I, 59

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La loro volontà in se stessa


Prima pars
Quaestio 59
Prooemium

[30859] Iª q. 59 pr.
Consequenter considerandum est de his quae pertinent ad voluntatem Angelorum. Et primo considerabimus de ipsa voluntate secundo, de motu eius, qui est amor sive dilectio. Circa primum quaeruntur quatuor.
Primo, utrum in Angelis sit voluntas.
Secundo, utrum voluntas Angeli sit ipsa natura eorum, vel etiam ipse intellectus eorum.
Tertio, utrum in Angelis sit liberum arbitrium.
Quarto, utrum in eis sit irascibilis et concupiscibilis.

 
Prima parte
Questione 59
Proemio

[30859] Iª q. 59 pr.
Logicamente si deve ora trattare di quanto riguarda la volontà
degli angeli. Prima tratteremo direttamente della volontà; quindi
del moto della medesima che è l'amore o dilezione.
Sul primo argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se negli angeli ci sia la volontà;
2. Se la volontà degli angeli sia la loro stessa natura o il loro intelletto;
3. Se negli angeli ci sia il libero arbitrio;
4. Se ci sia in essi l'irascibile e il concupiscibile.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La loro volontà in se stessa > Se negli angeli ci sia la volontà


Prima pars
Quaestio 59
Articulus 1

[30860] Iª q. 59 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod in Angelis non sit voluntas. Quia, ut dicit philosophus, in III de anima, voluntas in ratione est. Sed in Angelis non est ratio, sed aliquid superius ratione. Ergo in Angelis non est voluntas, sed aliquid superius voluntate.

 
Prima parte
Questione 59
Articolo 1

[30860] Iª q. 59 a. 1 arg. 1
SEMBRA che negli angeli non ci sia la volontà. Infatti:
1. Il Filosofo afferma che "la volontà è nella ragione". Ora, negli angeli non vi è la ragione, ma qualche cosa di superiore ad essa. Dunque negli angeli non c’è la volontà, ma qualche cosa di superiore alla volontà.

[30861] Iª q. 59 a. 1 arg. 2
Praeterea, voluntas sub appetitu continetur, ut patet per philosophum, in III de anima. Sed appetitus est imperfecti, est enim eius quod nondum habetur. Cum igitur in Angelis, maxime in beatis, non sit aliqua imperfectio, videtur quod non sit in eis voluntas.

 

[30861] Iª q. 59 a. 1 arg. 2
2. La volontà, come dimostra il Filosofo, è un appetito. Ma l'appetito è proprio di un essere imperfetto, perché ha per oggetto ciò che non si possiede ancora. Ora, non essendovi negli angeli, specialmente in quelli beati, alcuna imperfezione, è chiaro che in essi la volontà non esiste.

[30862] Iª q. 59 a. 1 arg. 3
Praeterea, philosophus dicit, in III de anima, quod voluntas est movens motum, movetur enim ab appetibili intellecto. Sed Angeli sunt immobiles; cum sint incorporei. Ergo in Angelis non est voluntas.

 

[30862] Iª q. 59 a. 1 arg. 3
3. Il Filosofo insegna che la volontà è un movente mosso: infatti è mossa dalle cose appetibili conosciute. Ma gli angeli, essendo incorporei, sono immobili. Dunque negli angeli non esiste volontà.

[30863] Iª q. 59 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, X Lib. de Trin., quod imago Trinitatis invenitur in mente secundum memoriam, intelligentiam et voluntatem. Imago autem Dei invenitur non solum in mente humana, sed etiam in mente angelica; cum etiam mens angelica sit capax Dei. Ergo in Angelis est voluntas.

 

[30863] Iª q. 59 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino che nella mente si trova l’immagine della Trinità, in quanto si trovano in essa memoria, intelletto e volontà. Ora, l'immagine di Dio non è soltanto nella mente umana, ma anche nella mente angelica, essendo essa pure fatta per possedere Dio. Dunque negli angeli c’è la volontà.

[30864] Iª q. 59 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod necesse est ponere in Angelis voluntatem. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod, cum omnia procedant ex voluntate divina, omnia suo modo per appetitum inclinantur in bonum, sed diversimode. Quaedam enim inclinantur in bonum, per solam naturalem habitudinem, absque cognitione, sicut plantae et corpora inanimata. Et talis inclinatio ad bonum vocatur appetitus naturalis. Quaedam vero ad bonum inclinantur cum aliqua cognitione; non quidem sic quod cognoscant ipsam rationem boni, sed cognoscunt aliquod bonum particulare; sicut sensus, qui cognoscit dulce et album et aliquid huiusmodi. Inclinatio autem hanc cognitionem sequens, dicitur appetitus sensitivus. Quaedam vero inclinantur ad bonum cum cognitione qua cognoscunt ipsam boni rationem; quod est proprium intellectus. Et haec perfectissime inclinantur in bonum; non quidem quasi ab alio solummodo directa in bonum, sicut ea quae cognitione carent; neque in bonum particulariter tantum, sicut ea in quibus est sola sensitiva cognitio; sed quasi inclinata in ipsum universale bonum. Et haec inclinatio dicitur voluntas. Unde cum Angeli per intellectum cognoscant ipsam universalem rationem boni, manifestum est quod in eis sit voluntas.

 

[30864] Iª q. 59 a. 1 co.
RISPONDO: È necessario ammettere nell'angelo la volontà. Per averne la dimostrazione bisogna considerare che tutte le cose, poiché procedono dalla volontà di Dio, tendono, ciascuna a suo modo, e quindi diversamente, al bene. Alcune hanno soltanto un'inclinazione naturale al bene, senza conoscerlo, come le piante e i corpi inanimati. Questa inclinazione al bene viene chiamata appetito naturale. - Altri esseri poi tendono al bene per averlo in qualche modo conosciuto, non già che conoscano la natura stessa del bene, ma conoscono qualche bene particolare, come fa il senso che conosce il dolce o il bianco o altre simili cose. L'inclinazione che accompagna questa cognizione vien chiamata appetito sensitivo. - Altri esseri infine tendono al bene conoscendo la natura stessa del bene, il che è proprio dell'intelletto. Questi esseri tendono ai bene in modo perfettissimo; perciò non tendono al bene solo perché ricevono l'impulso e la direzione da un altro essere, come le cose non dotate di cognizione; e neppure tendono soltanto a un bene particolare, come gli esseri che hanno la sola cognizione sensitiva; ma sono inclinati al bene universale. Questa inclinazione si chiama volontà. Ora, è evidente che negli angeli, i quali conoscono con l'intelletto la stessa ragione universale di bene, ci deve essere la volontà.

[30865] Iª q. 59 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod aliter ratio transcendit sensum, et aliter intellectus rationem. Ratio enim transcendit sensum, secundum diversitatem cognitorum, nam sensus est particularium, ratio vero universalium. Et ideo oportet quod sit alius appetitus tendens in bonum universale, qui debetur rationi; et alius tendens in bonum particulare, qui debetur sensui. Sed intellectus et ratio differunt quantum ad modum cognoscendi, quia scilicet intellectus cognoscit simplici intuitu, ratio vero discurrendo de uno in aliud. Sed tamen ratio per discursum pervenit ad cognoscendum illud, quod intellectus sine discursu cognoscit, scilicet universale. Idem est ergo obiectum quod appetitivae proponitur et ex parte rationis, et ex parte intellectus. Unde in Angelis, qui sunt intellectuales tantum, non est appetitus superior voluntate.

 

[30865] Iª q. 59 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La ragione trascende il senso in modo diverso da come l'intelletto trascende la ragione. La ragione trascende il senso per il fatto che conosce oggetti diversi: il senso infatti conosce il particolare, mentre la ragione conosce l'universale. Perciò l'appetito che tende al bene universale, proprio della ragione, dev'essere diverso dall'appetito che tende al bene particolare, proprio del senso - L'intelletto e la ragione invece si differenziano solo nel modo di conoscere: in quanto cioè l'intelletto conosce per una semplice intuizione, la ragione invece passando da una cognizione all'altra. Pur tuttavia la ragione col suo processo discorsivo giunge a conoscere l'oggetto medesimo che l'intelletto apprende senza raziocinio, cioè l'universale. Perciò l'oggetto, che viene proposto alla facoltà appetitiva, è identico tanto per la ragione che per l'intelletto. Cosicché negli angeli, i quali sono semplicemente intellettuali, non c’è un appetito superiore alla volontà.

[30866] Iª q. 59 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod, licet nomen appetitivae partis sit sumptum ab appetendo ea quae non habentur, tamen appetitiva pars non solum ad haec se extendit, sed etiam ad multa alia. Sicut et nomen lapidis sumptum est a laesione pedis, cum tamen lapidi non hoc solum conveniat. Similiter irascibilis potentia denominatur ab ira; cum tamen in ea sint plures aliae passiones, ut spes et audacia et huiusmodi.

 

[30866] Iª q. 59 a. 1 ad 2
2. Sebbene il nome delle facoltà appetitive sia derivato dall'appetire quelle cose che non si posseggono, tuttavia le facoltà appetitive non si estendono soltanto a queste cose, ma altresì a molte altre. Così il nome [latino] della pietra [lapis-dis] deriva da ledere il piede, sebbene questa non sia la sola sua proprietà. Parimente, la facoltà dell'irascibile deriva da ira; e tuttavia si trovano in essa molte altre passioni, come la speranza, l'audacia ecc.

[30867] Iª q. 59 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod voluntas dicitur movens motum, secundum quod velle est motus quidam, et intelligere; cuiusmodi motum nihil prohibet in Angelis esse, quia talis motus est actus perfecti, ut dicitur in III de anima.

 

[30867] Iª q. 59 a. 1 ad 3
3. La volontà viene denominata un movente mosso nel medesimo senso che la volizione e l'intellezione sono anch'esse un moto; ora, niente impedisce che vi sia un tale moto negli angeli, poiché questo moto è "un atto di un essere perfetto", come dice Aristotele.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La loro volontà in se stessa > Se negli angeli la volontà sia distinta dall'intelletto e dalla natura


Prima pars
Quaestio 59
Articulus 2

[30868] Iª q. 59 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod in Angelis non differat voluntas ab intellectu et natura. Angelus enim est simplicior quam corpus naturale. Sed corpus naturale per suam formam inclinatur in suum finem, qui est eius bonum. Ergo multo magis Angelus. Forma autem Angeli est vel natura ipsa in qua subsistit, vel species quae est in intellectu eius. Ergo Angelus inclinatur in bonum per naturam suam, et per speciem intelligibilem. Haec autem inclinatio ad bonum pertinet ad voluntatem. Voluntas igitur Angeli non est aliud quam eius natura vel intellectus.

 
Prima parte
Questione 59
Articolo 2

[30868] Iª q. 59 a. 2 arg. 1
SEMBRA che negli angeli la volontà non sia distinta dal loro intelletto e dalla loro natura. Infatti:
1. L'angelo è un essere più semplice del corpo fisico. Ma il corpo fisico tende al fine, che è il proprio bene, in virtù della sua stessa forma. Quindi a più forte ragione l'angelo. Ora, forma dell'angelo può essere la natura stessa nella quale sussiste, o la specie che si trova nel suo intelletto. Dunque l'angelo tende al bene per mezzo della sua natura e della specie intelligibile. Ma questa inclinazione al bene è propria della volontà. Quindi la volontà degl'angelo non è una cosa diversa dalla sua natura e dal suo intelletto.

[30869] Iª q. 59 a. 2 arg. 2
Praeterea, obiectum intellectus est verum, voluntatis autem bonum. Bonum autem et verum non differunt realiter, sed secundum rationem tantum. Ergo voluntas et intellectus non differunt realiter.

 

[30869] Iª q. 59 a. 2 arg. 2
2. Oggetto dell'intelligenza è il vero, e della volontà il bene. Ma tra il bene e il vero non e'è distinzione reale, bensì soltanto di ragione. Quindi la volontà e l'intelletto non si distinguono realmente.

[30870] Iª q. 59 a. 2 arg. 3
Praeterea, distinctio communis et proprii non diversificat potentias, eadem enim potentia visiva est coloris et albedinis. Sed bonum et verum videntur se habere sicut commune et proprium, nam verum est quoddam bonum, scilicet intellectus. Ergo voluntas, cuius obiectum est bonum, non differt ab intellectu, cuius obiectum est verum.

 

[30870] Iª q. 59 a. 2 arg. 3
3. La distinzione tra proprio e comune non determina una diversità di potenze: infatti una stessa potenza vede il colore e la bianchezza. Ma tra il bene e il vero e'è la stessa relazione che esiste tra il comune e il proprio: infatti il vero è un bene particolare, cioè il bene dell'intelletto. Dunque la volontà, che ha per oggetto il bene, non si distingue dall'intelletto che ha per oggetto il vero.

[30871] Iª q. 59 a. 2 s. c.
Sed contra, voluntas in Angelis est bonorum tantum. Intellectus autem est bonorum et malorum, cognoscunt enim utrumque. Ergo voluntas in Angelis est aliud quam eius intellectus.

 

[30871] Iª q. 59 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: La volontà di [alcuni] angeli si porta soltanto sulle cose buone. Il [loro] intelletto invece si porta tanto sulle cose buone che su quelle cattive: conosce infatti le une e le altre. Quindi la volontà negli angeli è distinta dall'intelletto.

[30872] Iª q. 59 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod voluntas in Angelis est quaedam virtus vel potentia, quae nec est ipsa eorum natura, nec eorum intellectus. Et quod non sit eorum natura, apparet ex hoc, quod natura vel essentia alicuius rei intra ipsam rem comprehenditur, quidquid ergo se extendit ad id quod est extra rem, non est rei essentia. Unde videmus in corporibus naturalibus, quod inclinatio quae est ad esse rei, non est per aliquid superadditum essentiae; sed per materiam, quae appetit esse antequam illud habeat, et per formam, quae tenet rem in esse postquam fuerit. Sed inclinatio ad aliquid extrinsecum, est per aliquid essentiae superadditum, sicut inclinatio ad locum est per gravitatem vel levitatem, inclinatio autem ad faciendum sibi simile est per qualitates activas. Voluntas autem habet inclinationem in bonum naturaliter. Unde ibi solum est idem essentia et voluntas, ubi totaliter bonum continetur in essentia volentis; scilicet in Deo, qui nihil vult extra se nisi ratione suae bonitatis. Quod de nulla creatura potest dici; cum bonum infinitum sit extra essentiam cuiuslibet creati. Unde nec voluntas Angeli, nec alterius creaturae, potest esse idem quod eius essentia. Similiter nec potest esse idem quod intellectus Angeli vel hominis. Nam cognitio fit per hoc quod cognitum est in cognoscente, unde ea ratione se extendit eius intellectus in id quod est extra se, secundum quod illud quod extra ipsum est per essentiam, natum est aliquo modo in eo esse. Voluntas vero se extendit in id quod extra se est, secundum quod quadam inclinatione quodammodo tendit in rem exteriorem. Alterius autem virtutis est, quod aliquid habeat in se quod est extra se, et quod ipsum tendat in rem exteriorem. Et ideo oportet quod in qualibet creatura sit aliud intellectus et voluntas. Non autem in Deo, qui habet et ens universale et bonum universale in seipso. Unde tam voluntas quam intellectus est eius essentia.

 

[30872] Iª q. 59 a. 2 co.
RISPONDO: La volontà negli angeli è una virtù, o potenza, la quale non è né la loro stessa natura, né il loro intelletto. Che non sia la loro natura è evidente per il fatto che la natura o essenza di una cosa è contenuta dentro la cosa stessa: perciò tutto quello che si porta su ciò che è fuori della cosa non è l'essenza della cosa stessa. Vediamo infatti nei corpi fisici che l'inclinazione, la quale mira all'essere stesso della cosa, non deriva da facoltà distinte dall'essenza; ma dalla materia, che tende all'essere prima di possederlo, e dalla forma la quale, una volta raggiunto l'essere, mantiene in esso la cosa. Invece l'inclinazione verso ciò che è estrinseco proviene da proprietà distinte dall'essenza: così l'inclinazione al luogo [connaturale] proviene dalla gravita o dalla levità, l'inclinazione a produrre cose consimili è data dalle facoltà attive. - Ora, la volontà ha naturalmente l'inclinazione al bene. Quindi l'essenza e la volontà sono la stessa cosa soltanto in quell'essere in cui il bene è contenuto totalmente nell'essenza del volente, cioè in Dio, il quale non vuole nulla fuori di se medesimo, se non a motivo della sua bontà. Cosa che non può dirsi di alcuna creatura, poiché il bene infinito è fuori dell'essenza di ogni cosa creata. Perciò ne la volontà dell'angelo, ne quella di altre creature può identificarsi con l'essenza.
Parimente [la volontà] non può identificarsi né con l'intelletto dell'angelo, né con quello dell'uomo. Si ha infatti la cognizione perché l'oggetto conosciuto viene a trovarsi nel conoscente: perciò l'intelletto si estende a quello che è fuori di esso, nella misura in cui ciò che fisicamente è fuori dell'intelletto è ordinato ad essere in qualche modo nell'intelletto stesso. La volontà invece si estende a quel che è fuori di essa, in quanto per la sua inclinazione tende alla realtà esteriore. Ora, possedere in se stessi qualche cosa di estrinseco, e tendere ad esso, richiedono facoltà diverse. È necessario perciò che in ogni creatura l'intelletto sia distinto dalla volontà. - Non così in Dio, il quale ha in se stesso la totalità dell'essere e del bene. Cosicché volontà e intelletto sono la sua stessa essenza.

[30873] Iª q. 59 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod corpus naturale per formam substantialem inclinatur in esse suum, sed in exterius inclinatur per aliquid additum, ut dictum est.

 

[30873] Iª q. 59 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il corpo fisico ha un'inclinazione al proprio essere in virtù della forma sostanziale: ma non tende, come si è detto, a ciò che è fuori di esso, se non in virtù di qualità distinte dall'essenza.

[30874] Iª q. 59 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod potentiae non diversificantur secundum materialem distinctionem obiectorum, sed secundum formalem distinctionem, quae attenditur secundum rationem obiecti. Et ideo diversitas secundum rationem boni et veri, sufficit ad diversitatem intellectus et voluntatis.

 

[30874] Iª q. 59 a. 2 ad 2
2. Le potenze non si distinguono secondo la diversità materiale degli oggetti, bensì secondo la diversità formale, che si desume dall'aspetto oggettivo sotto cui si colgono. Perciò la diversità dei due aspetti del bene e del vero è sufficiente a stabilire la distinzione dell'intelletto e della volontà.

[30875] Iª q. 59 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, quia bonum et verum convertuntur secundum rem, inde est quod et bonum ab intellectu intelligitur sub ratione veri, et verum a voluntate appetitur sub ratione boni. Sed tamen diversitas rationum ad diversificandum potentias sufficit, ut dictum est.

 

[30875] Iª q. 59 a. 2 ad 3
3. Poiché il vero e il bene si identificano nella realtà, ne segue che il bene viene colto dall'intelletto in quanto vero, e il vero diviene oggetto della volontà in quanto bene. Tuttavia la diversità degli aspetti, come si è detto, è sufficiente a diversificare le potenze.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La loro volontà in se stessa > Se negli angeli vi sia il libero arbitrio


Prima pars
Quaestio 59
Articulus 3

[30876] Iª q. 59 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod in Angelis non sit liberum arbitrium. Actus enim liberi arbitrii est eligere. Sed electio non potest esse in Angelis, cum electio sit appetitus praeconsiliati, consilium autem est inquisitio quaedam ut dicitur in III Ethic.; Angeli autem non cognoscunt inquirendo, quia hoc pertinet ad discursum rationis. Ergo videtur quod in Angelis non sit liberum arbitrium.

 
Prima parte
Questione 59
Articolo 3

[30876] Iª q. 59 a. 3 arg. 1
SEMBRA che negli angeli non vi sia il libero arbitrio. Infatti:
1. L'atto proprio del libero arbitrio è quello di scegliere. Ma la scelta negli angeli non ci può essere, poiché la scelta, secondo Aristotele, è "un atto dell'appetito che presuppone il consiglio", e il consiglio è una ricerca; ora gli angeli per conoscere non han bisogno di ricercare, poiché ciò è proprio della ragione. Quindi negli angeli non vi è il libero arbitrio.

[30877] Iª q. 59 a. 3 arg. 2
Praeterea, liberum arbitrium se habet ad utrumlibet. Sed ex parte intellectus non est aliquid se habens ad utrumlibet in Angelis, quia intellectus eorum non fallitur in naturalibus intelligibilibus, ut dictum est. Ergo nec ex parte appetitus liberum arbitrium in eis esse potest.

 

[30877] Iª q. 59 a. 3 arg. 2
2. Il libero arbitrio è indifferente verso due alternative. Ora nell'intelletto angelico non ci può essere indifferenza verso opposte vedute, poiché l'intelletto angelico, come si è detto, non può errare circa gli oggetti di ordine naturale. Quindi anche nella parta appetitiva non può esserci negli angeli il libero arbitrio.

[30878] Iª q. 59 a. 3 arg. 3
Praeterea, ea quae sunt naturalia in Angelis, conveniunt eis secundum magis et minus, quia in superioribus Angelis natura intellectualis est perfectior quam in inferioribus. Liberum autem arbitrium non recipit magis et minus. Ergo in Angelis non est liberum arbitrium.

 

[30878] Iª q. 59 a. 3 arg. 3
3 Le perfezioni naturali negli angeli ammettono il più e il meno, poichè negli angeli superiori la natura intellettuale è più perfetta che negli inferiori. Il libero arbitrio invece non ammette il più e il meno. Dunque negli angeli non e'è il libero arbitrio.

[30879] Iª q. 59 a. 3 s. c.
Sed contra, libertas arbitrii ad dignitatem hominis pertinet. Sed Angeli digniores sunt hominibus. Ergo libertas arbitrii, cum sit in hominibus, multo magis est in Angelis.

 

[30879] Iª q. 59 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Il libero arbitrio appartiene alla dignità dell'uomo. Ma gli angeli hanno una dignità superiore agli uomini. Quindi il libero arbitrio, trovandosi negli uomini, deve trovarsi a più forte ragione negli angeli.

[30880] Iª q. 59 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod quaedam sunt quae non agunt ex aliquo arbitrio, sed quasi ab aliis acta et mota, sicut sagitta a sagittante movetur ad finem. Quaedam vero agunt quodam arbitrio, sed non libero, sicut animalia irrationalia, ovis enim fugit lupum ex quodam iudicio, quo existimat eum sibi noxium; sed hoc iudicium non est sibi liberum, sed a natura inditum. Sed solum id quod habet intellectum, potest agere iudicio libero, inquantum cognoscit universalem rationem boni, ex qua potest iudicare hoc vel illud esse bonum. Unde ubicumque est intellectus, est liberum arbitrium. Et sic patet liberum arbitrium esse in Angelis etiam excellentius quam in hominibus, sicut et intellectum.

 

[30880] Iª q. 59 a. 3 co.
RISPONDO: Vi sono degli esseri che non agiscono di proprio arbitrio, ma solo perché mossi e sospinti da altri; come, p. es., la freccia che viene lanciata sul bersaglio dall'arciere. Altri esseri invece agiscono con un certo arbitrio, che però non è libero; e sono gli animali irragionevoli: la pecora infatti fugge il lupo in forza di una specie di giudizio, per cui stima che il lupo è dannoso. Un tale giudizio non è libero per essa, perché le è imposto dalla natura. Soltanto chi possiede l'intelligenza può agire in forza di un giudizio liberamente concepito, poiché, conoscendo la ragione universale di bene, può giudicare se questa o quella cosa siano un bene. Perciò dovunque abbiamo l'intelligenza, troviamo pure il libero arbitrio. È dunque evidente che negli angeli vi è il libero arbitrio più perfetto ancora che negli uomini, come si verifica per l'intelligenza.

[30881] Iª q. 59 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod philosophus loquitur de electione secundum quod est hominis. Sicut autem aestimatio hominis in speculativis differt ab aestimatione Angeli in hoc, quod una est absque inquisitione, alia vero per inquisitionem; ita et in operativis. Unde in Angelis est electio; non tamen cum inquisitiva deliberatione consilii, sed per subitam acceptionem veritatis.

 

[30881] Iª q. 59 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Filosofo intende parlare della scelta che è propria dell'uomo. Ora, come nelle cose speculative il giudizio dell'uomo differisce dal giudizio degli angeli, in quanto l'uno avviene senza ricerca, l'altro mediante la ricerca, così pure differisce nelle cose pratiche. Negli angeli vi è quindi la scelta in seguito ad una immediata percezione della verità, e non mediante la deliberazione inquisitiva del consiglio.

[30882] Iª q. 59 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut dictum est, cognitio fit per hoc quod cognita sunt in cognoscente. Ad imperfectionem autem alicuius rei pertinet, si non sit in ea id quod natum est in ea esse. Unde Angelus non esset perfectus in sua natura, si intellectus eius non esset determinatus ad omnem veritatem quam naturaliter cognoscere potest. Sed actus appetitivae virtutis est per hoc quod affectus inclinatur ad rem exteriorem. Non autem dependet perfectio rei ex omni re ad quam inclinatur, sed solum ex superiori. Et ideo non pertinet ad imperfectionem Angeli, si non habet voluntatem determinatam respectu eorum quae infra ipsum sunt. Pertineret autem ad imperfectionem eius, si indeterminate se haberet ad illud quod supra ipsum est.

 

[30882] Iª q. 59 a. 3 ad 2
2. Come si è detto sopra, la cognizione dipende dal fatto che gli oggetti conosciuti si trovano nel conoscente. Ora, che non ci sia in una cosa tutto ciò che naturalmente è destinato ad esserci, si deve ascrivere all’imperfezione della cosa stessa. L'angelo quindi non sarebbe perfetto nella sua natura, se il suo intelletto non possedesse tutte le verità che può naturalmente conoscere. - Ma l'atto della facoltà appetitiva consiste nell'inclinazione dell'affetto verso la realtà esteriore. Ora, la perfezione di un essere non dipende da tutti gli oggetti verso i quali può tendere, ma solo da quelli che gli sono superiori. Non è quindi un'imperfezione per l'angelo non avere la volontà determinata alle cose inferiori; sarebbe invece un'imperfezione per lui, se non fosse determinato a ciò che gli è superiore.

[30883] Iª q. 59 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod liberum arbitrium nobiliori modo est in superioribus Angelis, quam in inferioribus, sicut et iudicium intellectus. Tamen verum est quod ipsa libertas, secundum quod in ea consideratur quaedam remotio coactionis, non suscipit magis et minus, quia privationes et negationes non remittuntur nec intenduntur per se, sed solum per suam causam, vel secundum aliquam affirmationem adiunctam.

 

[30883] Iª q. 59 a. 3 ad 3
3. Il libero arbitrio, come il giudizio intellettivo, si trova in modo più perfetto negli angeli superiori che negli inferiori. E vero tuttavia che nella libertà, in quanto esclusione di coazione, non esiste il più e il meno, poiché le privazioni e le negazioni ne si rafforzano ne si attutiscono [direttamente] per se stesse, ma solo [indirettamente] o in forza della loro causa, o perché connesse ad un'affermazione.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La loro volontà in se stessa > Se negli angeli vi sia l'irascibile e il concupiscibile


Prima pars
Quaestio 59
Articulus 4

[30884] Iª q. 59 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod in Angelis sit irascibilis et concupiscibilis. Dicit enim Dionysius, IV cap. de Div. Nom., quod in Daemonibus est furor irrationabilis et concupiscentia amens. Sed Daemones eiusdem naturae sunt cum Angelis, quia peccatum non mutavit in eis naturam. Ergo in Angelis est irascibilis et concupiscibilis.

 
Prima parte
Questione 59
Articolo 4

[30884] Iª q. 59 a. 4 arg. 1
SEMBRA che negli angeli vi sia l'irascibile e il concupiscibile. Infatti:
1. Dionigi afferma che nei demoni vi è "un furore irragionevole" e una "concupiscenza insensata". Ora, i demoni hanno la stessa natura degli angeli, poiché il peccato non ha mutato in essi la natura. Dunque negli angeli vi è l'irascibile e il concupiscibile.

[30885] Iª q. 59 a. 4 arg. 2
Praeterea, amor et gaudium in concupiscibili sunt; ira vero, spes et timor in irascibili. Sed haec attribuuntur Angelis bonis et malis in Scripturis. Ergo in Angelis est irascibilis et concupiscibilis.

 

[30885] Iª q. 59 a. 4 arg. 2
2. L'amore e il gaudio sono nel concupiscibile; l'ira, la speranza e il timore si trovano invece nell'irascibile. Ora, la Scrittura attribuisce queste cose tanto agli angeli buoni che ai cattivi. Quindi negli angeli vi è l'irascibile e il concupiscibile.

[30886] Iª q. 59 a. 4 arg. 3
Praeterea, virtutes quaedam dicuntur esse in irascibili et concupiscibili; sicut caritas et temperantia videntur esse in concupiscibili, spes autem et fortitudo in irascibili. Sed virtutes hae sunt in Angelis. Ergo in Angelis est concupiscibilis et irascibilis.

 

[30886] Iª q. 59 a. 4 arg. 3
3. Siamo soliti dire che certe virtù risiedono nell'irascibile o nel concupiscibile: così la carità e la temperanza si trovano nel concupiscibile, la speranza e la fortezza nell’irascibile. Ora, negli angeli si trovano queste virtù. Dunque negli angeli vi è il concupiscibile e l'irascibile.

[30887] Iª q. 59 a. 4 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in III de anima, quod irascibilis et concupiscibilis sunt in parte sensitiva; quae non est in Angelis. Ergo in eis non est irascibilis et concupiscibilis.

 

[30887] Iª q. 59 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna che l'irascibile e il concupiscibile si trovano nella parte sensitiva, che gli angeli non hanno. Quindi non ci sono in essi l'irascibile e il concupiscibile.

[30888] Iª q. 59 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod intellectivus appetitus non dividitur per irascibilem et concupiscibilem, sed solum appetitus sensitivus. Cuius ratio est quia cum potentiae non distinguantur secundum distinctionem materialem obiectorum, sed solum secundum rationem formalem obiecti; si alicui potentiae respondeat aliquod obiectum secundum rationem communem, non erit distinctio potentiarum secundum diversitatem propriorum quae sub illo communi continentur. Sicut si proprium obiectum potentiae visivae est color secundum rationem coloris, non distinguuntur plures potentiae visivae secundum differentiam albi et nigri, sed si proprium obiectum alicuius potentiae esset album inquantum album, distingueretur potentia visiva albi a potentia visiva nigri. Manifestum est autem ex dictis quod obiectum appetitus intellectivi, qui voluntas dicitur, est bonum secundum communem boni rationem, nec potest esse aliquis appetitus nisi boni. Unde in parte intellectiva appetitus non dividitur secundum distinctionem aliquorum particularium bonorum; sicut dividitur appetitus sensitivus, qui non respicit bonum secundum communem rationem, sed quoddam particulare bonum. Unde, cum in Angelis non sit nisi appetitus intellectivus, eorum appetitus non distinguitur per irascibilem et concupiscibilem, sed remanet indivisus; et vocatur voluntas.

 

[30888] Iª q. 59 a. 4 co.
RISPONDO: Soltanto l'appetito sensitivo, non già quello intellettivo, si divide in irascibile e concupiscibile. La ragione si è che le potenze non si distinguono secondo la distinzione materiale degli oggetti, ma soltanto secondo il loro aspetto formale di oggetti; se quindi una facoltà coglie l'oggetto secondo una ragione universale, non ci sarà una pluralità di potenze basata sulla distinzione degli oggetti particolari contenuti sotto quello universale. Cosi se l'oggetto proprio della facoltà visiva è il colore in quanto colore, non si potranno distinguere varie potenze visive secondo la differenza del bianco e del nero; se invece oggetto proprio di una potenza fosse il bianco in quanto bianco, la potenza visiva che ha per oggetto il bianco si distinguerebbe da quella che ha per oggetto il nero.
Ora, da quanto si è detto appare chiaramente che l'oggetto dell'appetito intellettivo, ossia della volontà, è il bene secondo la ragione universale di bene: ne ci può essere alcun appetito che non sia ordinato al bene. Quindi l'appetito della parte intellettiva non si suddivide in base alla distinzione dei beni particolari, come si divide invece l'appetito sensitivo, il quale tende noli già al bene secondo la ragione universale di bene, ma a dei beni particolari. - Perciò, non essendovi negli angeli che l'appetito intellettivo, questo, chiamato volontà, non si distingue in irascibile e concupiscibile, ma rimane indiviso.

[30889] Iª q. 59 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod furor et concupiscentia metaphorice dicuntur esse in Daemonibus, sicut et ira quandoque Deo attribuitur, propter similitudinem effectus.

 

[30889] Iª q. 59 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il furore e la concupiscenza si attribuiscono ai demoni in senso metaforico, a quel modo che si suole attribuire l'ira a Dio, per una analogia di effetti.

[30890] Iª q. 59 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod amor et gaudium, secundum quod sunt passiones, sunt in concupiscibili, sed secundum quod nominant simplicem voluntatis actum, sic sunt in intellectiva parte; prout amare est velle bonum alicui, et gaudere est quiescere voluntatem in aliquo bono habito. Et universaliter nihil horum dicitur de Angelis secundum passionem, ut Augustinus dicit, IX de Civ. Dei.

 

[30890] Iª q. 59 a. 4 ad 2
2. L'amore e il gaudio, in quanto sono delle passioni, si trovano nel concupiscibile; ma in quanto esprimono un semplice atto della volontà, si trovano nella parte intellettiva. Amare in tal caso significa volere del bene a qualcuno, e godere indica il quietarsi della volontà sull'oggetto posseduto. E così, come insegna S. Agostino, nessuno di questi sentimenti, quando si parla degli angeli, designa mai una passione.

[30891] Iª q. 59 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod caritas, secundum quod est virtus, non est in concupiscibili, sed in voluntate. Nam obiectum concupiscibilis est bonum delectabile secundum sensum, huiusmodi autem non est bonum divinum, quod est obiectum caritatis. Et eadem ratione dicendum est quod spes non est in irascibili, quia obiectum irascibilis est quoddam arduum quod est sensibile, circa quod non est spes quae est virtus, sed circa arduum divinum. Temperantia autem, secundum quod est virtus humana, est circa concupiscentias delectabilium sensibilium, quae pertinent ad vim concupiscibilem. Et similiter fortitudo est circa audacias et timores quae sunt in irascibili. Et ideo temperantia, secundum quod est virtus humana, est in concupiscibili, et fortitudo in irascibili. Sed hoc modo non sunt in Angelis. Non enim in eis sunt passiones concupiscentiarum, vel timoris et audaciae, quas oporteat per temperantiam et fortitudinem regulare. Sed temperantia in eis dicitur, secundum quod moderate suam voluntatem exhibent secundum regulam divinae voluntatis. Et fortitudo in eis dicitur, secundum quod voluntatem divinam firmiter exequuntur. Quod totum fit per voluntatem; et non per irascibilem et concupiscibilem.

 

[30891] Iª q. 59 a. 4 ad 3
3. La carità in quanto virtù non è nel concupiscibile, bensì nella volontà. Oggetto del concupiscibile è infatti il bene che diletta i sensi: ora tale non può essere il bene divino, oggetto della carità. - Per la stessa ragione si deve dire che la speranza non è nell'irascibile: poiché oggetto dell'irascibile è un bene arduo sensibile, mentre la virtù della speranza ha un altro oggetto, cioè il bene arduo divino. - La temperanza poi, in quanto è una virtù umana, si esercita sulla concupiscenza delle cose che dilettano i sensi, e tale concupiscenza appartiene alla facoltà del concupiscibile. Parimente, la fortezza si esercita circa gli ardimenti e i timori, che si riscontrano nell'irascibile. Nell'uomo quindi la virtù della temperanza ha sede nel concupiscibile, e quella della fortezza nell'irascibile. Ma sotto tale aspetto [queste virtù] non esistono negli angeli. In essi infatti non vi sono le passioni della concupiscenza, del timore, o dell'audacia che debbono essere regolate dalla temperanza e dalla fortezza. Si dice però che in essi c’è la temperanza, in quanto moderano i moti della loro volontà secondo le norme della volontà divina. E si pone in essi la fortezza, in quanto eseguiscono con fermezza la volontà divina. Ora, tutto ciò avviene per mezzo della volontà, e non per mezzo dell'irascibile o del concupiscibile.

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