I, 98

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > A proposito della conservazione della specie


Prima pars
Quaestio 98
Prooemium

[32582] Iª q. 98 pr.
Deinde considerandum est de his quae pertinent ad conservationem speciei. Et primo, de ipsa generatione; secundo, de conditione prolis genitae. Circa primum quaeruntur duo.
Primo, utrum in statu innocentiae fuisset generatio.
Secundo, utrum fuisset generatio per coitum.

 
Prima parte
Questione 98
Proemio

[32582] Iª q. 98 pr.
Trattiamo ora di quelle cose che hanno attinenza con la conservazione della specie. E cioè: primo, della generazione; secondo, della condizione della prole generata.
Sul primo argomento si pongono due quesiti:

1. Se nello stato di innocenza vi sarebbe stata la generazione;
2. Se la generazione sarebbe avvenuta mediante il coito.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > A proposito della conservazione della specie > Se nello stato di innocenza vi sarebbe stata la generazione


Prima pars
Quaestio 98
Articulus 1

[32583] Iª q. 98 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod in statu innocentiae non fuisset generatio. Generationi enim corruptio est contraria, ut dicitur in V Physic. Contraria autem sunt circa idem. In statu autem innocentiae non fuisset corruptio. Ergo neque generatio.

 
Prima parte
Questione 98
Articolo 1

[32583] Iª q. 98 a. 1 arg. 1
SEMBRA che nello stato di innocenza non vi sarebbe stata la generazione. Infatti:
1. Dice Aristotele che "la, corruzione è contraria alla generazione". Ora i contrari riguardano un medesimo soggetto. Ma nello stato di innocenza non vi sarebbe stata la corruzione. Dunque neppure la generazione.

[32584] Iª q. 98 a. 1 arg. 2
Praeterea, generatio ordinatur ad hoc quod conservetur in specie quod secundum individuum conservari non potest, unde et in illis individuis quae in perpetuum durant, generatio non invenitur. Sed in statu innocentiae homo in perpetuum absque morte vixisset. Ergo in statu innocentiae generatio, non fuisset.

 

[32584] Iª q. 98 a. 1 arg. 2
2. Scopo della generazione è di conservare come specie quegli esseri che non è possibile conservare come individui. E difatti non si riscontra generazione in quegli individui che durano in perpetuo. Ora, l'uomo nello stato di innocenza sarebbe vissuto perpetuamente senza morire. Perciò in quello stato non vi sarebbe stata generazione.

[32585] Iª q. 98 a. 1 arg. 3
Praeterea, per generationem homines multiplicantur. Sed multiplicatis dominis, necesse est fieri possessionum divisionem, ad evitandam confusionem dominii. Ergo, cum homo sit institutus dominus animalium, facta multiplicatione humani generis per generationem, secuta fuisset divisio dominii. Quod videtur esse contrarium iuri naturali, secundum quod omnia sunt communia, ut Isidorus dicit. Non ergo fuisset generatio in statu innocentiae.

 

[32585] Iª q. 98 a. 1 arg. 3
3. Gli uomini con la generazione si moltiplicano. Ma se si moltiplicano i padroni, si devono necessariamente dividere i possessi, per evitare confusioni nel dominio. Ora, siccome l'uomo fu creato padrone degli animali, la moltiplicazione del genere umano mediante la generazione avrebbe portato alla divisione dei possessi. E ciò è contro il diritto naturale, secondo il quale tutte le cose sono comuni, come afferma S. Isidoro. Dunque nello stato di innocenza non ci sarebbe stata la generazione.

[32586] Iª q. 98 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur Gen. I, crescite et multiplicamini, et replete terram. Huiusmodi autem multiplicatio absque nova generatione fieri non potuisset, cum duo tantum fuerint primitus instituti. Ergo in primo statu generatio fuisset.

 

[32586] Iª q. 98 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra". Ma siffatta moltiplicazione non poteva verificarsi senza generazione, poiché all'inizio ne erano stati creati soltanto due. Perciò nello stato primitivo ci sarebbe stata la generazione.

[32587] Iª q. 98 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod in statu innocentiae fuisset generatio ad multiplicationem humani generis, alioquin peccatum hominis fuisset valde necessarium, ex quo tantum bonum consecutum est. Est ergo considerandum quod homo, secundum suam naturam, est constitutus quasi medium quoddam inter creaturas corruptibiles et incorruptibiles, nam anima eius est naturaliter incorruptibilis, corpus vero naturaliter corruptibile. Est autem considerandum quod alio modo intentio naturae fertur ad corruptibiles, et incorruptibiles creaturas. Id enim per se videtur esse de intentione naturae, quod est semper et perpetuum. Quod autem est solum secundum aliquod tempus, non videtur esse principaliter de intentione naturae, sed quasi ad aliud ordinatum, alioquin, eo corrupto, naturae intentio cassaretur. Quia igitur in rebus corruptibilibus nihil est perpetuum et semper manens nisi species, bonum speciei est de principali intentione naturae, ad cuius conservationem naturalis generatio ordinatur. Substantiae vero incorruptibiles manent semper non solum secundum speciem, sed etiam secundum individua, et ideo etiam ipsa individua sunt de principali intentione naturae. Sic igitur homini ex parte corporis, quod corruptibile est secundum naturam suam, competit generatio. Ex parte vero animae, quae incorruptibilis est, competit ei quod multitudo individuorum sit per se intenta a natura, vel potius a naturae auctore, qui solus est humanarum animarum creator. Et ideo, ad multiplicationem humani generis, generationem in humano genere statuit, etiam in statu innocentiae.

 

[32587] Iª q. 98 a. 1 co.
RISPONDO: Nello stato di innocenza per moltiplicare il genere umano ci sarebbe stata la generazione; altrimenti sarebbe stato davvero necessario il peccato dell'uomo, dal quale sarebbe derivato un bene sì grande. Dobbiamo dunque tenere presente che l'uomo, per la sua natura, è come un anello intermedio tra le creature corruttibili e quelle incorruttibili: poiché la sua anima è essenzialmente incorruttibile, e il corpo essenzialmente corruttibile. Si consideri poi che l'intento della natura mira alle creature corruttibili e a quelle incorruttibili in due modi diversi. Infatti la natura ha direttamente di mira gli esseri perenni e incorruttibili, quelli invece che esistono per un certo tempo non sono voluti dalla natura direttamente, ma in ordine ad altri: diversamente l'intento della natura verrebbe frustrato, quando essi vengono a cessare. Ebbene, siccome nel mondo degli esseri corruttibili di perenne e di invariabile non vi è che la specie, il bene della specie, la cui conservazione è assicurata dalla generazione naturale, rientra direttamente nell'intenzione della natura. Le sostanze incorruttibili invece hanno una durata perenne, non solo come specie, ma anche come individui; perciò gli individui stessi rientrano direttamente nell'intenzione della natura.
Di conseguenza, per quanto riguarda il corpo, nell'uomo deve esserci la generazione, essendo esso di natura sua corruttibile. Per quanto invece riguarda l'anima, che è incorruttibile, si deve concludere che nell'uomo la molteplicità degli individui è voluta direttamente dalla natura, o meglio dall'autore della natura, il quale soltanto può creare le anime umane. Perciò egli stabilì, anche nello stato di innocenza, la generazione nel genere umano, affinché questo si moltiplicasse.

[32588] Iª q. 98 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod corpus hominis in statu innocentiae, quantum erat de se, corruptibile erat, sed potuit praeservari a corruptione per animam. Et ideo non fuit homini subtrahenda generatio, quae debetur corruptibilibus rebus.

 

[32588] Iª q. 98 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nello stato di innocenza il corpo umano di suo era corruttibile; ma l'anima aveva la facoltà di preservarlo dalla corruzione. Per questo non si deve negare all'uomo la generazione, dovuta agli esseri corruttibili.

[32589] Iª q. 98 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod generatio in statu innocentiae, etsi non fuisset propter conservationem speciei, fuisset tamen propter multiplicationem individuorum.

 

[32589] Iª q. 98 a. 1 ad 2
2. La generazione, pur non essendo ordinata nello stato di innocenza alla conservazione della specie, sarebbe stata ordinata alla moltiplicazione degli individui.

[32590] Iª q. 98 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod in statu isto, multiplicatis dominis, necesse est fieri divisionem possessionum, quia communitas possessionis est occasio discordiae, ut philosophus dicit in II Politic. Sed in statu innocentiae fuissent voluntates hominum sic ordinatae, quod absque omni periculo discordiae communiter usi fuissent, secundum quod unicuique eorum competeret, rebus quae eorum dominio subdebantur, cum hoc etiam modo apud multos bonos viros observetur.

 

[32590] Iª q. 98 a. 1 ad 3
3. Nello stato presente il moltiplicarsi dei padroni porta alla necessità di dividere i possessi, poiché la comunanza dei beni è occasione di discordia, come fa osservare il Filosofo. Ma nello stato di innocenza i voleri degli uomini sarebbero stati così bene armonizzati, da usare in comune dei beni loro concessi secondo il bisogno di ciascuno, senza pericolo di discordia. Del resto tale sistema si usa anche ora presso non pochi uomini virtuosi.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > A proposito della conservazione della specie > Se nello stato di innocenza la generazione sarebbe avvenuta mediante il coito


Prima pars
Quaestio 98
Articulus 2

[32591] Iª q. 98 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod in statu innocentiae non fuisset generatio per coitum. Quia, ut Damascenus dicit, primus homo erat in Paradiso terrestri sicut Angelus quidam. Sed in futuro resurrectionis statu, quando erunt homines Angelis similes, neque nubent neque nubentur, ut dicitur Matth. XXII. Ergo neque in Paradiso fuisset generatio per coitum.

 
Prima parte
Questione 98
Articolo 2

[32591] Iª q. 98 a. 2 arg. 1
SEMBRA che nello stato di innocenza la generazione non sarebbe avvenuta mediante il coito. Infatti:
1. Dice il Damasceno che il primo uomo stava nel Paradiso terrestre "come un angelo". Ora, nello stato della resurrezione futura, quando gli uomini saranno simili agli angeli, "né prenderanno moglie, né andranno a marito". Dunque nel Paradiso non ci sarebbe stata la generazione mediante il coito.

[32592] Iª q. 98 a. 2 arg. 2
Praeterea, primi homines in perfecta aetate conditi fuerunt. Si igitur in eis ante peccatum generatio fuisset per coitum, fuissent etiam in Paradiso carnaliter coniuncti. Quod patet esse falsum, secundum Scripturam.

 

[32592] Iª q. 98 a. 2 arg. 2
2. I primi uomini furono formati in età perfetta. Se dunque ci fosse stata in essi, prima del peccato, la generazione mediante il coito, si sarebbero uniti carnalmente anche nel Paradiso. E questo è falso, come risulta dalla Scrittura.

[32593] Iª q. 98 a. 2 arg. 3
Praeterea, in coniunctione carnali maxime efficitur homo similis bestiis, propter vehementiam delectationis, unde etiam continentia laudatur, per quam homines ab huiusmodi delectationibus abstinent. Sed bestiis homo comparatur propter peccatum, secundum illud Psalmi XLVIII, homo cum in honore esset, non intellexit, comparatus est iumentis insipientibus, et similis factus est illis. Ergo ante peccatum non fuisset maris et feminae carnalis coniunctio.

 

[32593] Iª q. 98 a. 2 arg. 3
3. Nella congiunzione carnale l'uomo diviene al massimo grado simile alle bestie, per la violenza del piacere; perciò viene lodata la continenza, mediante la quale gli uomini si astengono da siffatti piaceri. Ora, è stato il peccato a rendere l'uomo simile alle bestie, secondo le parole del Salmo: "L'uomo essendo stato posto in onore non ebbe discernimento; si mise al pari dei giumenti irragionevoli, ed è divenuto simile ad essi". Dunque prima del peccato non si sarebbe avuta la congiunzione carnale fra l'uomo e la donna.

[32594] Iª q. 98 a. 2 arg. 4
Praeterea, in statu innocentiae nulla fuisset corruptio. Sed per coitum corrumpitur integritas virginalis. Ergo coitus in statu innocentiae non fuisset.

 

[32594] Iª q. 98 a. 2 arg. 4
4. Nello stato di innocenza non vi sarebbe stata corruzione di sorta. Ma il coito corrompe l'integrità verginale. Dunque nello stato di innocenza non ci sarebbe stato il coito.

[32595] Iª q. 98 a. 2 s. c. 1
Sed contra est quod Deus ante peccatum masculum et feminam fecit, ut dicitur Gen. I et II. Nihil autem est frustra in operibus Dei. Ergo etiam si homo non peccasset, fuisset coitus, ad quem distinctio sexuum ordinatur.

 

[32595] Iª q. 98 a. 2 s. c. 1
IN CONTRARIO: 1. Prima del peccato, come dice la Genesi, Dio creò l'uomo maschio e femmina. Ora, non vi è niente di inutile nelle opere di Dio, quindi anche se l'uomo non avesse peccato, ci sarebbe stato il coito, al quale è ordinata la distinzione dei sessi.

[32596] Iª q. 98 a. 2 s. c. 2
Praeterea, Gen. II, dicitur mulier esse facta in adiutorium viri. Sed non ad aliud nisi ad generationem quae fit per coitum, quia ad quodlibet aliud opus, convenientius adiuvari posset vir per virum quam per feminam. Ergo etiam in statu innocentiae fuisset generatio per coitum.

 

[32596] Iª q. 98 a. 2 s. c. 2
2. Inoltre, dice la Scrittura che la donna fu creata per aiuto dell'uomo. Ma non si può trattare che della generazione, la quale si compie mediante la copula: perché, per qualunque altro scopo, l'uomo poteva essere aiutato meglio da un altro uomo che dalla donna. Perciò anche nello stato di innocenza ci sarebbe stata la generazione mediante il coito.

[32597] Iª q. 98 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod quidam antiquorum doctorum, considerantes concupiscentiae foeditatem quae invenitur in coitu in isto statu, posuerunt quod in statu innocentiae non fuisset generatio per coitum. Unde Gregorius Nyssenus dicit in libro quem fecit de homine, quod in Paradiso aliter fuisset multiplicatum genus humanum, sicut multiplicati sunt Angeli, absque concubitu, per operationem divinae virtutis. Et dicit quod Deus ante peccatum fecit masculum et feminam, respiciens ad modum generationis qui futurus erat post peccatum, cuius Deus praescius erat. Sed hoc non dicitur rationabiliter. Ea enim quae sunt naturalia homini, neque subtrahuntur neque dantur homini per peccatum. Manifestum est autem quod homini, secundum animalem vitam, quam etiam ante peccatum habebat, ut supra dictum est, naturale est generare per coitum, sicut et ceteris animalibus perfectis. Et hoc declarant naturalia membra ad hunc usum deputata. Et ideo non est dicendum quod usus horum membrorum naturalium non fuisset ante peccatum, sicut et ceterorum membrorum. Sunt igitur in coitu duo consideranda, secundum praesentem statum. Unum quod naturae est, scilicet coniunctio maris et feminae ad generandum. In omni enim generatione requiritur virtus activa et passiva. Unde, cum in omnibus in quibus est distinctio sexuum, virtus activa sit in mare, virtus vero passiva in femina; naturae ordo exigit ut ad generandum conveniant per coitum mas et femina. Aliud autem quod considerari potest, est quaedam deformitas immoderatae concupiscentiae. Quae in statu innocentiae non fuisset quando inferiores vires omnino rationi subdebantur. Unde Augustinus dicit, in XIV de Civ. Dei, absit ut suspicemur non potuisse prolem seri sine libidinis morbo. Sed eo voluntatis nutu moverentur illa membra quo cetera, et sine ardore et illecebroso stimulo, cum tranquillitate animi et corporis.

 

[32597] Iª q. 98 a. 2 co.
RISPONDO: Alcuni antichi Dottori, considerando la turpitudine della concupiscenza che attualmente si riscontra nel coito, pensarono che nello stato di innocenza non ci sarebbe stata la generazione mediante la copula. In questo senso S. Gregorio Nisseno, nel suo libro Sull'uomo, insegna che il genere umano nel Paradiso [terrestre] si sarebbe moltiplicato in maniera diversa, come furono moltiplicati gli angeli, cioè senza copula, per opera della virtù divina. Dice ancora che Dio fece il maschio e la femmina prima del peccato, in vista di quel modo di generare che ci sarebbe stato dopo il loro peccato, che egli prevedeva.
Ma questa opinione non è ragionevole. Infatti le attribuzioni di ordine naturale non sono state né sottratte, né conferite all'uomo a motivo del peccato. Ora, è evidente che, secondo la vita animale posseduta anche prima del peccato, come abbiamo già visto, era naturale per l'uomo generare mediante la copula, allo stesso modo che per gli altri animali perfetti. Ne abbiamo la riprova negli organi naturali, destinati a tale funzione. Ne si dica quindi che prima del peccato essi non sarebbero stati usati, come gli altri organi naturali.
Al presente si devono perciò considerare nel coito due cose. La prima è un dato naturale, e cioè l'unione del maschio e della femmina in ordine alla generazione. Perché in ogni generazione si richiede una virtù attiva ed una virtù passiva. E dove c’è distinzione di sesso, la virtù attiva risiede nel maschio, quella passiva nella femmina; quindi l'ordine della natura esige che i due si uniscano nel coito per generare. - Il secondo aspetto da considerare è una certa deformità della concupiscenza smoderata. Questa sarebbe mancata nello stato di innocenza, quando le forze inferiori sottostavano totalmente alla ragione. In questo senso S. Agostino dice: "Lungi da noi il sospetto che non si potesse generare la prole, senza il disordine della libidine. Ma quelle membra si sarebbero mosse a un cenno della volontà, come le altre, senza il divampare dello stimolo libidinoso, con tranquillità di animo e di corpo".

[32598] Iª q. 98 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod homo in Paradiso fuisset sicut Angelus per spiritualem mentem, cum tamen haberet, vitam animalem quantum ad corpus. Sed post resurrectionem erit homo similis Angelo, spiritualis effectus et secundum animam et secundum corpus. Unde non est similis ratio.

 

[32598] Iª q. 98 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOlTÀ: 1. Nel Paradiso terrestre l'uomo sarebbe stato come un angelo rispetto alla mente spirituale, ma quanto al corpo avrebbe avuto una vita animale. Invece dopo la resurrezione finale l'uomo sarà simile all'angelo, divenendo Spirituale nell'anima e nel corpo. Perciò il confronto non regge.

[32599] Iª q. 98 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut Augustinus dicit IX super Gen. ad Litt., ideo primi parentes in Paradiso non coierunt, quia, formata muliere, post modicum propter peccatum de Paradiso eiecti sunt, vel quia expectabatur divina auctoritas ad determinatum tempus commixtionis, a qua acceperunt universale mandatum.

 

[32599] Iª q. 98 a. 2 ad 2
2. Come spiega S. Agostino, i progenitori non avrebbero avuto la copula nel Paradiso terrestre, perché, poco dopo la formazione della donna, ne furono espulsi per il peccato; oppure perché attendevano l'ordine dall'alto, che ne determinasse il tempo, poiché da Dio ne avevano ricevuto un comando generico.

[32600] Iª q. 98 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod bestiae carent ratione. Unde secundum hoc homo in coitu bestialis efficitur, quod delectationem coitus et fervorem concupiscentiae ratione moderari non potest. Sed in statu innocentiae nihil huiusmodi fuisset quod ratione non moderaretur, non quia esset minor delectatio secundum sensum, ut quidam dicunt (fuisset enim tanto maior delectatio sensibilis, quanto esset purior natura, et corpus magis sensibile); sed quia vis concupiscibilis non ita inordinate se effudisset super huiusmodi delectatione, regulata per rationem, ad quam non pertinet ut sit minor delectatio in sensu, sed ut vis concupiscibilis non immoderate delectationi inhaereat; et dico immoderate, praeter mensuram rationis. Sicut sobrius in cibo moderate assumpto non minorem habet delectationem quam gulosus; sed minus eius concupiscibilis super huiusmodi delectatione requiescit. Et hoc sonant verba Augustini, quae a statu innocentiae non excludunt magnitudinem delectationis, sed ardorem libidinis et inquietudinem animi. Et ideo continentia in statu innocentiae non fuisset laudabilis, quae in tempore isto laudatur non propter defectum fecunditatis, sed propter remotionem inordinatae libidinis. Tunc autem fuisset fecunditas absque libidine.

 

[32600] Iª q. 98 a. 2 ad 3
3. Le bestie [sono tali perché] mancano di ragione. E l'uomo diviene bestiale nel coito in quanto diviene incapace a moderare con la ragione il piacere dell'atto, e il bollore della concupiscenza. Ma nello stato di innocenza non c'era nulla che sfuggisse al freno della ragione; non che fosse minore il piacere dei sensi, come dicono alcuni (poiché sarebbe stato tanto maggiore il diletto sensibile, quanto più pura era la natura e più sensibile il corpo); ma perché il concupiscibile non si sarebbe gettato così disordinatamente su tale piacere, essendo regolato dalla ragione. Alla quale ragione non spetta rendere minore il piacere dei sensi, ma impedire che la facoltà del concupiscibile aderisca sfrenatamente al piacere; e sfrenatamente qui significa oltre i limiti della ragione. Così l'uomo sobrio nel cibarsi moderatamente non ha un piacere minore dell'uomo goloso; ma il suo appetito concupiscibile si abbandona meno a tale piacere. Questo è il senso delle parole di S. Agostino, che non vogliono escludere dallo stato di innocenza l'intensità del piacere, ma l'ardore della libidine e il turbamento dell'anima. - Perciò nello stato di innocenza non sarebbe stata lodevole la continenza, che ora invece è lodata, non perché esclude la fecondità, ma perché elimina la libidine disordinata. Allora però ci sarebbe stata la fecondità senza la libidine.

[32601] Iª q. 98 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod, sicut Augustinus dicit XIV de Civ. Dei, in illo statu nulla corruptione integritatis infunderetur gremio maritus uxoris. Ita enim potuit utero coniugis, salva integritate feminei genitalis, virile semen immitti, sicut nunc potest, eadem integritate salva, ex utero virginis fluxus menstrui cruoris emitti. Ut enim ad pariendum non doloris gemitus, sed maturitatis impulsus feminea viscera relaxaret; sic ad concipiendum non libidinis appetitus, sed voluntarius usus naturam utramque coniungeret.

 

[32601] Iª q. 98 a. 2 ad 4
4. Come dice S. Agostino, in quello stato "il marito si sarebbe unito alla moglie senza comprometterne l'integrità. Infatti il germe virile poteva allora introdursi nell'utero della donna, rimanendo intatto il setto verginale, allo stesso modo che ora resta intatta tale integrità, nonostante il flusso delle mestruazioni dall'utero della vergine. Come infatti l'impulso della maturità, non il gemito del dolore, avrebbe aperto le viscere della donna per il parto; così l'uso volontario, non l'appetito libidinoso, avrebbe congiunto le due nature per l'atto del concepimento".

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