II-II, 9

Seconda parte > Le azioni umane > La fede > Il dono della scienza


Secunda pars secundae partis
Quaestio 9
Prooemium

[39143] IIª-IIae q. 9 pr.
Deinde considerandum est de dono scientiae. Et circa hoc quaeruntur quatuor.
Primo, utrum scientia sit donum.
Secundo, utrum sit circa divina.
Tertio, utrum sit speculativa vel practica.
Quarto, quae beatitudo ei respondeat.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 9
Proemio

[39143] IIª-IIae q. 9 pr.
Veniamo quindi a trattare del dono della scienza.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se la scienza sia un dono;
2. Se riguardi le cose divine;
3. Se sia speculativa o pratica;
4. Quale beatitudine le corrisponda.




Seconda parte > Le azioni umane > La fede > Il dono della scienza > Se la scienza sia un dono


Secunda pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 1

[39144] IIª-IIae q. 9 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod scientia non sit donum. Dona enim spiritus sancti naturalem facultatem excedunt. Sed scientia importat effectum quendam naturalis rationis, dicit enim philosophus, in I Poster., quod demonstratio est syllogismus faciens scire. Ergo scientia non est donum spiritus sancti.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 1

[39144] IIª-IIae q. 9 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la scienza non sia un dono. Infatti:
1. La scienza implica un effetto della ragione naturale; poiché il Filosofo afferma, che la dimostrazione è "un sillogismo che fa scienza". Perciò la scienza non è un dono dello Spirito Santo.

[39145] IIª-IIae q. 9 a. 1 arg. 2
Praeterea, dona spiritus sancti sunt communia omnibus sanctis, ut supra dictum est. Sed Augustinus, XIV de Trin., dicit quod scientia non pollent fideles plurimi, quamvis polleant ipsa fide. Ergo scientia non est donum.

 

[39145] IIª-IIae q. 9 a. 1 arg. 2
2. Come sopra abbiamo detto, i doni sono comuni a tutti i santi. Invece S. Agostino afferma, che "molti fedeli non sono provvisti di scienza, sebbene abbiano la fede". Dunque la scienza non è un dono.

[39146] IIª-IIae q. 9 a. 1 arg. 3
Praeterea, donum est perfectius virtute, ut supra dictum est. Ergo unum donum sufficit ad perfectionem unius virtutis. Sed virtuti fidei respondet donum intellectus, ut supra dictum est. Ergo non respondet ei donum scientiae. Nec apparet cui alii virtuti respondeat. Ergo, cum dona sint perfectiones virtutum, ut supra dictum est, videtur quod scientia non sit donum.

 

[39146] IIª-IIae q. 9 a. 1 arg. 3
3. I doni, come abbiamo notato, sono più perfetti delle virtù. Perciò un unico dono basta al compimento di una virtù. Ma alla virtù della fede si è visto già che corrisponde il dono dell'intelletto. Dunque non le corrisponde il dono della scienza. E non si vede a quale virtù questo possa corrispondere: eppure i doni devono essere, come abbiamo detto, il coronamento delle virtù. Quindi la scienza non è un dono.

[39147] IIª-IIae q. 9 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Isaiae XI computatur inter septem dona.

 

[39147] IIª-IIae q. 9 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Nel cap. 11 d'Isaia la scienza è enumerata tra i doni.

[39148] IIª-IIae q. 9 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod gratia est perfectior quam natura, unde non deficit in his in quibus homo per naturam perfici potest. Cum autem homo per naturalem rationem assentit secundum intellectum alicui veritati, dupliciter perficitur circa veritatem illam, primo quidem, quia capit eam; secundo, quia de ea certum iudicium habet. Et ideo ad hoc quod intellectus humanus perfecte assentiat veritati fidei duo requiruntur. Quorum unum est quod sane capiat ea quae proponuntur, quod pertinet ad donum intellectus, ut supra dictum est. Aliud autem est ut habeat certum et rectum iudicium de eis, discernendo scilicet credenda non credendis. Et ad hoc necessarium est donum scientiae.

 

[39148] IIª-IIae q. 9 a. 1 co.
RISPONDO: La grazia è più perfetta della natura: perciò non può mancare di quelle cose in cui l'uomo può ricevere un perfezionamento anche nell'ordine di natura. Ora, quando l'uomo aderisce intellettualmente a una verità con la ragione naturale, in due modi può aspirare alla perfezione rispetto a codesta verità: primo, col capirla; secondo, formulando su di essa un giudizio sicuro. Quindi affinché l'intelletto umano aderisca perfettamente alla verità di fede si richiedono due cose. Primo, che capisca i dogmi proposti: e questo spetta al dono dell'intelletto, come sopra abbiamo spiegato. Secondo, che abbia su di essi un giudizio retto e sicuro, per distinguere le cose da credere da quelle che non sono da credersi. E per questa funzione è necessario il dono della scienza.

[39149] IIª-IIae q. 9 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod certitudo cognitionis in diversis naturis invenitur diversimode, secundum diversam conditionem uniuscuiusque naturae. Nam homo consequitur certum iudicium de veritate per discursum rationis, et ideo scientia humana ex ratione demonstrativa acquiritur. Sed in Deo est certum iudicium veritatis absque omni discursu per simplicem intuitum, ut in primo dictum est, et ideo divina scientia non est discursiva vel ratiocinativa, sed absoluta et simplex. Cui similis est scientia quae ponitur donum spiritus sancti, cum sit quaedam participativa similitudo ipsius.

 

[39149] IIª-IIae q. 9 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La certezza della conoscenza nelle varie nature, segue la condizione diversa di ciascuna. L'uomo infatti raggiunge un giudizio certo sulla verità mediante il processo discorsivo della ragione: ecco perché la scienza umana si acquista con una ragione dimostrativa. Invece in Dio abbiamo il giudizio certo della verità senza nessun processo discorsivo, con una semplice intuizione, come abbiamo spiegato nella Prima Parte: perciò la scienza divina non è discorsiva o raziocinativa, ma immediata e semplice. E ad essa somiglia la scienza che troviamo tra i doni dello Spirito: essendo questa una somiglianza e una partecipazione di essa.

[39150] IIª-IIae q. 9 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod circa credenda duplex scientia potest haberi. Una quidem per quam homo scit quid credere debeat, discernens credenda a non credendis, et secundum hoc scientia est donum, et convenit omnibus sanctis. Alia vero est scientia circa credenda per quam homo non solum scit quid credi debeat, sed etiam scit fidem manifestare et alios ad credendum inducere et contradictores revincere. Et ista scientia ponitur inter gratias gratis datas, quae non datur omnibus, sed quibusdam. Unde Augustinus, post verba inducta, subiungit, aliud est scire tantummodo quid homo credere debeat, aliud scire quemadmodum hoc ipsum et piis opituletur et contra impios defendatur.

 

[39150] IIª-IIae q. 9 a. 1 ad 2
2. Sulle cose di fede si possono avere due tipi di scienza. Il primo serve a far conoscere ciò che uno deve credere, distinguendo le cose da credere da quelle che non meritano di essere credute: e questo è il dono della scienza, comune a tutti i santi. Invece il secondo tipo di scienza non solo serve a far conoscere all'uomo ciò che deve credere, ma anche a dargli la capacità di insegnare la fede, di persuadere gli altri a credere, e di affrontare chi contraddice. E questa scienza viene posta tra le grazie gratis date: le quali non sono date a tutti, ma solo ad alcuni. Ecco perché S. Agostino, dopo le parole riferite, aggiunge: "Altro è sapere soltanto ciò che l'uomo deve credere; e altro è sapere come servirsene a favore delle anime pie, e come difenderlo contro gli empi".

[39151] IIª-IIae q. 9 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod dona sunt perfectiora virtutibus moralibus et intellectualibus. Non sunt autem perfectiora virtutibus theologicis, sed magis omnia dona ad perfectionem theologicarum virtutum ordinantur sicut ad finem. Et ideo non est inconveniens si diversa dona ad unam virtutem theologicam ordinantur.

 

[39151] IIª-IIae q. 9 a. 1 ad 3
3. I doni sono più perfetti delle virtù morali e intellettuali. Non sono però più perfetti delle virtù teologali: anzi tutti i doni sono ordinati a perfezionare le virtù teologali. Perciò niente impedisce che più doni corrispondano a un'unica virtù teologale.




Seconda parte > Le azioni umane > La fede > Il dono della scienza > Se il dono della scienza riguardi le cose divine


Secunda pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 2

[39152] IIª-IIae q. 9 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod scientiae donum sit circa res divinas. Dicit enim Augustinus, XIV de Trin., quod per scientiam, gignitur fides, nutritur et roboratur. Sed fides est de rebus divinis, quia obiectum fidei est veritas prima, ut supra habitum est. Ergo et donum scientiae est de rebus divinis.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 2

[39152] IIª-IIae q. 9 a. 2 arg. 1
SEMBRA che il dono della scienza riguardi le cose divine. Infatti:
1. S. Agostino insegna, che con la scienza "nasce, si nutre e si rafforza la fede". Ma la fede riguarda le cose divine, avendo essa per oggetto la prima verità, come abbiamo spiegato. Perciò anche il dono della scienza riguarda le cose divine.

[39153] IIª-IIae q. 9 a. 2 arg. 2
Praeterea, donum scientiae est dignius quam scientia acquisita. Sed aliqua scientia acquisita est circa res divinas, sicut scientia metaphysicae. Ergo multo magis donum scientiae est circa res divinas.

 

[39153] IIª-IIae q. 9 a. 2 arg. 2
2. Il dono della scienza è superiore alla scienza acquisita. Ora, c'è una scienza acquisita, cioè la metafisica, che ha per oggetto le cose divine. A maggior ragione, quindi, il dono della scienza ha per oggetto le cose divine.

[39154] IIª-IIae q. 9 a. 2 arg. 3
Praeterea, sicut dicitur Rom. I, invisibilia Dei per ea quae facta sunt intellecta conspiciuntur. Si igitur est scientia circa res creatas, videtur quod etiam sit circa res divinas.

 

[39154] IIª-IIae q. 9 a. 2 arg. 3
3. Come dice S. Paolo, "le cose invisibili di Dio, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili". Perciò, se la scienza ha per oggetto le cose create, abbraccia anche le cose di Dio.

[39155] IIª-IIae q. 9 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Augustinus, XIV de Trin., dicit, rerum divinarum scientia proprie sapientia nuncupetur, humanarum autem proprie scientiae nomen obtineat.

 

[39155] IIª-IIae q. 9 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino afferma: "La scienza delle cose divine propriamente si chiama sapienza: a quella invece delle cose umane è riservato propriamente il nome di scienza".

[39156] IIª-IIae q. 9 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod certum iudicium de re aliqua maxime datur ex sua causa. Et ideo secundum ordinem causarum oportet esse ordinem iudiciorum, sicut enim causa prima est causa secundae, ita per causam primam iudicatur de causa secunda. De causa autem prima non potest iudicari per aliam causam. Et ideo iudicium quod fit per causam primam est primum et perfectissimum. In his autem in quibus aliquid est perfectissimum, nomen commune generis appropriatur his quae deficiunt a perfectissimo, ipsi autem perfectissimo adaptatur aliud speciale nomen, ut patet in logicis. Nam in genere convertibilium illud quod significat quod quid est, speciali nomine definitio vocatur, quae autem ab hoc deficiunt convertibilia existentia nomen commune sibi retinent, scilicet quod propria dicuntur. Quia igitur nomen scientiae importat quandam certitudinem iudicii, ut dictum est; si quidem certitudo iudicii fit per altissimam causam, habet speciale nomen, quod est sapientia, dicitur enim sapiens in unoquoque genere qui novit altissimam causam illius generis, per quam potest de omnibus iudicare. Simpliciter autem sapiens dicitur qui novit altissimam causam simpliciter, scilicet Deum. Et ideo cognitio divinarum rerum vocatur sapientia. Cognitio vero rerum humanarum vocatur scientia, quasi communi nomine importante certitudinem iudicii appropriato ad iudicium quod fit per causas secundas. Et ideo, sic accipiendo scientiae nomen, ponitur donum distinctum a dono sapientiae. Unde donum scientiae est solum circa res humanas, vel circa res creatas.

 

[39156] IIª-IIae q. 9 a. 2 co.
RISPONDO: La certezza del giudizio su una cosa va desunta specialmente dalla causa di essa. Perciò l'ordine dei giudizi segue l'ordine delle cause: infatti come la causa prima è causa della seconda, così mediante la causa prima si giudica della seconda. Invece non è possibile giudicare la causa prima con altre cause. Il giudizio quindi che si desume dalla causa prima è primo e perfettissimo. Ora, quando su un dato genere di cose ce n'è una perfettissima, il termine comune del genere viene appropriato a quelle che non raggiungono la perfezione suprema, mentre a quella più perfetta viene dato un nome speciale. Ciò è spiegato in logica. Infatti nel genere dei termini equivalenti, quello che esprime l'essenza della cosa viene chiamato definizione: quelli invece che non raggiungono questo grado di equivalenza rimangono col nome comune di proprietà.
Ora, il termine scienza implica una certezza di giudizio, come abbiamo già detto; perciò, se il giudizio desume la sua certezza dalla causa più alta, prende il nome speciale di sapienza: infatti si denomina sapiente in ciascun genere di cose chi conosce la causa più alta di codesto genere, mediante la quale è in grado di giudicare di tutto. Ma si dice sapiente in senso assoluto chi conosce la causa assolutamente più alta, cioè Dio. Ecco perché la conoscenza delle cose divine si chiama sapienza. Invece la conoscenza delle cose umane si chiama scienza, con un termine che indica la certezza del giudizio desunto dalle cause seconde. Perciò il termine scienza, preso in questo senso, sta a indicare un dono distinto dal dono della sapienza. Dunque il dono della scienza ha per oggetto soltanto le cose umane, o create.

[39157] IIª-IIae q. 9 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, licet ea de quibus est fides sint res divinae et aeternae, tamen ipsa fides est quoddam temporale in animo credentis. Et ideo scire quid credendum sit pertinet ad donum scientiae. Scire autem ipsas res creditas secundum seipsas per quandam unionem ad ipsas pertinet ad donum sapientiae. Unde donum sapientiae magis respondet caritati, quae unit mentem hominis Deo.

 

[39157] IIª-IIae q. 9 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene le cose di cui si occupa la fede siano divine ed eterne, tuttavia la fede stessa è qualche cosa di temporale nell'animo del credente. Ecco perché sapere ciò che si deve credere appartiene al dono della scienza. Conoscere invece le cose credute in se stesse, per una certa unione con esse, appartiene al dono della sapienza. Perciò il dono della sapienza corrisponde piuttosto alla carità, che unisce l'anima a Dio.

[39158] IIª-IIae q. 9 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod ratio illa procedit secundum quod nomen scientiae communiter sumitur. Sic autem scientia non ponitur speciale donum, sed secundum quod restringitur ad iudicium quod fit per res creatas.

 

[39158] IIª-IIae q. 9 a. 2 ad 2
2. Il secondo argomento parte dal termine scienza nel suo significato generico. La scienza però non si considera un dono speciale in codesto senso, ma in quanto si restringe al giudizio desunto dalle cose create.

[39159] IIª-IIae q. 9 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut supra dictum est, quilibet cognoscitivus habitus formaliter quidem respicit medium per quod aliquid cognoscitur, materialiter autem id quod per medium cognoscitur. Et quia id quod est formale potius est, ideo illae scientiae quae ex principiis mathematicis concludunt circa materiam naturalem, magis cum mathematicis connumerantur, utpote eis similiores, licet quantum ad materiam magis conveniant cum naturali, et propter hoc dicitur in II Physic. quod sunt magis naturales. Et ideo, cum homo per res creatas Deum cognoscit, magis videtur hoc pertinere ad scientiam, ad quam pertinet formaliter, quam ad sapientiam, ad quam pertinet materialiter. Et e converso, cum secundum res divinas iudicamus de rebus creatis, magis hoc ad sapientiam quam ad scientiam pertinet.

 

[39159] IIª-IIae q. 9 a. 2 ad 3
3. Abbiamo detto sopra che qualsiasi abito conoscitivo dice ordine formalmente al termine medio di cui si serve per conoscere, e materialmente a quanto può conoscere con esso. E poiché l'elemento formale è predominante, le scienze che si fondano sui principi di matematica per concludere in materia di fisica, sono considerate prevalentemente tra le scienze matematiche, perché più simili ad esse: sebbene per la materia appartengano piuttosto alla fisica, e per questo da Aristotele son dette "piuttosto fisiche". Perciò, la conoscenza che l'uomo ha di Dio dalle cose create, si deve più alla scienza, cui appartiene formalmente, che alla sapienza, cui appartiene materialmente. E, al contrario, quando giudichiamo delle cose create partendo da quelle divine, questa conoscenza appartiene più alla sapienza che alla scienza.




Seconda parte > Le azioni umane > La fede > Il dono della scienza > Se la scienza dono sia una scienza pratica


Secunda pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 3

[39160] IIª-IIae q. 9 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod scientia quae ponitur donum sit scientia practica. Dicit enim Augustinus, XII de Trin., quod actio qua exterioribus rebus utimur scientiae deputatur. Sed scientia cui deputatur actio est practica. Ergo scientia quae est donum est scientia practica.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 3

[39160] IIª-IIae q. 9 a. 3 arg. 1
SEMBRA che la scienza posta tra i doni sia una scienza pratica. Infatti:
1. S. Agostino ha scritto, che "alla scienza è deputata l'operazione con la quale ci serviamo delle cose esterne". Ma la scienza cui è deputata un'operazione è una scienza pratica. Dunque la scienza dono è una scienza pratica.

[39161] IIª-IIae q. 9 a. 3 arg. 2
Praeterea, Gregorius dicit, in I Moral., nulla est scientia si utilitatem pietatis non habet, et valde inutilis est pietas si scientiae discretione caret. Ex quo habetur quod scientia dirigit pietatem. Sed hoc non potest competere scientiae speculativae. Ergo scientia quae est donum non est speculativa, sed practica.

 

[39161] IIª-IIae q. 9 a. 3 arg. 2
2. S. Gregorio insegna: "La scienza è nulla, se non è utile alla pietà: e la pietà è del tutto inutile se manca la discrezione della scienza". Da ciò si rileva che la scienza dirige la pietà. Ma questo non può essere un compito della scienza speculativa. Dunque la scienza dono non è speculativa, ma pratica.

[39162] IIª-IIae q. 9 a. 3 arg. 3
Praeterea, dona spiritus sancti non habentur nisi a iustis, ut supra habitum est. Sed scientia speculativa potest haberi etiam ab iniustis, secundum illud Iac. ult., scienti bonum et non facienti, peccatum est illi. Ergo scientia quae est donum non est speculativa, sed practica.

 

[39162] IIª-IIae q. 9 a. 3 arg. 3
3. I doni dello Spirito Santo si trovano, come abbiamo visto, soltanto nei giusti. Ma la scienza speculativa può trovarsi anche nei peccatori; come è chiaro da quelle parole di S. Giacomo: "Chiunque conosce il bene, e non lo fa, commette peccato". Perciò la scienza dono non è speculativa, ma pratica.

[39163] IIª-IIae q. 9 a. 3 s. c.
Sed contra est quod Gregorius dicit, in I Moral., scientia in die suo convivium parat, quia in ventre mentis ignorantiae ieiunium superat. Sed ignorantia non tollitur totaliter nisi per utramque scientiam, scilicet et speculativam et practicam. Ergo scientia quae est donum est et speculativa et practica.

 

[39163] IIª-IIae q. 9 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive S. Gregorio: "La scienza nel suo giorno prepara il convito, vincendo il digiuno dell'ignoranza nelle viscere della mente". Ma l'ignoranza si toglie del tutto solo con entrambe le scienze, cioè con quella speculativa e con quella pratica. Dunque la scienza dono è insieme speculativa e pratica.

[39164] IIª-IIae q. 9 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, donum scientiae ordinatur, sicut et donum intellectus, ad certitudinem fidei. Fides autem primo et principaliter in speculatione consistit, inquantum scilicet inhaeret primae veritati. Sed quia prima veritas est etiam ultimus finis, propter quem operamur, inde etiam est quod fides ad operationem se extendit, secundum illud Gal. V, fides per dilectionem operatur. Unde etiam oportet quod donum scientiae primo quidem et principaliter respiciat speculationem, inquantum scilicet homo scit quid fide tenere debeat. Secundario autem se extendit etiam ad operationem, secundum quod per scientiam credibilium, et eorum quae ad credibilia consequuntur, dirigimur in agendis.

 

[39164] IIª-IIae q. 9 a. 3 co.
RISPONDO: Abbiamo già detto che il dono della scienza, come quello dell'intelletto, è ordinato alla certezza della fede. Ora, la fede in maniera primaria e principale consiste nella speculazione, cioè consiste nell'aderire alla prima verità. Siccome però la prima verità è anche l'ultimo fine del nostro operare, ne viene che la fede si estende anche all'operazione, secondo le parole di S. Paolo: "La fede opera mediante l'amore". Perciò il dono della scienza in maniera primaria e principale riguarda la speculazione, e si riduce a sapere quello che uno deve credere. E in maniera secondaria si estende anche all'operazione, regolandoci nell'agire mediante la scienza delle verità di fede, e di quanto è connesso con quelle.

[39165] IIª-IIae q. 9 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Augustinus loquitur de dono scientiae secundum quod se extendit ad operationem, attribuitur enim ei actio, sed non sola nec primo. Et hoc etiam modo dirigit pietatem.

 

[39165] IIª-IIae q. 9 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino parla del dono della scienza in quanto si estende all'operazione: infatti ad esso viene attribuita l'azione, però non sola, né per prima. Ed è così che dirige la pietà.

[39166] IIª-IIae q. 9 a. 3 ad 2
Unde patet solutio ad secundum.

 

[39166] IIª-IIae q. 9 a. 3 ad 2
2. È così risolta anche la seconda difficoltà.

[39167] IIª-IIae q. 9 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut dictum est de dono intellectus quod non quicumque intelligit habet donum intellectus, sed qui intelligit quasi ex habitu gratiae; ita etiam de dono scientiae est intelligendum quod illi soli donum scientiae habeant qui ex infusione gratiae certum iudicium habent circa credenda et agenda, quod in nullo deviat a rectitudine iustitiae. Et haec est scientia sanctorum, de qua dicitur Sap. X, iustum deduxit dominus per vias rectas et dedit illi scientiam sanctorum.

 

[39167] IIª-IIae q. 9 a. 3 ad 3
3. Come a proposito del dono dell'intelletto abbiamo visto che non lo posseggono tutti quelli che intendono, ma solo chi intende quasi mediante un dono della grazia; così anche per il dono della scienza, va notato che lo posseggono quelli soltanto che per l'infusione della grazia hanno un giudizio tanto certo sulle cose da credere e da operare, da non deviare mai dalla rettitudine della giustizia. E questa è "la scienza dei santi", di cui così parla la Scrittura: "Il Signore guidò il giusto per vie rette e gli dette la scienza dei santi".




Seconda parte > Le azioni umane > La fede > Il dono della scienza > Se al dono della scienza corrisponda la terza beatitudine: "Beati coloro che piangono, perché saranno consolati"


Secunda pars secundae partis
Quaestio 9
Articulus 4

[39168] IIª-IIae q. 9 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod scientiae non respondeat tertia beatitudo, scilicet, beati qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur. Sicut enim malum est causa tristitiae et luctus, ita etiam bonum est causa laetitiae. Sed per scientiam principalius manifestantur bona quam mala, quae per bona cognoscuntur, rectum enim est iudex sui ipsius et obliqui, ut dicitur in I de anima. Ergo praedicta beatitudo non convenienter respondet scientiae.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 9
Articolo 4

[39168] IIª-IIae q. 9 a. 4 arg. 1
SEMBRA che alla scienza non corrisponda la terza beatitudine: "Beati coloro che piangono, perché saranno consolati". Infatti:
1. Come il male è causa di tristezza e di pianto, così il bene è causa di gioia. Ora, la scienza manifesta più il bene che il male, poiché il male stesso si conosce mediante il bene: infatti Aristotele scrive che "una linea retta è giudice di se stessa e di quella obliqua". Perciò la suddetta beatitudine non corrisponde al dono della scienza.

[39169] IIª-IIae q. 9 a. 4 arg. 2
Praeterea, consideratio veritatis est actus scientiae. Sed in consideratione veritatis non est tristitia, sed magis gaudium, dicitur enim Sap. VIII, non habet amaritudinem conversatio illius, nec taedium convictus illius, sed laetitiam et gaudium. Ergo praedicta beatitudo non convenienter respondet dono scientiae.

 

[39169] IIª-IIae q. 9 a. 4 arg. 2
2. La considerazione della verità è un atto di scienza. Ora, la considerazione della verità non implica tristezza, ma gioia; poiché sta scritto: "Non ha amarezza la sua conversazione, né tedio il conviver con lei, ma letizia e gioia". Dunque la beatitudine indicata non corrisponde bene al dono della scienza.

[39170] IIª-IIae q. 9 a. 4 arg. 3
Praeterea, donum scientiae prius consistit in speculatione quam in operatione. Sed secundum quod consistit in speculatione, non respondet sibi luctus, quia intellectus speculativus nihil dicit de imitabili et fugiendo, ut dicitur in III de anima; neque dicit aliquid laetum et triste. Ergo praedicta beatitudo non convenienter ponitur respondere dono scientiae.

 

[39170] IIª-IIae q. 9 a. 4 arg. 3
3. Il dono della scienza consiste più nella speculazione che nell'operazione. Ma per quanto riguarda la speculazione, ad esso non corrisponde il pianto: poiché, a detta di Aristotele, l'intelletto speculativo "non dice nulla di ciò che si deve imitare o fuggire", come non dice nulla di lieto o di triste. Perciò la beatitudine indicata non corrisponde al dono della scienza.

[39171] IIª-IIae q. 9 a. 4 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro de Serm. Dom. in monte, scientia convenit lugentibus, qui didicerunt quibus malis vincti sunt, quae quasi bona petierunt.

 

[39171] IIª-IIae q. 9 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino insegna: "La scienza si addice a coloro che piangono, i quali hanno appreso come essi furono incatenati da quei mali, che avevano cercato come altrettanti beni".

[39172] IIª-IIae q. 9 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod ad scientiam proprie pertinet rectum iudicium creaturarum. Creaturae autem sunt ex quibus homo occasionaliter a Deo avertitur, secundum illud Sap. XIV, creaturae factae sunt in odium, et in muscipulam pedibus insipientium, qui scilicet rectum iudicium de his non habent, dum aestimant in eis esse perfectum bonum; unde in eis finem constituendo, peccant et verum bonum perdunt. Et hoc damnum homini innotescit per rectum iudicium de creaturis, quod habetur per donum scientiae. Et ideo beatitudo luctus ponitur respondere dono scientiae.

 

[39172] IIª-IIae q. 9 a. 4 co.
RISPONDO: La scienza propriamente ha il compito di giudicare rettamente delle creature. Ora, le creature danno occasione all'uomo di allontanarsi da Dio. Così infatti si legge nella Scrittura: "Le creature si tramutarono in abominazione e in laccio per i piedi degli insensati", i quali appunto non ne hanno un retto giudizio, pensando che in esse si trovi il bene perfetto. Perciò, costituendo in esse il proprio fine, peccano e perdono il vero bene. E questo danno viene conosciuto dall'uomo mediante il retto giudizio sulle creature, dovuto al dono della scienza. Ecco perché si dice che la beatitudine del pianto corrisponde al dono della scienza.

[39173] IIª-IIae q. 9 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod bona creata non excitant spirituale gaudium nisi quatenus referuntur ad bonum divinum, ex quo proprie consurgit gaudium spirituale. Et ideo directe quidem spiritualis pax, et gaudium consequens, respondet dono sapientiae. Dono autem scientiae respondet quidem primo luctus de praeteritis erratis; et consequenter consolatio, dum homo per rectum iudicium scientiae creaturas ordinat in bonum divinum. Et ideo in hac beatitudine ponitur luctus pro merito, et consolatio consequens pro praemio. Quae quidem inchoatur in hac vita, perficitur autem in futura.

 

[39173] IIª-IIae q. 9 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I beni creati non provocano la gioia spirituale, se non in quanto sono riferiti al bene divino, dal quale deriva propriamente codesta gioia. Perciò la pace dello spirito, e la gioia che l'accompagna, corrispondono direttamente al dono della sapienza. Invece al dono della scienza corrisponde prima di tutto il pianto per gli errori del passato; e quindi la consolazione, che viene dall'ordinare le creature al bene divino mediante il retto giudizio della scienza. Ecco perché in questa beatitudine troviamo come merito il pianto, e come premio la consolazione che ne deriva. E questa, iniziale nella vita presente, sarà perfetta in quella futura.

[39174] IIª-IIae q. 9 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod de ipsa consideratione veritatis homo gaudet, sed de re circa quam considerat veritatem potest tristari quandoque. Et secundum hoc luctus scientiae attribuitur.

 

[39174] IIª-IIae q. 9 a. 4 ad 2
2. L'uomo gode della considerazione stessa della verità; ma ciò non toglie che possa rattristarsi delle cose di cui considera la verità. È in questo senso, appunto, che alla scienza viene attribuito il pianto.

[39175] IIª-IIae q. 9 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod scientiae secundum quod in speculatione consistit, non respondet beatitudo aliqua, quia beatitudo hominis non consistit in consideratione creaturarum, sed in contemplatione Dei. Sed aliqualiter beatitudo hominis consistit in debito usu creaturarum et ordinata affectione circa ipsas, et hoc dico quantum ad beatitudinem viae. Et ideo scientiae non attribuitur aliqua beatitudo pertinens ad contemplationem; sed intellectui et sapientiae, quae sunt circa divina.

 

[39175] IIª-IIae q. 9 a. 4 ad 3
3. Nessuna beatitudine corrisponde alla scienza dal lato della speculazione: poiché la beatitudine dell'uomo non consiste nella considerazione delle creature, ma nella contemplazione di Dio. Invece la beatitudine umana, dico la beatitudine della vita presente, consiste in qualche modo nel debito uso delle creature, e dell'affetto ordinato verso di esse. Ecco perché alla scienza non viene attribuita nessuna beatitudine di ordine conoscitivo; contrariamente a quanto si fa con l'intelletto e la sapienza, che hanno per oggetto le cose divine.

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