virtutis, hoc stare non potest. Quia ut philosophus dicit, in VII Physic., virtus est quaedam dispositio perfecti, dico autem perfectum, quod est dispositum secundum naturam. Ex quo patet quod virtus uniuscuiusque rei dicitur in ordine ad aliquam naturam praeexistentem, quando scilicet unumquodque sic est dispositum, secundum quod congruit suae naturae. Manifestum est autem quod virtutes acquisitae per actus humanos, de quibus supra dictum est, sunt dispositiones quibus homo convenienter disponitur in ordine ad naturam qua homo est. Virtutes autem infusae disponunt hominem altiori modo, et ad altiorem finem, unde etiam oportet quod in ordine ad aliquam altiorem naturam. Hoc autem est in ordine ad naturam divinam participatam; secundum quod dicitur II Petr. I, maxima et pretiosa nobis promissa donavit, ut per haec efficiamini divinae consortes naturae. Et secundum acceptionem huius naturae, dicimur regenerari in filios Dei. Sicut igitur lumen naturale rationis est aliquid praeter virtutes acquisitas, quae dicuntur in ordine ad ipsum lumen naturale; ita etiam ipsum lumen gratiae, quod est participatio divinae naturae, est aliquid praeter virtutes infusas, quae a lumine illo derivantur, et ad illud lumen ordinantur. Unde et apostolus dicit, ad Ephes. V, eratis aliquando tenebrae, nunc autem lux in domino, ut filii lucis ambulate. Sicut enim virtutes acquisitae perficiunt hominem ad ambulandum congruenter lumini naturali rationis; ita virtutes infusae perficiunt hominem ad ambulandum congruenter lumini gratiae.

 

[38465] Iª-IIae q. 110 a. 3 co.
RISPONDO: Alcuni hanno pensato che la grazia s'identifichi essenzialmente con la virtù, distinguendosi da essa soltanto secondo ragione; essa, cioè, si chiamerebbe grazia in quanto rende l'uomo grato a Dio, oppure in quanto viene data gratuitamente; e sarebbe virtù in quanto dispone a ben operare. Sembra che questa fosse l'opinione del Maestro delle Sentenze.
Ma se si considera bene la nozione di virtù, ci si accorge che così non può essere. Poiché, come si esprime il Filosofo, "la virtù è la disposizione di un essere perfetto; e chiamo perfetta quella cosa che è disposta secondo natura". Dal che si dimostra che la virtù di una cosa qualsiasi è relativa a una natura preesistente: si parla cioè di virtù quando un essere è disposto in conformità con la sua natura. Ora, è evidente che le virtù acquisite con gli atti umani, e delle quali abbiamo già trattato, sono disposizioni che dispongono l'uomo in conformità con la natura umana. Invece le virtù infuse dispongono l'uomo in una maniera superiore, e a un fine più alto: perciò è necessario che esse si ricolleghino anche a una natura superiore. E cioè alla natura divina partecipata, di cui così parla S. Pietro: "Ha donato a noi grandissime e preziose promesse, affinché per mezzo di queste diventiate partecipi della natura divina". Per aver noi ricevuto codesta natura, possiamo dire di essere stati rigenerati come figli di Dio.
Perciò, come la luce naturale della ragione è distinta dalle virtù acquisite, che si ricollegano a codesta luce; così la luce della grazia, che è una partecipazione della natura divina, è distinta dalle virtù infuse, che da essa derivano e che ad essa sono ordinate. Infatti l'Apostolo così si esprime: "Una volta eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore: camminate come figli della luce". Poiché, come le virtù acquisite predispongono l'uomo a camminare in conformità con la luce naturale della ragione; così le virtù infuse lo predispongono a camminare conforme alla luce della grazia.

[38466] Iª-IIae q. 110 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Augustinus nominat fidem per dilectionem operantem gratiam, quia actus fidei per dilectionem operantis est primus actus in quo gratia gratum faciens manifestatur.

 

[38466] Iª-IIae q. 110 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino denomina la grazia fede operante mediante la carità, perché l'atto di codesta fede è il primo atto in cui si manifesta la grazia santificante.

[38467] Iª-IIae q. 110 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod bonum positum in definitione virtutis, dicitur secundum convenientiam ad aliquam naturam praeexistentem, vel essentialem vel participatam. Sic autem bonum non attribuitur gratiae, sed sicut radici bonitatis in homine, ut dictum est.

 

[38467] Iª-IIae q. 110 a. 3 ad 2
2. La bontà di cui si parla nella definizione della virtù si concepisce come conformità a una natura preesistente, o essenziale, o partecipata. Non è questa invece la bontà che si attribuisce alla grazia: alla quale la bontà va attribuita perché radice della bontà umana, secondo le spiegazioni date.

[38468] Iª-IIae q. 110 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod gratia reducitur ad primam speciem qualitatis. Nec tamen est idem quod virtus, sed habitudo quaedam quae praesupponitur virtutibus infusis, sicut earum principium et radix.

 

[38468] Iª-IIae q. 110 a. 3 ad 3
3. La grazia appartiene alla prima specie della qualità. Però non s'identifica con la virtù: essendo un abito presupposto alle virtù infuse, quale loro principio e radice.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > La grazia di Dio nella sua essenza > Se la grazia risieda nell'essenza dell'anima, o in qualcuna delle sue facoltà


Prima pars secundae partis
Quaestio 110
Articulus 4

[38469] Iª-IIae q. 110 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod gratia non sit in essentia animae sicut in subiecto, sed in aliqua potentiarum. Dicit enim Augustinus, in Hypognost., quod gratia comparatur ad voluntatem, sive ad liberum arbitrium, sicut sessor ad equum. Sed voluntas, sive liberum arbitrium, est potentia quaedam, ut in primo dictum est. Ergo gratia est in potentia animae sicut in subiecto.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 110
Articolo 4

[38469] Iª-IIae q. 110 a. 4 arg. 1
SEMBRA che la grazia non risieda nell'essenza dell'anima, ma in qualcuna delle sue facoltà. Infatti:
1. Scrive S. Agostino che la grazia sta alla volontà, o al libero arbitrio, "come il cavaliere sta al cavallo". Ora, la volontà, o libero arbitrio, è una facoltà, come abbiamo visto nella Prima Parte. Dunque la grazia risiede in una facoltà dell'anima.

[38470] Iª-IIae q. 110 a. 4 arg. 2
Praeterea, ex gratia incipiunt merita hominis, ut Augustinus dicit. Sed meritum consistit in actu, qui ex aliqua potentia procedit. Ergo videtur quod gratia sit perfectio alicuius potentiae animae.

 

[38470] Iª-IIae q. 110 a. 4 arg. 2
2. Come insegna S. Agostino, "dalla grazia derivano i meriti degli uomini". Ma i meriti consistono in determinati atti, i quali promanano da una potenza. Dunque la grazia è dotazione di una potenza dell'anima.

[38471] Iª-IIae q. 110 a. 4 arg. 3
Praeterea, si essentia animae sit proprium subiectum gratiae, oportet quod anima inquantum habet essentiam, sit capax gratiae. Sed hoc est falsum, quia sic sequeretur quod omnis anima esset gratiae capax. Non ergo essentia animae est proprium subiectum gratiae.

 

[38471] Iª-IIae q. 110 a. 4 arg. 3
3. Se l'essenza dell'anima è la sede propria della grazia, è necessario che l'anima in quanto ha l'essenza, sia capace della grazia. Ma questo è falso: ché allora qualsiasi anima sarebbe capace della grazia. Perciò l'essenza dell'anima non è il subietto proprio della grazia.

[38472] Iª-IIae q. 110 a. 4 arg. 4
Praeterea, essentia animae est prior potentiis eius. Prius autem potest intelligi sine posteriori. Ergo sequetur quod gratia possit intelligi in anima, nulla parte vel potentia animae intellecta, scilicet neque voluntate neque intellectu neque aliquo huiusmodi. Quod est inconveniens.

 

[38472] Iª-IIae q. 110 a. 4 arg. 4
4. L'essenza dell'anima è prima delle sue facoltà. Ora, chi è prima può concepirsi senza ciò che è dopo. Quindi ne seguirebbe che si può concepire la grazia in un'anima, a prescindere dalle parti, o facoltà di quest'ultima, cioè a prescindere dalla volontà, dall'intelligenza, ecc. Il che è assurdo.

[38473] Iª-IIae q. 110 a. 4 s. c.
Sed contra est quod per gratiam regeneramur in filios Dei. Sed generatio per prius terminatur ad essentiam quam ad potentias. Ergo gratia per prius est in essentia animae quam in potentiis.

 

[38473] Iª-IIae q. 110 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Mediante la grazia veniamo rigenerati come figli di Dio. Ora, la generazione ha come termine più l'essenza che le facoltà. Dunque la grazia è più nell'essenza dell'anima che nelle sue potenze.

[38474] Iª-IIae q. 110 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod ista quaestio ex praecedenti dependet. Si enim gratia sit idem quod virtus, necesse est quod sit in potentia animae sicut in subiecto, nam potentia animae est proprium subiectum virtutis, ut supra dictum est. Si autem gratia differt a virtute, non potest dici quod potentia animae sit gratiae subiectum, quia omnis perfectio potentiae animae habet rationem virtutis, ut supra dictum est. Unde relinquitur quod gratia, sicut est prius virtute, ita habeat subiectum prius potentiis animae, ita scilicet quod sit in essentia animae. Sicut enim per potentiam intellectivam homo participat cognitionem divinam per virtutem fidei; et secundum potentiam voluntatis amorem divinum, per virtutem caritatis; ita etiam per naturam animae participat, secundum quandam similitudinem, naturam divinam, per quandam regenerationem sive recreationem.

 

[38474] Iª-IIae q. 110 a. 4 co.
RISPONDO: Questo problema dipende da quello precedente. Infatti se la grazia si identifica con le virtù, è necessario che abbia la sua sede nelle potenze dell'anima. Se invece differisce dalle virtù, è inammissibile che le facoltà dell'anima siano la sede della grazia: poiché qualsiasi perfezionamento delle facoltà psichicbe ha natura di virtù, come sopra abbiamo detto. Perciò rimane stabilito che la grazia, come precede le virtù, così deve avere una sede che preceda le potenze dell'anima: essa cioè deve risiedere nell'essenza dell'anima. Infatti l'uomo, come partecipa la conoscenza divina con la virtù della fede mediante la facoltà dell'intelletto, e l'amore divino con la virtù della carità mediante la facoltà volitiva; così partecipa la natura divina, secondo una certa somiglianza, con una nuova generazione o creazione, e mediante la natura dell'anima.

[38475] Iª-IIae q. 110 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut ab essentia animae effluunt eius potentiae, quae sunt operum principia; ita etiam ab ipsa gratia effluunt virtutes in potentias animae, per quas potentiae moventur ad actus. Et secundum hoc gratia comparatur ad voluntatem ut movens ad motum, quae est comparatio sessoris ad equum, non autem sicut accidens ad subiectum.

 

[38475] Iª-IIae q. 110 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dall'essenza dell'anima emanano le facoltà, che sono principii degli atti, così dalla grazia emanano le virtù nelle varie facoltà dell'anima, le quali muovono all'atto codeste potenze. Ecco perchè la grazia viene riferita alla volontà come il motore alla cosa mossa, cioè come il cavaliere al cavallo: non già come un accidente al suo subietto.

[38476] Iª-IIae q. 110 a. 4 ad 2
Et per hoc etiam patet solutio ad secundum. Est enim gratia principium meritorii operis mediantibus virtutibus, sicut essentia animae est principium operum vitae mediantibus potentiis.

 

[38476] Iª-IIae q. 110 a. 4 ad 2
2. È così risolta anche la seconda difficoltà. Infatti la grazia è principio degli atti meritori mediante le virtù: come l'essenza dell'anima è principio degli atti vitali mediante le facoltà.

[38477] Iª-IIae q. 110 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod anima est subiectum gratiae secundum quod est in specie intellectualis vel rationalis naturae. Non autem constituitur anima in specie per aliquam potentiam, cum potentiae sint proprietates naturales animae speciem consequentes. Et ideo anima secundum suam essentiam differt specie ab aliis animabus, scilicet brutorum animalium et plantarum. Et propter hoc, non sequitur, si essentia animae humanae sit subiectum gratiae, quod quaelibet anima possit esse gratiae subiectum, hoc enim convenit essentiae animae inquantum est talis speciei.

 

[38477] Iª-IIae q. 110 a. 4 ad 3
3. L'anima è sede della grazia in quanto appartiene alla specie delle nature intellettive, o razionali. Ora, l'anima non è costituita nella sua specie da qualcuna delle sue facoltà: essendo queste ultime proprietà naturali che seguono la specie. Perciò l'anima umana differisce specificamente dalle altre anime, cioè da quelle delle bestie e delle piante, in forza della propria essenza. E quindi, se l'essenza dell'anima umana è sede, o subietto della grazia, non ne segue che qualsiasi anima debba essere sede della grazia: poiché ciò conviene all'essenza dell'anima in quanto appartiene a quella data specie.

[38478] Iª-IIae q. 110 a. 4 ad 4
Ad quartum dicendum quod, cum potentiae animae sint naturales proprietates speciem consequentes, anima non potest sine his esse. Dato autem quod sine his esset, adhuc tamen anima diceretur secundum speciem suam intellectualis vel rationalis, non quia actu haberet has potentias; sed propter speciem talis essentiae ex qua natae sunt huiusmodi potentiae effluere.

 

[38478] Iª-IIae q. 110 a. 4 ad 4
4. Essendo le facoltà dell'anima proprietà naturali che accompagnano la specie, l'anima non può esistere senza di esse. Ma anche ammesso che esistesse in codesto modo, l'anima dovrebbe ancora dirsi intellettiva o razionale nella sua specie: non perché possiede codeste potenze in maniera attuale, ma per la specie di quell'essenza, dalla quale esse son chiamate a derivare.

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