I, 96

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Il dominio dell'uomo nello stato di innocenza


Prima pars
Quaestio 96
Prooemium

[32515] Iª q. 96 pr.
Deinde considerandum est de dominio quod competebat homini in statu innocentiae. Et circa hoc quaeruntur quatuor.
Primo, utrum homo in statu innocentiae animalibus dominaretur.
Secundo, utrum dominaretur omni creaturae.
Tertio, utrum in statu innocentiae omnes homines fuissent aequales.
Quarto, utrum in illo statu homo hominibus dominaretur.

 
Prima parte
Questione 96
Proemio

[32515] Iª q. 96 pr.
Passiamo ora a considerare quale fosse il dominio dell'uomo nello stato di innocenza.
Su tale argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se l'uomo nello stato di innocenza aveva il dominio sugli animali;
2. Se aveva un dominio su tutte le creature;
3. Se nello stato di innocenza tutti gli uomini sarebbero stati uguali;
4. Se in quello stato un uomo avrebbe dominato sugli altri uomini.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Il dominio dell'uomo nello stato di innocenza > Se Adamo nello stato di innocenza aveva il dominio sugli animali


Prima pars
Quaestio 96
Articulus 1

[32516] Iª q. 96 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod Adam in statu innocentiae animalibus non dominabatur. Dicit enim Augustinus, IX super Gen. ad Litt., quod ministerio Angelorum animalia sunt adducta ad Adam, ut eis nomina imponeret. Non autem fuisset ibi necessarium Angelorum ministerium, si homo per seipsum animalibus dominabatur. Non ergo in statu innocentiae habuit dominium homo super alia animalia.

 
Prima parte
Questione 96
Articolo 1

[32516] Iª q. 96 a. 1 arg. 1
SEMBRA che Adamo nello stato di innocenza non avesse il dominio sugli animali. Infatti:
1. Afferma S. Agostino che gli animali furono condotti ad Adamo perché imponesse loro il nome, dagli angeli. Ora, questo intervento degli angeli non sarebbe stato necessario, se l'uomo avesse avuto direttamente il dominio sugli animali. Egli dunque non aveva nello stato di innocenza il dominio sugli altri animali.

[32517] Iª q. 96 a. 1 arg. 2
Praeterea, ea quae ad invicem discordant, non recte sub uno dominio congregantur. Sed multa animalia naturaliter ad invicem discordant, sicut ovis et lupus. Ergo omnia animalia sub hominis dominio non continebantur.

 

[32517] Iª q. 96 a. 1 arg. 2
2. Non è conveniente unire sotto un dominio unico esseri in discordia tra loro. Ma noi vediamo che molti animali sono in discordia, come la pecora e il lupo. Perciò tutti gli animali non potevano essere sottoposti all'unica signoria dell'uomo.

[32518] Iª q. 96 a. 1 arg. 3
Praeterea, Hieronymus dicit quod homini ante peccatum non indigenti, Deus animalium dominationem dedit, praesciebat enim hominem adminiculo animalium adiuvandum fore post lapsum. Ergo ad minus usus dominii super animalia non competebat homini ante peccatum.

 

[32518] Iª q. 96 a. 1 arg. 3
3. S. Girolamo scrive che "Dio conferì all'uomo il dominio sugli animali, benché prima del peccato non ne avesse bisogno; perché sapeva già che di essi si sarebbe servito dopo la caduta". Quindi bisogna ammettere per lo meno che l'esercizio del dominio sugli animali non si addiceva all'uomo prima del peccato.

[32519] Iª q. 96 a. 1 arg. 4
Praeterea, proprium domini esse videtur praecipere. Sed praeceptum non recte fertur nisi ad habentem rationem. Ergo homo non habebat dominium super animalia irrationalia.

 

[32519] Iª q. 96 a. 1 arg. 4
4. Caratteristica del padrone è comandare. Ora, non si può comandare che a un essere ragionevole. Perciò l'uomo non aveva il dominio sugli animali irragionevoli.

[32520] Iª q. 96 a. 1 s. c.
Sed contra est quod dicitur Gen. I, de homine, praesit piscibus maris, et volatilibus caeli, et bestiis terrae.

 

[32520] Iª q. 96 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: A proposito dell'uomo sta scritto: "Presieda ai pesci del mare e ai volatili del cielo e alle bestie di tutta la terra".

[32521] Iª q. 96 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, inobedientia ad hominem eorum quae ei debent esse subiecta, subsecuta est in poenam eius, eo quod ipse fuit inobediens Deo. Et ideo in statu innocentiae, ante inobedientiam praedictam, nihil ei repugnabat quod naturaliter deberet ei esse subiectum. Omnia autem animalia sunt homini naturaliter subiecta. Quod apparet ex tribus. Primo quidem, ex ipso naturae processu. Sicut enim in generatione rerum intelligitur quidam ordo quo proceditur de imperfecto ad perfectum (nam materia est propter formam, et forma imperfectior propter perfectiorem), ita etiam est in usu rerum naturalium, nam imperfectiora cedunt in usum perfectorum; plantae enim utuntur terra ad sui nutrimentum, animalia vero plantis, et homines plantis et animalibus. Unde naturaliter homo dominatur animalibus. Et propter hoc philosophus dicit, in I Politic., quod venatio sylvestrium animalium est iusta et naturalis, quia per eam homo vindicat sibi quod est naturaliter suum. Secundo apparet hoc ex ordine divinae providentiae, quae semper inferiora per superiora gubernat. Unde, cum homo sit supra cetera animalia, utpote ad imaginem Dei factus, convenienter eius gubernationi alia animalia subduntur. Tertio apparet idem ex proprietate hominis, et aliorum animalium. In aliis enim animalibus invenitur, secundum aestimationem naturalem, quaedam participatio prudentiae ad aliquos particulares actus, in homine autem invenitur universalis prudentia, quae est ratio omnium agibilium. Omne autem quod est per participationem, subditur ei quod est per essentiam et universaliter. Unde patet quod naturalis est subiectio aliorum animalium ad hominem.

 

[32521] Iª q. 96 a. 1 co.
RISPONDO: Come abbiamo già detto, l'insubordinazione all'uomo di tutto ciò che avrebbe dovuto essergli soggetto fu un castigo, conseguente alla sua disobbedienza verso Dio. Perciò l'uomo, nello stato di innocenza e prima del peccato, non trovava ribellione alcuna negli esseri che per natura dovevano essergli sottoposti. Ora, tutti gli animali sono naturalmente sottoposti all'uomo, come si rileva da tre considerazioni. Primo, dallo stesso ordine genetico delle cose.
Infatti, come nella genesi delle cose naturali noi riscontriamo un certo ordine, che procede dall'imperfetto al perfetto (infatti la materia è ordinata alla forma, e la forma meno perfetta a quella più perfetta), così avviene anche nell'uso delle cose naturali, e cioè gli esseri inferiori servono a quelli superiori; infatti le piante sfruttano la terra per nutrirsi; gli animali si nutrono di piante; e gli uomini si nutrono sia di piante che di animali. È quindi nell'ordine della natura che l'uomo abbia il dominio sugli animali. Perciò dice il filosofo che la caccia degli animali selvatici è giusta e naturale; poiché con essa l'uomo rivendica quello che per natura gli appartiene.
Secondo, ciò si rileva anche dall'ordine della divina provvidenza, la quale governa sempre gli esseri inferiori mediante quelli superiori. E siccome l'uomo, essendo stato creato a immagine di Dio, è superiore agli altri animali, è logico che gli altri animali siano sottoposti al suo dominio.
Terzo, la medesima conclusione appare evidente dal confronto tra le proprietà dell'uomo e quelle degli altri animali. In questi ultimi infatti si riscontra, fondata sul loro istinto naturale, una partecipazione della prudenza in ordine ad alcuni atti particolari; mentre nell'uomo si riscontra la prudenza nella sua universalità, in quanto è retta norma di tutto il nostro operare. Ora, tutto ciò che è per partecipazione dipende da ciò che è in assoluto e per essenza. Dunque è evidente la subordinazione all'uomo degli altri animali.

[32522] Iª q. 96 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod in subiectos multa potest facere superior potestas, quae non potest facere inferior. Angelus autem est naturaliter superior homine. Unde aliquis effectus poterat fieri circa animalia virtute angelica, qui non poterat fieri potestate humana; scilicet quod statim omnia animalia congregarentur.

 

[32522] Iª q. 96 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il potere superiore può compiere sui sottoposti molte cose, che non sono possibili a un potere più basso. Ora, l'angelo è per natura superiore all'uomo. Perciò la virtù degli angeli poteva compiere sugli animali degli effetti, che trascendono le capacità dell'uomo, come, p. es., radunare immediatamente tutti gli animali.

[32523] Iª q. 96 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod quidam dicunt quod animalia quae nunc sunt ferocia et occidunt alia animalia, in statu illo fuissent mansueta non solum circa hominem, sed etiam circa alia animalia. Sed hoc est omnino irrationabile. Non enim per peccatum hominis natura animalium est mutata, ut quibus nunc naturale est comedere aliorum animalium carnes, tunc vixissent de herbis, sicut leones et falcones. Nec Glossa Bedae dicit, Gen. I, quod ligna et herbae datae sunt omnibus animalibus et avibus in cibum, sed quibusdam. Fuisset ergo naturalis discordia inter quaedam animalia. Nec tamen propter hoc subtraherentur dominio hominis; sicut nec nunc propter hoc subtrahuntur dominio Dei, cuius providentia hoc totum dispensatur. Et huius providentiae homo executor fuisset, ut etiam nunc apparet in animalibus domesticis, ministrantur enim falconibus domesticis per homines gallinae in cibum.

 

[32523] Iª q. 96 a. 1 ad 2
2. Secondo alcuni, quegli animali, che ora sono feroci e uccidono gli altri animali, sarebbero stati in quello stato mansueti non soltanto verso l'uomo, ma anche verso gli altri animali. - Ma questa opinione è del tutto irragionevole. Infatti la natura degli animali non subì tali trasformazioni per il peccato dell'uomo, da ridurre quelli, che ora sono portati dalla loro natura a cibarsi delle carni degli altri animali, come il leone e il falco, a vivere di erbe. Così la Glossa di S. Beda non afferma che gli alberi e le erbe erano dati in cibo a tutti gli animali e a tutti gli uccelli, ma solo ad alcuni di essi. Sarebbe dunque esistita una naturale discordia tra alcuni animali. - Ma questo non li avrebbe sottratti al dominio dell'uomo; come adesso non sono sottratti al dominio di Dio, dalla cui provvidenza dipendono tutte le condizioni suddette. L'uomo sarebbe stato esecutore di questa provvidenza, come lo vediamo attualmente rispetto agli animali domestici; infatti l'uomo ciba con le galline i falchi addomesticati.

[32524] Iª q. 96 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod homines in statu innocentiae non indigebant animalibus ad necessitatem corporalem, neque ad tegumentum, quia nudi erant, et non erubescebant, nullo instante inordinatae concupiscentiae motu; neque ad cibum, quia lignis Paradisi vescebantur; neque ad vehiculum, propter corporis robur. Indigebant tamen eis ad experimentalem cognitionem sumendam de naturis eorum. Quod significatum est per hoc, quod Deus ad eum animalia adduxit, ut eis nomina imponeret, quae eorum naturas designant.

 

[32524] Iª q. 96 a. 1 ad 3
3. Nello stato di innocenza gli uomini non avrebbero avuto bisogno degli animali per le necessità del corpo: non per ricoprirsi, poiché, sebbene nudi, non sentivano rossore, essendo immuni da ogni moto di concupiscenza disordinata; non per cibarsi, poiché mangiavano i frutti del Paradiso terrestre; e neppure per viaggiare, data la robustezza del loro corpo. Ne abbisognavano però per ricavare una conoscenza sperimentale della loro natura. E di ciò abbiamo un indizio nel fatto che Dio condusse a lui tutti gli animali, perché desse loro un nome che ne indicasse la natura.

[32525] Iª q. 96 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod alia animalia habent quandam participationem prudentiae et rationis secundum aestimationem naturalem; ex qua contingit quod grues sequuntur ducem, et apes obediunt regi. Et sic tunc omnia animalia per seipsa homini obedivissent, sicut nunc quaedam domestica ei obediunt.

 

[32525] Iª q. 96 a. 1 ad 4
4. Gli altri animali hanno una partecipazione della prudenza e della ragione [umana], in forza del loro istinto naturale, il quale fa sì che le gru, p. es., seguano la loro guida, e le api obbediscano al loro re. In modo analogo tutti gli animali avrebbero prestato spontaneamente una certa obbedienza all'uomo, come fanno anche ora certi animali domestici.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Il dominio dell'uomo nello stato di innocenza > Se l'uomo aveva un dominio su tutte le altre creature


Prima pars
Quaestio 96
Articulus 2

[32526] Iª q. 96 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod homo non habuisset dominium super omnes alias creaturas. Angelus enim naturaliter est maioris potestatis quam homo. Sed, sicut dicit Augustinus III de Trin., materia corporalis non obedivisset ad nutum etiam sanctis Angelis. Ergo multo minus homini in statu innocentiae.

 
Prima parte
Questione 96
Articolo 2

[32526] Iª q. 96 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'uomo non avesse un dominio su tutte le creature. Infatti:
1. L'angelo ha per natura un potere superiore all'uomo. Ora, S. Agostino afferma che "la materia dei corpi non avrebbe obbedito sull'istante neppure agli angeli santi". Molto meno, dunque, gli esseri fatti di materia avrebbero obbedito all'uomo nello stato di innocenza.

[32527] Iª q. 96 a. 2 arg. 2
Praeterea, in plantis non sunt de viribus animae nisi nutritiva et augmentativa et generativa. Hae autem non sunt natae obedire rationi; ut in uno et eodem homine apparet. Ergo, cum dominium competat homini secundum rationem, videtur quod plantis homo in statu innocentiae non dominaretur.

 

[32527] Iª q. 96 a. 2 arg. 2
2. Nelle piante non si riscontrano altre potenze dell'anima che la nutritiva, con le facoltà di crescita e di riproduzione. Ma queste facoltà non sono ordinate a obbedire alla ragione; come è evidente persino nell'uomo stesso. Quindi, poiché l'uomo esercita un dominio in forza della ragione, non sembra che nello stato di innocenza egli avesse un dominio sulle piante.

[32528] Iª q. 96 a. 2 arg. 3
Praeterea, quicumque dominatur alicui rei, potest illam rem mutare. Sed homo non potuisset mutare cursum caelestium corporum, hoc enim solius Dei est, ut Dionysius dicit in epistola ad Polycarpum. Ergo non dominabatur eis.

 

[32528] Iª q. 96 a. 2 arg. 3
3. Chi ha il dominio di una cosa può mutarla. Ora, l'uomo non ha il potere di mutare il corso dei corpi celesti, essendo questa una prerogativa di Dio, come insegna Dionigi. Dunque non aveva un dominio su di essi.

[32529] Iª q. 96 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicitur Gen. I, de homine, praesit universae creaturae.

 

[32529] Iª q. 96 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Leggiamo nella Scrittura a proposito dell'uomo: "Presieda a tutte le creature".

[32530] Iª q. 96 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod in homine quodammodo sunt omnia, et ideo secundum modum quo dominatur his quae in seipso sunt, secundum hunc modum competit ei dominari aliis. Est autem in homine quatuor considerare, scilicet rationem, secundum quam convenit cum Angelis; vires sensitivas, secundum quas convenit cum animalibus; vires naturales, secundum quas convenit cum plantis; et ipsum corpus, secundum quod convenit cum rebus inanimatis. Ratio autem in homine habet locum dominantis, et non subiecti dominio. Unde homo Angelis non dominabatur in primo statu, et quod dicitur omni creaturae, intelligitur quae non est ad imaginem Dei. Viribus autem sensitivis, sicut irascibili et concupiscibili, quae aliqualiter obediunt rationi, dominatur anima imperando. Unde et in statu innocentiae animalibus aliis per imperium dominabatur. Viribus autem naturalibus, et ipsi corpori, homo dominatur non quidem imperando, sed utendo. Et sic etiam homo in statu innocentiae dominabatur plantis et rebus inanimatis, non per imperium vel immutationem, sed absque impedimento utendo eorum auxilio.

 

[32530] Iª q. 96 a. 2 co.
RISPONDO: Nell'uomo si trovano in un certo senso tutte le cose; perciò egli ha un dominio sulle cose esterne analogo a quello con cui domina le cose che trova in se stesso. Ora, nell'uomo si possono riscontrare quattro cose: la ragione, che lo rende simile agli angeli; le facoltà sensitive, che gli danno un'affinità con gli animali; le facoltà fisiologiche, che lo accomunano alle piante; e finalmente il corpo, in forza del quale è affine alle cose inanimate. Ma la ragione occupa nell'uomo non un posto di sudditanza, bensì di comando. Perciò nello stato primitivo, l'uomo non aveva un dominio sugli angeli; e la frase "su ogni creatura", va riferita alle creature "che non son fatte ad immagine di Dio". - Invece sulle facoltà sensitive, quali l'irascibile e il concupiscibile, che in parte obbediscono alla ragione, l'anima esercita un dominio mediante i suoi comandi. Dunque nello stato di innocenza l'uomo dominava, con i suoi comandi sugli altri animali. - Riguardo poi alle facoltà fisiologiche e al corpo stesso, l'uomo esercita un dominio non già mediante i suoi comandi, ma servendosi di essi. Perciò nello stato di innocenza l'uomo dominava sulle piante e sugli esseri inanimati, non perché aveva il potere di comandarli e di mutarli, ma perché poteva servirsene senza trovare ostacoli.

[32531] Iª q. 96 a. 2 ad arg.
Et per hoc patet responsio ad obiecta.

 

[32531] Iª q. 96 a. 2 ad arg.
Così risultano evidenti le risposte alle difficoltà.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Il dominio dell'uomo nello stato di innocenza > Se gli uomini nello stato di innocenza sarebbero stati tutti uguali


Prima pars
Quaestio 96
Articulus 3

[32532] Iª q. 96 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod homines in statu innocentiae omnes fuissent aequales. Dicit enim Gregorius quod, ubi non delinquimus, omnes pares sumus. Sed in statu innocentiae non erat delictum. Ergo omnes erant pares.

 
Prima parte
Questione 96
Articolo 3

[32532] Iª q. 96 a. 3 arg. 1
SEMBRA che nello stato di innocenza gli uomini sarebbero stati tutti uguali. Infatti;
1. Dice S. Gregorio che "se non pecchiamo siamo tutti uguali". Ora, nello stato di innocenza non esisteva reato alcuno. Perciò erano tutti uguali.

[32533] Iª q. 96 a. 3 arg. 2
Praeterea, similitudo et aequalitas est ratio mutuae dilectionis; secundum illud Eccli. XIII, omne animal diligit sibi simile, sic et omnis homo proximum sibi. In illo autem statu inter homines abundabat dilectio, quae est vinculum pacis. Ergo omnes fuissent pares in statu innocentiae.

 

[32533] Iª q. 96 a. 3 arg. 2
2. La somiglianza e l'uguaglianza sono motivi di amore scambievole, secondo l'affermazione della Scrittura: "Ogni animale ama il suo simile, così anche ogni nomo il suo vicino". Ma nello stato di innocenza abbondava fra gli uomini l'amore, che è il vincolo della pace. Perciò tutti gli uomini allora sarebbero stati uguali.

[32534] Iª q. 96 a. 3 arg. 3
Praeterea, cessante causa, cessat effectus. Sed causa inaequalitatis inter homines videtur nunc esse, ex parte quidem Dei, quod quosdam pro meritis praemiat, quosdam vero punit, ex parte vero naturae, quia propter naturae defectum quidam nascuntur debiles et orbati, quidam autem fortes et perfecti. Quae in primo statu non fuissent.

 

[32534] Iª q. 96 a. 3 arg. 3
3. Eliminata la causa, si elimina anche l'effetto. Ora, cause dell'attuale disuguaglianza tra gli uomini sembrano essere, da parte di Dio, il fatto che a motivo dei meriti alcuni sono premiati e altri puniti; da parte della natura, il fatto che a motivo di certe infermità naturali alcuni nascono deboli e difettosi, mentre altri nascono forti e perfetti. Tutte cose che non potevano avvenire nello stato di innocenza.

[32535] Iª q. 96 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicitur Rom. XIII, quae a Deo sunt, ordinata sunt. Ordo autem maxime videtur in disparitate consistere, dicit enim Augustinus, XIX de Civ. Dei, ordo est parium dispariumque rerum sua cuique loca tribuens dispositio. Ergo in primo statu, qui decentissimus fuisset, disparitas inveniretur.

 

[32535] Iª q. 96 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Le cose che sono da Dio, sono bene ordinate". Ora, sembra che l'ordine debba consistere soprattutto nella disuguaglianza; infatti S. Agostino scrive: "L'ordine è una disposizione di cose uguali e diverse, che assegna il suo posto a ciascuna". Dunque, nello stato primitivo, che doveva essere ordinatissimo, non sarebbe mancata la disuguaglianza.

[32536] Iª q. 96 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod necesse est dicere aliquam disparitatem in primo statu fuisse, ad minus quantum ad sexum, quia sine diversitate sexus, generatio non fuisset. Similiter etiam quantum ad aetatem, sic enim quidam ex aliis nascebantur; nec illi qui miscebantur, steriles erant. Sed et secundum animam diversitas fuisset, et quantum ad iustitiam et quantum ad scientiam. Non enim ex necessitate homo operabatur, sed per liberum arbitrium; ex quo homo habet quod possit magis et minus animum applicare ad aliquid faciendum vel volendum vel cognoscendum. Unde quidam magis profecissent in iustitia et scientia quam alii. Ex parte etiam corporis, poterat esse disparitas. Non enim erat exemptum corpus humanum totaliter a legibus naturae, quin ex exterioribus agentibus aliquod commodum aut auxilium reciperet magis et minus, cum etiam et cibis eorum vita sustentaretur. Et sic nihil prohibet dicere quin secundum diversam dispositionem aeris et diversum situm stellarum, aliqui robustiores corpore generarentur quam alii, et maiores et pulchriores et melius complexionati. Ita tamen quod in illis qui excederentur, nullus esset defectus sive peccatum, sive circa animam sive circa corpus.

 

[32536] Iª q. 96 a. 3 co.
RISPONDO: Bisogna riconoscere che nello stato primitivo ci sarebbero state delle disuguaglianze, almeno per il sesso, non essendo possibile la generazione senza la diversità di sesso. - Lo stesso si dica dell'età: poiché gli uni sarebbero nati dagli altri, non essendo sterili nei loro accoppiamenti.
Ci sarebbe stata una diversità anche nelle anime, sia per la santità, che per la scienza. L'uomo infatti è mosso ad operare non da una qualche necessità, ma dal libero arbitrio; e da ciò deriva la possibilità di applicare l'animo di più o di meno nel fare, nel volere o nel conoscere. Perciò alcuni avrebbero progredito più di altri nella santità e nella scienza.
Poteva esservi una disuguaglianza anche riguardo al corpo. Infatti il corpo umano non era del tutto esente dalle leggi di natura, sì da non essere più o meno agevolato e aiutato dagli agenti esterni; poiché anche i primi uomini avrebbero sostentato la loro vita col cibo. Niente perciò proibisce di pensare che alcuni, a differenza di altri, sarebbero nati più robusti, più alti e più belli, e di migliore complessione, a causa della diversità del clima e la diversa posizione degli astri. Tuttavia nei meno dotati non ci sarebbe stato né difetto, né colpa, così nell'anima come nel corpo.

[32537] Iª q. 96 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Gregorius per verba illa intendit excludere disparitatem quae est secundum differentiam iustitiae et peccati; ex qua contingit quod aliqui poenaliter sunt sub aliis coercendi.

 

[32537] Iª q. 96 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Con quelle parole S. Gregorio intende di escludere la disuguaglianza dovuta al peccato, dal quale deriva come castigo che alcuni sono costretti a stare sottoposti ad altri.

[32538] Iª q. 96 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod aequalitas est causa quod dilectio mutua sit aequalis. Sed tamen inter inaequales potest esse maior dilectio quam inter aequales, licet non aequaliter utrinque respondeat. Pater enim plus diligit filium naturaliter, quam frater fratrem; licet filius non tantundem diligat patrem, sicut ab eo diligitur.

 

[32538] Iª q. 96 a. 3 ad 2
2. L'uguaglianza è causa della conformità nell'amore reciproco. Tuttavia tra persone non uguali ci può essere un amore più grande che tra uguali, anche se tale amore non trova un'uguale corrispondenza. Infatti il padre di suo ama il figlio più che il fratello non ami il fratello, sebbene il figlio non ami il padre con la stessa intensità.

[32539] Iª q. 96 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod causa disparitatis poterat esse et ex parte Dei, non quidem ut puniret quosdam et quosdam praemiaret; sed ut quosdam plus, quosdam minus sublimaret, ut pulchritudo ordinis magis in hominibus reluceret. Et etiam ex parte naturae poterat disparitas causari secundum praedictum modum, absque aliquo defectu naturae.

 

[32539] Iª q. 96 a. 3 ad 3
3. Da parte di Dio poteva sussistere una causa di disuguaglianza, non in virtù di una punizione e di un premio, ma in vista di un'elevazione più o meno sublime, affinché nel mondo umano risplendesse maggiormente la bellezza dell'ordine. Anche da parte della natura poteva risultare una disuguaglianza, nel modo indicato senza alcun difetto di natura.




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Prima pars
Quaestio 96
Articulus 4

[32540] Iª q. 96 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod homo in statu innocentiae homini non dominabatur. Dicit enim Augustinus, XIX de Civ. Dei, hominem rationalem, ad imaginem suam factum, non voluit Deus nisi irrationabilibus dominari; non hominem homini, sed hominem pecori.

 
Prima parte
Questione 96
Articolo 4

[32540] Iª q. 96 a. 4 arg. 1
SEMBRA che nello stato di innocenza l'uomo non avrebbe avuto un dominio sugli altri uomini. Infatti:
1. Dice S. Agostino: "Dio volle che l'uomo ragionevole, fatto a sua immagine, non dominasse che sugli esseri irragionevoli; non l'uomo sull'uomo, ma l'uomo sugli animali".

[32541] Iª q. 96 a. 4 arg. 2
Praeterea, illud quod est introductum in poenam peccati, non fuisset in statu innocentiae. Sed hominem subesse homini, introductum est in poenam peccati, dictum est enim mulieri post peccatum, sub potestate viri eris, ut dicitur Gen. III. Ergo in statu innocentiae non erat homo homini subiectus.

 

[32541] Iª q. 96 a. 4 arg. 2
2. Nello stato di innocenza non potevano esserci le condizioni dovute come pena del peccato. Ora, la subordinazione di un uomo all'altro fu una pena conseguente al peccato; fu detto infatti alla donna dopo il peccato: "Tu sarai sotto la potestà del marito". Perciò nello stato di innocenza nessun uomo era sottoposto all'altro.

[32542] Iª q. 96 a. 4 arg. 3
Praeterea, subiectio libertati opponitur. Sed libertas est unum de praecipuis bonis, quod in statu innocentiae non defuisset, quando nihil aberat quod bona voluntas cupere posset, ut Augustinus dicit XIV de Civ. Dei. Ergo homo homini in statu innocentiae non dominabatur.

 

[32542] Iª q. 96 a. 4 arg. 3
3. La sottomissione si oppone alla libertà. Ma la libertà è uno dei beni principali, che non potevano mancare nello stato di innocenza, quando "non mancava niente di tutto quello, che una volontà retta avrebbe potuto desiderare", come si esprime S. Agostino. Quindi nello stato di innocenza nessun uomo esercitava un dominio sugli altri uomini.

[32543] Iª q. 96 a. 4 s. c.
Sed contra, conditio hominum in statu innocentiae non erat dignior quam conditio Angelorum. Sed inter Angelos quidam aliis dominantur, unde et unus ordo dominationum vocatur. Ergo non est contra dignitatem status innocentiae, quod homo homini dominaretur.

 

[32543] Iª q. 96 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: La condizione degli uomini nello stato di innocenza non era superiore a quella degli angeli. Ma tra gli angeli ve ne sono alcuni che hanno un dominio sugli altri; anzi c'è persino un ordine detto delle Dominazioni. Dunque il dominio di un uomo sull'altro non pregiudica la nobiltà dello stato di innocenza.

[32544] Iª q. 96 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod dominium accipitur dupliciter. Uno modo, secundum quod opponitur servituti, et sic dominus dicitur cui aliquis subditur ut servus. Alio modo accipitur dominium, secundum quod communiter refertur ad subiectum qualitercumque, et sic etiam ille qui habet officium gubernandi et dirigendi liberos, dominus dici potest. Primo ergo modo accepto dominio, in statu innocentiae homo homini non dominaretur, sed secundo modo accepto dominio, in statu innocentiae homo homini dominari potuisset. Cuius ratio est, quia servus in hoc differt a libero, quod liber est causa sui, ut dicitur in principio Metaphys.; servus autem ordinatur ad alium. Tunc ergo aliquis dominatur alicui ut servo, quando eum cui dominatur ad propriam utilitatem sui, scilicet dominantis, refert. Et quia unicuique est appetibile proprium bonum, et per consequens contristabile est unicuique quod illud bonum quod deberet esse suum, cedat alteri tantum; ideo tale dominium non potest esse sine poena subiectorum. Propter quod, in statu innocentiae non fuisset tale dominium hominis ad hominem. Tunc vero dominatur aliquis alteri ut libero, quando dirigit ipsum ad proprium bonum eius qui dirigitur, vel ad bonum commune. Et tale dominium hominis, ad hominem in statu innocentiae fuisset, propter duo. Primo quidem, quia homo naturaliter est animal sociale, unde homines in statu innocentiae socialiter vixissent. Socialis autem vita multorum esse non posset, nisi aliquis praesideret, qui ad bonum commune intenderet, multi enim per se intendunt ad multa, unus vero ad unum. Et ideo philosophus dicit, in principio Politic., quod quandocumque multa ordinantur ad unum, semper invenitur unum ut principale et dirigens. Secundo quia, si unus homo habuisset super alium supereminentiam scientiae et iustitiae, inconveniens fuisset nisi hoc exequeretur in utilitatem aliorum; secundum quod dicitur I Petr. IV, unusquisque gratiam quam accepit, in alterutrum illam administrantes. Unde Augustinus dicit, XIX de Civ. Dei, quod iusti non dominandi cupiditate imperant, sed officio consulendi, hoc naturalis ordo praescribit, ita Deus hominem condidit.

 

[32544] Iª q. 96 a. 4 co.
RISPONDO: Il termine dominio si può prendere in due sensi. Primo, come contrapposto di schiavitù: e in tal senso si dice dominus [ossia padrone] colui che tiene altri sotto di sé come schiavi. Secondo, nel significato più comune che si riferisce a una sudditanza qualsiasi: e in tal senso si può chiamare dominus anche chi ha l'ufficio di governare e di dirigere delle persone libere. Prendendo dunque il termine nel primo significato, allora nessun uomo nello stato di innocenza avrebbe dominato su altri uomini; stando invece al secondo significato, un uomo avrebbe potuto avere il dominio sugli altri.
E la ragione sta in questo, che mentre "chi è libero è causa di se stesso", come si esprime il Filosofo, lo schiavo viene subordinato ad altri. Perciò uno viene dominato come servo, quando viene subordinato all'altrui utilità. E siccome ciascuno desidera il proprio bene, o per conseguenza si rattristi per dover cedere ad altri quel bene che dovrebbe essere sazio, un tale dominio non è senza pena per i sottoposti. E quindi nello stato di innocenza non ci sarebbe stata questa specie di dominio di un uomo sugli altri uomini.
Invece uno è sottoposto al dominio di un altro come persona libera, quando quest'ultimo lo indirizza al bene di chi è governato, oppure al bene comune. E tale dominio di un uomo sull'altro si sarebbe verificato anche nello stato di innocenza, per due motivi. Primo, perché l'uomo è per natura un animale socievole: quindi gli uomini nello stato di innocenza avrebbero vissuto in società. Ma non può esserci vita sociale in una moltitudine senza il comando di uno, il quale abbia di mira il bene comune; poiché di suo una pluralità di persone ha di mira una pluralità di scopi, mentre un individuo mira ad uno scopo unico. Perciò il Filosofo insegna, che in ogni pluralità di cose dirette a un fine, se ne trova sempre una che ha la funzione direttiva e principale. - Secondo, ammesso che un uomo avesse avuto sugli altri una preminenza nel sapere o nella santità, sarebbe stato poco conveniente che non adoperasse queste sue doti in vantaggio degli altri, conforme al passo della Scrittura: "Ognuno di voi ponga al servizio degli altri il dono ricevuto". Perciò S. Agostino dice che "i giusti comandano non per ambizione di dominio, ma per il dovere di prendere a cuore [il bene altrui]"; poiché "questo è l'ordine prescritto dalla natura, e così Dio ha creato l'uomo".

[32545] Iª q. 96 a. 4 ad arg.
Et per hoc patet responsio ad omnia obiecta, quae procedunt de primo modo dominii.

 

[32545] Iª q. 96 a. 4 ad arg.
Sono così risolte tutte le difficoltà, che sono imbastite sul primo significato del termine dominio.

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